Cape Town, Venerdi 5 dicembre 2014

Il venerdì sera, si sa, è serata speciale per il popolo pastafariano. E’ il giorno che tutti attendono per l’intera settimana. Parecchie volte negli ultimi anni ho avuto il piacere e la fortuna di spendere notti con pirati, da diverse parti del mondo. L’Africa appare positivamente estrema anche da questo punto di vista: memorabili le notti a Nairobi, come ciò che è accaduto a Cape Town. Mai mi era successo di celebrare la stessa notte con 2 ciurme, contraddistinte dalla provenienza, unite come non mai negli intenti e nella celebrazione.
Di seguito una narrazione degli eventi accaduti quel venerdì.

La Lion's Head Mountain. Attneti a non caplestare code di felino nella nebbiaDi ritorno dalla scalata della Lion’s Head Mountain con l’ amica Lauren, incontro 4 geni in mutande con la pila attaccata, invece che alla testa, al culo. La testa è occupata da colorati scolapasta. Sono già parecchio ciucchi, classico accento sudafricano urlano minchiate su minchiate, ad ogni persona che incrociano, inchino supremo alzandosi lo scolapasta. Accetto la birra che offrono al popolo, un paio di apprezzamenti su Lauren, due cambi di opinione sugli squali e ci si aggrega alla ciurma. È inspiegabile come ci si trovi subito in sintonia.

Arriviamo alla macchina della ciurma, fuoristrada da 5 posti con cassone aperto dietro, e, ai 4 stronzi con la pila in culo, a me e Lauren, si sono aggiunti un ragazzo e una tipa austriaca agganciati e convertiti durante una gara di rutti scendendo gli ultimi metri. Musica elettronica e parte il vascello, le birre stanno finendo, è ora di iniziare a celebrare sul serio.

Un sacerdote Pastafariano di Città del Capo prepara la Castle Lager per il rito del Venerdì
Un sacerdote Pastafariano di Città del Capo prepara la Castle Lager per il rito del Venerdì

Passiamo a casa di Philip, dove con bende ed elmi si vestono i nuovi membri. Piccolo meeting bevendo da pentola fresca Castle Lager, in cui ci spiegano che sono lieti di riceverci nella flotta del pacifico di Cape Town, famosa e rinomata per farsi soddisfare attraverso sesso orale dalle balene che stanziano nei pressi di Simon’s Town durante alcune stagioni dell’anno. In assenza delle balene ripiegano sulle mondane sudafricane. Il programma della sera è passare in più possibili locali, spassarsela con la gente e ampliare la già esistente ciurma con nuovi convertiti. Il punto di ritrovo finale sarà Haut Bay, dove incontreremo i pirati della flotta dell’Atlantico, per concludere la serata insieme. Come accennavo, la più grande differenza tra le due ciurme sta solamente per la provenienza da oceani diversi, ma celebrano spesso tutti in un unico gruppo nella peninsula della città sudafricana, in compagnia di vecchi marinari e zoccole di porto.

Prima di andare ad un pub, tappa obbligatoria è passare davanti all’enorme centro commerciale Waterfront, che tu sia uomo o donna non centra niente, passando in macchina o mostri il fondoschiena passando o seno e fondoschiena se sei donna. Tutti adempiono, Lauren non ha nessun problema, è già sbronza e toccata da lungimiranti spaghettosità, l’austriaca se la tira un po ma alla fine cede e mezza tetta in onore a questo venerdì e in disprezzo degli stronzi turisti davanti la mall salta fuori.

tre-che-bevonoPrimo pub, e qua la vera celebrazione inizia, narrando e convertendo metà locale, incredibili sfide di ping pong beer ma senza l’utilizzo di nessuna pallina, gara di mitraglia in parcheggio; buco con chiave sulla base della lattina, apri la lattina e giu di schiena. Si riparte, dietro al cassone ci sono 3 nuovi membri, 2 francesi da Bordeaux e un altro pirata sudafricano. Le francesi come sempre si contraddistinguono per le tre specialità che sanno fare.

mani e bicchieriIl clima è di grande festa, la convinzione collettiva dei nuovi membri aumenta sempre più, dopo altri due locali si arriva in una gran bella casa con piscina, party di un’amica dell’amico del cugino di Jay, ma ci sentiamo indistintamente tutti invitati, e occupiamo la festa. La proprietaria di casa all’inizio non sembra contentissima, ma visto la gioia e la simpatia che tutta la ciurma va manifestando, e soprattutto l’impossibilità di cacciarla fuori, accetta e iniziano le danze. Non fa così caldo, ma gli avventurieri pastafariani spesso cadono o vengono spinti nelle insidiose fredde acque della piscina, poche bracciate e perlustrazioni ed escono subito; non ci sono balene nei paraggi, meglio star fuori dall’acqua allora.

tuffo-con-birraLa situazione comincia ad essere sempre più divertente e molesta, complice musica tamarra di alta qualità e tuffi con presa delle birre al volo. Non ci si risparmia in niente e per niente, gran momento quando le amiche francesi affermano tarantolate di sentirsi lunghe spaghettosità ovunque e ripudiano l’amato champagne in favore di economica birra sudafricana.

