Siamo tutti pacifisti

L’omino Lego di Zelensky. Bello vero? E’ preoccupato perché non gli piace il titolo di questo articolo

E’ un po’ che sono al mondo, e mai ho incontrato una persona che si sia detta a favore della guerra. Da bambino ho imparato che la guerra piace solo al generale di De Gregori e, ovviamente, allo stragenerale Bombone Sparone Pestafracassone e al Mortesciallo Von Bombonen Sparonen Pestrafrakasson del racconto di Gianni Rodari. Ma a noi la guerra non piace perché abbiamo capito che è brutta anche se l’hanno vissuta solo i nostri nonni, nemmeno i genitori. La cosa strana appunto è che ormai pochissimi di noi ne hanno una esperienza personale, a meno di essere molto vecchi o soldati. Sia io che queste persone che incontro viviamo in un contesto più unico che raro: una bolla spaziotemporale di decine di lustri e migliaia di chilometri senza guerre! Voglio dire: le guerre sono sempre successe a casa nostra, una più orrenda dell’altra, ed era molto difficile che un mio antenato padano di qualsiasi epoca storica potesse morire di vecchiaia senza che rimanesse coinvolto in una guerra qualsiasi.

Ma da un bel po’ di anni non ce ne sono più, al punto che un quarantenne come me a inizio millennio ha potuto fare il militare con una certa leggerezza, sicuro di non finire a difendere i patrii confini, o a invadere quelli di qualche altro disgraziato. Quelli dopo di me è andata pure meglio, vsto che non sono nemmeno partiti militari e se ne sono stati bellamente a casa loro a portare avanti i loro affari. Voglio dire: quante volte è successo nella storia d’Italia?

Questo per la nostra storia domestica. In compenso anche la geografia dice la sua: di guerre ce ne sono sempre, in ogni momento, solo che sono sempre tutte abbastanza lontane da farci stare moderatamente tranquilli. Tranne questa qui che ci fa preoccupare perché da un lato di tocca il portafogli, e dall’altro la strategia bellica della Russia è ogni giorno più caotica e sai mai che tra poco tocchi anche a noi, dopo i nostri nuovi amici ucraini. Finché erano i talebani a riprendersi l’Afghanistan, o finché era un qualche regime militare in Asia o in Africa a compiere i suoi orrendi misfatti, allora potevamo far passare la cosa come un male dell’umanità a cui possiamo solo rassegnarci, ma è solo adesso che queste cose sono tornate a succedere qui vicino a voi. Un po’ c’è da preoccuparsi, come se la bolla che ci ha protetto fino a ieri è scoppiata.

Io sono pacifista, come tutti quanti quelli che incontro. Come quelli che chiamano alla radio per dire di essere contro la guerra, come quelli che appendono le bandiere arcobaleno alle finestre e come quelli che fanno le manifestazioni, qui da noi. Lo siamo tutti, no? Anche se non facciamo nessuna di queste cose, comunque siamo d’accordo con chi le fa. Insomma: chi di noi legge il racconto di Gianni Rodari della guerra delle campane e fa il tifo per i due generaloni? Solo che adesso mi chiedo se sia ancora il caso di essere pacifisti, perché ho idea che se non avessimo un esercito, una marina e una aeronautica a difenderci, non dormirei sonni tanto tranquilli. Fino a ieri, quando queste cose non succedevano, anch’io mi chiedevo spesso a cosa servisse comprare tutte quelle cose costosissime tra aerei, incrociatori, cannoni e cose così. E’ meglio avere una squadra di infermieri motivati e professionali o un carrarmato? Dieci scuole nuove o una nave da guerra? Ma ora inizio a pensare che essere pacifisti è giusto e politicamente corretto, ma che a volte bisogna fare i conti con la realtà, e la realtà è quella che se al mondo c’è qualcuno che non la pensa come noi sulla pace, è meglio essere pronti alla guerra, se non vogliamo trovarci nel giro di poco a imparare la sua lingua nelle scuole.

Quindi mi verrebbe da suggerire ai signori pacifisti dell’ultimo minuto di andare ad attaccare le loro bandiere al cancello del Cremlino se vogliono davvero che questa orrenda guerra finisca, perché è là che si trovano le persone che non sono d’accordo con loro, non qui da noi. Qui siamo tutti pacifisti.