Quando i preti e i loro amici parlano di ateismo alla radio

Per quelli di voi che hanno la fortuna di avere un bambino di un anno, potrà capitare di essere già operativi alle sette della domenica mattina. E se magari vi è anche capitato di fare colazione con la radio accesa, potreste aver goduto delle adamantine perle di saggezza di Culto Evangelico, ovvero una delle innumerevoli trasmissioni di indottrinamento cattolico presenti sui canali nazionali.

 

Culto Evangelico

 

La trasmissione è assolutamente insignificante in sè. Quando mi ci imbatto, l’ascolto senza prestare orecchio, se non per farmi ricordare distrattamente di non aver alcun rimpianto per questa bizzarra religione abbandonata anni fa.

 

Il finale della trasmissione però può rivelarsi più interessante con la rubrica parliamone insieme, in cui il conduttore Luca Baratto sceglie un argomento da affrontare per i suoi ascoltatori mattinieri. E questa volta era particolarmente interessante. Si parlava del professore Umberto Veronesi, che con l’uscita del suo libro lascia un estratto su Repubblica che parla delle ragioni del suo ateismo. Tanti si sono lamentati, pochi congratulati. Non so se devo congratularmi o no. Per conto mio mi sembra anche normale che una persona che ha fatto della scienza il suo campo di studi di una vita non creda a superstizioni e leggende popolari quali la religione cattolica. Anche il conduttore ci tiene a dire pure lui la sua, seguendo il rigoroso profilo del giornalista cattolico.

 

Se volete ascoltarlo, lo trovate qui; inizia a 16:40 se volete sentire anche la musichetta, nove secondi dopo senza.  Se invece preferite leggerlo, allora ho fatto lo sforzo pr voi, e l’ho riportato per intero qui sotto.


 

Questa settimana sono stato sollecitato da più parti a leggere l’estratto pubblicato da un quotidiano nazionale dell’ultimo libro di Umberto Veronesi, nel quale il famoso oncologo spiega il suo ateismo con l’impossibilità di coniugare l’esistenza di dio con la presenza del male. Quel male che egli quotidianamente sperimenta nel cancro che consuma gli esseri umani. Mi sono procurato il testo, l’ho letto e alla fine mi è venuto da dire, proprio dal cuore, che bella testimonianza! Perché, è vero, Veronesi dice di non credere in dio. Però se quest’uomo è senza dio, non è senza spiritualità. Una spiritualità laica, in cui l’amore per la scienza va insieme all’amore per l’essere umano, che impegna la vita di una persona a combattere il male. E poi ecco finalmente un ateo che non è eroso dal rancore verso la religione, che non sente la necessità di smascherare ovunque ingenuità e inganni nascosti nella fede di chi crede, ma che presenta una spiritualità positiva capace di lasciarsi coinvolgere in un progetto e in una missione. Nella mia formazione di credente, mi è stato insegnato dalla mia famiglia e dalla mia chiesa che una persona capace di questo slancio è sempre un buon compagno di viaggio, con il quale si può fare ben più di un pezzo di strada. E mi è stato anche insegnato a non stupirmi del fatto che una persona buona possa non credere in dio, perché tante possono essere le ragioni e le esperienze che conducono a questa convinzione. E infatti la ragione addotta da Veronesi è delle più serie. Forse è la più seria: come conciliare l’esistenza di un dio buono con li male? E non un male astratto, ma quello del tumore che consuma sotto gli occhi di familiari, amici e dottori il corpo di un bambino. Ci sono pagine e pagine di riflessioni teologiche, e nessuna ha mai rislto il problema. Come credente, so solo questo: che la vita è contraddittoria, e in essa il senso e il non senso sono intrecciati in modo tale che laddove si sperimenta l’insensatezza maggiore, e il male è insensato, si può anche scoprire uno spazio di senso della propria esistenza, un piccolo spazio di senso sufficiente ad illuminare l’esistenza intera. Così, per me, è la fede in Gesù Cristo. Piccolo frammento di senso nel mezzo di un mondo che testimonia tutto il contrario. Piccolo e tuttavia sufficiente ad illuminare tutta la mia esistenza. In questo come il professor Veronesi presumo, diversi. Ma la fede non è avere le rispote a tutte le domande. La fede è soprattutto camminare. Camminare con Gesù, seguirlo, e camminare anche con gli altri. E oggi, piuttosto che essermi imbattuto in un chirurgo senza dio, mi sembra di aver scoperto un compagno di viaggio. 

 

Perché ci tenevo a parlare di questa trasmissione di cui forse un italiano su diecimila avrà sentito parlare? Perché mi sono sentito chiamato in causa. Io sono uno di quegli atei erosi dal rancore verso la religione, che sentono la necessità di smascherare ovunque ingenuità e inganni nascosti nella fede di chi crede. In più aggiungerei che sono pure uno di quegli atei che è infastidito per tutto lo spazio riservato alla dottrina cattolica sulle reti di servizio pubblico, a fronte di un bel niente per gli atei, che pure non sono pochi. Pazienza per i pastafariani: di sicuro non ne troverai nessuno disposto a parlare alla radio la domenica mattina. Sono uno di quegli atei a cui dà fastidio essere considerati da un servizio pubblico come una anormalità della fede, come una specie di piccola percentuale di pecorelle per cui è statisticamente normale perdere il sentiero del buon pastore, magari per debolezza o deliberata cattiveria; oppure, come nel caso del professor Veronesi, per esperienze forti nella vita a cui sono state date le risposte sbagliate. Sono stanco che questo sia considerato normale. Non lo è. Normale è una radio pubblica al servizio di uno stato laico, in cui si fa informazione, cultura ed intrattenimento, non catechismo su larga scala. Chi ha voglia di prediche e di rosari cambia stazione e mette di Radio Maria o su qualunque stazione trasmetta privatamente quello che la sua religione vuol fargli credere. E sono pure stanco di abitare in una nazione in cui un povero giornalista col paraocchi possa permettersi in virtù di non so quale principio di analizzare e giudicare le scelte della vita di un uomo di scienza, come a porsi al suo pari se non ad un gradino superiore. Non è normale e non mi piace.