È arrivato il tempo del ritrovo con la ciurma dell’Atlantico, si decide di andare verso Haut Bay, ma Jessie, padrona di casa non vuole proprio che la combriccola abbandoni ora. Dopo intensi e riflessivi minuti si decide che i pirati dell’ovest possono, o meglio, devono venire alla riscossa al party. Ricordo l’ingresso in scena dei 5 membri dell’ Atlantico, due robuste ragazzotte che portano in spalla due compagni piuttosto fradici e felici, dietro l’ultimo pirata, che continua a inciampare ridendo e rovesciando lattine dai due secchielli pieni di ghiaccio e Black Labels. E che ve lo dico a fa, da quel momento in poi, solo Sua prodigiosa spaghettosità sa.

1 fsm e due birre

Preti molesti che suonano campane moleste – atto II

Quando si pensa ad un prete molesto, il pensiero corre ad un altro genere di molestia. Nel mio caso è sempre coinvolto un bambino piccolo, ma solo perché viene disturbato nel sonno dalle campane moleste che il prete molesto del mio paese pretende di avere il diritto di suonare, anche in orari improbabili, tipo la mattina a venti alle sette.

E così circa un mese fa, seguendo le istruzioni che ho trovato qui, ho scritto una lettera al sindaco e ne ho parlato qui, sollecitando un intervento da parte del comune.

E la risposta è arrivata. Incredibile a dirsi, la risposta del prete alla lettera del comune mi è arrivata quattro giorni prima della lettera del comune a cui ha risposto. Forse è che siamo già nell’anno del futuro di Ritorno al Futuro, ed iniziano i primi scombussolamenti temporali. Oppure la realtà è più semplice: abbiamo a che fare con le poste italiane, che ci mettono dieci giorni a consegnare la mia raccomandata al comune che sta dall’altra parte della strada, e già avevano dato grande prova di loro qualche anno fa, con la mia lettera di sbattezzo. Apprendo infatti del’esistenza di una lettera del comune prima ancora di riceverla solo perché il prevosto mi ha fatto al cortesia di inoltrarmela.

Il tutto è un bel pacco di 11 fogli fotocopiati (male) e graffettati. Li riporto qui di seguito, per il vostro piacere intellettuale.

La lettura è in linea di massima piacevole, a tratti esilarante, se non fosse che rappresentano la versione cartacea della prepotenza di un rappresentante delle gerarchie cattoliche. Molte parti sono però noiosi elenchi di citazioni burocratichesi di altri documenti che vogliono suffragare l’autorità del prete di scampanare a sua discrezione.

Siccome di mestiere non faccio il giurista, ho pensato che la prima cosa da fare fosse contattare l’ufficio SOS laicità dell’UAAR per aggiornarlo sul mio problema. Gli ho chiesto se sia il caso che io intervenga nello scambio epistolare tra chiesa e comune o se devo aspettare a vedere se quest’ultimo ha a cuore il mio problema ed intende portarlo avanti con la dovuta autorità.

Se dovessi intervenire io, magari non avrei la forma che ha il reverendo, ma sicuramente di cose da rispondergli ne avrei un bel po’. Potrei giusto elencarle qui di seguito.

Come prima cosa, non ho niente contro le campane che suonano di giorno. Certo non sono un grane amante della scampanata, a prescindere dal suo significato. Ma dal momento che porto sempre con me il telefono, sul telefono c’è l’orologio e quindi non considero vitale il servizio di segnale orario del campanile. Allo stesso modo, non essendo né un anziano né una comare di paese, poco mi interesso a chi è morto, e se mai la cosa dovesse riguardarmi, ho dei canali di informazione alternativi. Anche qui mi vengono incontro vari modernismi tecnologici che sono stati inventati dopo il campanile. Per citarne alcuni: i giornali, Whatsapp, ancora il telefono.

Non sapevo che le campane debbano o meno suonare durante i temporali. Mi chiedo che senso debba avere la cosa, anche se mi lascia abbastanza indifferente. Quasi mi dispiace che l’attuale prevosto si sia fatto capo di una revisione delle scampanate, e sia stato ripreso da un comitato di parrocchiani con tanto di avvocato che vigila sulle antiche tradizioni del paese. Forse il prevosto li ha citati anche a scopo intimidatorio, come a dire che se anche noi blasfemi dovessimo vincere il primo round contro le campane moleste, la cosa non passerebbe certo inosservata a questi signori. Vedremo.

