Conversazione tra gente per bene

L’altro giorno ho partecipato ad una discussione interessante con alcuni miei conoscenti. Tutto è iniziato parlando di un amico comune che ha preso casa e la sta sistemando. Mi raccontano che mentre era intento nelle opere di restauro, nel parchetto vicino alcuni ragazzi pakistani stavano giocando a cricket, loro sport tradizionalecricketstan-1, ed un loro tiro particolarmente sfortunato (o fortunato? Non sono pratico delle regole, magari è un fuoricampo come nel baseball) ha fatto finire la palla nella proprietà del nostro amico. Uno dei ragazzi viene incaricato del recupero. Immagino abbia suonato il campanello. L’amico provvede prontamente alla restituzione, sbuffando bonariamente un “cominciamo bene…”.

 

Fin qui un racconto carino: alcuni ragazzi giocano al loro complicatissimo sport nazionale in un parchetto pubblico, e neanche a dirlo ne esce un involontario messaggio di benvenuto per un nuovo arrivato. Dimostro apprezzamento per la storiella, sottolineando in particolare come mi faccia piacere che dei ragazzi stranieri riescano a trovarsi per giocare a qualcosa di originario del loro paese. Il mio commento per cade nel vuoto, perché la stessa immagine provoca nei miei conoscenti un certo risentimento. Cricket wicket keeperPotrei descrivere questo risentimento come quello che proverei io se questo gruppo di ragazzi giocasse a questo sport nel salotto di casa mia, usando al posto del tradizionale wicket in legno tre pile di piatti presi dal mio servizi buono. Capisco che c’è rancore perché lo manifestano con borbottii sommessi, scuotimenti di testa e occhiate al soffitto, come a dire che certe cose purtroppo sono legali e vanno sopportate, e siamo tenuti a comportarci da gente civile anche di fronte a questi oltraggi al buongusto. Trovo questo un po’ eccessivo, quindi gliene chiedo il motivo. La risposta ha pronta una ragione generica: se vogliono giocare al loro gioco devono stare attenti a non fare danni. Si sa, potrebbero rompere un vetro, o colpire qualcuno. La palla nella proprietà del conoscente ne è la prova inconfutabile.

 

Quindi, ci sono dei ragazzi che giocano in un parco pubblico, e ci sono altre persone un po’ rancorose, a cui questa cosa non va molto giù. Forse preferirebbero, come direbbe Giorgio Gaber, che tale parco fosse destinato ad un uso più classico, tipo “cani e drogati”. cane-drogatoMa anche i cani ed i drogati fanno i loro danni. I primi a volte morsicano le persone, più spesso abbaiano rumorosamente perché sono felici, tristi o semplicemente perché si divertono a sentirsi mentre abbaiano, e sempre decidono di accampare diritti sul territorio comune lasciando spiacevoli testimonianze maleodoranti che non sempre vengono poi raccolte dai loro distratti padroni. I drogati in genere sanno anche essere discreti: non mordono, non abbaiano e tendono a non operare se c’è in ballo la finale di cricket del quartiere. Non so se anche loro facciano la cacca in giro per il parco, ma a volte lasciano delle testimonianze che anche se non puzzano sono molto più fastidiose di quelle dei cani. Ogni visitatore di parchetti pubblici avrà modo di preferire una di queste tre categorie rispetto all’altra. A me personalmente non piacciono i drogati, ma amo i cani, a condizione che non siano dei grossi cani dall’aspetto minaccioso accompagnati da persone pure minacciose e rasate. Non mi piacciono i padroni dei cani quando non si portano via il prodotto interno lordo dei loro cani, e mi piacciono ancora di meno i padroni dei cani quando i loro cani depositano il loro PIL proprio dove di lì a poco io andrò a posare uno dei miei piedi. E ho già detto che amo i ragazzi che si ritrovano a giocare in un parco, anche se non capisco le regole del loro gioco. E’ anche una buona occasione per imparare qualcosa.

