Conversazione tra gente per bene

L’altro giorno ho partecipato ad una discussione interessante con alcuni miei conoscenti. Tutto è iniziato parlando di un amico comune che ha preso casa e la sta sistemando. Mi raccontano che mentre era intento nelle opere di restauro, nel parchetto vicino alcuni ragazzi pakistani stavano giocando a cricket, loro sport tradizionalecricketstan-1, ed un loro tiro particolarmente sfortunato (o fortunato? Non sono pratico delle regole, magari è un fuoricampo come nel baseball) ha fatto finire la palla nella proprietà del nostro amico. Uno dei ragazzi viene incaricato del recupero. Immagino abbia suonato il campanello. L’amico provvede prontamente alla restituzione, sbuffando bonariamente un “cominciamo bene…”.

 

Fin qui un racconto carino: alcuni ragazzi giocano al loro complicatissimo sport nazionale in un parchetto pubblico, e neanche a dirlo ne esce un involontario messaggio di benvenuto per un nuovo arrivato. Dimostro apprezzamento per la storiella, sottolineando in particolare come mi faccia piacere che dei ragazzi stranieri riescano a trovarsi per giocare a qualcosa di originario del loro paese. Il mio commento per cade nel vuoto, perché la stessa immagine provoca nei miei conoscenti un certo risentimento. Cricket wicket keeperPotrei descrivere questo risentimento come quello che proverei io se questo gruppo di ragazzi giocasse a questo sport nel salotto di casa mia, usando al posto del tradizionale wicket in legno tre pile di piatti presi dal mio servizi buono. Capisco che c’è rancore perché lo manifestano con borbottii sommessi, scuotimenti di testa e occhiate al soffitto, come a dire che certe cose purtroppo sono legali e vanno sopportate, e siamo tenuti a comportarci da gente civile anche di fronte a questi oltraggi al buongusto. Trovo questo un po’ eccessivo, quindi gliene chiedo il motivo. La risposta ha pronta una ragione generica: se vogliono giocare al loro gioco devono stare attenti a non fare danni. Si sa, potrebbero rompere un vetro, o colpire qualcuno. La palla nella proprietà del conoscente ne è la prova inconfutabile.

 

Quindi, ci sono dei ragazzi che giocano in un parco pubblico, e ci sono altre persone un po’ rancorose, a cui questa cosa non va molto giù. Forse preferirebbero, come direbbe Giorgio Gaber, che tale parco fosse destinato ad un uso più classico, tipo “cani e drogati”. cane-drogatoMa anche i cani ed i drogati fanno i loro danni. I primi a volte morsicano le persone, più spesso abbaiano rumorosamente perché sono felici, tristi o semplicemente perché si divertono a sentirsi mentre abbaiano, e sempre decidono di accampare diritti sul territorio comune lasciando spiacevoli testimonianze maleodoranti che non sempre vengono poi raccolte dai loro distratti padroni. I drogati in genere sanno anche essere discreti: non mordono, non abbaiano e tendono a non operare se c’è in ballo la finale di cricket del quartiere. Non so se anche loro facciano la cacca in giro per il parco, ma a volte lasciano delle testimonianze che anche se non puzzano sono molto più fastidiose di quelle dei cani. Ogni visitatore di parchetti pubblici avrà modo di preferire una di queste tre categorie rispetto all’altra. A me personalmente non piacciono i drogati, ma amo i cani, a condizione che non siano dei grossi cani dall’aspetto minaccioso accompagnati da persone pure minacciose e rasate. Non mi piacciono i padroni dei cani quando non si portano via il prodotto interno lordo dei loro cani, e mi piacciono ancora di meno i padroni dei cani quando i loro cani depositano il loro PIL proprio dove di lì a poco io andrò a posare uno dei miei piedi. E ho già detto che amo i ragazzi che si ritrovano a giocare in un parco, anche se non capisco le regole del loro gioco. E’ anche una buona occasione per imparare qualcosa.

 

Mi chiedo quindi per quale motivo conosco delle persone che invece non amano questa categoria, preferendo le altre due. Vorrei tanto chiederlo, perché non credo che il vero motivo siano i “danni”. Mentre penso a come formulare la domanda, la risposta arriva da sé. A quanto pare il sentimento negativo che suscitano questi ragazzi deve essere abbastanza forte, e sentono il bisogno di riportare un esempio ancora più forte: “se vai all’oratorio, li vedi giocare anche lì, ma sempre tra di loro, e non gli dà fastidio che ci sia un crocifisso”. Già: pare che all’oratorio di queste persone che conosco ci sia un campo ed un crocifisso, simbolo della religione a cui l’oratorio fa capo. Di certo poi ci saranno alcuni ragazzi della religione giusta che giocano ad uno sport giusto, facilmente calcio o pallacanestro, e fin qui va tutto bene. Quello che non va bene è che ci siano altri ragazzi che come prima cosa lasciano intendere di essere della religione sbagliata, a giudicare dal colore della loro pelle, dal loro aspetto fisico o dal vestiario. E come seconda cosa che questi ragazzi di religione sbagliata decidano di giocare ad un gioco non canonico e dalle regole incomprensibili in questo luogo dedicato ad un dio diverso dal loro, il tutto con il chiaro intento provocatorio di isolarsi dagli altri ragazzi. Se prima i ragazzi che giocavano al parco pubblico erano fonte di un sommesso rancore, in questo caso siamo alla provocazione deliberata, e la frase ad effetto viene da sé: “ah, non gli dà fastidio la croce, in questo caso, eh?”. La frase è pronunciata in modo enfatico, con la consapevolezza che avrebbe suscitato approvazione ed interesse, ma io non ne colgo il senso e rimango perplesso: non capisco bene in che modo un monumento macabro possa dare fastidio a dei giocatori di cricket. Per la mia esperienza giovanile di oratori, questi altari religiosi non occupano mai la superficie dei campi da gioco, ma al massimo vengono posti ai loro bordi per non ostacolare la corsa dei giocatori o la traiettoria della palla. Questo non solo per i giocatori di cricket, ma di qualsiasi sport di squadra. wicketLa forma stessa del monumento difficilmente verrà confusa con il wicket, che è formato da tre aste verticali uguali e parallele, mentre il crocefisso ha solamente due braccia verticali di diversa lunghezza poste una sopra l’altra. Capisco quindi che il riferimento al fastidio fosse più per motivi religiosi che per il gioco.wicket-di-recupero Qualcosa che potrebbe suonare così: “se sei mussulmano, la stessa coerenza che ti spinge a evitare per esempio la carne di maiale ti deve impedire di giocare serenamente in un luogo consacrato ad un dio diverso dal tuo, e se così non è allora sei un ipocrita”.

 

A me un po’ scoccia dover prendere le difese di persone religiose. Ma trovo comunque ridicolo che un ragazzino debba avere dei problemi a giocare in un posto in cui semplicemente c’è il simbolo di un’altra religione. Forse il mio conoscente che ha pronunciato questa frase non si rende conto, ma viviamo in un ambiente in cui questi strumenti di tortura in miniatura compaiono davvero un po’ ovunque, anche in posti in cui centrano molto poco in quanto teoricamente laici. Mi danno fastidio, come lo daranno a questi ragazzi, ma se davvero io e loro dovessimo evitare di frequentare tutti questi luoghi semplicemente perché impongono una religione diversa da quella pastafariana o mussulmana, allora avremmo dei problemi ad uscire di casa per fare cose elementari come:

  • entrare in gran parte delle aule delle scuole pubbliche
  • pagare un bollettino delle tasse in posta
  • chiedere un documento in minicipio
  • passare per gran parte delle vie e delle piazze, laddove sorge il monumento di ringraziamento ad un devoto prelato del passato che si è distinto a modo suo in base all’opinione dei suoi fedeli, o l’ennesima cappella alla madonna di turno che ha fatto la grazia guarendo una persona destinata comunque a morire di qualcos’altro più avanti
  • guidare nel traffico cercando di evitare le manovre imprevedibili della grande fascia di popolazione che invece che riporre la propria volontà a non fare incidenti in caratteristiche come abilità, prudenza e visibilità verso l’esterno, preferisce affidarsi a grossi cerotti del santo di Pietralcina incollati sul parabrezza o ad ondeggianti collane di sassolini appese allo specchietto retrovisore
  • ascoltare un qualsiasi radiogiornale nazionale, in cui le mirabolanti avventure del sommo pontefice in giro per il mondo vengono quotidianamente commentate da stimate squadre di esperti scelte per lo scopo tra i suoi sottoposti o tra i più ferventi sostenitori laici

Insomma, quando non si crede nella religione del paese e non si vive in un ambiente autosufficiente come Gardaland o Villa San Martino, allora è necessario uscire di casa abbastanza spesso, e quindi abituarsi alla presenza di questi simboli religiosi anche nei posti più strani e disparati.

 

Ma durante la mia conversazione con questa gente per bene non volevo parlare di questo, e la mia obiezione è stata un’altra: “credete che dei bambini cristiani avrebbero dei problemi a giocare a calcio nell’oratorio di una moschea?” Lo ammetto, la foga mi ha fatto pronunciare un’obiezione a dir poco surreale. Non so se le moschee hanno campi da calcio e non so se questi sono aperti al pubblico, pur senza andare a specificare se stiamo parlando di moschee sul territorio italiano o in paesi islamici. Nel caso locale andiamo davvero nel territorio dell’assurdo, visto il trattamento riservato agli edifici delle religioni non conformi al “paesaggio lombardo” dai nostri governanti della regione. Nel caso delle moschee nei paesi islamici, di sicuro il confronto esce impietoso, perché se da noi un prete che non sia proprio un completo pezzente non va a mandar via dal suo oratorio dei ragazzi mussulmani che giocano a qualcosa, in molti paesi islamici anche solo dare idea pubblicamente di non essere mussulmani è un’offesa meritevole di condanna a morte. All’origine della mia frase però c’era un concetto onesto: se in Italia ci fosse un campo da gioco aperto al pubblico ma facente parte del complesso di una moschea e nei dintorni, incredibile ma vero, non ci fosse un equivalente cristiano o aconfessionale, allora i ragazzi cristiani giocherebbero in quel campo senza farsi troppi problemi, e probabilmente anche ad uno sport non benedetto dal profeta Maometto. Questo era il mio pensiero: ai ragazzi interessa giocare con i loro amici allo sport che il gruppo preferisce. Quindi un gruppo di ragazzi italiani sarà portato a giocare a calcio o a pallacanestro, a seconda del pallone e del campo disponibile, mentre un gruppo di ragazzi pakistani invece avrà più facilmente con sé gli strumenti del loro sport nazionale, e quindi giocherà a tale sport. Se un giorno il caso volesse che il ragazzo pakistano proprietario della palla o del wicket fosse assente per malattia, ma in oratorio venisse trovato un pallone da basket o da calcio dimenticato, allora i suoi amici troverebbero la migliore delle occasioni per sperimentare un nuovo gioco. Non credo che rinuncerebbero alla partita. Al contrario, se dei ragazzi italiani disponessero solo di una palla da cricket e di un wicket, so per certo che si metterebbero a prendere a calci la prima dopo aver cercato di costruire un paio di porte con il secondo.

 

Ma ormai l’attenzione della nostra bella discussione si era spostata su più elevati concetti, primo fra tutti il fatto che questi profittatori usavano in modo improprio le risorse cristiane del luogo, ed in secondo luogo che lo facessero escludendo i ragazzi nati nei dintorni da più generazioni di loro e credenti nel dio del luogo. Non conosco questo oratorio. Sicuramente non c’è un campo da cricket. Ma non so se il gioco del cricket viene praticato sul campo da calcio, rovinando quindi l’inizio di carriera agli aspiranti Andrea Pirlo degli anni a venire, o se invece si giocava in un semplice piazzale dell’oratorio. Di fondo c’è il memorabile concetto che loro da noi si prendono certe libertà come quelle qui descritte, quando noi da loro non potremmo nemmeno mettere il naso fuori di casa senza che un buon mussulmano non si senta autorizzato a guadagnarsi il paradiso semplicemente spargendo il nostro sangue. Questo discorso l’ho sentito mille volte, ma stavolta era impreziosito dai recenti riferimenti a come si comportano i mussulmani da noi quando non si limitano a sopportare i crocifissi negli oratori, ma decidono di pubblicizzare la loro religione trucidando gli autori e gli editori di vignette offensive alla loro religione. Ritenere questi ragazzi amanti del cricket dei fanatici religiosi mi sembra eccessivo, però mi sono detto d’accordo su una cosa: la religione porta a degli eccessi terrificanti. Ho aggiunto un concetto che credo sia di Oliviero Toscani, per il quale se al mondo non ci fosse nessuna religione, non dovremmo difenderci da solenni imbecilli pronti ad uccidere nel nome del dio di turno. E, più in piccolo, non dovremmo preoccuparci di conoscere la religione di un gruppo di ragazzi per sapere se sono ben accetti o no a giocare in un parco giochi. Ma quando il mio conoscente ha esposto il concetto della pericolosità del fanatismo dei mussulmani, non intendeva certo darmi lo slancio per demonizzare a tradimento tutte le religioni. In realtà l’intento era quello di sottolineare l’intolleranza religiosa di quella gente a cui noi buoni cristiani diamo ospitalità e permettiamo di giocare a cricket nei nostri luoghi pubblici. Ma ormai la mia provocazione aveva spostato l’argomento su un altro tema spinoso: criticare aspramente tutte le religioni in quanto tali, quando in realtà solo una di queste ha dentro di sé il folle germe della cattiveria. E’ stato un colpo basso, e ha costretto queste brave persone a ritrattare. E lo hanno fatto esattamente come il loro capo, il bianco vicario di dio in terra, che ha detto che chi uccide nel nome di dio non è un buon credente, sia esso musulmano, cristiano o ebreo, perché da nessuna parte sta scritto che bisogna fare così. E qui devo contraddire chi la pensa in questo modo, perché tutti i libri sacri a cui fanno capo queste religioni (corano e versioni varie della bibbia) sono pieni di racconti di stragi etniche e religiose e di stermini vari perpetuati nel nome benevolo del loro dio. Oltre a questi ci sono diversi inviti espliciti ad uccidere l’infedele che difficilmente possono essere giudicati “da interpretare metaforicamente”. Troppo comodo quindi dire che chi uccide in quel modo non è un buon credente o non lo è dl tutto, a prescindere del dio a cui si è appellato. Stando ai testi sacri, quelli sono proprio i fedeli migliori che credono senza mettere in discussione, e secondo la loro religione hanno tutto il diritto di avere le vergini che gli sono state promesse. Spero che non rimarranno troppo delusi quando al posto delle vergini si troveranno di fronte ad un vulcano di birra sgasata e caldina.

