Cosa si può fare quando non si può fare niente

Sono ormai tre settimane (quattro, due? vai a ricordare) che non si può fare niente. Si esce di casa solo per procucarsi il cibo, vestiti come il protagonista dell’Eternauta, di cui guarda caso faranno una serie tra poco, approfittando del fatto che l’unico personaggio presente indossa costantemente la tuta anticontagio. A furia di stare in famiglia e a cercare di comportarsi in modo normale ci stiamo quasi abituando: si lavora da casa, non si va da nessuna parte, niente parchi, amici, nonni e cugini. Niente gelaterie anche se c’è bel tempo. Niente cinema, niente shopping, niente di niente. Si sta a casa e basta.

La mattina mi ascolto un po’ di RadioBrescia7, con Ettore Ravelli che passa tutto il tempo a dire

Buongiorno!

a tutti quelli che mandano messaggi, e a dire

State a casa!

a tutti gli altri. Le pubblicità sono anche più divertenti: metà ci ricordano di non andare a comprare certi prodotti, tipo biancheria o materassi, perché troveremmo il punto vendita chiuso. Sai com’è: non serve pagare la radio per farmelo sapere. L’altra metà, quella che preferisco, è rivolta a quei bresciani che si identificano nel possesso di un certo tipo di veicolo. Il concessionario di turno ci ricorda come sia importante se non fondamentale guidare un particolare modello di automobile, che si dà il caso che sia il loro, quello che vogliono venderci, e quindi ci invita fortemente a passare a trovarli per prenotare una prova su strada. E qui non mi è chiaro: anche le automobili figurano tra i beni di prima necessità? Quando mi presenterò dal concessionario il tal giorno insieme a tutti gli altri ascoltatori di RadioBrescia7, ci sarà la guardia giurata come al supermercato per farci entrare una persona alla volta e a garantire che nella lunga coda all’ingresso siano garantite le distanze di sicurezza? Provvederà il concessionario stesso a compilare la mia autodichiarazione per lo spostamento della prova su strada? Sarà, ma non sapendo bene come andrà a finire, per adesso aspetto a cambiare automobile, soprattutto considerando che nell’ultimo mese ci avremo fatto sì e no cinque chilometri. Credo sia un periodo di grandi feste per l’amata categoria umana degli assicuratori.

Un altro pensiero doveroso va al papa e a tutti i suoi colleghi delle altre religioni. Come si fa a gestire un problema fisico e drammatico come quello di una epidemia, quando l’unica cosa che puoi fare è invitare alla speranza e alla preghiera? Ma rappresentano gli dei onnipotenti o l’associazione degli psicologi da bar? Non c’è un solo dio che abbia più potere dell’ultimo degli infermieri, in questo momento. Certo, da un lato ci sono le nuove divinità: una serie di professori che, forti di lauree specialistiche e di comprovata esperienza, ci parlano di cosa sta succedendo, ci dicono cosa potrebbe succedere a comportarci in un modo o in un altro e soprattutto indicano ai governi che hanno voglia di ascoltarli quali siano i provvedimenti che sarebbe meglio portare avanti. Le vecchie divinità e i loro rappresentanti devono darsi un bel daffare per dimostrare di esserci ancora, soprattutto dopo che gli scienziati hanno detto ai politici che andavano chiusi anche tutti i luoghi di culto! Robe da non credere. Il papa ha già dovuto fare almeno due benedizioni a porte chiuse. Magari la pandemia irrispettosa non si è fermata, ma certo è servito a farci sapere che la religione cattolica c’è ancora, e che appena tutto sarà finito tornerà come prima, e grazie a dio che ha fatto finire tutto. Non al personale degli ospedali. Pare che al rientro mancheranno un bel po’ di preti, ma sono incidenti di percorso. Sicuramente sono situazioni di sconforto tra molti fedeli: dicono che sembra di essere in guerra, ma non so se in guerra avevano smesso di andare a messa.

