Due parole sui Valdesi, per chi volesse tenere lo stesso dio ma cercare di adorarlo con un po’ di stile

Due capi religiosi si incontrano. Il capo dei valdesi è quello vestito normalmente.
Due capi religiosi si incontrano. Il capo dei valdesi è quello vestito normalmente.

La settimana scorsa, mentre un milione di persone si sono ritrovate a Roma a manifestare affinché i loro diritti non venissero estesi ad altre persone, quello che potrebbe essere giudicato come il padrone di casa ha deciso di cambiare aria, e ha colto l’occasione per andare a prendere il fresco sulle Alpi dei valdesi. Ne ha approfittato per chiedere scusa al loro capo per i piccoli screzi e le incomprensioni del passato, ovvero le persecuzioni sistematiche e le stragi di intere comunità operate contro la loro chiesa a partire dal 1184, quando il papato romano disponeva ancora di un esercito operativo. Tutti ad applaudire l’umiltà di questo papa. D’altra parte, si fa sempre bella figura a chiedere scusa per colpe di cui non si è responsabile, commesse fisicamente da altri in periodi storici remoti. Anch’io devo ricordarmi di chiedere scusa agli elefanti perché i miei antenati hanno sterminato i loro cugini mammut sul finire dell’ultima glaciazione. Si potrebbe intendere il gesto del papa come un brillante modo di distrarre l’attenzione dalle proprie magagne. Considerando che sono passati 831 anni dal 1184, significa che di questo passo nel 2846 d.C. ci sarà un papa particolarmente umile e comunicatore che chiederà scusa del trattamento che la chiesa ha riservato negli anni bui del ventunesimo secolo agli omosessuali ed alle vittime della pedofilia; magari farà questa pubblica ammenda per coprire qualche imbarazzante scandalo galattico o qualche discriminazione nei confronti di una razza aliena con un numero di genitali poco consono ai valori evangelici.

Ma alla fine ai valdesi importa poco di essere usati per distrarre l’attenzione da altro, o come strumento per far vedere a tutti quando è generoso e umile questo papa. I valdesi sono una comunità molto tranquilla e rispettosa, poco propensa a far sapere ogni volta al mondo intero di quello che pensano di questioni non di loro competenza. Se i valdesi balzano alle cronache è per quello che fanno silenziosamente, mai per quello che dicono di fare o che faranno urlandolo con ogni possibile mezzo stampa, o per quello che pretendono che gli altri facciano.

E quello che fanno i valdesi non è che sia poi così incredibile, ma diventa straordinario se paragonato a quello che fanno o non fanno i cattolici. Per esempio i valdesi non fanno tutte queste storie quando si tratta di riconoscere agli omosessuali il diritto di sposarsi, e questo già molto tempo prima di gran parte degli stati cosiddetti laici. Non hanno nemmeno tribunali speciali per giudicare i più orrendi reati del propri dipendenti col tacito benestare della giustizia italiana, per dirne un’altra. Un’altra cosa che fanno i valdesi è che danno l’8 per mille in beneficenza, tutto quanto. Non solo: hanno anche delle soglie, molto basse, per impedire che ne vada troppo ad associazioni di volontariato o beneficenza legate direttamente a loro. Non fanno come la chiesa cattolica, che lo fa solo a parole nei suoi bellissimi ed ingannevoli annunci pubblicitari, e che poi del miliardo di euro che riceve ogni anno più dell’ottanta per cento serve a coprire i costi e l’inefficienza mai documentati di una chiesa che non sa stare in piedi da sola e che richiede l’aiuto ingente di uno stato servile.

Un po’ di tempo fa stavo bevendo qualche birra al solito posto con una persona, che oltre che essere una carissima amica è anche una fedelissima della chiesa cattolica. Direi pure la loro cliente ideale. Cerco sempre di non finire sugli argomenti religiosi, perché so che non se ne esce mai. O meglio: io oppongo le mie inoppugnabili argomentazioni razionaliste volte a dimostrare che il loro dio non esiste, ma lei si difende con pazienza dicendo che dio va preso per fede, che a lei le parla e la aiuta e via dicendo. Il fatto poi che entrambi abbiamo delle pinte di birra in mano non aiuta certo chi ci vede a scambiarci per due intellettuali in dibattito, quanto piuttosto in due ubriachi sordi.

Non è un grande scenario, e non credo sia diverso da quello che accade in ogni bar d’Italia il venerdì sera. L’ultima volta però ho avuto un’idea: quella di proporle una visita ad un rito valdese, così, per provare un’alternativa. Mi sono offerto di accompagnarla io stesso. Già c’ero stato un po’ di volte un paio di anni fa, e mi ero trovato benissimo, sebbene fossi già un non credente senza speranze. L’idea della visita ai valdesi non era malvagia: sono cristiani come i cattolici, quindi non sto proponendo un’alternativa al suo dio permaloso nella forma di un vitello d’oro o di un serpente piumato, quanto un modo alternativo di adorarlo.