La nota dolente è all’inizio di pagina due:

In alcune Solennità o feste e in alcune celebrazioni tradizionali alle ore 6,30 si vuole ripristinato il suono dei concerti che durano tre minuti. Trascrivo a seguire il calendario concordato. Circa le Solennità e feste sono state scelte: NATALE – EPIFANIA – MERCOLEDI DELLE CENERI – DOMENICA DELLE PALME – PASQUA – ASCENSIONE – PENTECOSTE – SS.MA TRINITA’ – CORPUS DOMINI – SANTI PIETRO E PAOLO – ASSUNTA – SOLENNITA’ DEI SANTI – COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI – SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA. Circa le celebrazioni tradizionali: si suonano le campane alle ore 6:30 durante la settimana eucaristica quella che va dalla SS.MA TRINITA’ al CORPUS DOMINI (da lunedì a Sabato) e durante l’OTTAVARIO DI PREGHIERA PER I DEFUNTI celebrato dal 1 all’8 novembre ( in questi giorni si suona il campanone dei morti).

Sembra che ogni occasione è buona per fare un concerto mattutino per un pubblico non pagante. Non ho ben chiaro per quale di queste feste abbiamo avuto l’onore ed il privilegio di essere svegliati per tre giorni di fila. Certamente so che l’Assunta è a ferragosto, quindi posso prevedere che se per allora la cosa non si sarà risolta come vorrei, saremo svegliati all’alba dal concerto.

giove-pluvioSegue una breve considerazione sui temporali. Un’altra. Come se io mi fossi lamentato che durante i temporali non ho niente di meglio da fare che lamentarmi perché c’è un campanile che suona. Se credessi in Thor, Giove Tonante o altro dio dei tuoni e fulmini potrei lamentarmi con il mio sacerdote perché non lo prega abbastanza o nel modo corretto, al punto da provocare l’arrivo della temuta Sarneghera, calamità dei campi e delle vigne. Da amante del Franciacorta e devoto Pastafariano, mi guardo bene dal voler rimuovere un servizio tanto utile alla produzione di vino e cereali.

Ma questo era solo riscaldamento. Il bello arriva qui: le considerazioni di un prete bigotto ed in malafede riguardo a ciò che a me deve dar fastidio o no:

Ciò che mi sorprende è che dalle 6 del mattino in via Chiesa, in Piazza Morganti, in Via Pevvi transitano autoveicoli molto rumorosi e fino a mezzanotte il traffico su queste strade e sulla Piazza è molto intenso e l’inquinamento acustico giornaliero dal lunedì al sabato si protrae per ore e ore. Durante l’estate in Piazza Morganti all’aperto si tengono concerti, proiezioni di film, conferenze, manifestazioni culturali che iniziano alle ore 20,30 e durano fino alle 23 e spesso dalle 23 alle 24 si smontano le attrezzature provocando rumore. Oggi si arriva al punto di far tacere le campane (che suonano pochi minuti, massimo tre) per non disturbare la quiete pubblica, dopo essersi ingozzati dal mattino a sera di autoveicoli fracassoni e assordanti, di clacson sfrenati e violenti, di rumori televisivi e radiofonici. Un’armonia quieta e serena come quella delle campane sicuramente disturba, diventa sgradita, eccessiva ed irritante perché invita alla riflessione, alla poesia, alla preghiera, ma soprattutto fa pensare alla dimensione religiosa della vita

sbatttezzatoMi piace pensare a quanto sia realmente sorpreso il prete di fronte alla mia richiesta di non fargli suonare le campane. Non credo che faccia fatica a ricordare il mio nome, visto che mi sono fatto sbattezzare da lui tre anni fa. Dovrebbe aspettarsi che io sia un po’ prevenuto nei suoi confronti, non essendo più ufficialmente parte del suo gregge di pecorelle.

Comunque è vero: via Pevvi è molto trafficata. Sarei contento se un giorno un sindaco illuminato dovesse decidere di trasformarla in una zona pedonale.

Voglio però far notare che chi si sveglia per il rumore non sono tanto io, quanto il mio bambino di due anni. Certo, questa informazione non gli è stata passata dall’ufficio tecnico del comune, ma sono certo che converrà che mio figlio, per quanto sia ateo come me e come tutti i bambini della sua età, sicuramente non è in cattiva fede come lo sono io nei confronti di un campanile molesto, e che se non si sveglia per il traffico ma lo fa per le campane, non lo fa in aperta contestazione con la chiesa cattolica.