 

Che cos’altro mi erode di rancore verso la religione? Forse il solito, banale, trito e ritrito pregiudizio che se uno è ateo è con tutta probabilità una persona cattiva. Ricito:

 

mi è stato anche insegnato a non stupirmi del fatto che una persona buona possa non credere in dio, perché tante possono essere le ragioni e le esperienze che conducono a questa convinzione

Tipo una buona istruzione? La storia insegna che non sono gli atei ad uccidere per religione. Gli atei sono liberi dal controllo della moralità distorta della religione, e sono capaci da soli di capire cosa è giusto o sbagliato, senza la ridicola minaccia di inferno e paradiso. La frase citata dice che Veronesi è si ateo, però è bravo. Ed è solo colpa del fatto che fa l’oncologo che ha perso la fede: un rischio del mestiere in cui difficilmente si imbatte chi fa il giornalista cattolico per la Rai. Per me equivale alle più squallide affermazioni razziste che ho sentito mille e più volte, un po’ da tutte le parti. Tipo:

 

È meridionale, però lavora

 

oppure

 

Viene dall’Europa dell’Est, ma è onesto

E già il fatto di riconoscere delle qualità nascoste ed inaspettate nella persona, fa sentire chi le ha procunciate non come un razzista, ma come una specie di illiminato pensatore. Non è così, e non credo che debba stare qui a spiegarlo.

 

Finché queste cose le sento dire di altre categorie, mi dà fastidio. Ma quando non so come mi ritrovo dentro anch’io in una categoria, quella di quegli sbadati che hanno perso la fede, allora mi sento eroso dal rancore. E posso capire anche il rancore di tutti i meridionali lavoratori e degli est-europei onesti.

 

Il finale del monologo è classico: non ci sono risposte, ma solo domande. L”importante è camminare con Gesù, dietro a Gesù, eccetera. Che bello. Che bella questa vita in cui ci sono anche degli atei spirituali con cui poter parlare, e condividere un pezzo di cammino. Grazie signore grazie grazie. Magari arriverà un giorno in cui alla radio potranno parlare delle persone che hanno qualcosa da dire.

 

Le risposte in realtà ci sono da tempo. La prima è 42, lo sanno tutti ormai. Per chi invece vuole delle cose più concrete sul significato della vita, allora troverà quello che cerca qui.

 

Il senso della vita

I problemi dell’educazione religiosa dei figli per un padre ateo e pastafariano

E’ facile convertirsi al Pastafarianesimo: è una religione che offre tutte le agevolazioni, non è esigente, non richiede la frequenza a noiosi riti nei giorni di festa e non vede nella sofferenza e nel sacrificio un modo di avvicinarsi a dio.

 

Quello che però è meno facile è conciliare tutto questo con l’educazione di un figlio. Probabilmente perché nel frattempo ho conosciuto più a fondo questa religione, ed insieme ad essa anche tante questioni. Argomenti sottili, che arrivano a toccare anche altre religioni, prima fra tutte la negazione stessa della religione, l’ateismo. Tutti questi ragionamenti, spesso guidati dall’illuminazione di qualche birra consumata in compagnia di amici nella mia taverna preferita, non hanno mai fatto vacillare la mia fede nel Pastafarianesimo, anzi l’hanno rafforzata ed integrata di una forte dose di razionalità. Il risultato è che si è complicato l’approccio spensierato ed entusiasta dei primi tempi. Per altre religioni parlare di fede razionale è un controsenso se non addirittura una bestemmia: si sa che nelle religioni un po’ inconsistenti la ragione allontana dalla fede, e quindi il pensiero fine e autonomo viene scoraggiato fortemente. Ma nel Pastafarianesimo si può ragionare: da soli, in una euforica compagnia di amici, con degli sconosciuti rispettosi e non armati. E il ragionamento non può che portare nuovi argomenti a rafforzare questa religione: ecco uno dei punti che più amo e che più dà vento alle vele della mia fede razionale in questa religione.

 

Ma partiamo con ordine. Il Pastafarianesimo è una religione, ed io ne sono un devoto seguace. Secondo il modo di agire comune alle altre religioni, dovrei volere che pure mio figlio lo sia allo stesso modo. Da pastafariano, mi auguro che conduca sul pianeta una vita felice, rispettosa e ricca di soddisfazioni, e che giunto alla fine della stessa si meriti appieno il suo spumeggiante vulcano di birra fresca con annessa la fabbrica di conturbanti spogliarelliste. Ma ho già detto che il pastafarianesimo è una religione particolare, che accoglie a braccia aperte nella sua comunità anche persone che non credono alla lettera nell’esistenza del Flying Spaghetti Monster, ma che semplicemente scelgono di accettarne i consigli di comportamento. Questo rende automaticamente pastafariana qualunque persona del pianeta, a condizione che segua dei precetti morali coerenti con i nostri. Anche a sua insaputa, già. E soprattutto, anche se crede in una divinità concorrente. Il Flying Spaghetti Monster, a differenza di gran parte delle divinità monoteistiche moderne e passate, non è per niente geloso, e non minaccia mai di scatenare la sua collera contro chi crede in altri dei o non crede in lui. Diciamo pure che il Signore del Carboidrato in questo è una divinità controcorrente, perché non si limita a suggerire dei comportamenti, ma è il primo a dare il buon esempio seguendo lui stesso le sue indicazioni di tolleranza e rispetto.

Obama Pirata Pastafarriano
Il presidente degli Stati Uniti è a sua insaputa pastafariano, sebbene frequenti anche una chiesa di una divinità alternativa

Grazie a questo sano principio posso stare tranquillo che se anche mio figlio non abbraccerà mai la fede pastafariana, basta che si comporti in modo moralmente accettabile e avrà comunque diritto a vulcano e spogliarelliste, e quando giungerà il suo momento sarà per lui una piacevolissima sorpresa, ne sono certo. Sarà quindi sufficiente che io lo formi secondo i principi etici in cui credo. Considerando che i principi morali sono innati in ogni essere umano, non dovrò imporgli proprio niente, casomai evitare che qualche altro principio distorto preso da altre religioni non finisca per intrufolarsi.

 

E perché dovrei fare tutto questo? Non potrei semplicemente condurre mio figlio sulla strada del Pastafarianesimo? Ci ho pensato a lungo. E alla fine ho deciso di no. Per tre motivi.