In più le elenco i motivi, tralasciando quelli citati qui sopra, che alla mia amica possono interessare di meno:

  1. Hanno una bella comunità, molto partecipe. Probabilmente è proprio l’effetto di far parte di una chiesa di minoranza rispetto allo strapotere cattolico che aiuta a sentirsi un elemento attivo ed importante di una comunità e non una pecora impotente nelle mani di un vescovo distante ed intoccabile.
  2. I lori riti sono divertenti ed interattivi, ma non solo per l’iniziativa di un parroco un po’ anarchico o anticonformista: sono proprio così. Se il cattolicesimo assomiglia al web 1.0, ovvero quello in cui c’erano dei siti Internet statici da cui si poteva al massimo recuperare il numero di telefono di un negozio e non c’era uno straccio di blog o social network, la chiesa valdese è il web 2.0, dove chiunque può dire la sua durante il rito, anzi è invitato a farlo. Non c’è un prete supponente a vomitarti addosso tutto quello in cui devi credere, senza possibilità di intervento o dibattito, ma una buona occasione per scambiare idee o discutere su una pagina del vangelo. Io ho partecipato a quattro o cinque funzioni, e non mi ricordo di che ce ne fossero state due uguali. La mia preferita rimane quella per cui si era stati invitati la volta prima a portare qualcosa da mangiare, e finito il rito ci si è spostati nel refettorio a pranzare e a divertirsi insieme.
  3. Si vota per essere rappresentati nella gerarchia ecclesiastica. E se si è valdesi da abbastanza tempo, si può chiaramente anche essere votati. Senza per forza essere pastori. Con la chiesa cattolica è un po’ diverso: c’è un papa che nomina i cardinali ed i vescovi, e questi si preoccupano di votare per un nuovo papa quando questo incontra la morte o, caso più unico che raro, decide di dimettersi un po’ prima. Poi a cascata i vescovi nominano tutto il resto a scendere, fino ai preti, ai diaconi, alle catechiste e agli insegnanti di religione. Questi ultimi poi devono anche comportarsi in modo conforme, altrimenti possono essere licenziati senza giusta causa, e si ritrovano quindi a dover rispondere anche della propria vita privata solo per mantenere il posto di lavoro. Che però, incredibile a dirsi, non viene pagato dalla chiesa ma dallo stato. Siamo nel medioevo. Il fatto poi che i valdesi votino per i loro rappresentanti aiuta molto a tenere la chiesa vicina al senso della realtà: sono i fedeli a decidere la direzione della loro chiesa attraverso delle elezioni regolari, e non la chiesa a cercare di forzare la mano per imporre ai suoi fedeli il modo di pensare di un gruppo chiuso di vecchi dinosauri.
  4. Le gerarchie sono laiche, ovvero una cosa è essere pastore, una cosa è rappresentare e decidere per la chiesa. Ovviamente un pastore può anche essere eletto ed è facile che sia portato a farlo, ma ad un certo livello della gerarchia i laici non possono scendere sotto una certa percentuale dell’assemblea.
  5. I pastori hanno anche un altro lavoro. Già, non ci sono preti di professione. E fare il pastore quindi non è un lavoro, come non comporta carriere religiose.
  6. Le donne possono fare il pastore (pastoressa? pastora?) al pari degli uomini, senza limitazioni. I maschietti del cattolicesimo hanno paura di non so cosa, e negano ogni forma di carriera ecclesiastica alle donne, che al massimo possono diventare badesse di un convento o caposala in un ospedale, sempre però indossando abiti talebaneschi.
  7. Si impara l’inglese, perché gran parte dell’assemblea è formato da stranieri. Quindi da un lato gli stranieri imparano l’italiano, ma dall’altro gli italiani si beccano un po’ di parti del rito ripetute in inglese, ed un altro po’ solo in inglese. Male non fa di sicuro. Per i cattolici la lingua ufficiale è ancora il latino, figurati se sono pronti a far recitare la messa in inglese.
  8. C’è chi ti tiene i bambini mentre vai al rito. Pensa un po’, una specie di nido aziendale o di Småland dell’Ikea, ma in chiesa. I valdesi sono più avanti pure delle aziende italiane o dello stato stesso, che se sei stato così arrogante da decidere di riprodurti e poi non hai né i genitori a portata di mano né i soldi per mettere il bambino in un nido, sono solo cavoli tuoi. Lasciando il bambino in una sala giochi, seguito ovviamente da una persona qualificata della comunità e non da un prete cattolico, non si costringe un bambino a fare cose che odia e non è in grado di capire, come stare seduto per un’ora su una panca scomoda ad ascoltare un sacerdote che sproloquia di cose un po’ distanti dalla realtà.
  9. Se vuoi, puoi chiedere di tenere un sermone, anche se non sei un pastore. Questa poi è davvero sensazionale.
  10. Non stanno ad incasinarsi troppo sui dogmi, come se avere una madonna vergine fa poi tanto la differenza. Quella dei dogmi l’ho sempre vista come una grossa tara per qualsiasi religione. Neanche a dirlo, l’unico dogma della religione pastafariana è il rifiuto di qualsiasi dogma, come sta scritto qui nella sezione Further. Un conto è che mi si dica di fare qualcosa di poco chiaro sulla fiducia, e se non è proprio una scemata o una terrificante violazione dei diritti degli altri, allora posso anche fare uno sforzo. Ma che mi si venga a dire che se non credo a delle assurdità totali va a finire che non sono un fedele esemplare e che magari verrò anche punito in un secondo momento, allora direi che è meglio lasciar stare. Anche perché voglio ricordare che i fedeli di una religione non sono tutti laureati in teologia, e che ogni dibattito con un qualsiasi ubriacone da bar sul fatto che la madre del loro dio abbia concepito e partorito da vergine, va sempre a cadere nell’ilarità generale del pubblico. Se poi il tipo religioso è permaloso ed è in grado di procurarsi delle armi, succedono anche dei bei casini, e la colpa è sempre tutta di questi dogmi strampalati.