 

Come si è visto, l’argomento si attorciglia un po’ su se stesso. Si parte sempre dalla critica facile alla violenta religione mussulmana: è disorganizzata, senza un leader ufficiale riconosciuto e con molte correnti autonome al suo interno fortemente intente a mettersi in mostra nei modi più violenti ed eclatanti. Chiaramente queste cose non piacciono a nessuna persona normale che non sia mussulmana. Ma non credo piacciano tanto nemmeno a chi è mussulmano e viene quindi assimilato con queste persone, quando magari l’unica sua trasgressione è quella di giocare a cricket in un parco pubblico italiano. Con queste premesse, la gente cristiana per bene si sente autorizzata a giudicare la propria religione come migliore di quella mussulmana semplicemente perché nessun cristiano si comporta in questo modo in base ai principi della tolleranza (qualcuno a dire il vero c’è, solo che se ne parla poco da queste parti), e quindi viene da sé che si possono discriminare dei ragazzi pakistani perché giocano a cricket in un parchetto. Ma se parliamo proprio di questi mussulmani molto cattivi che hanno iniziato giocando negli oratori per poi votarsi al martirio con strage, allora la discriminazione diventa scomoda, perché vorrebbe dire ammettere che la religione può portare al fanatismo. E quindi non ci piace chiamare chi fa delle stragi con il nome di martiri religiosi come loro stessi amano definirsi. Meglio usare la parola terrorista, specificando chiaramente che una persona del genere è un deviato che non ha letto bene i passaggi chiave del suo libro sacro. Il buon papa cattolico fa anche di meglio, accusando queste persone di essere atei travestiti da credenti, perché secondo lui non esiste che tanto odio può trovare posto nella fede in un dio. E via tutti a seguire l’esempio del papa, a difendere la stessa religione imbarazzante che ci dà tanto fastidio nel nostro quartiere. Perché il martire è una figura scomoda di cui vergognarsi, anche quando inneggia al dio rivale. Già, perché come alla fine ho fatto notare ai miei conoscenti, le parole urlate in piazza dai due fanatici religiosi a Parigi erano “Allah Akbar”, che non vuole dire “dio non esiste”. I due signori hanno fatto molto di più per il loro dio della stragrande maggioranza dei credenti di tutto il mondo.

 

La nostra conversazione è finita qui. Svolgendosi ad una cena, l’argomento spinoso è stato interrotto da un’offerta di insalata pronunciata ad alta voce con ampia ostentazione di insalatiera. Credo che ognuno abbia mantenuto le sue idee, come sempre.

 

Quello però che chiedo a chi abbia letto queste mie parole è di non offendersi se sono stato un po’ eccessivo. La religione è vissuta in modo sereno e personale dalla stragrande maggioranza dei fedeli, ma io considero soprattutto la religione come fonte dei migliori pretesti per permettere a delle persone di fare cose sbagliate nell’onesta convinzione di comportarsi nel modo migliore. E non intendo solo i martiri di ogni religione, che rinunciano ad una vita normale perché altri li hanno convinti che facendo così ne avranno un’altra vita di gran lunga migliore. Intendo anche tutte quelle piccole cose senza troppo senso che troppo spesso le religioni ci convincono a fare, ma che non servono a migliorare noi o il pianeta. Anche il Pastafarianesimo è una religione, e se mai dovesse diventare qualcosa di troppo serio per qualche pirata invasato da qualche parte nel mondo, allora non esiterò un secondo ad abbandonarla, perché sarà evidente che anche noi Pastafariani abbiamo fatto gli stessi errori di tutti gli altri, e che è impossibile creare una religione senza che questa porti a pregiudizi, discriminazione e prevaricazione. Questo timore non è solo il mio, ma è stato manifestato dallo stesso profeta tra le FAQ di venganza.org :

 

Q: In 1000 years will FSM be a mainstream religion?


A: This is something I think about constantly and it keeps me up at night. I sometimes wonder what the Church of Scientology — or lets say the Mormon Church looked like 5 years after Joseph Smith transcribed the scriptures out of the hat with the seer stones. What worries me is that right now I can be pretty sure there aren’t a lot of dogmatic nutty FSM people around, but what about in 20 years? What about in 50 years? What about when someone figures out a way to make money out of this and turns it into some new age spiritual enlightenment thing. There are billions of Christians who are crazy serious about their religion who don’t necessarily believe the things in the Bible actually happened. So .. yes, I do worry where FSM will go. My hope is it continues to be a positive force in the world. We will need to keep an eye on it for sure.

Che tradotto per i non-anglofoni, suona più o meno così:

 

Domanda: Tra 1000 anni il Pastafarianesimo diventerà una delle principali religioni?


Risposta: Ci penso continuamente e questo mi tiene sveglio la notte. A volte mi metto a pensare a come appariva la chiesa di Scientology — o anche la chiesa dei Mormoni 5 anni dopo che Joseph Smith si era reinventato le scritture usando le sue pietre divinatorie. Quello che mi preoccupa è che anche se sono certo che ad oggi non ci sono molti svitati Pastafariani integralisti in giro per il mondo, cosa accadrà tra 20 anni? E tra 50? E cosa succederà quando qualcuno troverà un sistema per farci dei soldi e lo trasformerà in un qualcosa di spiritualità new age? Ci sono miliardi di Cristiani che sono pazzamente seri riguardo alla loro religione e che non credono alla lettera agli eventi descritti nella Bibbia. Quindi .. sì, mi preoccupo di dove il Pastafarianesimo andrà a finire. La mia speranza è che continui ad essere una forza positiva mondiale. Sicuramente dovremo starci molto attenti.

Perché ogni volta che si parla di fede e non di ragione, questa fede va riposta in qualcuno, e raramente questa è una scelta consapevole. Troppo spesso la religione arriva per imposizione dalla famiglia o dall’ambiente in cui cresciamo, in genere approfittando della nostra tenera età, qualche volta di periodi difficili della nostra vita in cui siamo particolarmente vulnerabili. Sono sempre e comunque fasi critiche in cui non siamo in grado di difenderci da soli, e in cui siamo costretti a fidarci di altri. Essere fedeli inconsapevoli di una religione significa essere gli strumenti efficaci della volontà di qualcun altro. E non sto parlando della volontà di dio, ma di quella di altri esseri umani più furbi, che non credono mai così alla lettera nello stesso dio come chiedono di fare a noi.

 

Scegliete con attenzione il vostro dio, non permettete mai che siano altri a sceglierlo per voi.

 

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Quando i preti e i loro amici parlano di ateismo alla radio

Per quelli di voi che hanno la fortuna di avere un bambino di un anno, potrà capitare di essere già operativi alle sette della domenica mattina. E se magari vi è anche capitato di fare colazione con la radio accesa, potreste aver goduto delle adamantine perle di saggezza di Culto Evangelico, ovvero una delle innumerevoli trasmissioni di indottrinamento cattolico presenti sui canali nazionali.

 

Culto Evangelico

 

La trasmissione è assolutamente insignificante in sè. Quando mi ci imbatto, l’ascolto senza prestare orecchio, se non per farmi ricordare distrattamente di non aver alcun rimpianto per questa bizzarra religione abbandonata anni fa.

 

Il finale della trasmissione però può rivelarsi più interessante con la rubrica parliamone insieme, in cui il conduttore Luca Baratto sceglie un argomento da affrontare per i suoi ascoltatori mattinieri. E questa volta era particolarmente interessante. Si parlava del professore Umberto Veronesi, che con l’uscita del suo libro lascia un estratto su Repubblica che parla delle ragioni del suo ateismo. Tanti si sono lamentati, pochi congratulati. Non so se devo congratularmi o no. Per conto mio mi sembra anche normale che una persona che ha fatto della scienza il suo campo di studi di una vita non creda a superstizioni e leggende popolari quali la religione cattolica. Anche il conduttore ci tiene a dire pure lui la sua, seguendo il rigoroso profilo del giornalista cattolico.

 

Se volete ascoltarlo, lo trovate qui; inizia a 16:40 se volete sentire anche la musichetta, nove secondi dopo senza.  Se invece preferite leggerlo, allora ho fatto lo sforzo pr voi, e l’ho riportato per intero qui sotto.


 

Questa settimana sono stato sollecitato da più parti a leggere l’estratto pubblicato da un quotidiano nazionale dell’ultimo libro di Umberto Veronesi, nel quale il famoso oncologo spiega il suo ateismo con l’impossibilità di coniugare l’esistenza di dio con la presenza del male. Quel male che egli quotidianamente sperimenta nel cancro che consuma gli esseri umani. Mi sono procurato il testo, l’ho letto e alla fine mi è venuto da dire, proprio dal cuore, che bella testimonianza! Perché, è vero, Veronesi dice di non credere in dio. Però se quest’uomo è senza dio, non è senza spiritualità. Una spiritualità laica, in cui l’amore per la scienza va insieme all’amore per l’essere umano, che impegna la vita di una persona a combattere il male. E poi ecco finalmente un ateo che non è eroso dal rancore verso la religione, che non sente la necessità di smascherare ovunque ingenuità e inganni nascosti nella fede di chi crede, ma che presenta una spiritualità positiva capace di lasciarsi coinvolgere in un progetto e in una missione. Nella mia formazione di credente, mi è stato insegnato dalla mia famiglia e dalla mia chiesa che una persona capace di questo slancio è sempre un buon compagno di viaggio, con il quale si può fare ben più di un pezzo di strada. E mi è stato anche insegnato a non stupirmi del fatto che una persona buona possa non credere in dio, perché tante possono essere le ragioni e le esperienze che conducono a questa convinzione. E infatti la ragione addotta da Veronesi è delle più serie. Forse è la più seria: come conciliare l’esistenza di un dio buono con li male? E non un male astratto, ma quello del tumore che consuma sotto gli occhi di familiari, amici e dottori il corpo di un bambino. Ci sono pagine e pagine di riflessioni teologiche, e nessuna ha mai rislto il problema. Come credente, so solo questo: che la vita è contraddittoria, e in essa il senso e il non senso sono intrecciati in modo tale che laddove si sperimenta l’insensatezza maggiore, e il male è insensato, si può anche scoprire uno spazio di senso della propria esistenza, un piccolo spazio di senso sufficiente ad illuminare l’esistenza intera. Così, per me, è la fede in Gesù Cristo. Piccolo frammento di senso nel mezzo di un mondo che testimonia tutto il contrario. Piccolo e tuttavia sufficiente ad illuminare tutta la mia esistenza. In questo come il professor Veronesi presumo, diversi. Ma la fede non è avere le rispote a tutte le domande. La fede è soprattutto camminare. Camminare con Gesù, seguirlo, e camminare anche con gli altri. E oggi, piuttosto che essermi imbattuto in un chirurgo senza dio, mi sembra di aver scoperto un compagno di viaggio. 

 

Perché ci tenevo a parlare di questa trasmissione di cui forse un italiano su diecimila avrà sentito parlare? Perché mi sono sentito chiamato in causa. Io sono uno di quegli atei erosi dal rancore verso la religione, che sentono la necessità di smascherare ovunque ingenuità e inganni nascosti nella fede di chi crede. In più aggiungerei che sono pure uno di quegli atei che è infastidito per tutto lo spazio riservato alla dottrina cattolica sulle reti di servizio pubblico, a fronte di un bel niente per gli atei, che pure non sono pochi. Pazienza per i pastafariani: di sicuro non ne troverai nessuno disposto a parlare alla radio la domenica mattina. Sono uno di quegli atei a cui dà fastidio essere considerati da un servizio pubblico come una anormalità della fede, come una specie di piccola percentuale di pecorelle per cui è statisticamente normale perdere il sentiero del buon pastore, magari per debolezza o deliberata cattiveria; oppure, come nel caso del professor Veronesi, per esperienze forti nella vita a cui sono state date le risposte sbagliate. Sono stanco che questo sia considerato normale. Non lo è. Normale è una radio pubblica al servizio di uno stato laico, in cui si fa informazione, cultura ed intrattenimento, non catechismo su larga scala. Chi ha voglia di prediche e di rosari cambia stazione e mette di Radio Maria o su qualunque stazione trasmetta privatamente quello che la sua religione vuol fargli credere. E sono pure stanco di abitare in una nazione in cui un povero giornalista col paraocchi possa permettersi in virtù di non so quale principio di analizzare e giudicare le scelte della vita di un uomo di scienza, come a porsi al suo pari se non ad un gradino superiore. Non è normale e non mi piace.

 

Che cos’altro mi erode di rancore verso la religione? Forse il solito, banale, trito e ritrito pregiudizio che se uno è ateo è con tutta probabilità una persona cattiva. Ricito:

 

mi è stato anche insegnato a non stupirmi del fatto che una persona buona possa non credere in dio, perché tante possono essere le ragioni e le esperienze che conducono a questa convinzione

Tipo una buona istruzione? La storia insegna che non sono gli atei ad uccidere per religione. Gli atei sono liberi dal controllo della moralità distorta della religione, e sono capaci da soli di capire cosa è giusto o sbagliato, senza la ridicola minaccia di inferno e paradiso. La frase citata dice che Veronesi è si ateo, però è bravo. Ed è solo colpa del fatto che fa l’oncologo che ha perso la fede: un rischio del mestiere in cui difficilmente si imbatte chi fa il giornalista cattolico per la Rai. Per me equivale alle più squallide affermazioni razziste che ho sentito mille e più volte, un po’ da tutte le parti. Tipo:

 

È meridionale, però lavora

 

oppure

 

Viene dall’Europa dell’Est, ma è onesto

E già il fatto di riconoscere delle qualità nascoste ed inaspettate nella persona, fa sentire chi le ha procunciate non come un razzista, ma come una specie di illiminato pensatore. Non è così, e non credo che debba stare qui a spiegarlo.

 

Finché queste cose le sento dire di altre categorie, mi dà fastidio. Ma quando non so come mi ritrovo dentro anch’io in una categoria, quella di quegli sbadati che hanno perso la fede, allora mi sento eroso dal rancore. E posso capire anche il rancore di tutti i meridionali lavoratori e degli est-europei onesti.

 

Il finale del monologo è classico: non ci sono risposte, ma solo domande. L”importante è camminare con Gesù, dietro a Gesù, eccetera. Che bello. Che bella questa vita in cui ci sono anche degli atei spirituali con cui poter parlare, e condividere un pezzo di cammino. Grazie signore grazie grazie. Magari arriverà un giorno in cui alla radio potranno parlare delle persone che hanno qualcosa da dire.

 

Le risposte in realtà ci sono da tempo. La prima è 42, lo sanno tutti ormai. Per chi invece vuole delle cose più concrete sul significato della vita, allora troverà quello che cerca qui.

 

Il senso della vita

Considerazioni del profeta su un fratello pirata in carcere

Due giorni fa è uscito un articolo del profeta sul sito ufficiale. Questo qui, se non lo avete ancora letto.

 

Per chi di voi non è pratico di inglese o non ha voglia di spendere quei cinque minuti per andare a vederlo, lo riassumo brevemente: un fratello pirata pastafariano è ospite suo malgrado di una prigione americana per reati non ben specificati, e gli viene negata la possibilità di esercitare la sua religione. In particolare di indossare i paramenti religiosi pirateschi e di praticare il culto del venerdì sera bevendo birra all’osteria in compagnia di fratelli correligiosi. In più chiede dei danni, nella misura di 5 milioni di dollari, per profonda sofferenza spirituale, emotiva e psicologica derivante proprio dalla negazione del permesso di esercitare la sua religione.

