Le priorità per i giornalisti di calcio italiani

In Italia succede che anche se ci si disinteressa completamente del gioco del calcio, comunque quelli a cui interessa vengono a cercarti. Così già sapevo che abbiamo vinto l’europeo questa estate battendo ai rigori molte squadre forse più forti ma sicuramente più arroganti della nostra nazionale, come pure già sapevo che dopo l’europeo non abbiamo più combinato niente, come se i nostri giocatori avessero esaurito completamente il loro talento o la loro dose di fortuna calcistica. A prova di questo il fatto che gli stessi giocatori che hanno umiliato gli inglesi in casa loro e fatto piangere la famiglia reale si sono fatti battere in casa nostra dalla nazionale della Macedonia del Nord, che oltre ad avere un nome che già di suo suona incompleto, fino a qualche anno fa non erano neppure una nazione. Ma fino a qui ci siano tutti, no?

La mia osservazione è questa: alla radio devo già sorbirmi tutti i servizi, le interviste, i commenti, le opinioni e le anticipazioni prima della partita che di lì a pochi giorni perderemo. Poi succede che la partita viene giocata e appunto persa in modo imbarazzante. A questo punto mi aspetto che nella vergogna generale nessuno voglia più parlarne, o almeno io farei così: minimizzerei l’accaduto, direi che alla fin fine aver vinto l’europeo l’anno scorso è stato sufficiente perché un mondiale alcuni anni fa l’avevamo già vinto e per un po’ siamo a posto, grazie. Lasciamo qualcosa anche agli altri, no? Aggiungerei anche che di giocare in Qatar non ci va per le politiche nazionali e per la scarsa sostenibilità dell’evento. E invece succede questo: giorni e giorni di giornalisti calcistici che si piangono addosso, che cercano colpevoli della disfatta a destra e a sinistra (mai in mezzo al campo, che cosa strana vero?), che pretendono dimissioni sommarie, che si scandalizzano di quelli che pretendono dimissioni sommarie, e più in generale che mettono un grande impegno a scovare le opinioni di persone che erano state dimenicate da tutti, ma che a quanto pare non vedono l’ora di dire la loro.

Ma il meglio è arrivato ieri, sulla radio nazionale. Un giornalista ha notato che è già il secondo mondiale di fila che saltiamo e che quindi ci saranno dei bambini che arriveranno ad avere otto anni senza che abbiano partecipato alla gioia di vedere la propria nazionale giocarsi la fase finale. Lo diceva con un’enfasi e con una drammaticità paradossali, come se stessimo privando questi poveri innocenti della luce del sole. Anche senza prendere toni apocalittici, basta sollevare il naso dal mondo del calcio e pensare ai bambini dell’Ucraina: molti di loro per anni non potranno sedersi al banco della loro scuola perché è crollata sotto i bombardamenti russi, e se già possono pensare questo vuol dire che sono tra quelli fortunati che non erano dentro quando è successo. Quindi forse il problema del calcio italiano non è tanto che non ci siamo qualificati al mondiale, tanto il fatto che i nostri giornalisti dopo tanti anni hanno un po’ perso il senso della realtà e delle priorità della vita. Forse per quattro anni dovrebbero fare gli inviati di guerra in Ucraina: sono certo che li aiuterebbe.