Il Gioco dei Papi

superpope

 

Questo papa è proprio straordinario. Nonostante sia stato eletto ormai da un paio di anni, non passano comunque due giorni di fila senza che faccia parlare di sé per qualcosa di eccezionale, che ce lo faccia amare ancora di più di quanto già non facevamo il giorno prima. E’ proprio incredibile quanto si possa voler bene ad una persona, in un modo così appassionato e viscerale. Soprattutto se si evita di chiedersi cosa è poi cambiato davvero nella chiesa cattolica in questi due anni, da giustificare tutto questo amore.

 

Quello poi che mi sembra veramente pazzesco è che un individuo di una portata così esagerata possa essere vissuto in sordina in Argentina per tutti questi anni, passando pure indenne e immacolato attraverso un regime militare, senza che dalla sua terra natale non ne sia giunta voce a noi, qui nella vecchia Europa. Ma non lo si poteva eleggerlo papa che so, tipo sessant’anni fa? Non oso immaginare dove sarebbe la chiesa adesso. Probabilmente un po’ più arretrata sul piano del riconoscimento dei diritti umani, ma sicuramente con molti fedeli entusiasti in più.

 

L’unica cosa che mi rende molto triste quanto sento tutte queste lodi sperticate è il pensiero al papa precedente, che neanche a dirlo è ancora vivo, e potrebbe rimanerci male. Come vivrà questo continuo e logorante confronto dal suo luogo di ritiro? Perché il paragone tra i due è proprio inclemente: tanto il secondo eccelle in ogni gesto mediatico, tanto il primo veniva sistematicamente ripreso per via di un modo di fare più tradizionalista, un carattere forse più schivo, o magari per la preoccupante somiglianza con l’imperatore malvagio di un noto impero galattico.

 

Per rendere ragione a questo papa passato ma ancora vivente, ma anche ad altri papi del passato che soffrirebbero terribilmente il paragone con Francesco il Magnifico, ho inventato un gioco. Ci si può giocare anche da soli, ma per farlo occorre fare riferimento alle avventure di minimo due papi. Ho deciso quindi di chiamarlo con grande originalità

 

il Gioco dei Papi

 

Cosa serve per giocare al gioco dei papi:

  1. una qualsiasi fonte di informazione asservita alla chiesa cattolica
  2. un gruppo di simpatici amici (per la versione di gruppo)
  3. alcolici di proprio gusto

 

Come si gioca:

Come prima cosa si decide quale deve essere la fonte di informazione. Può essere un periodico, un sito Internet, la televisione o la radio. L’unica cosa importante, come specificato nei punti del materiale necessario, è che tale fonte di informazioni sua scelta tra i numerosi mass media schierati, ovvero che fanno a gara a decantare le virtù dell’attuale, simpaticissimo pontefice. Scordatevi quindi di scegliere una delle testate di atei, pastafariani o comunisti che leggete di solito, perché con queste riviste il gioco non funziona.

 

Io, per esempio, ho scelto questa pagina qui, tratta da una sezione del sito del quotidiano “La Stampa” interamente dedicata alle avventure del papa più buono di tutti.

 

Una volta definito il terreno di gioco, a turno i giocatori devono leggere una frase, andando però a riadattare in tempo reale i contenuti su altri papi della storia a cui la straordinaria magnificenza dell’attuale papa si contrappone. Per esempio, nella pagina che ho scelto si dice:

 

Il Pontefice mette al centro una comunicazione a dimensione umana. Per papa Francesco il grande continente digitale non è semplicemente tecnologia, ma è formato da uomini e donne reali che portano con sé le proprie ansie, la ricerca del vero, del bello e del buono

 

Che belle parole, per una persona tanto straordinaria. Noi possiamo adattare questo periodo, ad esempio, al papa precedente:

 

Il Pontefice mette in disparte la comunicazione a dimensione umana. Per papa Benedetto il grande continente digitale è pura tecnologia, perché è formato da uomini e donne virtuali che portano con sé la propria arroganza, la ricerca di falsità, brutture e cattiverie.