La famosa Pimpa rincorre una causa di traffico frenato e violento
La famosa Pimpa rincorre una causa di traffico frenato e violento

Posso anche capirlo: il traffico rumoroso è giornaliero, e quindi anche se un camion dovesse passare sotto la finestra aperta di casa nostra e suonare il suo clacson sfrenato e violento durante la merenda, al massimo gli farà perdere una battuta della Pimpa impegnata in una delle sue straordinarie avventure.

Sarà poi forse che la sera è più stanco della mattina, ma mio figlio ignora anche tutti gli schiamazzi serali dei clienti della pizzeria di via Pevvi, come pure i motorini scoppiettanti dei ragazzetti dell’oratorio che non possono fare a meno di sgasare mentre decidono ad alta voce dove fare il secondo giro. Non dà peso nemmeno ai numerosi matti del paese, mattinieri o nottambuli che siano, quando vengono a cantare le loro canzoni improvvisate ad orari impossibili. Probabilmente il suo è un adattamento naturale ai rumori dell’ambiente più ricorrenti.

Il mio posto il prima fila per il concerto dell'Assunta
Il mio posto il prima fila per il concerto dell’Assunta

Ma è difficile non svegliarsi quando nel dormiveglia della mattina ci sono una decina di campane che fanno a gara a quella che fa più rumore fuori della propria finestra. Già, perché il nostro piacevole parroco lo definisce un’armonia quieta e serena. A me ricorda più il suono angelico che farebbe il carretto di un robivecchi che si rotola giù da una scarpata. Chissà perché lo stesso Dante Alighieri non fa mai riferimenti alle campane per descrivere le voci di angeli e santi della Divina Commedia, quanto piuttosto alle canne di un organo. Se i frequentatori di chiese di Gussago non la pensano come il Sommo Poeta, allora suggerisco di cambiare di posto tra loro l’organo che c’è nella chiesa con le campane, così che il prete e la sua assemblea possano apprezzare appieno ad ogni celebrazione la piacevolezza che invita alla riflessione, alla poesia, alla preghiera, ma soprattutto fa pensare alla dimensione religiosa della vita.

Grazie al calendario fornito premurosamente dal nostro prevosto posso premunirmi e registrare il prossimo concerto dell’Assunta a Ferragosto, di modo che chiunque possa valutarne la bellezza sublime. Magari a noi atei sfugge la poesia del suo concertino mattutino, ma gli garantisco che quando sento le sue campane di riflessioni ne faccio un bel po’, condite da numerosissime preghiere rivolte alla somma divinità suina ed al suo nutrito pantheon di semidei accessori.

A pagina tre iniziano le questioni tecniche burocratiche. Quelle per cui voglio sperare che l’ufficio tecnico abbia la forza e la volontà di prendere in mano, o che se non altro lo facciano spronati dall’intervento dell’ufficio SOS laicità dell’UAAR. Il prete, bontà sua, ammette che le campane, spesso situate in pieno centro abitato. possano rivelarsi fonte di disturbo per i residenti delle zone limitrofe. Dopo aver detto questo parte il lungo elenco di citazioni di casi a riguardo, nell’ordine:

  • Articolo 2 del concordato, 1984, quello per cui va bene suonare le campane, ma che questo non pregiudichi i beni e la salute degli italiani.
  • CEI, maggio 2002: si cerca di uniformare il disturbo alla quiete pubblica da scampanamento. Forse per evitare che il prete un po’ troppo solerte faccia fare delle figure meschine a tutta la chiesa cattolica.
  • 13 maggio 2002, sempre la CEI decide che sono i vescovi a decidere l’entità dei disturbi alla quiete pubblica da campanile, il tutto distinguendo tra scopo liturgico o religioso (quale è la differenza?) , ed in base ad orari, intensità, modalità e durata del disturbo.
  • Finalmente una legge dello stato e non della chiesa: siamo nel 1985, e la legge 121 articolo 2 dice che bisogna guardare all’esercizio del culto. Credo significhi che c’è differenza dal suonare le campane alle sei e mezza perché il prete vuol far sapere a tutti che il suo dio è risorto anche quest’anno, e il suonare le campane perché è in corso una messa. L’impiego non liturgico per questa legge non gode di particolare tutela. Ma pensa un po’, significa che fuori delle messe un rumore è un rumore, a prescindere che a produrlo sia un campanile o una ambulanza.
  • L’articolo 844 del codice civile viene citato paragonando il suono delle campane ad altri fastidi quali fumo, calore, esalazioni, rumori e scuotimenti, tutti vincolati a certi limiti di legge. Chiaro. Non a caso per queste cose si fa intervenire l’ARPA. Mi metterò d’accordo col tecnico dell’ARPA per farlo assistere al concerto di Ferragosto direttamente da un posto in prima fila, quale la finestra della cameretta di mio figlio.
  • Purtroppo però il nostro prelato, attraverso la citazione di diversi casi di cassazione, ci fa sapere che non esistono criteri precisi per capire quando questi limiti vengano oltrepassati, e che vada valutato il caso ogni volta.
  • Il secondo comma dell’articolo 844 del codice civile ci parla però che in caso di necessità produttive il giudice può alzare la soglia del disturbo. sicuramente lo scampanamento non rientra in un caso di produzione, quindi dovrei essere a posto.
  • Purtroppo però il nostro ci fa notare che nel caso delle campane che annunciano la celebrazione, non vada conciliato l’aspetto produttivo delle stesse, quanto l’aspetto religioso, perché il tipo di disturbo non è modificabile. Certamente, se abitassi a Monza e mi stessi lamentando dei disturbi del Gran Premio, allora il patron della Formula 1 chiederebbe di valutare non tanto l’aspetto produttivo o religioso, quando automobilistico.
  • A questo punto inizia un rincorrersi tra appelli e cassazioni in giro per i tribunali di tutta Italia. La sensazione mia è che la legge non è chiara, e quindi sta al giudice interpretare quello che vuole, a seconda dei suoi sentimenti politico-religiosi o dalla distanza della sua camera da letto dal campanile del paese.
  • Da questa gran confusione tribunalistica ne esce però una conclusione chiara, all’inizio di pagina 6:

… la contravvenzione non è configurabile nei casi in cui siano offesi solamente i soggetti che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori …

Quindi una conclusione finale:

In linea generale, deve, tuttavia, escludersi che le campane costituiscano, di per sé, fonte rumorosa con riferimento al suono prodotto per richiamare i fedeli al culto. Lo scampanio, infatti, rientra nelle consuetudini della vita di comunità, e costituisce fatto periodico e di breve durata, normalmente privo di intensità da porre problemi inerenti al disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone a norma del citato articolo del codice penale. (Cass. n. 848/ 1995).

Tanto dovevo per dovere di chiarimento. Mi auguro che questa risposta possa costruire ponti e non muri. Rimango a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento, che condividerò in un dialogo mite, franco e determinato.

Firma e data.

Certo, se fossi io il prevosto non sarei tanto propenso ad accontentare al volo il primo ateo che brontola per una scampanata quando ha traffico, spettacoli e concerti sotto casa. Posso capire le sue idee, e ne va della sua dignità di prete e di tutta la forte organizzazione che ha alle spalle.

Da parte mia sento di dover far valere i diritti miei e della mia famiglia, a prescindere dalle sue considerazioni su cosa debba disturbare o no. Non essendo cattolico, perdo gran parte dei diritti che lo stato dà agli aderenti di questa religione tramite il concordato. Cercherò di farmi bastare i miei diritti civili.

Ponti e non muri. A noi amanti dei Pink Floyd quando ci si parla di muri ci mettiamo subito in preallarme. Spettacolo-ZAC-2015A dare ragione alle considerazioni del prevosto, sabato sera in piazza c’era un rumoroso spettacolo teatrale per bambini, a base di enormi conigli manovrati da attori con costumi un po’ retrò. A dare ragione a me, mio figlio ha deciso che lo spettacolo non era sufficientemente interessante, e ha dormito della grossa per tutta la sua durata. A darmi un segnale interessante, la scelta bizzarra per la musichetta di stacco dell spettacolo: nientemeno che la canzone Alan’s psychedelic breakfast dall’Album Atom Heart Mother, al netto dei rumori di Alan che frigge la pancetta e maneggia le stoviglie, chiaramente. Stiamo comunque parlando di Pink Floyd. Stiamo parlando di un segno: c’è un muro da abbattere.

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Due parole sui Valdesi, per chi volesse tenere lo stesso dio ma cercare di adorarlo con un po’ di stile

Due capi religiosi si incontrano. Il capo dei valdesi è quello vestito normalmente.
Due capi religiosi si incontrano. Il capo dei valdesi è quello vestito normalmente.