 

Il profeta è ovviamente scettico di chi chiede soldi in questo modo. E 5 milioni di dollari è una cifra forse un po’ sovradimensionata. Non so quale sia la quotazione delle sofferenze emotive negli Stati Uniti, ma il profeta la pensa come me. In più ritiene che buttare tutto sui soldi rovini un poco il caso, perché fa passare il detenuto per un profittatore invece che per una vittima religiosa.

 

Ciò non toglie, prosegue il profeta, che i motivi che hanno spinto le autorità a negare questi permessi si fondano su falsi dati, ovvero sul fatto che lo stesso Bobby Henderson avrebbe affermato che il Pastafarianesimo è una parodia di religione. E qui giustamente il profeta coglie l’occasione per fare un chiarimento: lui non ritiene che il Pastafarianesimo sia una parodia di religione e non ha mai affermato che lo sia, definendo molto bene quello che a mio avviso è uno dei veri capisaldi del pensiero pastafariano:

 

Quello che dico, qualche volta, è che c’è un buon numero di Pastafariani che non crede alla lettera nell’esistenza del Flying Spaghetti Monster o nella nostra storia della Creazione. E questo va bene: è cosa comune anche nelle religioni principali che qualcuno sia scettico nelle scritture. La differenza è che con il Pastafarianesimo, la nostra cultura è più aperta ad accettare persone più propense allo scetticismo, mentre nelle religioni principali il dubbio è visto come un affronto alla verità dei dogmi.

 

Il punto è che in generale ci sono dubbiosi in ogni religione, semplicemente perché tutte le scritture sono piene di cose senza senso. Nessuno direbbe mai che il Cristianesimo è una parodia solo perché qualcuno dei suoi membri non si beve la storia del mondo creato in sette giorni, del serpente parlante eccetera.

 

La religione è più di un insieme di credenze e rituali, è un modo di formare una comunità, e la trama che dà un senso al nostro ruolo nell’universo. E riguardo a questo, penso che che gli ufficiali carcerari hanno fatto un torto a Cavanaugh non permettendogli di praticare la sua fede. Voglio dire, Non chiedeva poi così tanto. Voleva solo comprarsi un costume da pirata con i suoi soldi e uscire con altri pastafariani una volta alla settimana.

 

Non voglio negare che io stesso a volte ho un po’ di problemi a conciliare il mio pensiero profondamente ateo con il mio cuore pastafariano. Credo che però la spiegazione di Bobby abbia veramente colto nel segno: non occorre credere in dio alla lettera, sia pure questo Sua Spaghettosità il Flying Spaghetti Monster, ma può anche bastare il voler aderire ad una comunità religiosa ben definita dalla comunione di intenti e di valori che la lega. E in questo mi sento profondamente Pastafariano, sono fiero di potermi definire fratello di tutti i pirati e le piratesse del mondo che ne fanno parte. E magari un venerdì potrò anche offrire una birra ad un fratello che ha avuto la sfortuna di inciampare nella giustizia. Purtroppo, ricordiamolo, molte forme di pirateria sono tutt’ora illegali in molti stati, tra cui l’Italia.

 

 

Ah, dimenticavo due cose. La prima è una nota per le autorità della prigione del Nebraska: chi definisce il Pastafarianesimo come una religione parodistica è la Wikipedia, che non è un organo ufficiale di divulgazione della fede pastafariana. La seconda è che la foto dei pirati in prigione col cane l’ho presa qui, e credo che venga dal set dei Pirati dei Caraibi di un qualche parco Disney. Probabilmente quello che ha ispirato i film con Jack Sparrow. Cercavo una foto del pirata incarcerato nei Corsari di Gardaland, per fare un po’ il provinciale, ma ho trovato solo questo video, terrificante in tutti i sensi. Vedrò di rimediare di persona alla prossima visita al mio parco giochi preferito.

Rinnovamento sì, rinnovamento no, rinnovamento do

Alcune settimane fa, un gran numero di anziani vestiti ed ingioiellati come ricche matrone dell’alta borghesia si sono incontrati dal loro superiore biancovestito in un grosso stanzone affrescato, in un palazzo di uno stato che confina solo con l’Italia. Il motivo dell’incontro straordinario era decidere se, come e quanto modernizzare la religione a cui loro fanno capo in intercessione del loro dio, che è assente ormai da millenni e non può farlo personalmente. A dispetto dell’aspetto lugubre ed un po’ imbarazzante dei citati personaggi, nel mondo ci sono moltissime persone che dipendono da questi e che non aspettano altro che sapere cosa viene detto e deciso in questi luoghi, per riformulare di conseguenza il rapporto intimo con il loro dio e quello spero meno intimo con il loro prete.

Luminari religiosi giungono da ogni dove

 

E qui iniziano i problemi. Pare infatti che questo genere di riunioni non sia aperto alla stampa come ci si aspetta per una conferenza di tale importanza e risonanza. O meglio: gli anziani si ritrovano di per conto loro, e probabilmente parlano tutto il giorno dei loro fatti. Ma solo alla fine dell’estenuante giornata c’è un delegato religioso degli stessi che ha il compito di riferire gli eventi occorsi alla corte di giornalisti assiepati al portone da ore, e questi rapidi riportano le preziose testimonianze di seconda mano ad uso del loro avido pubblico di lettori.


 

Che tipo di testimonianza ne fa il delegato religioso? Non possiamo lamentarci: quello che esce dalle sue parole non è uno sterile bollettino, ma un pittoresco racconto degli eventi, con tanto di osservazioni e considerazioni personali su argomenti, fatti e persone coinvolte. L’argomento principe, neanche a dirlo, è il rinnovamento della chiesa. Già, perché molta gente accusa questa chiesa di essere poco moderna. Come se per qualcuno non basta un papa molto buono e simpatico a modernizzarla automaticamente dall’alto medioevo in cui sembra rimasta. Insomma, capita che qualcuno voglia dei fatti concreti. E fatti sono stati. Uno su tutti: in questo grosso ed importante incontro non si è parlato in latino, ma in italiano. E ditemi se è poco. Un balzo in avanti di minimo un millennio: siamo passati dalla lingua di Costantino del 300 dopo Cristo al fiorentino di Dante Alighieri. Per il francese del Regno di Sardegna o l’inglese dell’Unione Europea dovremo ancora aspettare, ma diamo tempo a questi augusti vegliardi e vedrete che prima o poi ci arriveranno anche loro.

 

Poi: di cosa si è parlato? Ma di cose moderne! Per esempio se sia il caso o meno che dei divorziati possano fare la comunione nelle loro chiese. Che poi dico: i preti hanno forse nelle loro sagrestie un elenco di tutti i divorziati con foto segnaletica che viene ripassato prima di ogni messa, di modo da essere pronti ad impedire la comunione ai trasgressori? O a questo ci pensano le pie donne di supporto alla parrocchia, appostate come cecchini nei punti elevati dell’edificio, pronte ad interrompere la cerimonia in caso di infrazione? Pare che non ce ne sarà più bisogno: con un gran moto di modernità, forse verrà restituita la possibilità di comunicare con il divino agli sciagurati sfasciafamiglie, se questi si dimostreranno degni del perdono attraverso un corso di recupero. Un po’ come quello che si fa a quelli che hanno perso tutti i punti della patente. La differenza che con questo la patente viene restituita, mentre ai divorziati, fortuna loro, non verrà restituito il matrimonio, ma solo il diritto a fare la comunione. Dio sarà sicuramente d’accordo. D’altra parte è un po’ che non si fa sentire, ed è lui che ha deciso di fidarsi di questi personaggi, quindi non può certo lamentarsi.

 

Ma non hanno parlato solo i questo. Per esempio hanno parlato degli omosessuali. Argomento quanto mai attuale, visto che queste persone, nonostante l’ostilità della natura nei loro confronti, si ostinino a non estinguersi. Sempre più spesso chiedono, ma pensa un po’, di godere degli stessi diritti di cui godono le altre persone, gli eterosessuali. La questione è delicata: gli omosessuali vogliono sposarsi, o che perlomeno la società riconosca il loro stato civile di coppia. Per molti eterosessuali questo non va bene, perché secondo loro i diritti non sono estendibili: se riconosci il permesso a due persone dello stesso sesso di amarsi e di essere riconosciute come coppia, pensano che automaticamente neghi il permesso di fare la stessa cosa a quelli di sesso diverso. Quando delle pie persone fanno una fiaccolata contro le unioni omosessuali, non la chiamano fiaccolata contro le unioni omosessuali, ma fiaccolata a favore della famiglia tradizionale. Questo è un atteggiamento sbagliato. Ricordiamo che le famiglie non tradizionali hanno bisogno delle famiglie tradizionali, perché anche quando la società civile avrà riconosciuto loro tutti i diritti possibili ed immaginabili, anche allora dovranno rivolgersi ad altri per potere avere dei bambini. Ed in generale se avranno la fortuna di potere adottare un bambino, ci sono buone possibilità che questo bambino arrivi da una famiglia tradizionale in cui qualcosa non è andato come si aspettava, non da un’altra famiglia non tradizionale in cui a causa di problemi causati dall’eccesso o dal difetto di figure paterne o materne qualcosa è andato storto, e viene quindi fatto un reso al fornitore.

 

Insomma, si è parlato anche di questo al grosso incontro degli anziani religiosi. Pare ci siano state anche delle correnti contrapposte, diversi schieramenti a favore dell’una o dell’altra veduta, riporta il portavoce clericale. Dopo giorni di accese discussioni, dimostrazione di un grande interesse nelle questioni proposte, è uscita la risposta al problema: no. Non se ne parla. Dicono i presenti, ormai a piede libero dopo lo scioglimento della conferenza: non possiamo accettare che una coppia omosessuale sia unita dal sacro vincolo del matrimonio, che è fortemente votato alla natura intrinseca dell’unione di un uomo con una donna. Che poi, dico: probabilmente del riconoscimento da parte di dio del loro matrimonio alle coppie omosessuali interessa ben poco, a loro interessa che i loro diritti vengano riconosciuti dalla società civile al pari dei diritti delle coppie eterosessuali. Comunque il fatto è veramente straordinario: è sorprendente come la chiesa faccia appello ad un principio naturale, quello elementare secondo cui da due esseri umani dello stesso sesso non può essere generata nuova vita. Questo detto dalla stessa chiesa, che con la natura e la biologia ha molto poco a che fare. La stessa chiesa che crede nei miracoli, che altro non sono che delle interruzioni temporanee delle leggi della fisica, o che ci ha messo alcuni secoli a scusarsi del trattamento che ha riservato a Galileo Galilei, reo di aver osservato il mondo per capire da solo come funziona. La stessa chiesa che solo di recente ha fatto delle deboli aperture alle teorie scientifiche del Big Bang accostandole in pari dignità alla favola di Adamo, Eva e del serpente parlante, o che ritiene che sia possibile parlare con i morti o con degli esseri extradimensionali. La stessa chiesa che crede che il mondo sia diviso tra buoni e cattivi, e che per i primi verrà un giorno in cui dovranno tutti, vivi o morti che siano, salire in un luogo metafisico, portando però con sé il corpo materiale di cui, se morti, si erano privati. Voglio proprio vedere come e con che piacere lo faranno quelli morti da un po’ di tempo. Questa chiesa, per cui queste e molte altre cose non la pongono certo come la più attenta sostenitrice della scienza, si ritrova a fare appello alla biologia, per spiegarci come due uomini, per quanto si ostinino a provarci, non potranno mai avere dei bambini in modo naturale. Sono sicuro però che i diretti interessati già lo sapessero, anche senza che glielo dicesse il vescovo.

 

Quindi, se i nobili vegliardi riuniti hanno negato la possibilità che la chiesa riconosca la coppia omosessuale, forse implicitamente ne stanno passando l’incarico alle autorità civili dello stato italiano. Che già da tempo avrebbe dovuto accettare tale unione, visto che così ha deciso l’Unione Europea, di cui l’Italia fa parte, anche a dispetto del pensiero delle autorità religiose, a cui l’Italia non è formalmente assoggettata. E magari finalmente si potranno evitare quelle barzellette per cui il ministro del servilismo clericale ordina ai suoi sgherri delle prefetture di annullare dei documenti dei sindaci attestanti unioni omosessuali contratte all’estero. Ormai non fanno più tanto ridere, soprattutto a chi è coinvolto direttamente.

 

Adesso che ormai il clamore dell’evento eccezionale si è spento, volevo analizzare la cosa senza quella forte emozione che può prenderci di fronte ad un fatto così straordinariamente epocale. Per fare questo, ho deciso di scegliere dei campioni di persone a rappresentanza del popolo italiano, per capire come le decisioni prese durante la conferenza religiosa cambieranno profondamente le loro vite.

 

Ho scelto:

  1. il buon credente
  2. il medio credente mal frequentante
  3. il miscredente, o ateo, o pastafariano di turno che non si riconosce nella citata chiesa

 

1, Il buon credente

Conosco un po’ di buoni credenti. Persone che per essere tali vengono istruiti dai preti di riferimento sulle idee che devono avere riguardo ad ogni questione morale, anche che non riguardi direttamente dio o la chiesa. Sono persone straordinarie, perché classificano ogni prova lampante contro la loro credenza come una prova a cui il loro dio li sottopone per testare la loro fede. Quando si parla del male del mondo e di come il loro dio di amore non si comporta così bene come dice di essere, allora in questo caso ci si appella al famigerato inquilino del piano di sotto, soggetto poco raccomandabile, zoccoluto e sulfureo, sempre pronto a tentarci con false promesse e piaceri terreni.

 

Il buon credente per essere tale deve essere disinformato. Perché si sa che i giornali e tutti i mezzi di comunicazione che non dipendono direttamente dalla loro chiesa sono un covo di giornalisti atei o assoggettati al demonio, che si divertono a pubblicare in mala fede ogni sorta di notizia falsa o tendenziosa, ed il rischio che ci distolgano dalla vera fede è dietro l’angolo. Quindi se il buon credente sa che c’è stato il sinodo è perché glielo ha detto il loro prete, ma sicuramente non è andato a vedere in Internet o sul giornale che cosa è emerso. Meglio non correre rischi inutili. Avranno delle idee a riguardo quando il loro prete giudicherà giusto dargliele, o quando verrà scritto qualcosa sulla rivista o sul giornale autorizzato, sempre che giudichi il suo mite pubblico abbastanza preparato per questi argomenti un po’ forti.

 

Cosa succederà allora quando anche il buon credente accederà a queste informazioni? Magari cambierà un po’ l’idea sulle coppie omosessuali, se questa sarà la volontà dei suoi superiori. Ho avuto più discussioni allucinanti riguardo a queste cose con dei buoni credenti, ma non ne ho mai concluso niente: in me non è risbocciata alcuna fede nel loro dio, e nonostante prove a piene mani non sono riuscito a smuovere di un centimetro la loro fede. Perché se un buon pastafariano vuole combattere con le armi della ragione o della morale umana, di là sentirà di risposta sempre e solo la stessa musica:

  • sta scritto così nel nostro vecchio libro in cui le cose che ci fanno comodo vanno prese alla lettera, mentre altre o sono episodi che vanno contestualizzati storicamente, oppure metafore da interpretare
  • bisogna credere per fede
  • io con dio di parlo e lui mi risponde
  • è tutta colpa del diavolo

Niente da dire: chi ha creato tutto questo è stato proprio bravo.