Poi penso a quelli che sono costretti a stare in casa ma non sono molto abituati. Se elenco le cose che non posso fare ora che sono in isolamento forzato, ci metto:

  • andare al lavoro (lo faccio da casa)
  • andare dai nonni, a volte a portare o andare a prendere i figli, a volte anche solo a bere un caffé o a pranzo
  • fare la spesa senza mettermi lo scafandro
  • andare a comprare cose di altro tipo non commestibili che non vendono al supermercato, o che si mangiano ma non sono giudicate come essenziali, vedasi pizze della pizzeria o kebab
  • andare in biblioteca a prendere o portare libri
  • andare al parco o in gelateria con i bambini
  • andare al cinema
  • andare a fare una passeggiata
  • andare a farmi tagliare i capelli, ma non troppo spesso
  • andare a bere una o più birre una volta al mese con uno o più amici

Quindi non faccio nessuna di queste cose, tipo:

  • andare al bar tutti i giorni a leggere giornali specializzati che parlano quasi solo di calcio, a chiacchierare di quello che ho letto con gli altri che vanno al bar tutti i giorni a leggere gli stessi giornali e a chiacchierare, o a guardare la partita e quindi chiacchierarne nei giorni a venire, fino alla partita dopo
  • correre in giro per le strade, vestito come uno sportivo serio, ma con le cuffiette e magari pure un po’ di elettronica attaccata addosso per segnalarmi che sto correndo davvero e non me lo sto sognando
  • fare le stesse cose del punto qui sopra, ma su una bicicletta
  • andare a nuotare, a spostare oggetti pesanti o a correre o pedalare su un una macchina il cui scopo è annullare il mio tentativo di movimento
  • organizzarmi con uno o più conoscenti per andare a fare sport da qualche parte. Certo: avrei dovuto farlo ed ero quasi riuscito a mettermi d’accordo sullo sport non troppo impegnativo o costoso (tennis), la persona e il luogo, ma alla fine abbiamo trovato la scusa inequivocabile. A volte penso che sia tutta colpa mia, e che questo sia il segno che dio non vuole che io faccia sport in generale
  • andare a farmi tagliare le unghie, i peli se non quelli che ho in testa o a fare tutte quelle cose per rendere i nostri corpi più presentabili secondo i criteri della società moderna
  • andare in uno di quei posti dove persone laureate, diplomate o semplicemente volenterose fanno varie cose tipo massaggiarmi, parlarmi, impormi le mani o dirmi un po’ di cose sul futuro che sono contento di sentirmi dire
  • andare a messa, al rito, in moschea o in qualunque posto di ispirazione divina a fare alcune delle cose che ho scritto nel punto qui sopra, ma per voce di un religioso e di solito in gruppo
  • gestire uno o più fidanzati, amanti o in generale ogni rapporto amoroso con persone che non abitano in casa con me

Ho elencato un po’ di cose che mi sono venute in mente che non faccio, ma che di sicuro ci sono persone che vorrebbero fare, e che per me ci tengono pure molto a fare. C’è uno che conosco ad esempio che è quel tipo di maschio sposato che dà per scontato che ogni uomo che non sia finocchio (scritto di traverso perché è un citazione, non me ne voglia chi si sente offeso o vai a capire) deve per sua ragione d’essere cercare di accoppiarsi con qualunque donna consenziente. Che poi non capisco perché io dovrei fare lo stesso, ma solo se non fossi finocchio. Non fanno l’amore gli omosessuali? Comunque, per lui questa è una ragione di vita che dal piacere che ne deriva prende più i connotati di un dovere personale, come se è metà stessa dell’umanità a chiederglielo, quella a cui lui è interessato. Mi spiega pure che quando riporta a casa dal marito la fortunata che ha appena tratto beneficio della sua virilità, un po’ gli viene il dubbio che in quel preciso momento ci sia un altro uomo sposato che sta portando a casa sua moglie da una fugace esperienza clandestina. La cosa lo lascia un po’ perplesso, ma tant’è: sarebbe pure disposto ad accettare che tanto lui va ad infilare l’ammennicolo (altra citazione) in altri posti, così può essere che nel posto che sarebbe riservato al suo di ammennicolo ci si vada ad infilare quello di qualcun’altro. Ecco: tutto questo discorso per dire che da alcune settimane c’è questo mio collega che non può andare al bar a giocare a carte e non può andare a trovare nessuna delle sue amanti. Credo che non ci sia nessuno che sta soffrendo come lui in questo momento senza fine. O forse sì: la moglie, che ad avere questo personaggio tra i piedi a brontolare e a vagare per casa, non vedrà l’ora che finisca tutto e che se ne torni dalle sue amanti, povera anima. E magari così lei potrà tornare a frequentare i suoi in santa pace.