La settimana scorsa, mentre un milione di persone si sono ritrovate a Roma a manifestare affinché i loro diritti non venissero estesi ad altre persone, quello che potrebbe essere giudicato come il padrone di casa ha deciso di cambiare aria, e ha colto l’occasione per andare a prendere il fresco sulle Alpi dei valdesi. Ne ha approfittato per chiedere scusa al loro capo per i piccoli screzi e le incomprensioni del passato, ovvero le persecuzioni sistematiche e le stragi di intere comunità operate contro la loro chiesa a partire dal 1184, quando il papato romano disponeva ancora di un esercito operativo. Tutti ad applaudire l’umiltà di questo papa. D’altra parte, si fa sempre bella figura a chiedere scusa per colpe di cui non si è responsabile, commesse fisicamente da altri in periodi storici remoti. Anch’io devo ricordarmi di chiedere scusa agli elefanti perché i miei antenati hanno sterminato i loro cugini mammut sul finire dell’ultima glaciazione. Si potrebbe intendere il gesto del papa come un brillante modo di distrarre l’attenzione dalle proprie magagne. Considerando che sono passati 831 anni dal 1184, significa che di questo passo nel 2846 d.C. ci sarà un papa particolarmente umile e comunicatore che chiederà scusa del trattamento che la chiesa ha riservato negli anni bui del ventunesimo secolo agli omosessuali ed alle vittime della pedofilia; magari farà questa pubblica ammenda per coprire qualche imbarazzante scandalo galattico o qualche discriminazione nei confronti di una razza aliena con un numero di genitali poco consono ai valori evangelici.

Ma alla fine ai valdesi importa poco di essere usati per distrarre l’attenzione da altro, o come strumento per far vedere a tutti quando è generoso e umile questo papa. I valdesi sono una comunità molto tranquilla e rispettosa, poco propensa a far sapere ogni volta al mondo intero di quello che pensano di questioni non di loro competenza. Se i valdesi balzano alle cronache è per quello che fanno silenziosamente, mai per quello che dicono di fare o che faranno urlandolo con ogni possibile mezzo stampa, o per quello che pretendono che gli altri facciano.

E quello che fanno i valdesi non è che sia poi così incredibile, ma diventa straordinario se paragonato a quello che fanno o non fanno i cattolici. Per esempio i valdesi non fanno tutte queste storie quando si tratta di riconoscere agli omosessuali il diritto di sposarsi, e questo già molto tempo prima di gran parte degli stati cosiddetti laici. Non hanno nemmeno tribunali speciali per giudicare i più orrendi reati del propri dipendenti col tacito benestare della giustizia italiana, per dirne un’altra. Un’altra cosa che fanno i valdesi è che danno l’8 per mille in beneficenza, tutto quanto. Non solo: hanno anche delle soglie, molto basse, per impedire che ne vada troppo ad associazioni di volontariato o beneficenza legate direttamente a loro. Non fanno come la chiesa cattolica, che lo fa solo a parole nei suoi bellissimi ed ingannevoli annunci pubblicitari, e che poi del miliardo di euro che riceve ogni anno più dell’ottanta per cento serve a coprire i costi e l’inefficienza mai documentati di una chiesa che non sa stare in piedi da sola e che richiede l’aiuto ingente di uno stato servile.

Un po’ di tempo fa stavo bevendo qualche birra al solito posto con una persona, che oltre che essere una carissima amica è anche una fedelissima della chiesa cattolica. Direi pure la loro cliente ideale. Cerco sempre di non finire sugli argomenti religiosi, perché so che non se ne esce mai. O meglio: io oppongo le mie inoppugnabili argomentazioni razionaliste volte a dimostrare che il loro dio non esiste, ma lei si difende con pazienza dicendo che dio va preso per fede, che a lei le parla e la aiuta e via dicendo. Il fatto poi che entrambi abbiamo delle pinte di birra in mano non aiuta certo chi ci vede a scambiarci per due intellettuali in dibattito, quanto piuttosto in due ubriachi sordi.

Non è un grande scenario, e non credo sia diverso da quello che accade in ogni bar d’Italia il venerdì sera. L’ultima volta però ho avuto un’idea: quella di proporle una visita ad un rito valdese, così, per provare un’alternativa. Mi sono offerto di accompagnarla io stesso. Già c’ero stato un po’ di volte un paio di anni fa, e mi ero trovato benissimo, sebbene fossi già un non credente senza speranze. L’idea della visita ai valdesi non era malvagia: sono cristiani come i cattolici, quindi non sto proponendo un’alternativa al suo dio permaloso nella forma di un vitello d’oro o di un serpente piumato, quanto un modo alternativo di adorarlo.