 

Ma sono convinto che anche il buon credente abbia una parte della testa in cui i preti non entrano. Per esempio, dubito fortemente che la castità prematrimoniale richiesta dalla chiesa venga rispettata alla lettera, così come l’accoppiamento a fini puramente riproduttivi del dopo matrimonio. Perché va bene tutto, ma ci sono due cose importanti di cui tenere conto:

  1.  come dice il profeta di noi pastafariani, se dio non voleva che si facesse l’amore, allora non lo rendeva così piacevole. Ed è una delle poche cose veramente divertenti, che fanno bene al fisico e alla mente, gratuite (non sempre) e legali (anche qui non sempre). Se io fossi ministro della salute o qualcosa del genere, cercherei di fare dei programmi governativi per incentivare il più possibile la pratica sessuale, non di ostacolarla. I benefici per la nazione sarebbero numerosissimi.
  2. possono dirci quello che vogliono, ma la vita è una cosa, mentre quello che rimane nel preservativo è solo del liquido appiccicaticcio. Se tutti gli spermatozoi presenti si erano illusi di diventare miei figlio, allora mi spiace deluderli, perché anche se il amerei tutto allo stesso modo in cui amo l’unico che fino adesso ce l’ha fatta, non potrei permettermi di mantenerli tutti. E lo stato italiano fallirebbe se dovesse darmi 80 euro al mese per ognuno di loro.

Guardando la gente che entra a messa la domenica, non mi sembra che le famiglie abbiano poi tutti questi figli come cent’anni fa. Quindi credo proprio che anche per il buon credente valga la regola che i preti e le loro belle idee debbano rimanere fuori della camera da letto.

 

2, Il medio credente mal frequentante

Qui dentro io ci metto tutto quel gruppo di persone che non hanno dichiarato guerra alla religione mainstream, ma se non altro hanno deciso di pensare con la loro testa. E di passare la domenica mattina in un modo utile o semplicemente piacevole.

 

Cosa ne pensa una di queste persone di quanto hanno deciso i sommi vertici della chiesa anche ancora lo rappresenta? Credo proprio niente. Gli interesserà quanto interessa a me di sentire la telecronaca entusiasta di una partita di calcio di serie B alla radio mentre faccio la doccia: è un disturbo di fondo, ma non così fastidioso da costringermi a cambiare stazione per poi doverla ricercare il giorno dopo.

 

Credo che il medio credente mal frequentante se va a messa ogni tanto lo fa per motivi che non capisce bene nemmeno lui stesso. Probabilmente per proteggersi più o meno consciamente le terga secondo il principio ben definito dalla Scommessa di Pascal. Magari si aspetta, una volta morto, di scoprire se ha azzeccato il dio giusto, e di quindi di patteggiare una pena non troppo pesante conformemente ad un impegno in vita trascurato, ma comunque presente. In definitiva, non è una persona molto attenta a quello che accade agli alti vertici della sua religione. Credo che della citata conferenza gliene importi ben poco.

 

3, Il miscredente, o ateo, o pastafariano di turno che non si riconosce nella citata chiesa

La mia categoria preferita. E delle tre è sicuramente l’unica che è profondamente interessata a quanto accade tra gli anziani capi della chiesa imperante in Italia. Per vari motivi, qui elencati:

  1. Con l’esperienza del tempo, ho notato che ogni volta che questa chiesa impone dall’alto un precetto di cui non si capisce bene il motivo, questo va contro la morale elementare dell’umanità, e nel dubbio lo prendo come indicazione per fare esattamente il contrario.
  2. In Italia gli atei, i razionalisti, i liberi pensatori, gli umanisti, gli agnostici, i pastafariani e tutti gli altri appartenenti alla mia categoria numero 3 sono quelli che sanno bene come lo stato italiano è tenuto in ostaggio da un gruppo di ottusi politici microcefali il cui primo scopo è quello di compiacere ciecamente la chiesa. Troppo spesso quindi se vogliamo che i diritti di molte categorie deboli in Italia vengano rispettati, purtroppo dobbiamo passare da questi ridicoli concili religiosi, e possibilmente aspettare in grazia che queste persone la cui mentalità è ferma all’età della pietra un po’ alla volta capiscano che per ogni piccolo  e sbandierato passo di rinnovamento che fanno loro verso un modo di pensare semplicemente più normale, il resto dell’umanità ne fa quarantadue. E ne farebbe anche di più, se non fosse che ogni tanto si ferma per guardarsi indietro a farsi due risate a vedere quanto si prendono sul serio questi vecchi rimbambiti, per poi piangere a pensare a quanta gente ancora li sta ad ascoltare.

 

In conclusione

Dalla mia analisi risulta che delle conferenze dei vescovi le uniche persone a cui interessa qualcosa siano quelle della categoria 3, ovvero quelle a cui dovrebbe interessare meno e che apertamente sono i più ostili. E allora la domanda è:

 

– perché la stampa italiana si è sentita in dovere di sprecare pagine su pagine e ore di trasmissioni su questo argomento, ed i politici di commentare ogni voce?

 

Proprio non lo so. Questi prelati potevano trovarsi senza dire niente a nessuno. Magari in un posto meno vistoso che a Roma. Oppure fare una videoconferenza, che risparmiavano pure qualche soldo, con il costo degli alloggi a Roma e la tassa del turista. Se poi volevano una soluzione a costo zero, potevano anche fare tutto in un forum in Internet: nessuno spostamento, tutto ben documentato, tolleranza ai fusi orari, possibilità di traduzione al volo. Oppure non trovarsi del tutto che facevano prima: che cosa pensavano di combinare? Come se ad un gruppo di vecchi preti basta mettersi a discutere tra loro per cambiare tutti idea sulle nozze gay. Come se i politici italiani si mettessero a fare delle leggi nell’interesse della nazione. E’ più facile che se mai nel mucchio fumante di persone riunite ce n’era uno quel poco più liberale da pensarla già in modo normale, si sarà depresso e quindi arreso alla volontà della mandria. E forse il senso era proprio questo, alla fine.

 

E forse il senso di tutto era ancora lì: far vedere che l’umanità può anche cambiare per conto suo, seguendo logiche dettate dall’etica libera da religione del pensiero umano. Ma questa gente, finché ci sarà una massa di pecore credulone che gli va dietro ciecamente e molti miliardi di euro ad aiutarli, continuerà ad insistere con gli strumenti più potenti del controllo umano: l’ignoranza e la superstizione. E finché potrà darà spettacolo con queste baracconate, ridicole dimostrazioni di potenza per un pubblico di poche pretese. Ed insieme a loro tutti gli altri capi religiosi, sempre pronti a spiegare alle loro masse quello che devono dire, fare e pensare, ma mai troppo propensi ad applicare i loro concetti su loro stessi. Siamo lontani dall’atteggiamento illuminato del Pastafarianesimo, dove nessun dogma è imposto dall’alto e dove, da ateo pastafariano che sono mi sento di dirlo, il credere nell’esistenza stessa del proprio dio non è cosa strettamente necessaria per reputarsi dei degni fedeli.

 

Così sia. La chiesa si rinnova, ancora. E lentamente traccia un sentiero per le sue pecorelle che la gente che sa pensare con la sua testa ha percorso da anni, senza aspettare che gli venga indicato da qualcun’altro.

 

Fratelli, cantiamo insieme.

Breve storia di un sorpasso

Questa mattina ho caricato il mio giovane pirata di un anno in automobile per dirigermi verso il luogo di mercato, con lo scopo concordato con la mia amata di riapprovvigionare la cambusa dopo una vacanziera settimana di mare.

 

La giornata è conciliante, il sole scalda come sa fare e sono quasi tentato di mettere Radio Classica a tutto volume sull’autoradio, giusto nella vaga speranza di passare sotto casa e di svegliare uno di quegli idioti che facilmente stanno ancora dormendo visto che passano la notte ad ascoltare i loro rumori fortemente ritmici in automobile passando sotto le finestre di casa mia.

 

Ad un certo punto una piccola vettura davanti a me rallenta, tenendosi verso il centro della carreggiata. Vaghi ricordi mi portano alla memoria anche una accenno di frecce lampeggianti un po’ a destra ed un po’ a sinistra, ma sono già concentrato a portare rancore e risentimento ad un automobilista così poco attento al comportamento per strada. Osservo stizzito il tachimetro: accidenti, ha rallentato fino a scendere a venti chilometri all’ora! Si merita tutto il mio biasimo.

 

Rapido però subentra la mia etica di buon pirata pastafariano: insulti e gestacci aiuterebbero me o il cattivo automobilista qui davanti sul sentiero della felicità? Ho così fretta da considerare vitale ogni secondo in più trascorso sulla strada? Insomma, mi farebbe sentire meglio il pormi con spavalda superiorità ad impartire lezioni di codice della strada allo sciagurato automobilista? Mi astengo quindi da ogni manifestazione, chiudendomi in un ermetico nirvana stradale.

 

Nel frattempo la vettura rallenta ulteriormente fino a fermarsi, ovviamente senza accostare e senza mettere la freccia. Ho il tempo di notare chi la guida: un signore molto anziano, senza cappello ma chiaramente da tempo non nel pieno delle forze. Dalla portiera destra scende a fatica la probabile compagna di una vita: una signora che dopo essersi affidata al bastone tenta a più riprese di chiudere la portiera. Due anime nobili che sicuramente non vivono con serenità l’uso della loro piccola automobile, e che facilmente se prendono la macchina è solo perché costrette dalle circostanze della vita, magari perché fanno sempre più fatica a camminare per lunghi tratti, o perché non tutto quello di cui hanno bisogno si trova sotto casa loro. Probabilmente guidano pure con un certo timore ed imbarazzo, perché si renderanno entrambi conto di avere sempre più difficoltà ad affrontare la strada.

 

Un po’ mi sono sentito in colpa anche solo ad aver pensato male di queste persone. Quando sono dentro ad una automobile un po’ tendo a pensare di ogni altra macchina come alla personificazione di un mio misterioso nemico, un automobilista indefinito e malvagio il cui unico scopo è intralciare il mio viaggio con la sua arrogante e spudorata stupidità. Soprattutto se l’automobile è molto più potente e costosa della mia. Non è un sentimento di cui vado fiero, perché quando il mio sguardo d’odio riesce a vedere attraverso i due finestrini che ci separano, di là c’è sempre una persona normale al volante, con i suoi problemi e le sue questioni. Io stesso sono reduce da una settimana di turismo; colgo quindi l’occasione per scusarmi con tutti i comuni della maremma toscana per i continui intralci che ho dato ai suoi anziani guidatori di ape con la mia guida brusca ed incerta, nell’affrontare i tornanti con scandalosa lentezza, o cercando ossessivamente un parcheggio dove si sa che è impossibile trovarne.

 

Tornando al presente: l’altra corsia è libera, e vado di un agevole sorpasso, chiedendo in cuor mio al Nostro Spaghettoso Signore di benedire l’anziana coppia di amanti con tutta la serenità di cui è capace, nella vita e nella morte.

 

Neanche il tempo di dirlo e dietro di me sento il fatidico colpo di clacson, una sciabolata nel mio amorevole congedo: una golf sta pure sorpassando, ma pur avendo visto chi fosse al volante dell’incerta utilitaria mal parcheggiata ha deciso di calare tutto il suo disprezzo verso il vecchio guidatore con la sua pesante mano porcina schiacciata sul centro del volante. Ho il tempo di vedere chi è alla guida: incredibile a dirsi, è l’automobilista malvagio con tutta la sua carica di arrogante e spudorata stupidità. Lo vedo chiaramente nello specchietto: è proprio lui, sono sicuro. E lo odio, non di un odio vago ed indefinito, ma concentrato e conscio, lo odio come odio chi è troppo idiota e presuntuoso per capire quanto sia idiota e presuntuoso. Sento che se è così ottuso facilmente è anche una persona molto infelice, perché non vedo come l’insultare e mettere in imbarazzo un vecchio dalla guida incerta possa renderlo felice o farlo sentire una persona migliore. Ma non riesco a provare pena: chi tratta male un debole solo per il gusto di farlo merita solo il mio biasimo, e non certo la mia comprensione.

 

Quindi, se per caso a te che stai leggendo è capitato di suonare il clacson a sproposito, magari per poi pentirtene, ti voglio bene, perché l’importante è arrivarci. Ci si vuole bene tra pedoni sul marciapiede, e non vedo perché non ci si possa voler bene anche per strada. Se invece sei proprio quell’avanzo di immonda umanità che giusto oggi guidavi la tua golf dietro di me, e che magari fiero della tua prodezza ti sei pure lamentato al bar con i tuoi degni compari per certa gente che prende la macchina ma è talmente incapace che dovrebbe solo starsene a casa propria a morire, allora ti auguro con tutto il cuore di ritrovarti a breve nelle stesse condizioni di guida del sorpassato, perché forse solo allora la tua testa vuota potrà rendersi conto di cosa vuol dire guidare con fatica in un paese di bifolchi incivili. E spero che avrai comunque la lucidità per ricordarti quanto sei stato miope mille e più volte sulla strada comportandoti come altri tuoi pari si comporteranno con te ogni volta che non sarai in grado di parcheggiare fuori del tuo bar, regalando vigorose salve di clacson a te e ai tuoi amici già seduti ad aspettarti con il pirlo in mano.

 

Smokey and the Bandit

Catechismo? No, grazie: come crescere un bambino senza dio in Italia

La nascita del primo figlio mette di fronte a nuovi, imprevisti problemi. Problemi che non c’erano quando semplicemente si era solo in due, quando la questione principale poteva essere dover scegliere quale birra bere tra le numerose spine del proprio locale preferito. E quando parlo di problemi, non mi riferisco nemmeno ai soliti problemi che usano i già genitori per terrorizzare i quelli che lo saranno di lì a poco, tipo

 

 

“dormi adesso fin che puoi, che dopo sarà un ricordo, con un bambino piccolo”

 

o anche

 

“col bimbo sì che sarà un problema uscire la sera”

 

Questo perché il nostro piccolo ci permette non solo di fare lunghe e saporite dormite notturne, ma anche di uscire la sera, meglio ancora se con lui presente. I problemi a cui mi riferisco e a cui non avevo pensato sono quelli di dover crescere un bambino secondo dei princìpi morali che considero normali in un paese sotto il giogo pesante di un’etica impostata su antiche e stravaganti superstizioni religiose.

 

Spanish inquisition

Già ho parlato di come può essere sufficiente girare l’angolo in una via di paese per imbattersi nella temuta figura della catechista bigotta, arrogante dispensatrice di benedizioni indesiderate. Ma questo è solo uno degli aspetti di una società che considera normale ciò che in realtà normale non è.

