Quella cosa strana che è diventata l’estrema destra

Sono cresciuto in un periodo storico in cui mi hanno insegnato che a sentir dire Estrema destra subito bisognava pensare a quell’orribile persona qui

Siccome non volevo l’orribile persona sul mio sito Internet, l’ho celata usando questo volantino d’epoca. Per trovarla dovete stampare il foglio e risolvere il gioco da voi da voi

per tutte le cose orribili che ha fatto, un po’ come se fosse tutta colpa sua e che se non ci fosse stato lui non sarebbe successo assolutamente niente. Dopo di che bisognava pensare a quei tipi, di solito maschi, rasati e minacciosi, che nonostante ogni evidenza e decenza continuano ad adorarlo secondo una loro strana versione alternativa della storia.

Gente come questa qui, giusto per capirci:

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Scuole fredde e mamme surriscaldate

Mentre in un altro continente accadevano fatti sconvolgenti, tipo gentaglia che non vorrei nemmeno nella mia osteria che si aggirava senza invito e senza mascherina nelle aule del Campidoglio a Washington, anche nel nostro paesotto abbiamo vissuto un piccolo dramma su scala locale.

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Il peggior sistema di governo (con l’esclusione degli altri)

Fin da bambini ci viene spiegato quanto siamo fortunati a vivere in una democrazia: ognuno di noi può dire la sua eleggendo quasi tutto, una volta che ne ha il diritto: sindaci, governatori, capiclasse, capitani della squadra di calcetto, deputati e senatori. Stranamente mancano i presidenti, vai a capire come mai. Se prendiamo l’Europa ormai la democrazia è il sistema più diffuso, e pure le monarchie permettono al popolo di votare. Come a dire che ci sono ancora alcuni re o regine a comandare, ma solo perché le loro dinastie non si sono comportate in modo spudoratamente vergognoso in tempi recenti e perché ci sono altri che vengono eletti e decidono le cose importanti al posto loro. Come monarchia assoluta in Europa rimane solo il Vaticano, ma questa è un’altra storia. Tolti preti e vescovi che ci tengono al loro sistema di governo medievale, cosa può andare male con un governo che scegliamo noi stessi, in libertà?

A quanto pare tutto quanto: da un po’ di tempo leggo e sento notizie in giro che mi fanno covare sentimenti antidemocratici, che potrebbero riassumersi tutte in una considerazione:

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Il lavoro ieri, oggi e nel mondo che verrà per quelli che lavorano seduti su una sedia o sul sedile di una automobile

Un ingorgo a croce uncinata, affascinante da guardare ma meno quando si contribuisce a realizzarlo

E’ da un po’ che lavoro da casa. Mi hanno detto da poco però che a breve si debba rientrare a farsi vedere almeno un po’ dai capi e da quelli che a casa a lavorare non ci sono mai stati. Questo perché va bene tutto, ma la videoconferenza non è la stessa cosa di condividere la stanza e le infezioni con i propri colleghi. L’idea di tornare ad indossare pantaloni e scarpe già mi manda un po’ nel panico, figuriamoci quella di lavorare con guanti, mascherina e colleghi poco rispettosi degli spazi altrui.

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Il partito laico

Laika, la famosa cagnetta russa che per ironia della sorte è morta nell’alto dei cieli

Una cosa che mi renderebbe estremamente felice è di poter votare un partito con un unico obiettivo: la laicità. Voglio che sia un partito, sia chiaro fin da subito: non un movimento, un sentimento popolare o quelle cose lì non ben definite che vanno di moda adesso ma che alla fine ci si chiede a cosa servono e che intenzioni hanno. In più non voglio che sia un partito ateo o pastafariano, altrimenti siamo al punto di prima, perché non voglio che si arrivi ad uno stato ateo e nemmeno che promuova la mia religione come religione di stato, anche se è considerata di gran lunga la migliore da tutti i suoi appartenenti. Magari sarebbe divertente all’inizio essere governati da una ciurma di pirati scanzonati, ma credo che nel giro di qualche generazione si arriverebbe a compiere gli stessi errori in cui immancabilmente cadono le religioni di ogni tempo e luogo quando passano dalla condizione di martirio a quella di potere. Come pure gli stati in cui l’ateismo è stato considerato come una specie di religione obbligatoria sono tutti posti in cui non andrei volentieri a vivere, che hanno in più lo svantaggio di generare nuove ondate di màrtiri religiosi. Meglio parlare di laicità.