 

Ci sono tanti motivi per cui per un cattolico di nascita può essere affascinante affacciarsi ad una cerimonia valdese. Poi, lo ripeto, il dio è lo stesso. Solo una versione aggiornata e corretta di quello che già adora. Per dirla in un altro modo: non gli ho chiesto di passare a Linux: è più un aggiornamento gratuito da Windows Millennium a Windows 7.

Ho ottenuto successo? No. Col senno di poi mi viene anche da dire ovviamente. Perché? Perché la mia amica, a cui voglio un mare di bene, vive in una religione che ha costruito tutta la sua fortuna sulla paura, o timore, come lo chiamano loro. Ad iniziare dalla mela di Adamo ed Eva, tutto quello che ne viene è sempre la paura a porsi delle domande, a provare a cambiare qualcosa. Per come la vedo io, sarei contento di avere un dio che mi porge tutto il sapere proibito concentrato in un unico frutto, e ne mangerei ogni giorno, seguendo la regola d’oro dell’ateo umanista:

una mela proibita al giorno toglie il dio molesto di torno

Ogni giorno mi sveglio e decido se voglio affrontare la mia giornata da ateo, da Pastafariano o da seguace di un qualche dio che non ho ancora avuto il tempo di inventare. Ma questo sono io, e così credo siano la gran parte degli atei, degli agnostici e dei liberi pensatori vari che abitano il mio pianeta. Ma questo modo di pensare che per me è tanto naturale, ricco e stimolante, tale non è per la mia amica. Lei, ogni volta che ha un dubbio, invece di sguinzagliare il suo pensiero ha imparato a rinchiuderlo dentro di sé, a cercare la risposta in una qualche frase sentita mille volte da un prete o da un’autorità riconosciuta. In questo contesto, anche solo il proporgli di andare ad assistere al rito di una chiesa protestante diventa un bestialità, qualcosa di assolutamente inconcepibile. Ma perché? Non me lo ha saputo nemmeno dire. Probabilmente non se ne rende conto nemmeno lei, ma per me è ancora la paura. Paura di una punizione divina o di doversi di colpo ricostruire da capo una nuova identità, come se non stiamo mettendo in dubbio il prete, ma dio stesso e tutto quello che siamo.

E che se pure dovessimo provare e poi non ci piace, il gesto sconsiderato vada comunque confessato al proprio prete, con chissà quale imbarazzo: “sono andato a messa dai valdesi, così, per provare a vedere se è bello come dicono…” ma stiamo scherzando? Guai! E se poi ci piace? A questo punto credo che abbiamo talmente paura di cambiare e di quello che potremmo diventare, cioè diversi da quello che siamo, da non ammettere che se cambiamo rimaniamo comunque noi stessi, solo con indosso un abito migliore che ci fa stare più comodi. Siamo pronti a rinunciare a noi stessi, a metterci in gioco? Evidentemente no. Come se dovessi morire per far rinascere un’altra persona nel mio corpo. Una persona valdese, probabilmente più felice e realizzata, ma pure sempre al posto di un me stesso, cattolico mortificato. Detto così sembra una bestialità, ma credo che sia proprio questo, la paura di cambiare, di ammettere di essersi sbagliati, di sbarazzarsi di quel cadavere imbarazzante che siamo diventati per evolverci in qualcosa di migliore.

Mi dispiace, ma non ne vedo altra spiegazione. A parte forse una, ben più pratica: la mia amica di lavoro fa l’insegnante di religione. Probabilmente se avesse deciso di seguire il mio consiglio e avesse poi pure deciso di cambiare parrocchia, avrebbe certamente perso il lavoro. E’ una cosa che capita abbastanza spesso in tutta Italia, da Palermo a Trento, da Fano a Firenze, ma fa parte dei rischi del mestiere quando si sceglie un lavoro come quello, con un datore di lavoro che predica la tolleranza ma che si comporta come un feudatario medievale.

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