 

Oppure:

 

Dio parla attraverso gli avvenimenti quotidiani e Papa Francesco ci spinge verso una mistica che dona spessore all’attualità, imparando a sentire, a vedere Dio che non si stanca mai di operare in ogni momento della nostra vita, della storia

che per il papa prima si riscrivere così:

 

Dio ci parla solo in casi eccezionali e Papa Benedetto ci frena con una mistica che vuole rendere inconsistente l’attualità, smettendo di ascoltare e coprendosi gli occhi di fronte ad un Dio che ormai ha rinunciato di operare in ogni momento della nostra vita, della storia

e così via.

 

Beve per punizione chi si sbaglia e attribuisce ingiustamente ad un papa del passato i meriti del papa attuale.

 

Il gioco finisce, come al solito, quando non c’è più niente da bere o da dire.

 

Ecco l’articolo citato con l’adattamento al papa precedente a destra:

 

versione originale dedicata a papa Francesco I

versione adattata a papa Benedetto XVI

Intervista a Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali

Intervista a Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali

A sorpresa verrà annunciato un riconoscimento speciale che sarà consegnato in un’udienza in Vaticano il prossimo mese nell’ambito del prestigioso premio giornalistico internazionale “Argil: uomo europeo”- quarta edizione. Senza alcun colpo di scena, nessun riconoscimento speciale verrà consegnato in Vaticano il prossimo mese nell’ambito del prestigioso premio giornalistico internazionale “Argil: uomo europeo”- quarta edizione.
La proclamazione ufficiale avrà luogo alle 12 di venerdì 13 dicembre, nello “Spazio Europa” della rappresentanza in Italia della Commissione Europea, via IV Novembre 149 Roma, preceduta alle 10 da un tavola rotonda sul tema “Quali sinergie di comunicazione istituzionale per (ri)avvicinare i cittadini all’Unione Europea?” Non ci sarà quindi alcuna proclamazione ufficiale alle 12 di venerdì 13 dicembre, nello “Spazio Europa” della rappresentanza in Italia della Commissione Europea, via IV Novembre 149 Roma, e non ci sarà nessuna tavola rotonda sul tema “Quali sinergie di comunicazione istituzionale per (ri)avvicinare i cittadini all’Unione Europea?”
“Quella del Papa è una comunicazione a dimensione umana”, a tracciare il profilo del “Francesco comunicatore” è l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. “A cinquant’anni dalla ‘Inter Mirifica’ si è passati dai mezzi di comunicazione sociale alla cultura mediatica”, afferma a Vatican Insider monsignor Celli. “Quella del Papa è una comunicazione a dimensione puramente divina”, a tracciare il profilo del “Benedetto comunicatore” è l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. “A cinquant’anni dalla ‘Inter Mirifica’ si è passati dai mezzi di comunicazione sociale alla totale chiusura mediatica”, afferma a Vatican Insider monsignor Celli.

Come si caratterizza la comunicazione di papa Bergoglio?

Come si caratterizza la comunicazione di papa Ratzinger?

“Il Pontefice mette al centro una comunicazione a dimensione umana. Per papa Francesco il grande continente digitale non è semplicemente tecnologia, ma è formato da uomini e donne reali che portano con sé le proprie ansie, la ricerca del vero, del bello e del buono. A questo proposito ricordo che oltre un miliardo e duecento milioni di persone abitano una delle grandi reti sociali, Facebook, che è uno dei “paesi” più grandi del mondo, senza barriere. Molti di loro non entreranno mai in chiesa, ma anche a loro abbiamo il dovere di annunciare il Vangelo, pertanto la Chiesa e i suoi pastori devono essere in quest’ambiente, devono evangelizzare in Internet, non attraverso Internet, perché è nell’ambiente della rete che sono chiamato ad essere chi sono”. “Il Pontefice mette in disparte la comunicazione a dimensione umana. Per papa Benedetto il grande continente digitale è pura tecnologia, perché è formato da uomini e donne virtuali che portano con sé la propria arroganza, la ricerca di falsità, brutture e cattiverie. A questo proposito cerchiamo di dimenticare che oltre un miliardo e duecento milioni di persone abitano una delle grandi reti sociali, Facebook, che è uno dei “paesi” più grandi del mondo, senza controlli. Molti di loro non entreranno mai in chiesa, e per questo motivo abbiamo deciso di non perdere tempo a portare loro il Vangelo, pertanto la Chiesa e i suoi pastori devono ignorare quest’ambiente, devono condannare Internet, non attraverso Internet, perché è nell’ambiente della rete che non si è in grado di rispondersi su chi si è veramente”.