 

Nel mio caso, io voglio considerarmi un buon pastafariano: bevo birra, mangio cereali e derivati ogni giorno, cerco di seguire i suggerimenti sul comportamento dettati da Sua Spaghettosità al nostro profeta. E là dove la nostra religione ancora non ha definito bene i propri canoni di pensiero, trovo facile adeguarmi a correnti più note, quali l’ateismo o il pensiero scientifico. E’ però fondamentale che, come dice la mia stessa religione, io non imponga mai a nessuno, né men che meno a mio figlio, il mio credo. Pertanto, se devo crescerlo dovrò farlo secondo una moralità laica.

 

Alcuni pensano che senza religione l’uomo è destinato a crollare dietro a bestiali istinti primordiali, dandosi a pratiche mostruose di bruta prevaricazione reciproca, come la violenza sistematica, l’accoppiamento sessuale tra consanguinei, la sodomia e il cannibalismo. E che la religione è il solo strumento capace di mettere un freno a tali aberrazioni insite purtroppo in ogni essere umano. Stranamente, i dati dicono proprio il contrario: tutte le maggiori porcate della storia passata e presente sono dettate o giustificate dalla religione stessa. E se prendiamo singolarmente i credenti, sicuramente questi non si distinguono per bontà d’animo o illuminazione spirituale rispetto ai non credenti. if all the atheistsScott Hurst qualche tempo fa ha fatto notare che se un giorno tutti gli atei degli Stati Uniti dovessero andarsene di comune accordo dal paese, questo perderebbe il 93% dei membri dell’Accademia nazionale delle scienze, ma solo l’1% dei carcerati. Non so quanto siano attendibili questi dati, ma per conto mio non ho mai sentito nessuno tra parlamentari italiani, mafiosi, assassini psicopatici, genicida o appartenenti ad altre categorie simili inneggiare a principi di laicità o di ateismo, quanto piuttosto a presunte giustificazioni divine dei loro deprecabili modi di agire. La conclusione è che l’essere umano è in grado di gestire la propria moralità nel migliore dei modi senza le indicazioni di un prete su cosa fare o pensare, o le promesse di premi o le minacce di punizioni dopo la morte. E che se mai c’è un conflitto tra la moralità laica e quella religiosa, è molto difficile che sia la prima a voler imporre stranezze poco chiare o ingiustificate, quanto la seconda che portando motivi arcani arriva a pretendere comportamenti anormali, che vanno da cose innocue e personali come il mangiare o meno certi cibi o dall’astenersi da certe pratiche in alcuni periodi del giorno o dell’anno, fino a cose più gravi, come il tollerare o richiedere discriminazioni e violenze su vasta scala.


 

Da ciò, ho capito che crescere un bambino secondo una morale laica non solo è fattibile, ma è anche preferibile.

 

I problemi però ci sono. Il primo fra tutto sono proprio io: sono cresciuto a pane e catechismo per tutta la vita, e questo indottrinamento forzato mi porta spesso, come direbbe il poeta, a fare pensieri strani. Come se per quanto mi sforzi di prendere le distanze dal cattolicesimo, comunque dentro di me c’è sempre una vocina che mi fa capire che non basta sbattezzarsi, perché una volta che sei dentro, lo sei per sempre. Di fronte ad una questione etica importante, come può essere la morte di una persona, il mio pensiero va subito al povero estinto circondato da nuvolette ed angeli svolazzanti con la lira. Solo dopo mi viene in mente la versione pastafariana del vulcano di birra con spogliarelliste, o la versione atea dell’un bel niente. Tre modi spiegare uno stesso problema, ovvero tre modi di rispondere ad una domanda che sicuramente mio figlio avrà modo di farmi.

 

Proprio del problema della morte io e la mia dolce metà femminile ci siamo trovati a parlare gualche giorno fa. Una cuginetta del nostro piccolo stava disegnando i ritratti dei suoi parenti con la tecnica e la padronanza di pennarello che sono proprie di una bambina di due anni.capolavoro giovanile I parenti dicevano il nome di un conoscente e la piccola, dopo aver scelto il pennarello del colore più adatto, tracciava sul foglio la sua rappresentazione della persona richiesta con una serie di velocissimi zigzag, di trattini e di spirali spigolose. Il pubblico presente commentava entusiasta. Ad un certo punto una delle due nonne ha chiesto di disegnare il suo compagno nonché nonno della bambina, purtroppo venuto a mancare questo autunno. Dopo un silenzio di un secondo che è sembrato durare un’ora, la piccola risponde “non c’è!” con la semplicità tipica di chi ancora non è riuscito a complicarsi la testa con decenni di paranoie. L’imbarazzo rimane per un altro paio di lunghissimi secondi, quando interviene la madre della bimba, dicendo: “no che c’è: eccolo là, con in braccio tuo cugino!” Molto astuta: l’altro nonno era bello che presente sulla scena, con in braccio nostro figlio. Ed era intento ad apprezzare il suo nuovo ritratto eseguito dalla nipote con tecnica pennarello verde su foglio A4. Questa volta il problema è stato evitato in corner, ma la sera la mia amata me l’ha giustamente riproposto. Perché non sempre potremo cavarcela con un gioco di parole. Come si parla ad un bambino di chi non c’è più, senza usare parole come “paradiso”, “felice”, “angelo custode” e così via?

 

(l’opera qui sopra, pure pregevole, non è stata fatta dalla nostra nipotina, ma l’ho presa qui)

 

Detto così sembra una versione complicata del noto gioco da tavolo Tabù. Ed è solamente una delle numerose domande che un bambino può farci all’improvviso, magari stimolato da qualcosa di visto o sentito. Cercherò di considerare quelle che mi vengono in mente.

 

 

-°-°-° problema numero 1: la morte °-°-°-

 

the knight death and the devilOvvero il problema citato qui sopra. Quello per cui non c’è più la risposta facile, in cui il caro estinto lascia qui le spoglie terrene e mortali, per divenire puro spirito ed issarsi felice nel regno dei cieli, dove San Pietro sarà contento di accoglierlo tra le schiere di santi e beati in eterna adorazione estatica della bellezza di dio.raggi di luce Eh no, troppo comoda. E non si può nemmeno ricorrere alla più semplice e forse anche più desiderabile versione ruspante a base di caffettiere e nuvolette del noto duo Bonolis – Laurenti. La versione scientifica – atea è abbastanza chiara: quando la vita termina, non si è più: la serie di reazioni elettriche e biologiche che ha accompagnato quell’ammasso ordinato di cellule chiamato corpo umano ha smesso di funzionare, e come conseguenza il pensiero che lo conduceva si è spento. Scordatevi di questa persona viva. E possibilmente astenetevi anche dall’imbalsamarla per ostentarne le spoglie, anche se tale corpo durante la vita si dovesse essere distinto distinto per qualche merito particolare. Sicuramente il corpo non sarebbe d’accordo, e se così non fosse significa che quella persona non è così umile e retta come la volete ricordare.

 

Teniamo da parte per adesso il paradiso pastafariano a base di birrosi vulcani e di fabbriche di spogliarelliste. Magari gliene parlerò più avanti, se non ci arriverà da solo.

 

Come si fanno a spiegare queste cose ad un bambino? In realtà non credo che sia così difficile. Per esempio, nel mio caso non ho più nessun nonno vivente. Uno di questi non l’ho mai conosciuto, mentre gli altri tre sono morti qualche anno fa. Nonostante questo però non passa per me decisione importante sulla mia vita in cui non pensi ad almeno uno di loro. In particolare, non smetto mai di pensare a loro che guardano o tengono in braccio il loro neonato pronipotino, magari facendo gli stessi commenti che hanno fatto quando tenevano in braccio me. Non penso a loro come se mi stessero osservando da una nuvola in cielo con un potente telescopio, ma più come un

 

“cosa direbbero i miei nonni di quello che sto facendo della mia vita”?

 

o anche

 

“cosa farei adesso se la mia nonna fosse qui con me in questo momento?”

 

Da ciò la conclusione è che quando una persona muore, quello che era il suo modo di pensare e di comportarsi rimane vivo nelle persone che l’hanno conosciuta, soprattutto se tale persona era stimata e benvoluta. Quindi non serve essere una quintessenza eterna e spirituale per rimanere vivi: anche se tali non si è più, le persone vive ricordano e portano avanti gli insegnamenti del caro estinto. La cosa bella poi è che si tende spesso ad una rappresentazione ideale del defunto, spesso dimenticando con un pietismo abbastanza originale le eventuali nefandezze compiute in vita. Ne sono la prova lampante i coccodrilli redatti dai nostri amati giornalisti ad ogni morte di politico.uno strenuo difensore un brillante statistaOgni politico da morto si trasforma o in uno strenuo difensore dei valori patrii o in un brillante statista, a seconda che fosse un ottuso bigotto reazionario o un abile oratore con propensione alla corruzione sistematica. Nel peggiore dei casi, quando è proprio impossibile trovare una qualche caratteristica che può essere considerata un pregio, allora si parla di un fiero e valido avversario. Detto questo, figurarsi cosa diventa una persona cara a cui semplicemente volevamo molto bene. Un santo magari no, ma un ottimo esempio di comportamento e di ispirazione sicuramente sì.

 

Cosa risponderò quindi a mio figlio quando mi chiederà qualcosa del genere? Gli dirò che la persona morta non c’è più, ma che finché lui continuerà a ricordarla, la persona rimarrà viva in lui. E che lui dovrà sempre fare del suo meglio per ricordarla nel migliore dei modi, esattamente come se fosse ancora viva. E basta. Niente paradisi, inferni e compagnie cantanti. Che poi, dico: mai una volta che ad un funerale il prete ammetta la possibilità che il caro defunto sia finito all’inferno, o che semplicemente non ci mai fatto due parole in vita, e che quindi non se la sente di giudicarlo: sempre tutti carissimi conoscenti, persone limpide e devote che non possono che ambire direttamente ad un posto con vista in paradiso. Tranne forse quelli che hanno lasciato detto di non voler passare dalla chiesa durante il loro tragitto verso il cimitero.

 

 

 -°-°-° problema numero 2: i fortunati e gli sfortunati °-°-°-

 

Al mondo non partiamo tutti con le stesse possibilità. Facilmente chi legge questo articolo appartiene, per esempio, a quella piccola fascia di persone che detiene la maggior parte della ricchezza mondiale, e che tra i vari benefici gode dell’accesso ad Internet libero e a costi accessibili. Oltre alle disuguaglianze dettate da condizioni politiche, economiche e sociali, ci sono anche i problemi fisici. Per esempio non tutti hanno la fortuna di avere un corpo perfettamente funzionante. Ci sono dei bambini che nascono già con gravi problemi mentali o fisici. Così come questo può succedere a seguito di incidenti. Spesso i bambini chiedono del perché, per esempio, un loro compagno di classe non può giocare a calcio come gli altri perché sta sempre su una sedia a rotelle.

 

Come risponde la chiesa cattolica a questi problemi? Se dio ama tutti, perché quel bambino non può essere felice come gli altri? E qui la risposta standard del prete di turno va nella pura filosofia: dio ama tutti. Ama di un amore profondo e totale, molto più profondo di quello degli stessi genitori. Ma non può esercitare tale amore in modo diretto (non era onnipotente, questo dio, oltre che infinitamente amorevole?) e talvolta chiede dei sacrifici a delle persone, mettendole alla prova. Di modo che la loro sofferenza terrena sia uno strumento per dimostrare di ricambiare questo enorme amore di dio verso di loro, e che questi poi riceveranno un premio molto più grande nel regno dei cieli. Quindi un bambino in carrozzella è un privilegiato che ha molte facilitazioni per dimostrare l’amore verso dio, rispetto agli altri bambini che invece sono distratti e mentre giocano a pallone dio è l’ultimo dei loro pensieri. Tranne forse quando sbagliano un gol facile, ma la citazione che ne segue non è tra quelle autorizzate dalla chiesa.

 

Sarà, ma questa storia della sofferenza fa acqua da tutte le parti, e ci arriva anche un bambino. Ci sono poi mille versioni, una per ogni occasione, perché sulla Terra si soffre abbastanza spesso: si soffre quando si nasce, chi può quando partorisce, quando si sopportano soprusi e umiliazioni da delle gerarchie incompetenti ed arroganti, e credo che infine si soffra anche quando si muore. Sul primo ed ultimo caso ci sono solo supposizioni, ma sono fondate. Dare tutta la colpa al peccato originale è una storia che un po’ ha stancato, e ormai mi sa che non venga più usata molto nemmeno dai preti stessi. Meglio ricorrere alla filosofia spiccia dei giochi di parole sull’amore infinito di dio e sulle sue strane maniere di manifestarlo.

 

Non che questi siano argomenti facili, ma non è difficile trovare spiegazioni migliori di queste. Magari dicendo che non tutti siamo fortunati allo stesso modo. C’è chi nasce con più opportunità e chi con chi meno. L’importante è rispettarsi tutti. Ci si rispetta, magari ci sia aiuta e si evita di dare fastidio agli altri, siano essi più fortunati o più sfortunati di noi, come pure se hanno una macchina più piccola o più grossa della nostra, o se non ce l’hanno nemmeno. Se però la loro macchina è molto grande e ha la particolare tendenza a stare parcheggiata davanti al mio portone dove è ben visibile il cartello di divieto di sosta, allora che ti venga lo scorbuto, maleducato proprietario del SUV di turno, perché il possesso di questo costoso genere di veicolo non ti dà diritto a mancarmi di rispetto, e se ritieni necessario compensare la pochezza dei tuoi attributi virili con l’acquisto di un inutile quanto ingombrante veicolo, questo rimane un tuo problema, e non deve diventare il mio.

 

 

-°-°-° problema numero 3: l’origine del mondo °-°-°-

 

l'origine del mondo

Questo è il problema più classico tra i problemi classici. È quello che pochi anni fa ha fatto uscire allo scoperto una religione vecchia di millenni come quella pastafariana, a seguito della lettera aperta del nostro amato profeta Bobby Henderson. Rispondere a questa domanda pone più che altro l’imbarazzo della scelta.