 

Mi chiedo quindi per quale motivo conosco delle persone che invece non amano questa categoria, preferendo le altre due. Vorrei tanto chiederlo, perché non credo che il vero motivo siano i “danni”. Mentre penso a come formulare la domanda, la risposta arriva da sé. A quanto pare il sentimento negativo che suscitano questi ragazzi deve essere abbastanza forte, e sentono il bisogno di riportare un esempio ancora più forte: “se vai all’oratorio, li vedi giocare anche lì, ma sempre tra di loro, e non gli dà fastidio che ci sia un crocifisso”. Già: pare che all’oratorio di queste persone che conosco ci sia un campo ed un crocifisso, simbolo della religione a cui l’oratorio fa capo. Di certo poi ci saranno alcuni ragazzi della religione giusta che giocano ad uno sport giusto, facilmente calcio o pallacanestro, e fin qui va tutto bene. Quello che non va bene è che ci siano altri ragazzi che come prima cosa lasciano intendere di essere della religione sbagliata, a giudicare dal colore della loro pelle, dal loro aspetto fisico o dal vestiario. E come seconda cosa che questi ragazzi di religione sbagliata decidano di giocare ad un gioco non canonico e dalle regole incomprensibili in questo luogo dedicato ad un dio diverso dal loro, il tutto con il chiaro intento provocatorio di isolarsi dagli altri ragazzi. Se prima i ragazzi che giocavano al parco pubblico erano fonte di un sommesso rancore, in questo caso siamo alla provocazione deliberata, e la frase ad effetto viene da sé: “ah, non gli dà fastidio la croce, in questo caso, eh?”. La frase è pronunciata in modo enfatico, con la consapevolezza che avrebbe suscitato approvazione ed interesse, ma io non ne colgo il senso e rimango perplesso: non capisco bene in che modo un monumento macabro possa dare fastidio a dei giocatori di cricket. Per la mia esperienza giovanile di oratori, questi altari religiosi non occupano mai la superficie dei campi da gioco, ma al massimo vengono posti ai loro bordi per non ostacolare la corsa dei giocatori o la traiettoria della palla. Questo non solo per i giocatori di cricket, ma di qualsiasi sport di squadra. wicketLa forma stessa del monumento difficilmente verrà confusa con il wicket, che è formato da tre aste verticali uguali e parallele, mentre il crocefisso ha solamente due braccia verticali di diversa lunghezza poste una sopra l’altra. Capisco quindi che il riferimento al fastidio fosse più per motivi religiosi che per il gioco.wicket-di-recupero Qualcosa che potrebbe suonare così: “se sei mussulmano, la stessa coerenza che ti spinge a evitare per esempio la carne di maiale ti deve impedire di giocare serenamente in un luogo consacrato ad un dio diverso dal tuo, e se così non è allora sei un ipocrita”.

 

A me un po’ scoccia dover prendere le difese di persone religiose. Ma trovo comunque ridicolo che un ragazzino debba avere dei problemi a giocare in un posto in cui semplicemente c’è il simbolo di un’altra religione. Forse il mio conoscente che ha pronunciato questa frase non si rende conto, ma viviamo in un ambiente in cui questi strumenti di tortura in miniatura compaiono davvero un po’ ovunque, anche in posti in cui centrano molto poco in quanto teoricamente laici. Mi danno fastidio, come lo daranno a questi ragazzi, ma se davvero io e loro dovessimo evitare di frequentare tutti questi luoghi semplicemente perché impongono una religione diversa da quella pastafariana o mussulmana, allora avremmo dei problemi ad uscire di casa per fare cose elementari come:

  • entrare in gran parte delle aule delle scuole pubbliche
  • pagare un bollettino delle tasse in posta
  • chiedere un documento in minicipio
  • passare per gran parte delle vie e delle piazze, laddove sorge il monumento di ringraziamento ad un devoto prelato del passato che si è distinto a modo suo in base all’opinione dei suoi fedeli, o l’ennesima cappella alla madonna di turno che ha fatto la grazia guarendo una persona destinata comunque a morire di qualcos’altro più avanti
  • guidare nel traffico cercando di evitare le manovre imprevedibili della grande fascia di popolazione che invece che riporre la propria volontà a non fare incidenti in caratteristiche come abilità, prudenza e visibilità verso l’esterno, preferisce affidarsi a grossi cerotti del santo di Pietralcina incollati sul parabrezza o ad ondeggianti collane di sassolini appese allo specchietto retrovisore
  • ascoltare un qualsiasi radiogiornale nazionale, in cui le mirabolanti avventure del sommo pontefice in giro per il mondo vengono quotidianamente commentate da stimate squadre di esperti scelte per lo scopo tra i suoi sottoposti o tra i più ferventi sostenitori laici

Insomma, quando non si crede nella religione del paese e non si vive in un ambiente autosufficiente come Gardaland o Villa San Martino, allora è necessario uscire di casa abbastanza spesso, e quindi abituarsi alla presenza di questi simboli religiosi anche nei posti più strani e disparati.