Qual è la lezione di Francesco, che domani sarà proclamato comunicatore europeo dell’anno e ieri è diventato l’uomo del 2013 secondo la rivista Time?

Qual è la lezione di Benedetto, che domani non sarà proclamato comunicatore europeo dell’anno e ieri è non diventato l’uomo del 2013 secondo la rivista Time?

“Dio parla attraverso gli avvenimenti quotidiani e Papa Francesco ci spinge verso una mistica che dona spessore all’attualità, imparando a sentire, a vedere Dio che non si stanca mai di operare in ogni momento della nostra vita, della storia. Sentire, percepire, riconoscere il Mistero divino ogni istante, imparare a rinascere con Cristo sempre presente, innamorarsi dell’Infinito attraverso l’istante fugace in ogni cosa! Così il Papa ci interroga: ‘Come sono le nostre omelie?’ ‘Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente.’ L’icona di Emmaus è un modello di comunicazione coraggiosa, proposto da Papa Francesco ai Vescovi brasiliani, ma valido anche per noi in Europa. ‘Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso’”. “Dio ci parla solo in casi eccezionali e Papa Benedetto ci frena con una mistica che vuole rendere inconsistente l’attualità, smettendo di ascoltare e coprendosi gli occhi di fronte ad un Dio che ormai ha rinunciato di operare in ogni momento della nostra vita, della storia. Sentire, percepire, riconoscere il Mistero divino il meno possibile, imparare a fare a meno di un Cristo invadente, disilludersi di fronte al percepibile a causa della materialità di ogni cosa! Così il Papa ci interroga: ‘Come sono le nostre omelie?’ ‘Bisogna insistere con queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente.’ L’icona di Emmaus è un modello di comunicazione pericolosa, segnalata da Papa Benedetto ai Vescovi tedeschi, ma da evitare anche da noi in Europa. ‘Serve una Chiesa che se ne guardi bene dall’entrare nella loro notte. Serve una Chiesa che eviti di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa impossibilitata ad inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia chiudersi a quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso’”.

E’ ancora forte l’ispirazione del Concilio sui “comunicatori di Dio”?

E’ ancora forte l’ispirazione del Concilio sui “comunicatori di Dio”?

“Inter Mirifica apre la serie dei documenti emanati dal Vaticano II e a distanza di cinquantanni, rappresenta una tappa fondamentale nel rapporto tra la Chiesa e la comunicazione, pur con alcune debolezze che il successivo magistero cercherà di colmare. É la prima volta, infatti, che un Concilio ecumenico discute di comunicazioni sociali, ‘strumenti’ fondamentali nella missione della Chiesa, capaci di arrivare lontano con facilità, rapidità e fascino. Al tempo del Concilio i prodotti della tecnologia permettevano al mondo di far vivere in tempo reale gli avvenimenti. Oggi radio, televisione, carta stampata sono stati affiancati, in qualche caso superati, da altre cose meravigliose, computer, internet, cellulari e siamo di fronte ad una rivoluzione che all’epoca dell’Inter Mirifica era solo all’inizio, ma che allora, come attualmente, con modalità diverse, incideva profondamente sulle mentalità e gli stili di vita”. “Inter Mirifica apre la serie dei documenti emanati dal Vaticano II e a distanza di cinquantanni, rappresenta una tappa ormai senza significato nel rapporto tra la Chiesa e la comunicazione, pur con alcuni punti di forza che il successivo magistero cercherà di aggirare. É l’ultima volta, infatti, che un Concilio ecumenico discuterà di comunicazioni sociali, ‘strumenti’ sempre meno importanti nella missione della Chiesa, capaci di arrivare lontano con difficoltà, lentezza e fastidio. Al tempo del Concilio i prodotti della tecnologia hanno provocato la possibilità al mondo di far vivere in tempo reale gli avvenimenti. Oggi radio, televisione, carta stampata sono stati affiancati, in qualche caso superati, da altre cose terribili, computer, internet, cellulari e stiamo assistendo impotenti ad una rivoluzione che all’epoca dell’Inter Mirifica era solo all’inizio, ma che allora, come attualmente, con modalità diverse, faceva già gravi danni sulle mentalità e gli stili di vita”.