 

Il motivo etico

L’ho appena detto: ogni persona ha da sé tutto quello che gli serve per capire che cosa è giusto o sbagliato, senza che questo gli venga spiegato da un prete in malafede o da un conoscente bigotto e zelante, senza che gli venga fatto credere che in base a come si comporta in questo universo ci saranno terribili punizioni o meravigliosi premi in una ipotetica e trascendentale vita futura. Il mondo, come dice il poeta, è fatto di buoni e cattivi. I primi si comportano bene e i secondi, manco a dirlo, si comportano male. La religione è il sistema più subdolo e raffinato per forzare le persone buone di comportarsi male o semplicemente in modo eticamente distorto, mantenendo però la coscienza pulita. Francamente, non voglio questo per mio figlio. Se mai si comporterà male, voglio che lo faccia per puro spirito di cattiveria volontaria, non certo per attendere ai secondi fini di chissà quale lunatica divinità.

Il motivo della libera scelta

Il secondo motivo è pure più semplice: non ho l’arroganza di pretendere che il mio dio sia quello giusto, e che debba essere io a decidere per mio figlio quale dio dovrà adorare. Non voglio fare l’errore tipico dei genitori religiosi di tutto il mondo che costringono i loro figli a seguire la propria religione, attraverso rituali di iniziazione ancestrali come circoncisioni o immersioni in acqua per perdonare loro dei reati che non hanno nemmeno avuto il tempo di commettere. Molta gente pensa che con questo mio comportamento io stia privando mio figlio di una cosa importante come la fede. In realtà è proprio il contrario: io comportandomi così non gli sto imponendo niente che vada contro la sua volontà, e se un giorno lo vorrà non avrà nessun pregiudizio e potrà scegliere la religione che preferisce. Voglio ricordare che nessun bambino nasce credente, ma che la religione viene in genere infilata nella testa contro la sua volontà in una età in cui la fiducia negli adulti è massima, unita alla totale incapacità di difendersi e di distinguere il vero dal falso. Basta provare a parlare di catechismo ad un figlio solo quando ha compiuto diciott’anni, per vedere cosa dice, e se sarà felice di dover confessare i suoi atti impuri ad un prete. Mio figlio avrà accesso ad una vasta letteratura per l’infanzia e magari, quando lo riterrò il momento adatto, insieme ai più celebri classici per bambini e ragazzi potrò anche fargli conoscere le storie più divertenti e singolari delle divinità del passato. I miti greci, sempre attualissimi nei loro concetti assoluti di esseri umani impavidi e curiosi che si scontrano con divinità imperfette e capricciose; quelli nordici, di respiro più catastrofico e grandioso nella lotta contro una natura avversa. Le favole degli indiani d’America secondo cui discendiamo dalle stelle; quelle dei popoli africani, piene di ancestrali animali parlanti. Ma anche le incredibili bizzarrie degli dei gelosi e truculenti del vicino Oriente, tutt’ora le più apprezzate da miliardi di persone al mondo. Starà a lui capire la differenza tra la letteratura classica e quella di matrice religiosa, e decidere se avrà bisogno credere nell’esistenza di qualcosa di tutto questo per sentirsi a posto con se stesso. Magari sceglierà il poderoso dio col martello Thor, o magari Bacco, generoso dispensatore di bevande alcoliche. Oppure stupirà tutti scegliendo come libro sacro un vero classico della letteratura quale l’Isola del Tesoro ed eleggendo il capitano Flint a dio pirata personale, degno di ogni venerazione. Se poi qualche dio sentirà il bisogno di manifestarsi presso mio figlio per far valere le sue ragioni, sarà libero di farlo. Basta che ci metta la faccia di persona: sono stanco di tutti questi dei che funzionano solo per sentito dire.

Il motivo concreto

Il terzo motivo varrebbe anche da solo, senza gli altri due: la mia amata arriva a condividere i miei sentimenti atei, ma non la mia passione pastafariana. Quindi ho carta bianca sull’ateismo, ma se solo provassi a spiegare ai mio figlio la Sugosa Via dello Spaghetto, vivrei nel terrore che li faccia battezzare di nascosto in chiesa alla prima occasione, giusto per farmi torto.

Di motivi ce ne sono abbastanza. In più ci vedo un ottimo punto di forza: quando un bambino cresce senza che la testa gli venga riempita di storielle religiose fatte passare per vere, maturerà una mentalità più scientifica e razionale. Sarà portato naturalmente a non credere a tutto quello che si dice, alle pseudoscienze, allo spiritismo, alle scie comiche, ai presidenti che si sono fatti da soli e alla lobby dei barbieri (grazie a Lega Nerd per la gustosa segnalazione, starò attento la prossima volta che mi faccio tagliare i capelli). Potrà vivere meglio, in pace con se stesso, senza che debba fare affidamento su interventi divini esterni ogni volta che ne ha bisogno, ma piuttosto contando consciamente sulle proprie capacità e sull’aiuto delle persone che lo circondano e che gli vogliono bene. Senza quell’angoscia generata da un dio onnipotente e guardone che non ha altro da fare che controllare ogni momento quello che pensa, dice o fa, per poi presentare poi il conto alla fine. Non ne avrà bisogno. Credo che nessuno ne abbia bisogno, serve solo il tempo di capirlo, e qualcuno deve pure iniziare.

 

Ma i preti credono in dio?

Forse non è la cosa più elegante parlare troppo spesso delle religioni altrui, ma non è certo colpa nostra: la religione altrui di cui si finisce sempre a discutere appassionatamente è terribilmente invasiva per la sua innata tendenza ad volersi occupare di faccende temporali che non la riguardano. Parlarne un poco va considerato come un tentativo di difesa.

 

E mentre tre amici timorati santificavano il venerdì sera con ingenti quantità di birra artigianale in una taverna del centro, emerge la fatidica domanda:

 

Ma i preti credono in dio

 

Intendendo ovviamente i preti cattolici. Quelli di cui l’Italia è piena, che girano impuniti e riveriti per le strade, che più salgono di grado più prendono la malsana tendenza di tenere comizi ed esprere opinioni personali fuori delle loro chiese e soprattutto su tutti i mezzi di informazione disponibili.