Magari non a tutti è chiaro cosa sia la laicità, e perché vada difesa e promossa. E chi poteva trovare migliore definizione del concetto di laicità se non dio stesso? Ecco quindi la sintetica ma incontestabile parola di Gesù Cristo, leader indiscusso di tutte le religioni cristiane nonché unico punto in comune tra loro. Come il suo evangelista riporta (Mt 22-21) Gesù, stuzzicato da alcuni signori che non sapevano di finire registrati nel vangelo, un giorno disse:

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Istruzioni d’uso dei social network per legionari imbecilli

La cosa particolare di questo periodo di transizione dell’esistenza umana è che capita ancora di incontrare fisicamente altre persone come si faceva una volta, e la cosa ci pone di fronte a problemi tutti particolari a cui non siamo più abituati. In questa epoca si parla sempre più di telelavoro, della necessità di avere una connessione ad Internet smodatamente veloce e di quanto sia importante che ci sia qualcuno che ci porta la spesa e tutto quello che ci serve direttamente in casa. Oltre a questo le dimensioni degli schermi dei nostri televisori stanno rasentando quelle della parete del nostro salotto e le proposte di intrattenimento che ci troviamo dentro sono talmente ampie ed interessanti che presto per stare al passo sarà necessario guardare più trasmissioni contemporaneamente, come previsto nel documentario futuristico Ritorno al futuro 2. Aggiungendoci però la complicazione di dover gestire nel frattempo le nostre identità sociali sul telefono. Con tutti questi costanti impegni domestici a cui siamo sottoposti risulta chiaro quanto diventi sempre più stravagante e vetusta la necessità di lavare il nostro corpo e di mettergli addosso degli abiti più puliti ma meno comodi per abbandonare casa ed incontrare altri esponenti della razza umana.

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Natale e antiche superstizioni

Che bello il Natale, la famiglia, i regali e tutto il resto. Come si fa a non amare queste cose? Se una persona odiasse il Natale, sempre che possa esistere un essere così meschino, credo che dovrebbe essere osservato dai servizi sociali, o dalla polizia di Babbo Natale.

A me il Natale piace perché non ci fornisce scuse: a Natale ci si incontra con tutta la famiglia. Che poi per chi di famiglia ne ha messa su una propria come me stesso, significa che bisogna incontrare le altre due: prima quella della mia amata, alla vigilia, e poi la mia, al pranzo seguente. Fortuna vuole che le due rispettive tradizioni familiari non pretendessero già di loro lo stesso momento familiare, altrimenti tutto sarebbe stato leggermente meno meraviglioso di come è.

Quest’anno poi ho avuto un’opportunità meravigliosa, perché i corrieri espressi di Babbo Natale non sarebbero riusciti a consegnarmi in tempo il regalo che volevo fare a mio cognato. Così mi sono dovuto trasformare nell’elfo di me stesso, trascorrendo alcune ore della vigilia nell’officina di mio padre per costruire da me il regalo scelto. E qui sta un po’ della magia del Natale: dovete sapere che quando si accende la ciabatta che dà energia alla lampada e ad alcuni strumenti del banco di lavoro, in automatico si accende anche la radio, e che la radio è sintonizzata su Radio 1, e che la vigilia era domenica, che sempre da antica tradizione è integralmente dedicata dallo stato italiano alla religione cattolica. Insomma, è andata a finire che mentre azionavo con pazienza ed attenzione il trapano a colonna, mi sono sentito uno spaccato di tradizione e di pii pensieri cristiani sul moderno senso del natale, più una messa con canti e lodi ed infine i commenti a caldo a cura  dello stesso giornalista ossequioso che aveva condotto il primo dibattito. Ho partecipato a questo inaspettato ora et labora a modo tutto mio, con le mie personali invocazioni a questo dio di amore e di pace. Un po’ speravo che la magia del Natale potesse aprire, anche solo che per pochi secondi, una faglia nella maglia spaziale dell’universo, e che le parole che giungevano dal mio cuore potessero arrivare all’orecchio di questo sacerdote, o magari al suo microfono, per deliziare tutto il suo devoto pubblico presente e l’intera platea radiofonica. Pazienza, si vede che se anche il loro dio è davvero onnipotente, certo non sa cogliere l’occasione per un po’ di inaspettato umorismo. A scanso di equivoci, non erano parole in linea con la fede cristiana, ma bestemmie, seppure tutte in rima con i testi originali. A mio parere il fatto oggettivo che non si è aperta una voragine sotto i miei piedi per sprofondarrmi all’infermo va preso come prova della non-esistenza di dio.