 

Ci sono molte favole legate all’origine del pianeta, della vita o degli esseri umani, proprie delle religioni di tutto il mondo. Ogni popolo ha le sue, più o meno simili a quelle di popoli vicini o lontani. Una delle più pittoresche è l’origine biblica formalmente accettata dai cristiani di tutto il mondo. Si parla di un dio probabilmente stanco di pensare a se stesso pensante che decide di dedicarsi a qualcosa di costruttivo. Nonostante la sua natura dogmaticamente perfetta, riesce a superarsi creando una serie di cose volutamente imperfette, tra cui la terra, il mare con i fiumi, i laghi e tutto il resto. Poi le piante, gli animali ed infine l’eletto, l’essere uomo. Adamo ed EvaCreato ad immagine e somiglianza di dio al fine di avere qualcuno che lodasse la grandezza stessa del creatore, dio lo plasma da un poco di argilla, e con un soffio gli dona la vita. Poi, accorgendosi forse che l’uomo vedeva in ogni angolo del paradiso animali che si riproducevano in un modo che faceva pensare anche ad un certo coinvolgimento dei sensi, dio decide di evitare che la più alta delle sue creazioni ceda all’onanismo o alla zoofilia, e gli affianca una donna. Fin qui tutto bello. Ma dopo tante creazioni, anche dio ha il suo momento distruttivo. Crea quindi con un ultimo sforzo l’albero della conoscenza, e dopo averne mostrato chiaramente la posizione, chiede insistentemente all’uomo e alla donna di non mangiarne i frutti. Incredibile a dirsi, la donna ne mangia subito, e dopo coinvolge l’uomo nel suo peccato.Sir Biss Dio che sa e vede tutto se ne accorge, e li scaccia dal paradiso terrestre, fornendo in dote all’umanità discendente da questa coppia scellerata una vita fatta di sofferenze, di espiazione e di parti dolorosi, oltre a delle valide ragioni sessiste per considerare la donna moralmente più debole e quindi inferiore all’uomo. In tutta questa storia verrà coinvolto anche un povero serpente chiacchierone, che come punizione per aver partecipato perderà le zampe. Per l’ubriachezza molesta ed il razzismo occorrerà invece attendere l’arrivo di Noè ed il diluvio universale.

 

È una storiella molto divertente, ma forse un po’ imbarazzante. Credo che molti cristiani pure osservanti la considerino con un certo distacco, preferendo teorie scientifiche più moderne.

 

Come funziona l’evoluzione? Semplice: sopravvive l’essere vivente che è più efficiente nel garantirsi una discendenza. il cricetofante dai denti a sciabolaSe per esempio la tigre dai denti a sciabola è l’animale più forte e temuto di tutta la giungla, ma fa un unico cucciolo ogni cinque anni, e poi questo piccolo muore al primo raffreddore, allora alla tigre dai denti a sciabola non basta essere una poderosa macchina di morte, e soccomberà alla spietata legge della natura. Magari a vantaggio del criceto asiatico: un creatura di rara stupidità ma prolifico come pochi, della cui marea di figli nati ogni pochi mesi ce ne sarà sempre più di uno che in un modo o nell’altro riuscirà a sfuggire anche solo per caso alla morte per avere a sua volta dei figli molto prolifici.

 

E come si arriva a questo? Anche qui è abbastanza semplice: chi fa figli, si è dimostrato più efficiente di chi non li ha fatti o ne ha fatti di meno. Quindi chi fa figli porta avanti con questi il suo patrimonio genetico. A loro volta i figli saranno selezionati tra loro, e di nuovo solo quelli più efficienti potranno avere nuovi figli. Ed i nipoti dei primi quindi saranno frutto di una nuova selezione rispetto ai loro nonni. I ghepardi saranno sempre più veloci, e le gazzelle a loro volta dovranno cercare di essere pure sempre più veloci per sfuggire ai primi. E le tartarughe avranno il guscio sempre più resistente, se questa caratteristica dovesse rivelarsi utile alla loro sopravvivenza. Se invece per le tartarughe il guscio è ormai sufficientemente spesso per le loro necessità, allora magari saranno altri i criteri di miglioramento, tipo l’abilità nello scovare cibo migliore che non le intossichi, nel difendersi dall’inquinamento, o semplicemente nel compiacere di più le tartarughe di sesso opposto.

 

Tra genitori e figli la differenza di patrimonio genetico può essere minima, ma la natura di tempo ne ha avuto veramente tanto. La terra esiste da miliardi di anni, e quindi basta non usare l’anno o la vita di un essere umano come unità di misura per capire che queste cose possono funzionare, anche molto meglio della favola della creazione.

 

the Flying Spaghetti Monster creates allNon dimentichiamo però la terza spiegazione, ovvero quella pastafariana. E quella più semplice e anche più intuitiva e quindi, per il principio del Rasoio di Occam, è anche quella vera. Funziona così: all’origine di tutto, c’era il Flying Spaghetti Monster. Un giorno, a seguito probabilmente di una poderosa intossicazione alcolica, creò per sbaglio il mondo, e notò subito come non era un gran che, ma gli piacque lo stesso. Da essere superiore quale è, una delle Sue caratteristiche è quella dell’umiltà, e quindi decise subito di riempire ogni angolo del pianeta di false prove: ossa di dinosauro, deriva dei continenti e così via. Il tutto per far pensare all’umanità ad un origine naturale del cosmo e non ad una Sua creazione, ed evitare di essere adorato per quello che è, lasciando che l’umanità ed in particolare il suo popolo eletto, i pirati, vivessero in santa pace e divertirsi senza preoccuparsi troppo dell’aldilà o di divinità superbe da adorare. Solo sporadiche apparizioni nella vita di tutti i giorni testimoniano la Sua Divina Presenza.

 

Questa teoria assomiglia vagamente alla prima parte di quella biblica, ma è di gran lunga superiore. Come prima cosa non ha nessuna contraddizione: la teoria biblica infatti cade numerose volte di fronte a fatti scientifici che non è in grado di spiegare. La versione pastafariana, invece, giustifica appieno la ricerca scientifica, ricordando però che ogni nuova prova inconfutabile della veridicità di teorie scientifiche è solo il frutto dell’elaborato inganno procurato dallo stesso Flying Spaghetti Monster.

 

Cosa dovrò spiegare a mio figlio, quando mi chiederà qualcosa? Credo che non gli imporrò la versione pastafariana: la costrizione è un errore, e sicuramente va contro ai principi stessi della mia religione: non imporre niente a nessuno. Quindi, potrei limitargli a proporgli le altre due versioni, e lasciare che con il tempo arrivi da solo alla giusta soluzione.

 

Qualche tempo fa una nonna probabilmente non pastafariana ma di sicuro non cristiana, aveva scritto questo nella pagina di un gruppo di atei, agnostici, razionalisti e miscredenti vari:

 

Fine Arts Dinosaur Drawing“M. (my 5-yr old granddaughter): I understand that there were dinosaurs and they all died and then there were people, but where did the people come from?

B. (her Mom): That’s a really good question. Lots of grown people ask that same question. There are 2 ideas about that. One is called evolution. There were animals that looked kind of like big monkeys. They babies that looked a little more like people. Then when those had babies, they looked even more like people, and now we have people.

M. (looking a little skeptical): what’s the other idea?

B.: The other is called Creationism. This very powerful mystical being came to the earth and poof, poof, and then was a man and woman.

M.: WHAT!

She was so obviously indignant at having been told such a story that my daughter and her husband were laughing too much to talk about it.

B.: I tell you what. If you want to know more about evolution, ask your Grandma (me) and if you want to know more about Creationism, ask your N. (her other grandmother).

At 5 years old, she was a little skeptical about Evolution, but she knew Creationism couldn’t be right.”

 

(il disegno del dinosauro l’ho preso qui, onore al giovane artista) 

Che, tradotto per i non anglofoni, vuol dire:

 

“M. (la mia nipotina di cinque anni): ho capito che una volta c’erano i dinosauri, e che sono tutti morti e che dopo sono arrivati gli uomini, ma da dove sono venuti gli uomini?

B. (sua mamma): Questa è una bella domanda. Molte persone adulte se lo stanno chiedendo. Ci sono due teorie su questo. Una si chiama evoluzione. Una volta c’erano degli animali che assomigliavano a grosse scimmie. I loro piccoli assomigliavano un pochino di più a degli esseri umani. Poi, quando anche questi hanno avuto dei piccoli, questi assomigliavano ancora di più agli esseri umani, ed ora abbiamo gli esseri umani.

M. (guardandola un po’ scettica): e l’altra idea?

B.: L’altra si chiama creazionismo. C’è un essere mistico potentissimo che è venuto sulla Terra e puff, puff, ecco che dopo c’era un uomo ed una donna.

M.: COSA!?

Lei era così indignata che le si fosse stata raccontata questa storia, che mia figlia e suo marito facevano fatica a parlare dal ridere.

B.: Ti dico io cosa fare. Se vuoi saperne di più sull’evoluzione, allora chiedi a tua nonna (me) e se vuoi saperne di più sul Creazionismo chiedi alla tua N. (l’altra nonna).

A cinque anni, lei era un po’ scettica riguardo all’Evoluzione, ma sapeva che il Creazionismo non poteva essere giusto”

 

Questa storia mi piace, perché la madre è stata corretta nel riportare entrambe le teorie senza calcare la mano da una parte o dall’altra. Ed è stata la bambina di cinque anni a scegliere. Fa un po’ ridere che una bambina sia più attenta nell’accettare una storia, sia essa l’evoluzionismo come il creazionismo, con maggiore spirito critico di moltissimi adulti. Immagino però questo pensiero critico le sia stato insegnato da sempre, e ciò l’ha predisposta a prendere le distanze dalla teoria cristiana. Quindi, probabilmente non è il raccontare una storia: se mio figlio verrà cresciuto secondo i princìpi della critica e del ragionamento, non sarà un problema per lui capire da solo che tutta l’umanità non può discendere da una coppia di nudisti, così come i sensi di colpa del peccato originale e tanti altri trucchetti adoperati dalla chiesa cattolica non sono più uno strumenti sensati e credibili per condurre le persone ad una vita migliore.

il cardinale Lehmann

 

Credo che comunque tutte le informazioni sul cristianesimo sia meglio passargliele, se non altro per conoscenza e difesa. Non sai mai che brutta gente finirà per incontrare, ed è meglio che sia preparato, ma anche in considerazione delle scelte che intenderà fare in futuro. Non so se sia il caso che sia io stesso a spiegargli tutto quanto, o se sia meglio affidarlo a catechisti e preti. Categorie sociali che non amo particolarmente, ma che se non altro li ringrazio, perché è anche grazie alla loro ottusità e pochezza che adesso sono felice di essere quello che sono. Ma è anche vero che non sono sicuro che si possa iscrivere un bambino al catechismo se questo non ha ricevuto il battesimo. Nella peggiore delle ipotesi, mi limiterò all’ora di religione, anche se per come è gestita adesso è una di quelle inspiegabili assurdità nei rapporti tra stato e chiesa che più mi danno fastidio. Ma tant’è, le tasse le pago, tanto vale usufruire del pessimo servizio.

 

 

 -°-°-° problema numero 4: la fine del mondo °-°-°-

Dopo che ci si è chiesto come è iniziata la vita, l’universo e tutto quanto, non è lecito chiedersi anche come il tutto deve finire?

 

Durer beastPer i cristiani a rispondere a questa domanda ci ha pensato San Giovanni, importante figura religiosa nota anche per essere l’unico apostolo a non essere morto di morte violenta, oltre che l’unico evangelista che ha scritto le avventure di Gesù non per sentito dire da altri, ma dopo averlo conosciuto personalmente. Giovanni ha scritto alcuni libri che parlano della celebre apocalisse, ovvero il momento catastrofico in cui dio verrà a chiedere il conto a tutti i cristiani. Chi è già morto dovrà tornare in spirito sul pianeta a recuperare le sue spoglie mortali (auguri!!), mentre chi ancora le sta usando, semplicemente dovrà assurgere in cielo per recarsi al giudizio universale, dove verrà giudicato e quindi spedito nel luogo più adatto. In genere si parla di inferno (posto brutto) o di paradiso (posto bello). the raptureTutta la cerimonia sarà accompagnata da pirotecnici fenomeni sovrannaturali, tra cui il celebre drago dalle sette teste e undici corna che spazza con la codona un terzo delle stelle del cielo (ah, a parte il problema di distribuire equamente undici corna su sette teste, ricordatevi che le stelle sono solo dei pallini luminosi incollati sulla volta celeste, e che un poderoso colpo di coda può staccarle con grande facilità) e per finire i quattro cavalieri della, appunto, apocalisse. Più angeli strombazzanti e vergini che partoriscono. Di nuovo. È incredibile la facilità con cui le vergini rimangono incinte nel nuovo testamento. Insomma, decisamente un bello spettacolo, che per nulla andrebbe perso.

 

Cosa accade ai non credenti, in tutta questa confusione? A quanto pare niente. Semplicemente, non verranno chiamati a rispondere delle loro gesta di fronte al giudice universale, e assisteranno impotenti al più grande spettacolo del mondo. Alla fine di tutto, si ritroveranno magicamente ad abitare lo stesso pianeta di prima, solo senza i cristiani, e con la strana consapevolezza di essere sopravvissuti alla fine del mondo. Che a dirla tutta, come apocalittica fine del mondo non è poi questo gran che, a parte lo spettacolo. Sarebbe più opportuno definirla come “la fine dei cristiani”.

 

Purtroppo però, anche se in fondo un po’ ci spero, so già che difficilmente accadrà tutto questo. Probabilmente il pianeta Terra finirà in un modo più prevedibile, ovvero bruciacchiato o inghiottito da un vecchio sole, che il tempo avrà trasformato in una enorme stella gigante rossa. Non accadrà in tempi così rapidi da ricavarci la trama per un avvincente film catastrofico hollywoodiano, ma pare sia inevitabile: se nel giro di qualche miliardo di anni non riusciamo a racimolare una quantità sufficiente di idrogeno e ad iniettarla all’interno del sole, questo si vedrà costretto a cambiare il suo metabolismo, e a cercare di mangiarsi via via i pianeti che gli stanno più vicini. Siamo il terzo di una decina: questo ci dà un po’ di tempo, ma poteva anche andare meglio.

 

È brutto pensare che il pianeta Terra finisca distrutto dal sole che generosamente gli dà la vita. E solo in parte mi consola l’idea che comunque ci restano un po’ di miliardi di anni per spassarcela. Se non altro, sono quai certo che per allora l’Italia sia uscita dalla crisi, e che sia riuscita in tutto questo tempo ad aver un governo che abbia abolito l’otto per mille e tutti gli assurdi privilegi accordati alla curia cattolica italiana. Spero anche di non dover aspettare miliardi di anni per vedere queste cose realizzarsi. E se già adesso noi iniziamo a fare delle piccole scelte familiari che prendano nettamente le distanze dalle imperanti pratiche della chiesa, con il tempo le abitudini comuni cambieranno, e non ci sarà più bisogno che un premuroso padre pastafariano scriva in una pagina i suoi pensieri e le sue preoccupazioni riguardo all’educazione di suo figlio, ma sarà a volta di uno sconvolto padre cattolico, che farà un disperato appello per trovare un qualsiasi prete che possa battezzare suo figlio.

 

Ho finito.

Pirate daddy

Questo papà amorevole e piratesco l’ho preso qui.

A Caterpillar si parla del Flying Spaghetti Monster

Fying Spaghetti Monster a Caterplillar

 

Un paio di giorni fa a Caterpillar hanno intervistato un ministro del culto pastafariano. E’ bello quando accadono queste cose: da una parte una delle mie trasmissioni preferite sulla mia stazione radio preferita, dall’altra la mia religione preferita. Queste unioni hanno sempre qualcosa di mistico, come un rapporto amoroso tra due cari amici a cui voglio molto bene e che pensavo non si conoscessero, ma che scopro che hanno una relazione a mia insaputa. E’ successa una cosa simile circa un mese fa: Umberto Guidoni, il più celebre astrofisico e astronauta italiano, è venuto a parlare di cose nella chiesa (sconsacrata) attaccata a casa mia. Separato solo da un muro dal gabinetto di casa mia c’era una celebrità italiana, e non una celebrità effimera da televisione, ma una celebrità guadagnata sul campo della scienza, cosa rara.