In più le elenco i motivi, tralasciando quelli citati qui sopra, che alla mia amica possono interessare di meno:

  1. Hanno una bella comunità, molto partecipe. Probabilmente è proprio l’effetto di far parte di una chiesa di minoranza rispetto allo strapotere cattolico che aiuta a sentirsi un elemento attivo ed importante di una comunità e non una pecora impotente nelle mani di un vescovo distante ed intoccabile.
  2. I lori riti sono divertenti ed interattivi, ma non solo per l’iniziativa di un parroco un po’ anarchico o anticonformista: sono proprio così. Se il cattolicesimo assomiglia al web 1.0, ovvero quello in cui c’erano dei siti Internet statici da cui si poteva al massimo recuperare il numero di telefono di un negozio e non c’era uno straccio di blog o social network, la chiesa valdese è il web 2.0, dove chiunque può dire la sua durante il rito, anzi è invitato a farlo. Non c’è un prete supponente a vomitarti addosso tutto quello in cui devi credere, senza possibilità di intervento o dibattito, ma una buona occasione per scambiare idee o discutere su una pagina del vangelo. Io ho partecipato a quattro o cinque funzioni, e non mi ricordo di che ce ne fossero state due uguali. La mia preferita rimane quella per cui si era stati invitati la volta prima a portare qualcosa da mangiare, e finito il rito ci si è spostati nel refettorio a pranzare e a divertirsi insieme.
  3. Si vota per essere rappresentati nella gerarchia ecclesiastica. E se si è valdesi da abbastanza tempo, si può chiaramente anche essere votati. Senza per forza essere pastori. Con la chiesa cattolica è un po’ diverso: c’è un papa che nomina i cardinali ed i vescovi, e questi si preoccupano di votare per un nuovo papa quando questo incontra la morte o, caso più unico che raro, decide di dimettersi un po’ prima. Poi a cascata i vescovi nominano tutto il resto a scendere, fino ai preti, ai diaconi, alle catechiste e agli insegnanti di religione. Questi ultimi poi devono anche comportarsi in modo conforme, altrimenti possono essere licenziati senza giusta causa, e si ritrovano quindi a dover rispondere anche della propria vita privata solo per mantenere il posto di lavoro. Che però, incredibile a dirsi, non viene pagato dalla chiesa ma dallo stato. Siamo nel medioevo. Il fatto poi che i valdesi votino per i loro rappresentanti aiuta molto a tenere la chiesa vicina al senso della realtà: sono i fedeli a decidere la direzione della loro chiesa attraverso delle elezioni regolari, e non la chiesa a cercare di forzare la mano per imporre ai suoi fedeli il modo di pensare di un gruppo chiuso di vecchi dinosauri.
  4. Le gerarchie sono laiche, ovvero una cosa è essere pastore, una cosa è rappresentare e decidere per la chiesa. Ovviamente un pastore può anche essere eletto ed è facile che sia portato a farlo, ma ad un certo livello della gerarchia i laici non possono scendere sotto una certa percentuale dell’assemblea.
  5. I pastori hanno anche un altro lavoro. Già, non ci sono preti di professione. E fare il pastore quindi non è un lavoro, come non comporta carriere religiose.
  6. Le donne possono fare il pastore (pastoressa? pastora?) al pari degli uomini, senza limitazioni. I maschietti del cattolicesimo hanno paura di non so cosa, e negano ogni forma di carriera ecclesiastica alle donne, che al massimo possono diventare badesse di un convento o caposala in un ospedale, sempre però indossando abiti talebaneschi.
  7. Si impara l’inglese, perché gran parte dell’assemblea è formato da stranieri. Quindi da un lato gli stranieri imparano l’italiano, ma dall’altro gli italiani si beccano un po’ di parti del rito ripetute in inglese, ed un altro po’ solo in inglese. Male non fa di sicuro. Per i cattolici la lingua ufficiale è ancora il latino, figurati se sono pronti a far recitare la messa in inglese.
  8. C’è chi ti tiene i bambini mentre vai al rito. Pensa un po’, una specie di nido aziendale o di Småland dell’Ikea, ma in chiesa. I valdesi sono più avanti pure delle aziende italiane o dello stato stesso, che se sei stato così arrogante da decidere di riprodurti e poi non hai né i genitori a portata di mano né i soldi per mettere il bambino in un nido, sono solo cavoli tuoi. Lasciando il bambino in una sala giochi, seguito ovviamente da una persona qualificata della comunità e non da un prete cattolico, non si costringe un bambino a fare cose che odia e non è in grado di capire, come stare seduto per un’ora su una panca scomoda ad ascoltare un sacerdote che sproloquia di cose un po’ distanti dalla realtà.
  9. Se vuoi, puoi chiedere di tenere un sermone, anche se non sei un pastore. Questa poi è davvero sensazionale.
  10. Non stanno ad incasinarsi troppo sui dogmi, come se avere una madonna vergine fa poi tanto la differenza. Quella dei dogmi l’ho sempre vista come una grossa tara per qualsiasi religione. Neanche a dirlo, l’unico dogma della religione pastafariana è il rifiuto di qualsiasi dogma, come sta scritto qui nella sezione Further. Un conto è che mi si dica di fare qualcosa di poco chiaro sulla fiducia, e se non è proprio una scemata o una terrificante violazione dei diritti degli altri, allora posso anche fare uno sforzo. Ma che mi si venga a dire che se non credo a delle assurdità totali va a finire che non sono un fedele esemplare e che magari verrò anche punito in un secondo momento, allora direi che è meglio lasciar stare. Anche perché voglio ricordare che i fedeli di una religione non sono tutti laureati in teologia, e che ogni dibattito con un qualsiasi ubriacone da bar sul fatto che la madre del loro dio abbia concepito e partorito da vergine, va sempre a cadere nell’ilarità generale del pubblico. Se poi il tipo religioso è permaloso ed è in grado di procurarsi delle armi, succedono anche dei bei casini, e la colpa è sempre tutta di questi dogmi strampalati.