Ma perché tutto questo rancore contro la chiesa? Dico solo il motivo più recente. Giusto un paio di giorni prima un’amica mi passava questa notizia in pieno stile natalizio: il 20 dicembre è morto il cardinale Law, e il Vaticano si accingeva a seppellirlo con tutti i dovuti onori nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. Tiene la cerimonia il cardinale Angelo Sodano, benedice la salma nientemeno che il pezzo più grosso di tutti tra i vivi: papa Francesco I. Se non vi sembra che ci sia niente di strano, allora dovete proprio guardare la cosa sotto un altro punto di vista, quello secondo cui un uomo che ha trascorso la vita a proteggere sistematicamente una settantina di preti intenti a predare i bambini da una diocesi ad un’altra forse non meritava tanti onori da morto. Ma tant’è: strano che su Radio 1 non abbiano accennato a questa storia, e sì che ci hanno fatto pure un film che ha vinto l’Oscar.

Ma l’Italia è un po’ questa, quella per cui i cattivi sono quelli che non credono in dio, e i buoni quelli che vanno a messa. Le azioni non contano poi così tanto, se vengono annegate in un mare di preghiere.

Finisco il mio lavoro artigianale, metto via tutto e spengo un po’ a malincuore la radio che mi ha tenuto tanta compagnia. Annoto mentalmente il fatto che la messa che ho sentito era sostanzialmente identica a tutte le altre a cui ho partecipato secoli fa. Un po’ mi rincuora sapere che in tutti questi anni questo papa rivoluzionario dalle scarpe marroni non abbia fatto niente per rinnovare un rito che mi sapeva di vecchio già quando avevo sei anni. Ma vedo che ai cattolici piace, forse è meglio tenerlo così.

La sera si va alla cena della vigilia. Tutto bene: qui non parlo mai di religione. O meglio: non parlo mai di religione con persone che hanno dichiarato di voler battezzare i miei figli di nascosto. In questa famiglia è normale che i bambini non vengano battezzati, perché c’è quella convinzione che spruzzare di acqua un bambino inconsapevole non serva a renderlo un adulto migliore o più fortunato, ma che assomigli più ad uno spettacolino di un vecchio sciamano sioux per deliziare e confondere la sua tribù. O di un druido celtico, o uno stregone boscimano, o vai a capire chi: in tema di riti e superstizioni c’è solo l’imbarazzo della scelta; quello che cambia tutto è il numero di persone che ci vanno dietro.

I miei problemi arrivano solo col pranzo di Natale, ovvero quello dei parenti miei. Qui pure si mangia benissimo, e pure ci si fanno un sacco di risate a parlare di questo e di quello. Dal mio punto di vista la differenza è che devo guardarmi dalle buone persone di cui sopra, quelle che sentono la missione della salvezza delle anime dei miei figli dalla mia miscredente malvagità. A condire questo concetto universale, paragonabile allo spirito che ha mosso i crociati in terra santa, c’è il fatto che i miei cugini di figli ancora non ne hanno, e che quindi l’intera popolazione dei nipotini è mia discendente e di conseguenza destinata alle pene eterne dell’inferno se nessuno osa opporsi alla mia cieca follia.