 


Perché i preti non dovrebbero credere in dio? Dicono a tutti che bisogna crederci, e che questo è il primo e fondamentale passo per la salvezza eterna dell’anima, una volta morti. Dovrebbero essere i primi a seguire questo semplice consiglio, e anche ringraziati che ce ne rendono partecipi. Che poi è la solita Scommessa di Pascal: è così semplice credere e costa così poco, che proprio non ha senso non farlo. A sentire loro, ovviamente.

 

Allora perché non dovrebbero crederci? Ma per una serie di piccole osservazioni che molti avranno già fatto. La più banale: basta essere persone di sufficiente istruzione e media cultura per porsi prima o poi una serie di domande sulla vita, l’universo e tutto quanto. Domande che contrastano con tutte quelle cose con cui ci hanno riempito la testa fin da bambini. Tipo che l’unica vera religione è sempre e solo la propria, mentre le altre sono false religioni che inneggiano a divinità inventate, o al massimo sono spiacevoli devianze dalla nostra causate dalla malafede e l’arroganza di individui del passato. Ma quando eravamo piccoli non ci hanno detto che se fossimo nati, che so, in Pakistan, il dio adorato in Italia sarebbe stato dipinto come un falso dio, mentre quello vero era un altro che a noi invece dicono che non va bene? E che quindi sono tanti i posti nel mondo, tra cui il nostro paese, in cui c’è un lavaggio sistematico del cervello messo in atto quando i destinatari non sono ancora in grado di difendersi a causa della tenera età? Non è questa una forma di disonestà che sfrutta l’innocenza dei bambini e la facilità con cui sono portati a prendere per vero tutto quello che gli si racconta? Se non fosse che i genitori che si comportano così, salvo rari casi di gravi traumi cerebrali, hanno subìto lo stesso trattamento quando erano piccoli, sarei portato a dire che è il modo più orribile di tradire la fiducia innata dei propri figli. Tutti i bambini nascono atei. Solo che spesso hanno la sfortuna di dover dipendere per i primi anni della loro vita da parenti più preoccupati di loro ipotetica vita futura che della loro salute mentale in quella presente.

 

Insomma, i preti sono del mestiere, e sono tutte persone che hanno studiato. Si renderanno sicuramente conto di queste cose, e se non ci sono arrivati da soli sono certo che qualcuno dei loro colleghi gli avrà accennato che il dio che predicano altro non è che una illusione di massa imposta dalle generazioni passate alle generazioni presenti in una fase della loro vita in cui la loro mente è particolarmente indifesa, il tutto con il tacito assenso di perpetuare quest’opera di indottrinamento forzato alle generazioni future.

 

Quindi l’unico motivo per cui la stragrande maggioranza dei cattolici è cattolica è che è nata da genitori cattolici in un paese cattolico. All’occhio di chi è cresciuto nel cattolicesimo può apparire irrispettoso e poco dignitoso il cornuto guerriero vichingo intento a violentare giovani vergini britanniche per onorare il dio del tuono, quanto un aruspice etrusco preso a sgozzare un bue in olocausto per leggere il futuro dal suo fegato caldo. Anche loro però potrebbero provare disgusto dall’abitudine del dio cristiano di prendere posto in tanti pezzettini di pane per farsi quindi divorare dai suoi fedeli ad ogni cerimonia religiosa. E se ancora vogliamo credere che un dio per essere tale debba esistere, allora per correttezza dovremmo pensare che esistano anche quelli degli altri. Vogliamo credere che ci siano tanti dei che combattono tra di loro ad un risiko della religione per ottenere più fedeli nelle proprie schiere? Forse è più facile pensare che in realtà un dio basti e avanzi, e che magari per motivi suoi si è manifestato in tanti modi differenti, dai più pittoreschi a base di terremoti, fulmini, statue piangenti e cespugli ardenti, a quelli più delicati come sogni particolarmente toccanti, macchie di muffa sulle pareti di casa o bruciature del pane tostato.

Una apparizione da tostapane del Flying Spaghetti Monster (a destra) e una di Gesù, il dio dei cristiani (a sinistra)

 

Io sono nato in Italia, il più classico dei contesti cattolici, per giunta onorato di essere l’unico stato confinante con la capitale religiosa del cattolicesimo: un privilegio ineguagliato. Ho frequentato ore su ore di religione e catechismo, più gli scout, pure cattolici, per una decina di anni. Sarei potuto diventare presidente del consiglio, ma invece sono arrivato un po’ alla volta a capire che le cose non dovevano andare così. Ho quindi intrapreso la normale trafila di abbandono totale di questa fede:

  1. critica alle gerarchie
  2. non frequentazione
  3. agnosticismo
  4. ateismo
  5. apostasia
  6. Pastafarianesimo

Per correttezza, devo dire che a parte le prime due fasi, i tempi della altre non sono così netti nel tempo, ma rimangono un po’ accavallati. Non è rilevante. Dicevo, ho ricevuto una forte educazione cattolica, ma nessuno strumento specifico per farla a pezzi. Ma ci sono arrivato lo stesso. Come me, ognuno per conto suo, la stragrande maggioranza dei miei amici. Tranne uno, molto devoto e a cui vogliamo molto bene, che anche se non glielo abbiamo mai chiesto prega costantemente per la salvezza delle nostre anime. Tutti i miei amici, lui compreso, abbiamo sostanzialmente ricevuto la stessa educazione scolastica, sociale e religiosa. Se penso ai preti, non vedo come delle persone che ancora più di noi hanno ricevuto una istruzione classica e specifica non possano aver messo in dubbio tutto il baraccone della loro fede.

 

Ma qui mi viene un dubbio: che istruzione specifica ricevono le gerarchie della chiesa? Hanno ricevuto un’istruzione appena sufficiente a dettare il dogma alle placide schiere dei loro fedeli creduloni, o invece si è andati più sul critico e profondo? Perché se così è, non posso accettare che una persona che ha affrontato la teologia in modo razionale possa credere nella pura ed esclusiva esistenza del proprio dio a scapito degli altri pari livello, o negare il funzionamento per pura eredità culturale della religione. E non mi vengano a dire che in fondo in fondo si crede negli insegnamenti del nuovo testamento, perché è ormai dimostrato da infinite circostanze che l’essere umano ha un senso etico innato che gli permette da solo di distinguere cosa è giusto o sbagliato, e che la religione non solo non lo migliora, ma anzi lo annebbia con sciocchezze senza senso che lo hanno portato a compiere in buona fede i più grandi orrori della storia dell’umanità.