 

Ci sono tanti motivi per cui per un cattolico di nascita può essere affascinante affacciarsi ad una cerimonia valdese. Poi, lo ripeto, il dio è lo stesso. Solo una versione aggiornata e corretta di quello che già adora. Per dirla in un altro modo: non gli ho chiesto di passare a Linux: è più un aggiornamento gratuito da Windows Millennium a Windows 7.

Ho ottenuto successo? No. Col senno di poi mi viene anche da dire ovviamente. Perché? Perché la mia amica, a cui voglio un mare di bene, vive in una religione che ha costruito tutta la sua fortuna sulla paura, o timore, come lo chiamano loro. Ad iniziare dalla mela di Adamo ed Eva, tutto quello che ne viene è sempre la paura a porsi delle domande, a provare a cambiare qualcosa. Per come la vedo io, sarei contento di avere un dio che mi porge tutto il sapere proibito concentrato in un unico frutto, e ne mangerei ogni giorno, seguendo la regola d’oro dell’ateo umanista:

una mela proibita al giorno toglie il dio molesto di torno

Ogni giorno mi sveglio e decido se voglio affrontare la mia giornata da ateo, da Pastafariano o da seguace di un qualche dio che non ho ancora avuto il tempo di inventare. Ma questo sono io, e così credo siano la gran parte degli atei, degli agnostici e dei liberi pensatori vari che abitano il mio pianeta. Ma questo modo di pensare che per me è tanto naturale, ricco e stimolante, tale non è per la mia amica. Lei, ogni volta che ha un dubbio, invece di sguinzagliare il suo pensiero ha imparato a rinchiuderlo dentro di sé, a cercare la risposta in una qualche frase sentita mille volte da un prete o da un’autorità riconosciuta. In questo contesto, anche solo il proporgli di andare ad assistere al rito di una chiesa protestante diventa un bestialità, qualcosa di assolutamente inconcepibile. Ma perché? Non me lo ha saputo nemmeno dire. Probabilmente non se ne rende conto nemmeno lei, ma per me è ancora la paura. Paura di una punizione divina o di doversi di colpo ricostruire da capo una nuova identità, come se non stiamo mettendo in dubbio il prete, ma dio stesso e tutto quello che siamo.

E che se pure dovessimo provare e poi non ci piace, il gesto sconsiderato vada comunque confessato al proprio prete, con chissà quale imbarazzo: “sono andato a messa dai valdesi, così, per provare a vedere se è bello come dicono…” ma stiamo scherzando? Guai! E se poi ci piace? A questo punto credo che abbiamo talmente paura di cambiare e di quello che potremmo diventare, cioè diversi da quello che siamo, da non ammettere che se cambiamo rimaniamo comunque noi stessi, solo con indosso un abito migliore che ci fa stare più comodi. Siamo pronti a rinunciare a noi stessi, a metterci in gioco? Evidentemente no. Come se dovessi morire per far rinascere un’altra persona nel mio corpo. Una persona valdese, probabilmente più felice e realizzata, ma pure sempre al posto di un me stesso, cattolico mortificato. Detto così sembra una bestialità, ma credo che sia proprio questo, la paura di cambiare, di ammettere di essersi sbagliati, di sbarazzarsi di quel cadavere imbarazzante che siamo diventati per evolverci in qualcosa di migliore.

Mi dispiace, ma non ne vedo altra spiegazione. A parte forse una, ben più pratica: la mia amica di lavoro fa l’insegnante di religione. Probabilmente se avesse deciso di seguire il mio consiglio e avesse poi pure deciso di cambiare parrocchia, avrebbe certamente perso il lavoro. E’ una cosa che capita abbastanza spesso in tutta Italia, da Palermo a Trento, da Fano a Firenze, ma fa parte dei rischi del mestiere quando si sceglie un lavoro come quello, con un datore di lavoro che predica la tolleranza ma che si comporta come un feudatario medievale.

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