Se alla vigilia di nipotini ce ne sono sei, e quindi fanno gruppo a sé con al massimo un adulto o due che li sorveglia distrattamente chiacchierando con un bicchiere di vino in mano, al pranzo successivo ognuno dei miei bambini gode di ogni attenzione. Dal canto mio devo sorvegliare che nessuno degli adulti mossi da spirito santo improvvisi un rito di salvezza delle loro anime contro la mia volontà. Non è che tutti i presenti girino con delle fiale di acqua santa in tasca, ma un paio di persone hanno dichiarato anni fa le loro intenzioni, quindi non mi sento un paranoico se ci presto un po’ di attenzione almeno a loro due.

Che io sappia non è successo niente. Di sicuro non c’è stata l’ennesima, logorante discussione tra fede e ragione, e quando siamo risaliti in macchina ho buttato lì alla mia signora il pensiero che è stato un buon pranzo, divertente e piacevole. Per lei lo stesso, ma a quanto pare l’attacco c’è stato, solo che non ha colpito né me né i bimbi. E’ stata la mia amata ad essere stata avvicinata, in un dispetato tentativo di illuminarne la ragione. Perché evidentemente agli occhi delle mie pie zie, è evidente che la madre dei miei figli deve essere stata plagiata da me, e che una decisione tanto infausta non può essere il frutto di una decisione comune a due persone adulte e razionali, ma più la forzatura di un empio che piega la volontà della persona buona ma debole. La mia amata prova a spiegare con cortesia che nessuno di noi due ha voluto il battesimo, perché se da un lato io sono orgogliosamente ateo, lei non è certo una focorarina: al più potremmo definirla una ex cattolica non frequentante e soprattutto noncurante. In una parola direi agnostica. Che senso ha battezzare un bambino in queste condizioni? Ed ecco la risposta di chi in vita sua ha mangiato solo pane e catechismo: la salvezza dell’anima, Gesù, l’amore di dio e tutto il resto. Scusate se non riporto le parole esatte, ma già le ho sentite di seconda mano, ed anche in quel momento mi erano sembrate talmente inutili che le ho dimenticate all’istante catalogandole come vaniloqui da catechismo elementare. Non so se ridere o se piangere: se queste sono le argomentazioni per riaverci indietro, mi sembra di essere un guerrigliero addestrato per anni a combattere che si trova a fronteggiare un bambino armato di spazzolino da denti. Come faccio ad argomentare con una persona che mi parla di inferno e paradiso, anima e di peccato originale?

Ho detto un bel po’ di parole fa che i cattivi siamo noi che non crediamo in dio, mentre i buoni sono loro che pregano tanto, e che sicuramente pregano anche per la nostra salvezza e, chissà, per un ritorno nel gregge di pecore del Signore. Onestamente non mi sento così cattivo. Forse un po’ arrabbiato sì, ma cattivo no. Per esempio: io non giudico i miei figli degni dell’inferno solo perché in un remoto passato due ipotetici miei antenati hanno mangiato il frutto della conoscenza. Per le mie buone zie ed il loro dio d’amore invece sì: nelle condizioni attuali è giusto che mio figlio di quattro anni e sua sorella di due vadano all’inferno. Questo è il senso di giustizia che passa il loro dio, ed in cui esse credono. E lo chiamano un dio d’amore, pure.

Quello che trovo sconvolgente è queste persone hanno la presunzione di definirsi razionali ed equilibrate. Condannano con fermezza l’oroscopo, sbeffeggiano le credenze delle altre religioni come se fossero niente più che ridicole superstizioni, ma quando poi si tratta di dare un’occhiata alla religione della loro vita, quella che loro malgrado hanno infilato nella loro testa quanto ancora erano troppo piccole per distinguere la verità da una storiella per bambini, allora tutto diventa serio e obiettivo. Se Allah apparisse volando in piazza alla Mecca di fronte a milioni di musulmani sarebbe una chiara dimostrazione dei livelli di isteria collettiva a cui può arrivare l’islam. Per i cristiani basta citare un paio di miracoli di Lourdes approvati da una squadra di medici del Vaticano e abbiamo dimostrato quale è l’unico vero dio, o perlomeno quello più forte.