 

Quindi o i preti sono solo dei poveri ignoranti a cui è stato fatto un ulteriore lavaggio del cervello da adulti dopo quello dell’infanzia, e si limitano a ripetere ad ogni messa lezioni su lezioni di vuote chiacchiere sospese tra una morale spiccia e la filosofia, oppure c’è sotto qualcos’altro, che io chiamo malafede. Magari da giovani si inizia a frequentare il seminario anche con un certo entusiasmo. Dopo qualche studio più approfondito ci si accorge che quel dio specifico in cui si credeva con tanto ingenuo ardore negli anni della spensierata fanciullezza si sgretola progressivamente, lasciando qualcosa come un forse-dio in coesistenza con tutti gli altri forse-dei che l’umanità ha creato nel corso della sua esistenza. La pigrizia tipicamente umana però mette l’uomo-prete di fronte ad un bivio: rinunciare a tutto e rifarsi da capo una vita da laico e miscredente, o chiudere un occhio sui propri princìpi morali e tenersi il lavoro sicuro nella chiesa, con tanto di agevolazioni fiscali, privilegi, protezione dalla legge e tutto il resto? Credo che pochi cambino strada seguendo la propria onestà morale. E’ molto più facile far finta di niente ed andare avanti: si è in buona compagnia, non sarà difficile.

Considerazioni del profeta su un fratello pirata in carcere

Due giorni fa è uscito un articolo del profeta sul sito ufficiale. Questo qui, se non lo avete ancora letto.

 

Per chi di voi non è pratico di inglese o non ha voglia di spendere quei cinque minuti per andare a vederlo, lo riassumo brevemente: un fratello pirata pastafariano è ospite suo malgrado di una prigione americana per reati non ben specificati, e gli viene negata la possibilità di esercitare la sua religione. In particolare di indossare i paramenti religiosi pirateschi e di praticare il culto del venerdì sera bevendo birra all’osteria in compagnia di fratelli correligiosi. In più chiede dei danni, nella misura di 5 milioni di dollari, per profonda sofferenza spirituale, emotiva e psicologica derivante proprio dalla negazione del permesso di esercitare la sua religione.

 

Il profeta è ovviamente scettico di chi chiede soldi in questo modo. E 5 milioni di dollari è una cifra forse un po’ sovradimensionata. Non so quale sia la quotazione delle sofferenze emotive negli Stati Uniti, ma il profeta la pensa come me. In più ritiene che buttare tutto sui soldi rovini un poco il caso, perché fa passare il detenuto per un profittatore invece che per una vittima religiosa.

 

Ciò non toglie, prosegue il profeta, che i motivi che hanno spinto le autorità a negare questi permessi si fondano su falsi dati, ovvero sul fatto che lo stesso Bobby Henderson avrebbe affermato che il Pastafarianesimo è una parodia di religione. E qui giustamente il profeta coglie l’occasione per fare un chiarimento: lui non ritiene che il Pastafarianesimo sia una parodia di religione e non ha mai affermato che lo sia, definendo molto bene quello che a mio avviso è uno dei veri capisaldi del pensiero pastafariano:

 

Quello che dico, qualche volta, è che c’è un buon numero di Pastafariani che non crede alla lettera nell’esistenza del Flying Spaghetti Monster o nella nostra storia della Creazione. E questo va bene: è cosa comune anche nelle religioni principali che qualcuno sia scettico nelle scritture. La differenza è che con il Pastafarianesimo, la nostra cultura è più aperta ad accettare persone più propense allo scetticismo, mentre nelle religioni principali il dubbio è visto come un affronto alla verità dei dogmi.

 

Il punto è che in generale ci sono dubbiosi in ogni religione, semplicemente perché tutte le scritture sono piene di cose senza senso. Nessuno direbbe mai che il Cristianesimo è una parodia solo perché qualcuno dei suoi membri non si beve la storia del mondo creato in sette giorni, del serpente parlante eccetera.

 

La religione è più di un insieme di credenze e rituali, è un modo di formare una comunità, e la trama che dà un senso al nostro ruolo nell’universo. E riguardo a questo, penso che che gli ufficiali carcerari hanno fatto un torto a Cavanaugh non permettendogli di praticare la sua fede. Voglio dire, Non chiedeva poi così tanto. Voleva solo comprarsi un costume da pirata con i suoi soldi e uscire con altri pastafariani una volta alla settimana.

 

Non voglio negare che io stesso a volte ho un po’ di problemi a conciliare il mio pensiero profondamente ateo con il mio cuore pastafariano. Credo che però la spiegazione di Bobby abbia veramente colto nel segno: non occorre credere in dio alla lettera, sia pure questo Sua Spaghettosità il Flying Spaghetti Monster, ma può anche bastare il voler aderire ad una comunità religiosa ben definita dalla comunione di intenti e di valori che la lega. E in questo mi sento profondamente Pastafariano, sono fiero di potermi definire fratello di tutti i pirati e le piratesse del mondo che ne fanno parte. E magari un venerdì potrò anche offrire una birra ad un fratello che ha avuto la sfortuna di inciampare nella giustizia. Purtroppo, ricordiamolo, molte forme di pirateria sono tutt’ora illegali in molti stati, tra cui l’Italia.

 

 

Ah, dimenticavo due cose. La prima è una nota per le autorità della prigione del Nebraska: chi definisce il Pastafarianesimo come una religione parodistica è la Wikipedia, che non è un organo ufficiale di divulgazione della fede pastafariana. La seconda è che la foto dei pirati in prigione col cane l’ho presa qui, e credo che venga dal set dei Pirati dei Caraibi di un qualche parco Disney. Probabilmente quello che ha ispirato i film con Jack Sparrow. Cercavo una foto del pirata incarcerato nei Corsari di Gardaland, per fare un po’ il provinciale, ma ho trovato solo questo video, terrificante in tutti i sensi. Vedrò di rimediare di persona alla prossima visita al mio parco giochi preferito.