Credo che tutte le categorie che amano fare le cose del secondo elenco stiano un po’ soffrendo, ma su tutte quelli del primo punto: quelli a cui piace andare al bar a leggere il giornale che parla di calcio, a guardare la partita di calcio e a parlare di calcio con i loro simili. Credo che in questo momento il pianeta Terra sia il loro inferno personale. Non solo non possono andare al bar a incontrare i loro amici, ma se volessero farci una videoconferenza via Internet comunque non avrebbero gli argomenti, perché il calcio di tutto il mondo è stato interrotto come ogni altro sport possibile e immaginabile, dal più nobile al più noioso, dai dlettanti della squadra di paese agli strapagati professionisti. Se hanno Sky MegaSport o Mediaset UltraCalcio, e sicuramente molti di loro ce li hanno entrambi, si staranno chiedendo se ha senso pagare uno stipendio all’anno per avere in cambio una miseria di timide ipotesi su qnando le cose potrebbero tornare accettabili.

Siccome io Sky e quelle cose lì non ce le ho e quindi non posso sapere cosa vi sta succedendo (magari stanno trasmettendo 24 ore su 24 la programmazione dell’ultimo mondiale vinto dall’Italia, chi lo sa), ho fatto una cosa più semplice: sono andato sul sito della Gazzetta dello Sport, per vedere di cosa sta scrivendo in questi giorni.

Ecco qua la sua rosea testata:

Così a prima vista c’è comunque un tizio vestito a strisce che è sicuramente un calciatore molto famoso. La cosa strana è che non sta giocando, ma sta indicando la scollatura di una donna sorridente, mentre lui appare contrariato. Dal titolone sembra che la donna sia la madre dei suoi figli, e che lui sia arrabbiato perché li ha portati nel Wuhan o a Codogno, non è chiaro. Diciamo che comunque l’articolo principale non parla di calcio, ma di gossip per uomini, come a dire una categoria delle chiacchiere inutili su personaggi famosi, ma legati al calcio. Non pensavo che potesse esistere un argomento del genere, più inutile delle chiacchiere sul calcio stesso, ma a quanto pare mi sbagliavo.

Per dividere a grandi linee i macrotemi della Gazzetta in questo periodo di difficoltà, ho diviso tutti i titoli della prima pagina per colore. Ecco qua:

Ci sono quindi vari tipi di articoli:

  • Arancione: quelli appunto che parlano di gossip, ovvero pettegolezzi invidiosi che ci aiutano a sentirci migliori di persone che se la passano molto meglio di noi. Basta che una delle persone coinvolte abbia a che fare col calcio perché possa apparire nei titoli del giornale. Ci sono ben sette articoli, tra cui il principale: il gossip del calcio fa la parte del leone.
  • Verde acido: due articoli che parlano dei virus. Uno con l’onnipresente Burioni, che già era famoso prima, figurati adesso. L’altro è uno squallido acchiappaclick.
  • Giallo: due notizie vecchie rispolverate in mancanza d’altro.
  • Viola: cose che hanno poco a che fare con lo sport e che comunque finché siamo chiusi in casa ce le sognamo.
  • Azzurro: tre notizie che sarebbero da chissenefrega in ogni caso, ma che siccome parlano della Juventus e siccome non c’è altro da dire, ecco che finiscono in prima pagina.

Ecco: queste sono le notizie principali, per capire come siamo messi. Mi chiedo quanti esseri umani stiano uscendo di casa rischiando multe e punizioni divine per compare la sua versione cartacea in questi giorni.

Quindi alla fine delle finite il problema non è tanto mio, che devo far capire ai miei figli che dobbiamo starcene in casa anche quando fuori c’è un bel sole. Penso a quella bella fetta di umanità italiana a cui hanno tolto il 100% degli interessi della loro vita: il bar e il calcio; uomini da alcune settimane sono in casa, costretti a convivere con una moglie irribabile che già averceli tra i piedi un giorno è troppo, e che vai a capire quando finirà. Direi che non posso certo lamentarmi. Se proprio mi stufo posso sempre mettermi al computer, pasticciare con Paint la prima pagina della Gazzetta dello Sport e poi scriverci dietro un romanzo. Chissà se c’è qualcuno che si annoia più di me che lo leggerà.