Quello poi che mi piacerebbe e che penso dovrebbe accadere in un mondo migliore, è che se una persona volesse convincermi della bontà della sua religione non lo facesse dietro le minacce della dannazione eterna della mia anima o due quella dei miei figli tra le fiamme dell’inferno, quanto su un piano più moderno. Qualcosa per esempio sul messaggio della loro religione e su come potrei essere più felice se ne facessi parte. Non è un gran che, lo so, visto che il senso principale del cattolicesimo è che se accetti la tua vita miserevole senza farti troppe domande, sarai infinitamente felice da morto. Questo messaggio non ha una gran presa su chi di domande se ne sta facendo da un bel po’ di tempo, e hai voglia di pregare o portare esempi di fede: queste pecorelle scappate non torneranno più all’ovile del buon pastore. E a dirla tutta, trovano il paragone con un gregge di pecore un po’ infelice, ma a suo modo calzante per definire chi ne fa ancora parte.

Resta poi da chiarire come mai questo papa tanto buono e simpatico a tutti decida di benedire il cadavere di un dimostrato protettore di orchi. Forse è che la chiesa può ancora permettersi il lusso di fregarsene dell’opinione pubblica. Tanto siamo tutti intenti a compiacerci di quanto è bello il Natale, anche se non troviamo mai parcheggio perché ci sono tutti quelli che vengono a messa solo quel giorno. Certo è che se non andiamo a leggere notizie in posti in cui non dovremmo, a leggere libri non consigliati dal nostro parroco o a vedere film non approvati dal vescovo, neanche sapremmo chi è questo arcivescovo di Boston, e perché molti e l’hanno con lui e non lo vorrebbero seppellito in una basilica di Roma, la stessa in cui si è stato pensionato dalla chiesa dopo le forzate dimissioni. Ma ragionandoci credo che il messaggio di questo gesto sia per tutta le gerarchie cattoliche nel mondo: andate avanti così, coprite ed insabbiate, e non vi faremo mai mancare il nostro appoggio. Fa un po’ paranoia detta così, ma non vorrei fermarmi su quella frase. Spotlight parlava di un 6% di preti pedofili sul totale, mentre il libro Lussuria di Fittipaldi si fermava, se non ricordo male, al 2%. Fanno comunque centinaia di migliaia di molestatori e stupratori di bambini nel mondo che godono di ogni protezione da parte del clero e dell’opinione pubblica, grazie al loro abito di buoni pastori di anime. Quanti ne ha presi questo papa, dopo i suoi infuocati proclami a base di tolleranza zero contro la pedofilia clericale? Credo uno, forse due, ma avendo un dubbio ho deciso di arrotondare per eccesso. E sì che i nomi ce li hanno tutti, anche se spesso, proprio per come è stato costruito il loro sistema, questi nomi ce li hanno solo loro.

E poi siamo noi quelli cattivi, perché non vogliamo affidare i nostri figli a queste persone.

I problemi dell’educazione religiosa dei figli per un padre ateo e pastafariano

E’ facile convertirsi al Pastafarianesimo: è una religione che offre tutte le agevolazioni, non è esigente, non richiede la frequenza a noiosi riti nei giorni di festa e non vede nella sofferenza e nel sacrificio un modo di avvicinarsi a dio.

 

Quello che però è meno facile è conciliare tutto questo con l’educazione di un figlio. Probabilmente perché nel frattempo ho conosciuto più a fondo questa religione, ed insieme ad essa anche tante questioni. Argomenti sottili, che arrivano a toccare anche altre religioni, prima fra tutte la negazione stessa della religione, l’ateismo. Tutti questi ragionamenti, spesso guidati dall’illuminazione di qualche birra consumata in compagnia di amici nella mia taverna preferita, non hanno mai fatto vacillare la mia fede nel Pastafarianesimo, anzi l’hanno rafforzata ed integrata di una forte dose di razionalità. Il risultato è che si è complicato l’approccio spensierato ed entusiasta dei primi tempi. Per altre religioni parlare di fede razionale è un controsenso se non addirittura una bestemmia: si sa che nelle religioni un po’ inconsistenti la ragione allontana dalla fede, e quindi il pensiero fine e autonomo viene scoraggiato fortemente. Ma nel Pastafarianesimo si può ragionare: da soli, in una euforica compagnia di amici, con degli sconosciuti rispettosi e non armati. E il ragionamento non può che portare nuovi argomenti a rafforzare questa religione: ecco uno dei punti che più amo e che più dà vento alle vele della mia fede razionale in questa religione.