 

Ma durante la mia conversazione con questa gente per bene non volevo parlare di questo, e la mia obiezione è stata un’altra: “credete che dei bambini cristiani avrebbero dei problemi a giocare a calcio nell’oratorio di una moschea?” Lo ammetto, la foga mi ha fatto pronunciare un’obiezione a dir poco surreale. Non so se le moschee hanno campi da calcio e non so se questi sono aperti al pubblico, pur senza andare a specificare se stiamo parlando di moschee sul territorio italiano o in paesi islamici. Nel caso locale andiamo davvero nel territorio dell’assurdo, visto il trattamento riservato agli edifici delle religioni non conformi al “paesaggio lombardo” dai nostri governanti della regione. Nel caso delle moschee nei paesi islamici, di sicuro il confronto esce impietoso, perché se da noi un prete che non sia proprio un completo pezzente non va a mandar via dal suo oratorio dei ragazzi mussulmani che giocano a qualcosa, in molti paesi islamici anche solo dare idea pubblicamente di non essere mussulmani è un’offesa meritevole di condanna a morte. All’origine della mia frase però c’era un concetto onesto: se in Italia ci fosse un campo da gioco aperto al pubblico ma facente parte del complesso di una moschea e nei dintorni, incredibile ma vero, non ci fosse un equivalente cristiano o aconfessionale, allora i ragazzi cristiani giocherebbero in quel campo senza farsi troppi problemi, e probabilmente anche ad uno sport non benedetto dal profeta Maometto. Questo era il mio pensiero: ai ragazzi interessa giocare con i loro amici allo sport che il gruppo preferisce. Quindi un gruppo di ragazzi italiani sarà portato a giocare a calcio o a pallacanestro, a seconda del pallone e del campo disponibile, mentre un gruppo di ragazzi pakistani invece avrà più facilmente con sé gli strumenti del loro sport nazionale, e quindi giocherà a tale sport. Se un giorno il caso volesse che il ragazzo pakistano proprietario della palla o del wicket fosse assente per malattia, ma in oratorio venisse trovato un pallone da basket o da calcio dimenticato, allora i suoi amici troverebbero la migliore delle occasioni per sperimentare un nuovo gioco. Non credo che rinuncerebbero alla partita. Al contrario, se dei ragazzi italiani disponessero solo di una palla da cricket e di un wicket, so per certo che si metterebbero a prendere a calci la prima dopo aver cercato di costruire un paio di porte con il secondo.

 