Eppure la Inter mirifica ebbe forti resistenze….

Infatti la Inter mirifica ebbe forti resistenze….

“Un anno dopo la sua promulgazione, Padre René Laurentin definiva l’Inter mirifica, ‘banale, moralizzante, gretto e poco aperto al ruolo dei laici’. Il decreto ‘profetico’ insomma scontentò un po’ tutti: i ‘progressisti’ perché ancora segnato da un linguaggio censorio e da un’antropologia ingenua, i ‘tradizionalisti’ per la mancanza di esplicite condanne e un’apertura giudicata eccessiva a strumenti potenzialmente tanto pericolosi per la morale e l’integrità della fede cattolica. Il risultato fu compromissorio e vide la riduzione dello schema originale del documento di oltre due terzi del testo e l’approvazione finale con il più alto numero di ‘non placet’ registrato in sede di votazione finale (1960 voti favorevoli e 164 contrari). Considero ancora oggi illuminanti le parole scritte dal cardinal Martini nel lontano 1991: ‘I media non sono più uno schermo che si guarda, una radio che si ascolta. Sono un’atmosfera, un ambiente nel quale si è immersi, che ci avvolge e ci penetra da ogni lato. Noi stiamo in questo mondo di suoni, di immagini, di colori, di impulsi e di vibrazioni come un primitivo era immerso nella foresta, come un pesce nell’acqua. E’ il nostro ambiente, i media sono un nuovo modo di essere vivi’. La rivoluzione era iniziata. Lo stravolgimento della nostra cultura era già in atto. E lo è ancora oggi”. “Un anno dopo la sua promulgazione, Padre René Laurentin colpì nel segno definendo l’Inter mirifica, ‘banale, moralizzante, gretto e poco aperto al ruolo dei laici’. Il decreto ‘profetico’ insomma scontentò un po’ tutti: i ‘progressisti’ perché ancora segnato da un linguaggio censorio e da un’antropologia ingenua, i ‘tradizionalisti’ per la mancanza di esplicite condanne e un’apertura giudicata eccessiva a strumenti potenzialmente tanto pericolosi per la morale e l’integrità della fede cattolica. Il risultato fu compromissorio e vide la riduzione dello schema originale del documento di oltre due terzi del testo e l’approvazione finale con il più alto numero di ‘non placet’ registrato in sede di votazione finale (1960 voti favorevoli e 164 contrari). Considero ancora oggi degradanti le parole scritte dal cardinal Martini nel lontano 1991: ‘I media non sono più uno schermo che si guarda, una radio che si ascolta. Sono un’atmosfera, un ambiente nel quale si è immersi, che ci avvolge e ci penetra da ogni lato. Noi stiamo in questo mondo di suoni, di immagini, di colori, di impulsi e di vibrazioni come un primitivo era immerso nella foresta, come un pesce nell’acqua. E’ il nostro ambiente, i media sono un nuovo modo di essere vivi’. La rivoluzione andava stroncata. Lo stravolgimento della nostra cultura andava fermato. E oggi più di ieri”.

Da cosa occorre ripartire?