 

Non divaghiamo e torniamo a Caterpillar e al ministro di culto pastafariano. L’evento scatenante è stato il giuramento a Pomfret Town di un nuovo membro del consilio, tale Christopher Schaffer, che in quanto pastafariano ha trovato giusto indossare uno scolapasta durante l’atto ufficiale. Nessuno ha fatto storie, ma anche questa volta c’è stata un po’ di curiosità per il gesto da parte di chi ancora non conosce le Sugose Vie del Divino Spaghetto. Tra questi i signori di Caterpillar. Che come loro solito hanno fatto appello al popolo della radio affinché qualcuno competente e magari credente si annunciasse a loro ed al popolo della radio per spiegare qualcosa di più.

 

E il ministro ha chiamato. Tale Adriano Ronco, gestore di un rifugio a Erto, credo sulle dolomiti friulane. Il ministro è stato molto ben preparato. Ha risposto alle domande e spiegato correttamente vari dettagli sulla Vera Religione, soffermandosi su alcune questioni importanti, come il fatto che tutti siamo Pastafariani, anche quelli che ancora non lo sanno, e che il pastafarianesimo è una religione che se per certi versi è di scarsa moralità, è altresì una delle più rispettose delle altre, come chiede che sia lo stesso Flying Spaghetti Monster nel suo primo condimento e come derivato dal fatto che non ha mai fatto nessuna crociata. Si è usata l’espressione Prodigioso Spaghetto Volante, che noi hastalapastafariani non amiamo particolarmente e che reputiamo sia solo il frutto di un imbarazzante traduzione editoriale, ma credo che sia il meno. In conclusione di tutto, mi è anche venuta voglia di visitare tale rifugio dove lavora il nostro fratello pastafariano, ma dopo una breve indagine virtuale sembra che nella zona di Erto ci sia più di un rifugio, e non vorrei trovarmi a vagare per giorni a casaccio per le dolomiti friulane, notoriamente molto piovose. Anche se si sa che l’altitudine, lo sfrozo fisico e l’isolamento facilita sempre il contatto col Divino, ed ogni esperienza montana rafforza le proprie convinzioni religiose.

 

Per chi si fosse perso la trasmissione, c’è sempre il podcast. Per quelli che sono in ritardo e non lo trovano più, l’ho scaricato io per loro. Eccolo qui. PEr chi è poi così pigro che non vuole sentirsi una serie di chiacchiere facete su altri argomenti meno interessanti, sappia che l’argomento Pastafarianesimo inizia a 15 e 42 dall’inizio.

Sull’idea che un prete tocchi mio figlio

Nonostante tutto quello che si sente in giro, a quanto pare l’idea che un prete cattolico metta le mani sul proprio figlio minorenne riscontra ancora un discreto successo nei genitori italiani. Mi sto riferendo ovviamente all’antico rito religioso del pedobattesimo, a cui il nostro popolo è abituato ormai da un paio di millenni a questa parte, come a tutta una serie di cerimoniali della chiesa cattolica, al punto da considerarli cosa normale se non addirittura necessaria.  Flying Spaghetti Monster Icon by TestingPointDesign Nel mio caso però non ho avuto dubbi riguardo al pensiero se fosse giusto o meno far battezzare mio figlio. Considerando che io il battesimo l’ho subito quando ero lontano dalla possibilità di oppormi (da che mi dicono i presenti al rito ho addirittura dormito per tutta la cerimonia) e che l’ho dovuto annullare in seguito. Un po’ di tempo fa ho iniziato a parlare di cosa ha portato a decidere di sbattezzarmi, per poi parlare dell’inizio delle pratiche burocratiche. Quindi ho parlato dello stato temporaneo di attesa interreligiosa per poi finalmente potermi ritenere sbattezzato, quindi apostata e scomunicato con la ricezione della comunicazione di sbattezzo da parte della curia di Brescia.   Trattandosi di un figlio, per decidere se il pupo fosse o meno da battezzare si è trattato solamente di parlarne con la mia amata, madre del bambino, e ci siamo chiariti abbastanza bene. Alla fine se il battesimo ci sarà, sarà solo se lo vorrà il piccolo, e quando avrà l’età che lo stato giudica adatta per guidare un’automobile. Questa decisione condivisa è stata ben accettata da alcuni parenti e meno da altri, ma di questo punto parlerò più avanti.   Al momento il problema grosso della nostra associazione pastafariana è che non disponiamo di potenti strumenti di raccolta di dati statistici. E mi piacerebbe sapere quali sono le reali percentuali di genitori che iniziano a credere che far spruzzare dell’acqua da un prete sul proprio figlio neonato sia una cosa inutile se non addirittura dannosa e pericolosa (vedi cosa è successo allo stesso Dante Alighieri). Ma come sempre quando si parla di dati raccolti e pubblicati dalla chiesa cattolica c’è molta ambiguità e confusione. Suggerisco a questo punto due pagine di quei miscredenti dell’UAAR che commentano i numeri pubblicati come ufficiali dalla chiesa cattolica di battesimi, sbattezzi e decessi in Italia e nel mondo. Se dal titolo possono sembrare letture serie e noiose, in realtà finiscono spesso nell’esilarante: questa qui ed il suo aggiornamento di qualche anno dopo.   A quanto pare quindi l’unica autorità in grado di dare dati ufficiali sul numero di battesimi rilascia delle statistiche a dir poco fantasione e allegre, forse a causa della tradizione di eccedere col vin santo durante le varie cerimonie. Per basarmi su dati certi cercherò quindi di lavorare su dati di prima mano di cui sono assolutamente sicuro. Ho quindi raccolto i dati dai bambini nati negli ultimi nella nostra famiglia:


 

  • Numero di bambini nati: 4
  • Numero di bambini battezzati: 2
  • Numero di bambini non battezzati: 2

Qui di seguito il grafico a torta risultante:   Grafico dei bambini battezzati in provincia di Brescia    Mi assumo io stesso la responsabilità dei dati pubblicati e della correttezza delle statistiche derivate. In mancanza di dati ufficiali nazionali più attentibili, per me fanno quindi fede questi: il 50% dei bambini nati negli ultimi anni in provincia di Brescia non verrà pedobattezzato. Mancando altri dati certificati o perlomeno verosimili la statistica è da considerarsi buona per tutto il territorio nazionale.   Lasciamo ora queste complicate formule matematiche per passare all’opinione pubblica, anche queste raccolta da esperienza diretta.   Alcuni amici e parenti approvano l’idea di non battezzare il neonato. In particolare quelli che si professano atei, agnostici, pastafariani o perlomeno non cattolici, o quelli di cui ignoro il credo religioso, ma che pure a loro volta non hanno battezzato la prole.   Altri amici e parenti forse non approvano in pieno l’idea di non battezzare un neonato. Ma perlomeno la rispettano, esattamente come io rispetto quelli che insistono a far battezzare i propri figli. Credo che dietro al rispetto delle scelte dei neogenitori ci sia anche il pensiero di fondo che concetti come limbo, inferno, purgatorio e paradiso non siano più così temuti e considerati come un tempo, e che quindi una scelta come la nostra non vada a condannare un pargolo a situazioni dantesche come fiamme eterne o diavoli col forcone.

Limbo pirataBimbi in coda per entrare nel limbo dei giovani pirati

Ormai il limbo stesso non è più il luogo dell’eternità destinato ai bambini innocenti morti senza battesimo, quanto la giocosa e popolare competizione caraibica dell’asticella.

  La categoria più affascinante quando si parla di bambini non battezzati è ovviamente la peggiore, ovvero quella degli amici e dei parenti che sono seriamente preoccupati di questa scelta, che a loro dire è palesemente insana e viziosa. Alcuni portano considerazioni di circostanza, come il fatto che non battezzare un bambino lo porti ad essere escluso da una serie di attività sociali gioiose ed affascinanti. Altri invece hanno un atteggiamento ancora più drammatico a sottolineare la nostra pericolosa o capricciosa sconsideratezza, e pronunciano frasi come Te lo battezzo io di nascosto.   Ai primi, che portano avanti la questione con argomenti razionali, si ribatte ovviamente razionalmente, dicendo ad esempio che:

  1. qualcuno deve pur iniziare a smetterla con questo rito bizzarro e discutibile
  2. forse è vero che il bambino si perderà dei momenti sociali importanti, ma non ricordo di essermi mai divertito molto alle cerimonie come battesimi, cresime e comunioni. Da che mi ricordo gli unici a divertirsi veramente erano i parenti durante i pranzi che seguivano i vari sacramenti, in cui si coglieva la scusa e l’occasione per riempirsi lo stomaco al ristorante. E allo stesso modo se mai in alcuni brevi momenti della mia vita può essere piacevole stare a messa o al catechismo, non era certo per l’elevata ispirazione che traevo dalla fruizione del divino verbo cattolico, quanto perché per ingannare il tempo dei tre quarti d’ora settimanali più lunghi della mia infanzia, mi adoperavo come ogni bambino sano e normale di questo mondo in una serie di cose proibite e tendenzialmente sconsigliate, immorali o blasfeme, come:
    • bisbigliare a bassa voce, parlare, urlare o picchiarsi col vicino di banco
    • dare pizzicotti a quelli del banco davanti
    • contorcersi per evitare di ricevere pizzicotti da quelli del banco di dietro
    • fare la gara a chi ride per ultimo guardandosi negli occhi col vicino
    • fare barba, baffi, occhiali, sigarette e cicatrici a Gesù e a tutto il suo seguito di profeti ed apostoli nel libro delle preghiere. Magari aggiungendo alla scena anche alcuni gustosi fumetti e didascalie, per far esprimere ai protagonisti alcuni concetti inaspettati ma che ben si adattassero al contesto dell’immagine. L’interpretazione artistica più riuscita veniva spesso approvata dai compagni facendo girare il libro tra i vari banchi, fino a giungere alla catechista che ricompensava l’autore con una salva di vigorosi scapellotti
    • cercare di catturare mosche e affini
    • liberare silenziosamente delle scorregge clamorose e pestilenziali, cercando subito con tecniche raffinate di comunicazione facciale e corporale di far cadere la colpa sul più stupido o sul meno simpatico della classe
    • incidere nel banco con un coltellino o un altro mezzo di fortuna alcuni capolavori ermetici di letteratura destinati all’immortalità, come Piero scemo, Viva Inter o Paolo ama Francesca

In effetti, pensandoci bene è meglio non privare il pargolo di questi importanti momenti di crescita sociale. Ma ciò non significa che intendo battzzarlo. Dico solo che se le autorità cattoliche me lo permetteranno lo manderò a messa, a catechismo e all’ora di religione a scuola esattamente come gli altri bambini della sua età, ed esattamente come è successo a me alcuni decenni fa. Ma il vero motivo non è quello che voglio che si lanci in tutte le imprese sopra citate, quanto che ho dannatamente paura che se gli nego chiesa e catechismo, appena compie diciotto anni in un accesso di follia adolescenziale confonde l’effetto di una canna con una esperienza mistica e mi parte monaco o vescovo.   Come ultima obiezione a chi mi dice che un bambino senza battesimo sarà un paria sociale, dico che già adesso i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi anche in Italia, e non passerà molto tempo che accadrà lo stesso con i battesimi. Arriveremo ad un punto in cui battezzare un bambino in chiesa susciterà lo stesso stupore di chi al giorno d’oggi fa cose strane e malviste come pregare a tavola prima di mangiare o chiamare il prete per benedire l’automobile nuova. C’è chi fa ancora la prima cosa? Tra i miei conoscenti che io sappia no, nemmeno tra i supercredenti frequentanti. C’è chi fa la seconda? Certo che c’è. E i preti si prestano? Come no: basta pagarli e troveranno il tempo pure per benedire un cambio gomme.   A chi invece intende battezzare mio figlio di nascosto senza né l’approvazione né mia o della madre né del piccolo non si può ovviamente ribattere razionalmente. In questi casi a minaccia si risponde con minaccia. Trattandosi nel mio caso della zia devota è anche abbastanza semplice: basta dire che anche solo se prova a fare una cosa del genere al bambino, non lo vedrà più fino a che non compie diciotto anni. E se poi sarò stato un buon padre pastafariano mi aspetto che la volontà di mio figlio maggiorenne lo porti a proseguire nei miei propositi rancorosi nei confronti della zelante zia negandosi a suo piacere ancora per un po’ di anni. Della serie che mio figlio lo vedrai solo in foto.   Ma non sempre è così facile prevenire tutte queste perniciose e pie manifestazioni da parte di chi ci circonda. Viviamo ancora nostro malgrado in una società pesantemente cattolicizzata, e tutta una serie di cose che io reputo assurde e fuori dal tempo vengono date ancora per normali dalla maggior parte delle persone. Il pericolo è letteralmente dietro l’angolo, come testimonia quello che è successo pochi giorni fa. La mia amata stava passeggiando per le vie del paese con il nostro pargolo, facendo le classiche commissioni mattutine e godendosi una piacevole giornata di fine estate. Spunta da dietro l’angolo l’ennesimo volto noto del paese che vede la carrozzina e coglie l’occasione per fare due chiacchiere su quanto sia bello e sano il suo occupante, a chi assomigli e via dicendo. Assolutamente niente di male, se non fosse che la persona altri non è che un pericoloso esemplare di vecchia catechista bigotta, di quelle sempre sorridenti ed indaffarate che conoscono tutto e tutti, e che hanno quell’aria che meno male che ci sono loro che mandano avanti la casa del signore, sennò chissà cosa succederebbe. Dalle chiacchiere di rito un estraneo potrebbe scambiarla per una normalissima ed amorevole signora, forse solo un po’ più stucchevole della media nei commenti. Ma all’improvviso parte il gesto insano: di sua iniziativa la megera (sarei più portato ad usare un termine più scurrile, e se mi trattengo è nel rispetto del lettore, non certo della sciagurata) decide che il momento è propizio per benedire il neonato. La catechista alza la mano destra ed impone con il pollice sulla fronte di mio figlio un simbolo abituale nella sua religione, ovvero quello di un antico strumento di tortura e di morte in uso duemila anni fa nell’impero romano. Ovviamente senza chiedere niente a nessuno come fosse un atto dovuto, e quindi mantenendo lo stesso atteggiamento poco costruttivo che ha mia zia nel voler battezzare il piccolo di nascosto.   Vengono da sé un paio di domande:   Lo sa lei che questo bambino è figlio di due persone che anche se in un remoto passato hanno passato del tempo in oratorio essenzialmente per ragioni di età, al momento non frequentano né chiese né alcun luogo di aggregazione riconducibile all’autorità cattolica di cui lei si fa ministra del culto? Per abitudine sono portato a considerare gli ambienti dove bazzicano queste persone abbastanza efficaci nel far circolare ogni genere di notizie, in special modo quelle di poco conto o che riguardano la sfera privata di altre persone. Quindi, oltre a sapere benissimo che nessuno di noi due da tempo non frequenta più la sua parrocchia, è possibile che la donna abbia anche appreso del mio sbattezzo ancora prima di mia madre. Il gesto della pia donna forse potrebbe essere stato dettato dall’abitudine di una consumata catechista in buonafede con si attribuisce capacità divine o taumaturgiche. Ma se avesse saputo del mio sbattezzo, il gesto potrebbe essere tranquillamente un disperato tentativo di un pia donna di salvare l’anima di un piccolo angelo dalla terribile condanna ad una qualche dannazione eterna per colpa di alcune sciagurate scelte di coppia. Entrambe le possibilità mi spaventano, ma d’altra parte siamo qui perché queste cose non accadano più.