Rinnovamento sì, rinnovamento no, rinnovamento do

Alcune settimane fa, un gran numero di anziani vestiti ed ingioiellati come ricche matrone dell’alta borghesia si sono incontrati dal loro superiore biancovestito in un grosso stanzone affrescato, in un palazzo di uno stato che confina solo con l’Italia. Il motivo dell’incontro straordinario era decidere se, come e quanto modernizzare la religione a cui loro fanno capo in intercessione del loro dio, che è assente ormai da millenni e non può farlo personalmente. A dispetto dell’aspetto lugubre ed un po’ imbarazzante dei citati personaggi, nel mondo ci sono moltissime persone che dipendono da questi e che non aspettano altro che sapere cosa viene detto e deciso in questi luoghi, per riformulare di conseguenza il rapporto intimo con il loro dio e quello spero meno intimo con il loro prete.

Luminari religiosi giungono da ogni dove

 

E qui iniziano i problemi. Pare infatti che questo genere di riunioni non sia aperto alla stampa come ci si aspetta per una conferenza di tale importanza e risonanza. O meglio: gli anziani si ritrovano di per conto loro, e probabilmente parlano tutto il giorno dei loro fatti. Ma solo alla fine dell’estenuante giornata c’è un delegato religioso degli stessi che ha il compito di riferire gli eventi occorsi alla corte di giornalisti assiepati al portone da ore, e questi rapidi riportano le preziose testimonianze di seconda mano ad uso del loro avido pubblico di lettori.


 

Che tipo di testimonianza ne fa il delegato religioso? Non possiamo lamentarci: quello che esce dalle sue parole non è uno sterile bollettino, ma un pittoresco racconto degli eventi, con tanto di osservazioni e considerazioni personali su argomenti, fatti e persone coinvolte. L’argomento principe, neanche a dirlo, è il rinnovamento della chiesa. Già, perché molta gente accusa questa chiesa di essere poco moderna. Come se per qualcuno non basta un papa molto buono e simpatico a modernizzarla automaticamente dall’alto medioevo in cui sembra rimasta. Insomma, capita che qualcuno voglia dei fatti concreti. E fatti sono stati. Uno su tutti: in questo grosso ed importante incontro non si è parlato in latino, ma in italiano. E ditemi se è poco. Un balzo in avanti di minimo un millennio: siamo passati dalla lingua di Costantino del 300 dopo Cristo al fiorentino di Dante Alighieri. Per il francese del Regno di Sardegna o l’inglese dell’Unione Europea dovremo ancora aspettare, ma diamo tempo a questi augusti vegliardi e vedrete che prima o poi ci arriveranno anche loro.

 

Poi: di cosa si è parlato? Ma di cose moderne! Per esempio se sia il caso o meno che dei divorziati possano fare la comunione nelle loro chiese. Che poi dico: i preti hanno forse nelle loro sagrestie un elenco di tutti i divorziati con foto segnaletica che viene ripassato prima di ogni messa, di modo da essere pronti ad impedire la comunione ai trasgressori? O a questo ci pensano le pie donne di supporto alla parrocchia, appostate come cecchini nei punti elevati dell’edificio, pronte ad interrompere la cerimonia in caso di infrazione? Pare che non ce ne sarà più bisogno: con un gran moto di modernità, forse verrà restituita la possibilità di comunicare con il divino agli sciagurati sfasciafamiglie, se questi si dimostreranno degni del perdono attraverso un corso di recupero. Un po’ come quello che si fa a quelli che hanno perso tutti i punti della patente. La differenza che con questo la patente viene restituita, mentre ai divorziati, fortuna loro, non verrà restituito il matrimonio, ma solo il diritto a fare la comunione. Dio sarà sicuramente d’accordo. D’altra parte è un po’ che non si fa sentire, ed è lui che ha deciso di fidarsi di questi personaggi, quindi non può certo lamentarsi.

 

Ma non hanno parlato solo i questo. Per esempio hanno parlato degli omosessuali. Argomento quanto mai attuale, visto che queste persone, nonostante l’ostilità della natura nei loro confronti, si ostinino a non estinguersi. Sempre più spesso chiedono, ma pensa un po’, di godere degli stessi diritti di cui godono le altre persone, gli eterosessuali. La questione è delicata: gli omosessuali vogliono sposarsi, o che perlomeno la società riconosca il loro stato civile di coppia. Per molti eterosessuali questo non va bene, perché secondo loro i diritti non sono estendibili: se riconosci il permesso a due persone dello stesso sesso di amarsi e di essere riconosciute come coppia, pensano che automaticamente neghi il permesso di fare la stessa cosa a quelli di sesso diverso. Quando delle pie persone fanno una fiaccolata contro le unioni omosessuali, non la chiamano fiaccolata contro le unioni omosessuali, ma fiaccolata a favore della famiglia tradizionale. Questo è un atteggiamento sbagliato. Ricordiamo che le famiglie non tradizionali hanno bisogno delle famiglie tradizionali, perché anche quando la società civile avrà riconosciuto loro tutti i diritti possibili ed immaginabili, anche allora dovranno rivolgersi ad altri per potere avere dei bambini. Ed in generale se avranno la fortuna di potere adottare un bambino, ci sono buone possibilità che questo bambino arrivi da una famiglia tradizionale in cui qualcosa non è andato come si aspettava, non da un’altra famiglia non tradizionale in cui a causa di problemi causati dall’eccesso o dal difetto di figure paterne o materne qualcosa è andato storto, e viene quindi fatto un reso al fornitore.

 

