Il pedalatore pazzo

Da quando vado al lavoro in bicicletta ho molto più tempo per pensare: circa un’ora al giorno! Questo succede perché mentre pedalo non ascolto la radio come facevo in macchina e non chiacchiero con eventuali altri passeggeri: la mia principale occupazione è proprio pedalare e ovviamente evitare di finire sotto le ruote di un’automobile. Sono comunque cose che riesco a fare senza troppi sforzi mentali su gran parte del percorso, ed ecco quindi che per un’ora al giorno posso pensare liberamente a quello che mi passa per la testa.

Avere tutto questo tempo per pensare mi ha portato a comprendere una cosa strana, che neanche a dirlo è proprio una considerazione sui mezzi di trasporto: durante i miei spostamenti incontro altri ciclisti, ma sono molto, ma molto di meno delle automobili che mi sfrecciano continuamente e rumorosamente accanto. Non solo questo: di tutti i ciclisti che incontro ce ne sarà uno al massimo che ha l’aria di aver preso la bici per andare a fare qualcosa da qualche altra parte come faccio io. Il tipico ciclista che incontro è quello che ha indossato la sua sexy tutina aderente e si è messo a gironzolare a caso per le strade senza altro scopo che non quello di farsi un giro. Non è sbagliato, ma c’è una differenza di fondo tra me e lui: io sto togliendo una automobile dalla strada, la mia, mentre lui sta aggiungendo un ingombro. Magari è pure uno che la bici la usa solo per spassarsela ma poi al lavoro ci va ancora in macchina.

Quindi quello che penso è questo: usare la bici per andare da un posto all’altro è una cosa stranissima più o meno per chiunque, mentre la cosa giudicata normale è di usare un’automobile. La prova di questo è una serie di strane battute che devo subire e conversazioni che devo sostenere con più o meno chiunque mi veda con un caschetto in testa. A riassumere tutti dialoghi imbarazzanti cito una mia amica divertita che un giorno mi ha sbattuto in faccia il suo:

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