Ma ormai l’attenzione della nostra bella discussione si era spostata su più elevati concetti, primo fra tutti il fatto che questi profittatori usavano in modo improprio le risorse cristiane del luogo, ed in secondo luogo che lo facessero escludendo i ragazzi nati nei dintorni da più generazioni di loro e credenti nel dio del luogo. Non conosco questo oratorio. Sicuramente non c’è un campo da cricket. Ma non so se il gioco del cricket viene praticato sul campo da calcio, rovinando quindi l’inizio di carriera agli aspiranti Andrea Pirlo degli anni a venire, o se invece si giocava in un semplice piazzale dell’oratorio. Di fondo c’è il memorabile concetto che loro da noi si prendono certe libertà come quelle qui descritte, quando noi da loro non potremmo nemmeno mettere il naso fuori di casa senza che un buon mussulmano non si senta autorizzato a guadagnarsi il paradiso semplicemente spargendo il nostro sangue. Questo discorso l’ho sentito mille volte, ma stavolta era impreziosito dai recenti riferimenti a come si comportano i mussulmani da noi quando non si limitano a sopportare i crocifissi negli oratori, ma decidono di pubblicizzare la loro religione trucidando gli autori e gli editori di vignette offensive alla loro religione. Ritenere questi ragazzi amanti del cricket dei fanatici religiosi mi sembra eccessivo, però mi sono detto d’accordo su una cosa: la religione porta a degli eccessi terrificanti. Ho aggiunto un concetto che credo sia di Oliviero Toscani, per il quale se al mondo non ci fosse nessuna religione, non dovremmo difenderci da solenni imbecilli pronti ad uccidere nel nome del dio di turno. E, più in piccolo, non dovremmo preoccuparci di conoscere la religione di un gruppo di ragazzi per sapere se sono ben accetti o no a giocare in un parco giochi. Ma quando il mio conoscente ha esposto il concetto della pericolosità del fanatismo dei mussulmani, non intendeva certo darmi lo slancio per demonizzare a tradimento tutte le religioni. In realtà l’intento era quello di sottolineare l’intolleranza religiosa di quella gente a cui noi buoni cristiani diamo ospitalità e permettiamo di giocare a cricket nei nostri luoghi pubblici. Ma ormai la mia provocazione aveva spostato l’argomento su un altro tema spinoso: criticare aspramente tutte le religioni in quanto tali, quando in realtà solo una di queste ha dentro di sé il folle germe della cattiveria. E’ stato un colpo basso, e ha costretto queste brave persone a ritrattare. E lo hanno fatto esattamente come il loro capo, il bianco vicario di dio in terra, che ha detto che chi uccide nel nome di dio non è un buon credente, sia esso musulmano, cristiano o ebreo, perché da nessuna parte sta scritto che bisogna fare così. E qui devo contraddire chi la pensa in questo modo, perché tutti i libri sacri a cui fanno capo queste religioni (corano e versioni varie della bibbia) sono pieni di racconti di stragi etniche e religiose e di stermini vari perpetuati nel nome benevolo del loro dio. Oltre a questi ci sono diversi inviti espliciti ad uccidere l’infedele che difficilmente possono essere giudicati “da interpretare metaforicamente”. Troppo comodo quindi dire che chi uccide in quel modo non è un buon credente o non lo è dl tutto, a prescindere del dio a cui si è appellato. Stando ai testi sacri, quelli sono proprio i fedeli migliori che credono senza mettere in discussione, e secondo la loro religione hanno tutto il diritto di avere le vergini che gli sono state promesse. Spero che non rimarranno troppo delusi quando al posto delle vergini si troveranno di fronte ad un vulcano di birra sgasata e caldina.

 

Come si è visto, l’argomento si attorciglia un po’ su se stesso. Si parte sempre dalla critica facile alla violenta religione mussulmana: è disorganizzata, senza un leader ufficiale riconosciuto e con molte correnti autonome al suo interno fortemente intente a mettersi in mostra nei modi più violenti ed eclatanti. Chiaramente queste cose non piacciono a nessuna persona normale che non sia mussulmana. Ma non credo piacciano tanto nemmeno a chi è mussulmano e viene quindi assimilato con queste persone, quando magari l’unica sua trasgressione è quella di giocare a cricket in un parco pubblico italiano. Con queste premesse, la gente cristiana per bene si sente autorizzata a giudicare la propria religione come migliore di quella mussulmana semplicemente perché nessun cristiano si comporta in questo modo in base ai principi della tolleranza (qualcuno a dire il vero c’è, solo che se ne parla poco da queste parti), e quindi viene da sé che si possono discriminare dei ragazzi pakistani perché giocano a cricket in un parchetto. Ma se parliamo proprio di questi mussulmani molto cattivi che hanno iniziato giocando negli oratori per poi votarsi al martirio con strage, allora la discriminazione diventa scomoda, perché vorrebbe dire ammettere che la religione può portare al fanatismo. E quindi non ci piace chiamare chi fa delle stragi con il nome di martiri religiosi come loro stessi amano definirsi. Meglio usare la parola terrorista, specificando chiaramente che una persona del genere è un deviato che non ha letto bene i passaggi chiave del suo libro sacro. Il buon papa cattolico fa anche di meglio, accusando queste persone di essere atei travestiti da credenti, perché secondo lui non esiste che tanto odio può trovare posto nella fede in un dio. E via tutti a seguire l’esempio del papa, a difendere la stessa religione imbarazzante che ci dà tanto fastidio nel nostro quartiere. Perché il martire è una figura scomoda di cui vergognarsi, anche quando inneggia al dio rivale. Già, perché come alla fine ho fatto notare ai miei conoscenti, le parole urlate in piazza dai due fanatici religiosi a Parigi erano “Allah Akbar”, che non vuole dire “dio non esiste”. I due signori hanno fatto molto di più per il loro dio della stragrande maggioranza dei credenti di tutto il mondo.