Insomma, si è parlato anche di questo al grosso incontro degli anziani religiosi. Pare ci siano state anche delle correnti contrapposte, diversi schieramenti a favore dell’una o dell’altra veduta, riporta il portavoce clericale. Dopo giorni di accese discussioni, dimostrazione di un grande interesse nelle questioni proposte, è uscita la risposta al problema: no. Non se ne parla. Dicono i presenti, ormai a piede libero dopo lo scioglimento della conferenza: non possiamo accettare che una coppia omosessuale sia unita dal sacro vincolo del matrimonio, che è fortemente votato alla natura intrinseca dell’unione di un uomo con una donna. Che poi, dico: probabilmente del riconoscimento da parte di dio del loro matrimonio alle coppie omosessuali interessa ben poco, a loro interessa che i loro diritti vengano riconosciuti dalla società civile al pari dei diritti delle coppie eterosessuali. Comunque il fatto è veramente straordinario: è sorprendente come la chiesa faccia appello ad un principio naturale, quello elementare secondo cui da due esseri umani dello stesso sesso non può essere generata nuova vita. Questo detto dalla stessa chiesa, che con la natura e la biologia ha molto poco a che fare. La stessa chiesa che crede nei miracoli, che altro non sono che delle interruzioni temporanee delle leggi della fisica, o che ci ha messo alcuni secoli a scusarsi del trattamento che ha riservato a Galileo Galilei, reo di aver osservato il mondo per capire da solo come funziona. La stessa chiesa che solo di recente ha fatto delle deboli aperture alle teorie scientifiche del Big Bang accostandole in pari dignità alla favola di Adamo, Eva e del serpente parlante, o che ritiene che sia possibile parlare con i morti o con degli esseri extradimensionali. La stessa chiesa che crede che il mondo sia diviso tra buoni e cattivi, e che per i primi verrà un giorno in cui dovranno tutti, vivi o morti che siano, salire in un luogo metafisico, portando però con sé il corpo materiale di cui, se morti, si erano privati. Voglio proprio vedere come e con che piacere lo faranno quelli morti da un po’ di tempo. Questa chiesa, per cui queste e molte altre cose non la pongono certo come la più attenta sostenitrice della scienza, si ritrova a fare appello alla biologia, per spiegarci come due uomini, per quanto si ostinino a provarci, non potranno mai avere dei bambini in modo naturale. Sono sicuro però che i diretti interessati già lo sapessero, anche senza che glielo dicesse il vescovo.

 

Quindi, se i nobili vegliardi riuniti hanno negato la possibilità che la chiesa riconosca la coppia omosessuale, forse implicitamente ne stanno passando l’incarico alle autorità civili dello stato italiano. Che già da tempo avrebbe dovuto accettare tale unione, visto che così ha deciso l’Unione Europea, di cui l’Italia fa parte, anche a dispetto del pensiero delle autorità religiose, a cui l’Italia non è formalmente assoggettata. E magari finalmente si potranno evitare quelle barzellette per cui il ministro del servilismo clericale ordina ai suoi sgherri delle prefetture di annullare dei documenti dei sindaci attestanti unioni omosessuali contratte all’estero. Ormai non fanno più tanto ridere, soprattutto a chi è coinvolto direttamente.

 

Adesso che ormai il clamore dell’evento eccezionale si è spento, volevo analizzare la cosa senza quella forte emozione che può prenderci di fronte ad un fatto così straordinariamente epocale. Per fare questo, ho deciso di scegliere dei campioni di persone a rappresentanza del popolo italiano, per capire come le decisioni prese durante la conferenza religiosa cambieranno profondamente le loro vite.

 

Ho scelto:

  1. il buon credente
  2. il medio credente mal frequentante
  3. il miscredente, o ateo, o pastafariano di turno che non si riconosce nella citata chiesa

 

1, Il buon credente

Conosco un po’ di buoni credenti. Persone che per essere tali vengono istruiti dai preti di riferimento sulle idee che devono avere riguardo ad ogni questione morale, anche che non riguardi direttamente dio o la chiesa. Sono persone straordinarie, perché classificano ogni prova lampante contro la loro credenza come una prova a cui il loro dio li sottopone per testare la loro fede. Quando si parla del male del mondo e di come il loro dio di amore non si comporta così bene come dice di essere, allora in questo caso ci si appella al famigerato inquilino del piano di sotto, soggetto poco raccomandabile, zoccoluto e sulfureo, sempre pronto a tentarci con false promesse e piaceri terreni.

 

Il buon credente per essere tale deve essere disinformato. Perché si sa che i giornali e tutti i mezzi di comunicazione che non dipendono direttamente dalla loro chiesa sono un covo di giornalisti atei o assoggettati al demonio, che si divertono a pubblicare in mala fede ogni sorta di notizia falsa o tendenziosa, ed il rischio che ci distolgano dalla vera fede è dietro l’angolo. Quindi se il buon credente sa che c’è stato il sinodo è perché glielo ha detto il loro prete, ma sicuramente non è andato a vedere in Internet o sul giornale che cosa è emerso. Meglio non correre rischi inutili. Avranno delle idee a riguardo quando il loro prete giudicherà giusto dargliele, o quando verrà scritto qualcosa sulla rivista o sul giornale autorizzato, sempre che giudichi il suo mite pubblico abbastanza preparato per questi argomenti un po’ forti.

 

Cosa succederà allora quando anche il buon credente accederà a queste informazioni? Magari cambierà un po’ l’idea sulle coppie omosessuali, se questa sarà la volontà dei suoi superiori. Ho avuto più discussioni allucinanti riguardo a queste cose con dei buoni credenti, ma non ne ho mai concluso niente: in me non è risbocciata alcuna fede nel loro dio, e nonostante prove a piene mani non sono riuscito a smuovere di un centimetro la loro fede. Perché se un buon pastafariano vuole combattere con le armi della ragione o della morale umana, di là sentirà di risposta sempre e solo la stessa musica:

  • sta scritto così nel nostro vecchio libro in cui le cose che ci fanno comodo vanno prese alla lettera, mentre altre o sono episodi che vanno contestualizzati storicamente, oppure metafore da interpretare
  • bisogna credere per fede
  • io con dio di parlo e lui mi risponde
  • è tutta colpa del diavolo

Niente da dire: chi ha creato tutto questo è stato proprio bravo.

 

Ma sono convinto che anche il buon credente abbia una parte della testa in cui i preti non entrano. Per esempio, dubito fortemente che la castità prematrimoniale richiesta dalla chiesa venga rispettata alla lettera, così come l’accoppiamento a fini puramente riproduttivi del dopo matrimonio. Perché va bene tutto, ma ci sono due cose importanti di cui tenere conto:

  1.  come dice il profeta di noi pastafariani, se dio non voleva che si facesse l’amore, allora non lo rendeva così piacevole. Ed è una delle poche cose veramente divertenti, che fanno bene al fisico e alla mente, gratuite (non sempre) e legali (anche qui non sempre). Se io fossi ministro della salute o qualcosa del genere, cercherei di fare dei programmi governativi per incentivare il più possibile la pratica sessuale, non di ostacolarla. I benefici per la nazione sarebbero numerosissimi.
  2. possono dirci quello che vogliono, ma la vita è una cosa, mentre quello che rimane nel preservativo è solo del liquido appiccicaticcio. Se tutti gli spermatozoi presenti si erano illusi di diventare miei figlio, allora mi spiace deluderli, perché anche se il amerei tutto allo stesso modo in cui amo l’unico che fino adesso ce l’ha fatta, non potrei permettermi di mantenerli tutti. E lo stato italiano fallirebbe se dovesse darmi 80 euro al mese per ognuno di loro.