 

Ma partiamo con ordine. Il Pastafarianesimo è una religione, ed io ne sono un devoto seguace. Secondo il modo di agire comune alle altre religioni, dovrei volere che pure mio figlio lo sia allo stesso modo. Da pastafariano, mi auguro che conduca sul pianeta una vita felice, rispettosa e ricca di soddisfazioni, e che giunto alla fine della stessa si meriti appieno il suo spumeggiante vulcano di birra fresca con annessa la fabbrica di conturbanti spogliarelliste. Ma ho già detto che il pastafarianesimo è una religione particolare, che accoglie a braccia aperte nella sua comunità anche persone che non credono alla lettera nell’esistenza del Flying Spaghetti Monster, ma che semplicemente scelgono di accettarne i consigli di comportamento. Questo rende automaticamente pastafariana qualunque persona del pianeta, a condizione che segua dei precetti morali coerenti con i nostri. Anche a sua insaputa, già. E soprattutto, anche se crede in una divinità concorrente. Il Flying Spaghetti Monster, a differenza di gran parte delle divinità monoteistiche moderne e passate, non è per niente geloso, e non minaccia mai di scatenare la sua collera contro chi crede in altri dei o non crede in lui. Diciamo pure che il Signore del Carboidrato in questo è una divinità controcorrente, perché non si limita a suggerire dei comportamenti, ma è il primo a dare il buon esempio seguendo lui stesso le sue indicazioni di tolleranza e rispetto.

Obama Pirata Pastafarriano
Il presidente degli Stati Uniti è a sua insaputa pastafariano, sebbene frequenti anche una chiesa di una divinità alternativa

Grazie a questo sano principio posso stare tranquillo che se anche mio figlio non abbraccerà mai la fede pastafariana, basta che si comporti in modo moralmente accettabile e avrà comunque diritto a vulcano e spogliarelliste, e quando giungerà il suo momento sarà per lui una piacevolissima sorpresa, ne sono certo. Sarà quindi sufficiente che io lo formi secondo i principi etici in cui credo. Considerando che i principi morali sono innati in ogni essere umano, non dovrò imporgli proprio niente, casomai evitare che qualche altro principio distorto preso da altre religioni non finisca per intrufolarsi.

 

E perché dovrei fare tutto questo? Non potrei semplicemente condurre mio figlio sulla strada del Pastafarianesimo? Ci ho pensato a lungo. E alla fine ho deciso di no. Per tre motivi.

 

Il motivo etico

L’ho appena detto: ogni persona ha da sé tutto quello che gli serve per capire che cosa è giusto o sbagliato, senza che questo gli venga spiegato da un prete in malafede o da un conoscente bigotto e zelante, senza che gli venga fatto credere che in base a come si comporta in questo universo ci saranno terribili punizioni o meravigliosi premi in una ipotetica e trascendentale vita futura. Il mondo, come dice il poeta, è fatto di buoni e cattivi. I primi si comportano bene e i secondi, manco a dirlo, si comportano male. La religione è il sistema più subdolo e raffinato per forzare le persone buone di comportarsi male o semplicemente in modo eticamente distorto, mantenendo però la coscienza pulita. Francamente, non voglio questo per mio figlio. Se mai si comporterà male, voglio che lo faccia per puro spirito di cattiveria volontaria, non certo per attendere ai secondi fini di chissà quale lunatica divinità.