 

La nostra conversazione è finita qui. Svolgendosi ad una cena, l’argomento spinoso è stato interrotto da un’offerta di insalata pronunciata ad alta voce con ampia ostentazione di insalatiera. Credo che ognuno abbia mantenuto le sue idee, come sempre.

 

Quello però che chiedo a chi abbia letto queste mie parole è di non offendersi se sono stato un po’ eccessivo. La religione è vissuta in modo sereno e personale dalla stragrande maggioranza dei fedeli, ma io considero soprattutto la religione come fonte dei migliori pretesti per permettere a delle persone di fare cose sbagliate nell’onesta convinzione di comportarsi nel modo migliore. E non intendo solo i martiri di ogni religione, che rinunciano ad una vita normale perché altri li hanno convinti che facendo così ne avranno un’altra vita di gran lunga migliore. Intendo anche tutte quelle piccole cose senza troppo senso che troppo spesso le religioni ci convincono a fare, ma che non servono a migliorare noi o il pianeta. Anche il Pastafarianesimo è una religione, e se mai dovesse diventare qualcosa di troppo serio per qualche pirata invasato da qualche parte nel mondo, allora non esiterò un secondo ad abbandonarla, perché sarà evidente che anche noi Pastafariani abbiamo fatto gli stessi errori di tutti gli altri, e che è impossibile creare una religione senza che questa porti a pregiudizi, discriminazione e prevaricazione. Questo timore non è solo il mio, ma è stato manifestato dallo stesso profeta tra le FAQ di venganza.org :

 

Q: In 1000 years will FSM be a mainstream religion?


A: This is something I think about constantly and it keeps me up at night. I sometimes wonder what the Church of Scientology — or lets say the Mormon Church looked like 5 years after Joseph Smith transcribed the scriptures out of the hat with the seer stones. What worries me is that right now I can be pretty sure there aren’t a lot of dogmatic nutty FSM people around, but what about in 20 years? What about in 50 years? What about when someone figures out a way to make money out of this and turns it into some new age spiritual enlightenment thing. There are billions of Christians who are crazy serious about their religion who don’t necessarily believe the things in the Bible actually happened. So .. yes, I do worry where FSM will go. My hope is it continues to be a positive force in the world. We will need to keep an eye on it for sure.

Che tradotto per i non-anglofoni, suona più o meno così:

 

Domanda: Tra 1000 anni il Pastafarianesimo diventerà una delle principali religioni?


Risposta: Ci penso continuamente e questo mi tiene sveglio la notte. A volte mi metto a pensare a come appariva la chiesa di Scientology — o anche la chiesa dei Mormoni 5 anni dopo che Joseph Smith si era reinventato le scritture usando le sue pietre divinatorie. Quello che mi preoccupa è che anche se sono certo che ad oggi non ci sono molti svitati Pastafariani integralisti in giro per il mondo, cosa accadrà tra 20 anni? E tra 50? E cosa succederà quando qualcuno troverà un sistema per farci dei soldi e lo trasformerà in un qualcosa di spiritualità new age? Ci sono miliardi di Cristiani che sono pazzamente seri riguardo alla loro religione e che non credono alla lettera agli eventi descritti nella Bibbia. Quindi .. sì, mi preoccupo di dove il Pastafarianesimo andrà a finire. La mia speranza è che continui ad essere una forza positiva mondiale. Sicuramente dovremo starci molto attenti.

Perché ogni volta che si parla di fede e non di ragione, questa fede va riposta in qualcuno, e raramente questa è una scelta consapevole. Troppo spesso la religione arriva per imposizione dalla famiglia o dall’ambiente in cui cresciamo, in genere approfittando della nostra tenera età, qualche volta di periodi difficili della nostra vita in cui siamo particolarmente vulnerabili. Sono sempre e comunque fasi critiche in cui non siamo in grado di difenderci da soli, e in cui siamo costretti a fidarci di altri. Essere fedeli inconsapevoli di una religione significa essere gli strumenti efficaci della volontà di qualcun altro. E non sto parlando della volontà di dio, ma di quella di altri esseri umani più furbi, che non credono mai così alla lettera nello stesso dio come chiedono di fare a noi.

 

Scegliete con attenzione il vostro dio, non permettete mai che siano altri a sceglierlo per voi.

 

nave-pirata-2