Guardando la gente che entra a messa la domenica, non mi sembra che le famiglie abbiano poi tutti questi figli come cent’anni fa. Quindi credo proprio che anche per il buon credente valga la regola che i preti e le loro belle idee debbano rimanere fuori della camera da letto.

 

2, Il medio credente mal frequentante

Qui dentro io ci metto tutto quel gruppo di persone che non hanno dichiarato guerra alla religione mainstream, ma se non altro hanno deciso di pensare con la loro testa. E di passare la domenica mattina in un modo utile o semplicemente piacevole.

 

Cosa ne pensa una di queste persone di quanto hanno deciso i sommi vertici della chiesa anche ancora lo rappresenta? Credo proprio niente. Gli interesserà quanto interessa a me di sentire la telecronaca entusiasta di una partita di calcio di serie B alla radio mentre faccio la doccia: è un disturbo di fondo, ma non così fastidioso da costringermi a cambiare stazione per poi doverla ricercare il giorno dopo.

 

Credo che il medio credente mal frequentante se va a messa ogni tanto lo fa per motivi che non capisce bene nemmeno lui stesso. Probabilmente per proteggersi più o meno consciamente le terga secondo il principio ben definito dalla Scommessa di Pascal. Magari si aspetta, una volta morto, di scoprire se ha azzeccato il dio giusto, e di quindi di patteggiare una pena non troppo pesante conformemente ad un impegno in vita trascurato, ma comunque presente. In definitiva, non è una persona molto attenta a quello che accade agli alti vertici della sua religione. Credo che della citata conferenza gliene importi ben poco.

 

3, Il miscredente, o ateo, o pastafariano di turno che non si riconosce nella citata chiesa

La mia categoria preferita. E delle tre è sicuramente l’unica che è profondamente interessata a quanto accade tra gli anziani capi della chiesa imperante in Italia. Per vari motivi, qui elencati:

  1. Con l’esperienza del tempo, ho notato che ogni volta che questa chiesa impone dall’alto un precetto di cui non si capisce bene il motivo, questo va contro la morale elementare dell’umanità, e nel dubbio lo prendo come indicazione per fare esattamente il contrario.
  2. In Italia gli atei, i razionalisti, i liberi pensatori, gli umanisti, gli agnostici, i pastafariani e tutti gli altri appartenenti alla mia categoria numero 3 sono quelli che sanno bene come lo stato italiano è tenuto in ostaggio da un gruppo di ottusi politici microcefali il cui primo scopo è quello di compiacere ciecamente la chiesa. Troppo spesso quindi se vogliamo che i diritti di molte categorie deboli in Italia vengano rispettati, purtroppo dobbiamo passare da questi ridicoli concili religiosi, e possibilmente aspettare in grazia che queste persone la cui mentalità è ferma all’età della pietra un po’ alla volta capiscano che per ogni piccolo  e sbandierato passo di rinnovamento che fanno loro verso un modo di pensare semplicemente più normale, il resto dell’umanità ne fa quarantadue. E ne farebbe anche di più, se non fosse che ogni tanto si ferma per guardarsi indietro a farsi due risate a vedere quanto si prendono sul serio questi vecchi rimbambiti, per poi piangere a pensare a quanta gente ancora li sta ad ascoltare.

 

In conclusione

Dalla mia analisi risulta che delle conferenze dei vescovi le uniche persone a cui interessa qualcosa siano quelle della categoria 3, ovvero quelle a cui dovrebbe interessare meno e che apertamente sono i più ostili. E allora la domanda è:

 

– perché la stampa italiana si è sentita in dovere di sprecare pagine su pagine e ore di trasmissioni su questo argomento, ed i politici di commentare ogni voce?

 

Proprio non lo so. Questi prelati potevano trovarsi senza dire niente a nessuno. Magari in un posto meno vistoso che a Roma. Oppure fare una videoconferenza, che risparmiavano pure qualche soldo, con il costo degli alloggi a Roma e la tassa del turista. Se poi volevano una soluzione a costo zero, potevano anche fare tutto in un forum in Internet: nessuno spostamento, tutto ben documentato, tolleranza ai fusi orari, possibilità di traduzione al volo. Oppure non trovarsi del tutto che facevano prima: che cosa pensavano di combinare? Come se ad un gruppo di vecchi preti basta mettersi a discutere tra loro per cambiare tutti idea sulle nozze gay. Come se i politici italiani si mettessero a fare delle leggi nell’interesse della nazione. E’ più facile che se mai nel mucchio fumante di persone riunite ce n’era uno quel poco più liberale da pensarla già in modo normale, si sarà depresso e quindi arreso alla volontà della mandria. E forse il senso era proprio questo, alla fine.

 

E forse il senso di tutto era ancora lì: far vedere che l’umanità può anche cambiare per conto suo, seguendo logiche dettate dall’etica libera da religione del pensiero umano. Ma questa gente, finché ci sarà una massa di pecore credulone che gli va dietro ciecamente e molti miliardi di euro ad aiutarli, continuerà ad insistere con gli strumenti più potenti del controllo umano: l’ignoranza e la superstizione. E finché potrà darà spettacolo con queste baracconate, ridicole dimostrazioni di potenza per un pubblico di poche pretese. Ed insieme a loro tutti gli altri capi religiosi, sempre pronti a spiegare alle loro masse quello che devono dire, fare e pensare, ma mai troppo propensi ad applicare i loro concetti su loro stessi. Siamo lontani dall’atteggiamento illuminato del Pastafarianesimo, dove nessun dogma è imposto dall’alto e dove, da ateo pastafariano che sono mi sento di dirlo, il credere nell’esistenza stessa del proprio dio non è cosa strettamente necessaria per reputarsi dei degni fedeli.

 

Così sia. La chiesa si rinnova, ancora. E lentamente traccia un sentiero per le sue pecorelle che la gente che sa pensare con la sua testa ha percorso da anni, senza aspettare che gli venga indicato da qualcun’altro.

 

Fratelli, cantiamo insieme.