Il motivo della libera scelta

Il secondo motivo è pure più semplice: non ho l’arroganza di pretendere che il mio dio sia quello giusto, e che debba essere io a decidere per mio figlio quale dio dovrà adorare. Non voglio fare l’errore tipico dei genitori religiosi di tutto il mondo che costringono i loro figli a seguire la propria religione, attraverso rituali di iniziazione ancestrali come circoncisioni o immersioni in acqua per perdonare loro dei reati che non hanno nemmeno avuto il tempo di commettere. Molta gente pensa che con questo mio comportamento io stia privando mio figlio di una cosa importante come la fede. In realtà è proprio il contrario: io comportandomi così non gli sto imponendo niente che vada contro la sua volontà, e se un giorno lo vorrà non avrà nessun pregiudizio e potrà scegliere la religione che preferisce. Voglio ricordare che nessun bambino nasce credente, ma che la religione viene in genere infilata nella testa contro la sua volontà in una età in cui la fiducia negli adulti è massima, unita alla totale incapacità di difendersi e di distinguere il vero dal falso. Basta provare a parlare di catechismo ad un figlio solo quando ha compiuto diciott’anni, per vedere cosa dice, e se sarà felice di dover confessare i suoi atti impuri ad un prete. Mio figlio avrà accesso ad una vasta letteratura per l’infanzia e magari, quando lo riterrò il momento adatto, insieme ai più celebri classici per bambini e ragazzi potrò anche fargli conoscere le storie più divertenti e singolari delle divinità del passato. I miti greci, sempre attualissimi nei loro concetti assoluti di esseri umani impavidi e curiosi che si scontrano con divinità imperfette e capricciose; quelli nordici, di respiro più catastrofico e grandioso nella lotta contro una natura avversa. Le favole degli indiani d’America secondo cui discendiamo dalle stelle; quelle dei popoli africani, piene di ancestrali animali parlanti. Ma anche le incredibili bizzarrie degli dei gelosi e truculenti del vicino Oriente, tutt’ora le più apprezzate da miliardi di persone al mondo. Starà a lui capire la differenza tra la letteratura classica e quella di matrice religiosa, e decidere se avrà bisogno credere nell’esistenza di qualcosa di tutto questo per sentirsi a posto con se stesso. Magari sceglierà il poderoso dio col martello Thor, o magari Bacco, generoso dispensatore di bevande alcoliche. Oppure stupirà tutti scegliendo come libro sacro un vero classico della letteratura quale l’Isola del Tesoro ed eleggendo il capitano Flint a dio pirata personale, degno di ogni venerazione. Se poi qualche dio sentirà il bisogno di manifestarsi presso mio figlio per far valere le sue ragioni, sarà libero di farlo. Basta che ci metta la faccia di persona: sono stanco di tutti questi dei che funzionano solo per sentito dire.

Il motivo concreto

Il terzo motivo varrebbe anche da solo, senza gli altri due: la mia amata arriva a condividere i miei sentimenti atei, ma non la mia passione pastafariana. Quindi ho carta bianca sull’ateismo, ma se solo provassi a spiegare ai mio figlio la Sugosa Via dello Spaghetto, vivrei nel terrore che li faccia battezzare di nascosto in chiesa alla prima occasione, giusto per farmi torto.

Di motivi ce ne sono abbastanza. In più ci vedo un ottimo punto di forza: quando un bambino cresce senza che la testa gli venga riempita di storielle religiose fatte passare per vere, maturerà una mentalità più scientifica e razionale. Sarà portato naturalmente a non credere a tutto quello che si dice, alle pseudoscienze, allo spiritismo, alle scie comiche, ai presidenti che si sono fatti da soli e alla lobby dei barbieri (grazie a Lega Nerd per la gustosa segnalazione, starò attento la prossima volta che mi faccio tagliare i capelli). Potrà vivere meglio, in pace con se stesso, senza che debba fare affidamento su interventi divini esterni ogni volta che ne ha bisogno, ma piuttosto contando consciamente sulle proprie capacità e sull’aiuto delle persone che lo circondano e che gli vogliono bene. Senza quell’angoscia generata da un dio onnipotente e guardone che non ha altro da fare che controllare ogni momento quello che pensa, dice o fa, per poi presentare poi il conto alla fine. Non ne avrà bisogno. Credo che nessuno ne abbia bisogno, serve solo il tempo di capirlo, e qualcuno deve pure iniziare.