  1. Lo sa la donna che non c’è al mondo solo la sua religione? Ha mai pensato che la gente del suo paese non si divide solemente tra cattolici praticanti, cattolici non praticanti ed immigrati di colore da guardare un po’ male perché portano i figli alla moschea il venerdì invece che in chiesa la domenica? DiavolaccioNe avrebbe forse a male lei se per esempio io mi dessi al satanismo, e decidessi di omaggiare la sua progenie irrorando i suoi nipotini ed i suoi animali domestici con del sangue di caprone? Sicuramente lo farei in buona fede, mica certo per cattiveria. E allora anche lei dovrebbe astenersi dall’imporre la sua religione a chicchessia, e soprattutto a chi non è in grado di difendersi come un bambino di pochi mesi. E che se fa questo è solamente perché i numeri stanno dalla sua parte, e tuttora è altamente probabile che ogni bambino che passa dalle sue grinfie finisca nel giro di pochi anni, suo malgrado, per essere battezzato, comunicato e cresimato, e che troverà la forza di ribellarsi solo col matrimonio. Provi a benedire me la prossima volta se ha il coraggio, e vediamo come va a finire.

Forse non dovrei arrabbiarmi tanto. Ovvero: se non credo nel dio cattolico, non credo nemmeno in tutto ciò che ne deriva, e quindi chissenefrega della catechista bigotta. Ma non è solo questo. Se per esempio io sono stato battezzato, non basta la raccomandata dello sbattezzo a cancellare un fatto accaduto nel passato, quello per cui un po’ di anni fa un prete mi ha fatto un segno della croce sulla fronte secondo un rito di una religione che non riconosco. Un documento si può annullare, ma il passato non si può cancellare. Nella mia grande ignoranza riguardo alla cultura dell’estremo oriente l’unica cosa che so è che è molto più antica e per molti aspetti anche molto più saggia, rispettosa ed equilibrata della nostra. E alcuni di quei popoli considerano la fronte come luogo del terzo occhio, quello che non funziona con le cose terrene ma che serve a cogliere il divino o il trascendentale. Terzo occhio Il fatto che io non creda minimamente in queste cose non significa che io debba trascurarle a priori, dato che la mia opinione a riguardo è dettata non dalla conoscenza ma dall’ignoranza. L’unica cosa che so per certo è che un rito come quello in uso nella chiesa cattolica di tracciare una crocetta proprio dove secondo le filosofie orientali si trova il terzo occhio sembra più che altro un rozzo tentativo di atrofizzare una abilità non approvata. Come a bloccare qualsiasi capacità di riconoscere da sé il trascendentale se non dietro la guida forzata di preti ed intercessori vari. Di questo me ne parlava giusto pochi mesi fa una persona conosciuta ad una festa vegana nel mio paese, quando ancora il piccolo era nella pancia della mamma. Allora mi ha fatto piacere sapere qualcosa in più sulle possibili potenzialità di una persona vergine da battesimo. Ora invece dopo quello che è successo mi fa solo arrabbiare di più.   Vorrà dire che a tempo debito farà seguito un battesimo purificatore pastafariano per immersione in birra ceca. Ho letto da qualche parte che funziona molto bene.

Pesce Pirata Magnetico gratis!

Oggi, complice il magico momento che solo un sabato mattina particolarmente ispirato da Sua Sugosità sa dare, ho realizzato il mio primo attacco d’arte pastafariano. Si tratta dell’oggetto esclusivo e piratesco di squisita fattura noto come Pesce Pirata Magnetico. La realizzazione è semplicissima ed impiega solamente dalle tre alle cinque settimane.

 

E se poi vi dicessi che la realizzazione è ad un costo fortemente vicino allo zero? Impossibile? Eh no! Ecco la prova:

 

Pesce Pirata Magnetico

 

Qui da più lontano, per apprezzare una visione di insieme:


 

Pesce Pirata Magnetico da lontano

 

Fare il Pesce Pirata Magnetico è talmente facile che non sto nemmeno a fare la lista degli ingredienti. Facciamo direttamente le fasi.

 

  1. Procurarsi l’etichetta magnetica
  2. Incollarci sopra il Pesce Pirata Adattato
  3. Ritagliare il Pesce Pirata Adattato
  4. Attaccarlo al forno, al frigorifero o al robot domestico per gustarne l’effetto
  5. Staccarlo da dove lo avete attaccato per rifinirlo meglio
  6. Riattaccarlo dove era stato attaccato prima per gustarne meglio ancora l’effetto

1. Procurarsi l’etichetta magnetica

Per procurarsi l’etichette calamitata senza spendere niente occorre andare qui

http://flostream-server.com/tripadvisor/Mag_IT.php

quindi aspettare dalle tre alle cinque settimane che magnetica vena consegnata a casa. Funziona, ho provato. Vi arriverà una cosa fatta circa così:

 

 

Purtroppo non ho la foro dell’originale, perché la realizzazione del mio Pesce Pirata Magnetico ne ha causato la distruzione, ma non è molto significativa.

 

2. Incollarci sopra il Pesce Pirata Adattato

Potete usare il mio Pesce Pirata Adattato, sapientemente adattato alle bisogna:

 

Pesce Pirata da ritagliare

 

È ottimizzato per stare sull’etichetta di Tripadvisor che vi è arrivata per posta, quindi potete stamparlo liberamente su un foglio A4.

 

Dopo averlo stampato, dovete incollarlo sull’etichetta di Tripadvisor, stando ben attenti a stare nei bordi. Io ho usato della colla vinilica, per stare in tema con l’attacco d’arte.

 

3. Ritagliare il Pesce Pirata Adattato

A questo punto potete ritagliare il pesce pirata con il vostro coltello da saccheggio, stando ben attenti a stare nei bordi.

 

 

L’emozione di disporre una ad una delle varie ossa della Sacra Reliquia sarà sicuramente forte, ma dovete cercare di non tradirvi dalla foga per evitare tagli blasfemi al pesce stesso o gloriose amputazioni ai vostri arti.

 

4. Attaccarlo al forno, al frigorifero o al robot domestico per gustarne l’effetto

Una volta finita la meticolosa parte del ritagliamento, potete finalmente decorare un vostro oggetto metallico con la Sacra Lisca del Pesce Pirata Magnetico. Io, essendo il mio frigorifero ricoperto di legno, mi sono visto costretto ad attaccarlo al forno. Ma la scelta è in ogni caso azzeccata, perché da dove è adesso la Santa Reliquia benedirà ogni pietanza si trovi a passare dal forno prima che dalla bocca dei miei commensali.

 

5. Staccarlo da dove lo avete attaccato per rifinirlo meglio

Ebbene sì: come avrete sicuramente notato dalla fotografia, il mio attacco d’arte è ancora in divenire. Il foglio di carta incollato sopra copre a malapena le sottostanti scritte giocose di Tripadvisor. Credo sia il primo caso di documentazione di un procedimento ad opera non conclusa.

 

Per rifinire l’opera, credo che la cosa migliore sia di pitturarlo con una vernicetta bianca, dopo aver rimosso lo strato di carta incollaticcio. I pirati più arditi sapranno cosa fare senza che glielo dica io. Per gli altri è meglio che chiedano al negoziante di fiducia, dopo averlo minacciato a dovere con le più classiche imprecazioni da filibusta.

 

6. Riattaccarlo dove era stato attaccato prima per gustarne meglio ancora l’effetto

A questo punto la bellezza del Pesce Pirata Magnetico sarà totale, e farà l’invidia di tutti i vostri pirateschi ospiti.

 

RAmen dal sempre vostro Devoto Alberto

 

Considerazioni sul posto dell’autobus riservato a donne incinte, anziani ed invalidi

Ogni volta che prendo l’autobus, rimango affascinato dalle targhette come questa:

 

posto sull'autobus riservato ai disabili

 

La loro presenza mi scatena sempre grandi riflessioni filosofiche e sociali. Nella loro estrema semplicità, il loro significato non potrebbe essere più chiaro:

 

Questo posto è riservato alle persone che hanno difficoltà a stare in piedi in un autobus in movimento

Quindi se dovessi trovare libero questo posto potrei anche forse sedermi, ma nel momento in cui dovesse salire una persona con ridotta capacità motoria, sarei tenuto ad alzarmi subito e cedere il posto. Non fosse anche per motivi egoistici: nel traffico metropolitano il moto dell’autobus tra curve e frenate ha molto in comune con le più moderne attrazioni di un parco di divertimenti: se dovessi costringere un vecchio pirata con una gamba sola ed un uncino al posto della mano a stare in piedi accanto a me, facilmente perderei l’uso di un occhio alla prima curva un po’ stretta. E questo ancora non mi darebbe diritto al posto riservato.

 


 

il Vecchio Pew

Quella che mi sorprende ogni volta è l’idea di rispetto sociale che ci arriva da questo cartello. Ovvero: se un posto è riservato ai meno abili, significa che su tutti gli altri vige la regola assoluta del primo che Long John Silverarriva. Quindi se un giorno il vecchio Pew, non vedente, sale sull’autobus, ma trova il posto riservato ai disabili già occupato da Long John Silver, mancante di una gamba, tutte le altre persone sedute possono anche strafregarsene del fatto che il vecchio Pew è cieco, e che quindi potrebbe aver bisogno di stare seduto più di loro. Perché il loro posto non reca nessuna targhetta, e quindi non è riservato a nessuno. E lo stesso discorso se salgono altri tipi di persone, come una donna incinta o con un bimbo in braccio, il nostro anziano presidente della repubblica con sua moglie, o anche il non più giovane capo di una chiesa alternativa alla nostra residente dalle parti di Roma. Ho sentito tralaltro che proprio quest’ultimo prende l’autobus più spesso di qualsiasi suo predecessore. Nel senso che l’ha preso una volta. E anche in quel caso non era riservato un posto, ma tutto l’autobus. Sicuramente un buon esempio, visto che gli occupanti erano tutti molto anziani.

 

Mi viene da pensare che se l’intenzione di chi ha creato questa targhetta sia di riservare un posto sull’autobus ai bisognosi, l’effetto collaterale è quello di riservare tutti gli altri posti alla maleducazione e alla comune cafoneria da autobus. Forse questo cartellino è una derivazione dei famigerati parcheggi riservati che compaiono uin po’ ovunque nelle nostre città. In quel caso c’è un senso: il parcheggio riservato è più largo perché chi lo usa deve avere maggiore spazio per scendere e salire dalla macchina, ed è più vicino perché chi lo usa in genere fa fatica a macinare chilometri. Non lo si può mai occupare se disabili non lo si è, perché se poi arriva il disabile non sempre siamo in vista della nostra vettura per spostarla rapidamente.

 

Gli esempi migliori però li diamo quando siamo sicuri che non prenderemo nessuna multa, per esempio nei parcheggi privati come quello dell’Ikea. Qui non ci sono in gioco disabilità, ma grossi pacchi da caricare in macchina. Quindi i posti vicino all’ingresso sono liberi e senza linee, ed un cartello spiega come questo spazio serva solo a caricare gli acquisti ingombranti, e che quindi ci si può sostare al massimo 15 minuti.

bendiera SveziaIl ragionamento svedese è semplice: tutti, nel rispetto della collettività, parcheggiano nei posti normali un po’ più lontano, e solo quando escono lasciano moglie/concubina/amante/pulzella/cane/pappagallo a guardia dei pacchi mentre si recupera la macchina. Quindi la si sposta nei posti riservati al carico della merce, si riempie rapidamente la macchina senza rischiare di dare sportellate alle automobili vicine. Quindi si ripone il carrello e si va a casa a montare il salmone affumicato e gli altri pezzi di mobilio. Questo in Svezia.

 

bandiera ItaliaIn Italia noi siamo più furbi: passiamo vicino al parcheggio dei 15 minuti. Se è pieno, imprechiamo e gesticoliamo contro l’inciviltà dei proprietari delle auto presenti, che non essendo a loro volta presenti insieme ai loro veicoli ci fa pensare che non stiano facendo il carico degli prodotti, come indicato dal ben visibile cartello. Facciamo anche qualche garbata congettura sulle grosse cilindrate dei loro veicoli perché maggiori di quella del nostro, e che se hanno parcheggiato lì è perché useranno il loro grosso veicolo anche per andare al gabinetto, e che questa pratica avrà fatto lievitare le dimensioni delle loro natiche al punto da rendere il veicolo indispensabile anche per il minimo spostamento. Terminata l’invettiva ci sentiamo migliori di questi incivili, e andiamo a cercare il parcheggio più vicino con la coscienza a posto. Se invece troviamo un posto libero tra quelli dei 15 minuti, ci parcheggiamo subito, perché tanto sarebbe arrivato subito dopo di noi uno degli incivili di cui sopra, e quindi piuttosto che lasciarlo a loro lo prendiamo noi, perché a noi servirà davvero all’uscita e se non facciamo così poi lo troviamo occupato, e che anche gli altri imparino a fare un po’ di strada, poffarbacco.

 

Allo stesso modo in cui ci lamentiamo dei parcheggi Ikea pieni, ci indignamo quando sentiamo dei numerosi e mirabili esempi di civiltà forniti dai nostri illuminati rappresentanti politici, su tutti quello del Gran Maestro Antonio Piazza. Forse si capisce perché in Italia ci sia bisogno di un cartellino per riservare un posto in autobus a chi ne ha più bisogno.

 

In un paese civile credo che esattamente come non occorre una guardia armata per invogliare i cittadini a non usare i parcheggi in modo improprio, così allo stesso modo ogni posto dell’autobus deve essere naturalmente riservato a disabili, donne incinte o con bambini molto piccoli, anziani, pirati con gambe di legno o ciechi o anche a persone molto stanche. Se dovesse salire sull’autobus un keniano che ha appena vinto la maratona di Brescia e sta facendo i quarantadue chilometri del ritorno in autobus, non vedo perché negargli il posto a sedere, nonostante sia un filo più atletico di me. Perché una persona civile si alza sempre per fare posto a chi ne ha più bisogno, anche senza che ci sia la targhettina vicina che la costringe a comportarsi così. E se da noi ci si aspetta questo comportamento solo in presenza del cartellino, forse non siamo quella società nobile e civile che ci vantiamo di essere, ma solamente un paese di ciechi egoisti. E questo tipo di disabilità sicuramente non ci dà diritto a sederci in nessun posto riservato.