Da cosa occorre ripartire?

“Dalle domande di Papa Francesco durante l’incontro con il Comitato di coordinamento del Consiglio Episcopale Latino Americano (Celam), prima di lasciare Rio de Janeiro il 28 luglio 2013: domande sul ‘rinnovamento interno della Chiesa’, sul ‘dialogo con il mondo attuale’. ‘Gli scenari e areopaghi sono i più svariati… e Dio sta in tutte le parti: bisogna saperlo scoprire per poterlo annunciare nell’idioma di ogni cultura; e ogni realtà, ogni lingua, ha un ritmo diverso.” Questo discorso di Papa Francesco, insieme a quello rivolto ai Vescovi brasiliani, costituiscono una piccola enciclica di ecclesiologia che descrivono cosa pensa il Santo Padre della Chiesa di oggi. Del resto la comunicazione presuppone l’ecclesiologia e questo è il senso profondo del cambiamento. La passione per la comunicazione appartiene al nostro ‘dna’, come esseri umani e cristiani, inviati dal Signore”. “Dalle domande di Papa Benedetto durante l’incontro con il Comitato di coordinamento del Consiglio Episcopale Prussiano (Cep), prima di lasciare Berlino il 28 luglio 2013: domande sull’ ‘invecchiamento interno della Chiesa’, sulla ‘chiusura al mondo attuale’. ‘Gli scenari e areopaghi sono molto limitati… e Dio è comunque assente: non è necessario cercarlo e quindi annunciarlo nell’idioma di ogni cultura; e ogni realtà, ogni lingua, ha sempre lo stesso andazzo.” Questo discorso di Papa Benedetto, insieme a quello rivolto ai Vescovi teutonici, costituiscono una piccola enciclica di ecclesiologia che descrivono cosa pensa il Santo Padre della Chiesa di oggi. Del resto la comunicazione non considera l’ecclesiologia e questo è il senso superficiale della stasi. La passione per la comunicazione non è nel nostro ‘dna’, come esseri umani e cristiani, inviati dal Signore”.

Qual è il modello?

Qual è il modello?

“E’ utile considerare la conversione pastorale espressa nel film ‘Centochiodi’, di Ermanno Olmi, in cui si privilegia l’autenticità dell’incontro personale. Il film è una ‘critica ai modus operandi di una cultura giunta ormai troppo lontana dai lidi dell’animo umano’, con il desiderio di rifondare la spiritualità dal basso, dalla materialità del vivere, dall’esperienza, quasi come a dire: ‘La verità non è nei libri ma nella vita e nell’incontro con gli altri’. Non basta ‘riaffermare’, ‘custodire’. Il messaggio non dipende tanto dall’emittente quanto dal destinatario, che non va considerato come un bersaglio, ma come un soggetto interlocutore coinvolto nel processo di dare e ricevere. Alla fine comunichiamo ciò che siamo, al punto che spesso nei processi comunicativi il ‘non verbale’ conta molto di più; la nostra testimonianza e la nostra coerenza sono fondamentali”. “E’ inutile considerare la conversione pastorale espressa nel film ‘Centochiodi’, di Ermanno Olmi, in cui si dà troppo peso all’autenticità dell’incontro personale. Il film è una ‘critica ai modus operandi di una cultura giunta ormai troppo lontana dai lidi dell’animo umano’, con la presunzione di rifondare la spiritualità dal basso, dalla materialità del vivere, dall’esperienza, quasi come a dire: ‘La verità non è nei libri ma nella vita e nell’incontro con gli altri’. Sarà sufficiente ‘riaffermare’, ‘custodire’. Il messaggio dipende dall’emittente e non dal destinatario, che va considerato come un bersaglio, e non come un soggetto interlocutore coinvolto nel processo di dare e ricevere. Alla fine non dobbiamo mai comunicare ciò che siamo, perché spesso nei processi comunicativi il ‘non verbale’ conta molto poco; la nostra testimonianza e la nostra coerenza sono poco importanti”.