Ma i preti credono in dio?

Forse non è la cosa più elegante parlare troppo spesso delle religioni altrui, ma non è certo colpa nostra: la religione altrui di cui si finisce sempre a discutere appassionatamente è terribilmente invasiva per la sua innata tendenza ad volersi occupare di faccende temporali che non la riguardano. Parlarne un poco va considerato come un tentativo di difesa.

 

E mentre tre amici timorati santificavano il venerdì sera con ingenti quantità di birra artigianale in una taverna del centro, emerge la fatidica domanda:

 

Ma i preti credono in dio

 

Intendendo ovviamente i preti cattolici. Quelli di cui l’Italia è piena, che girano impuniti e riveriti per le strade, che più salgono di grado più prendono la malsana tendenza di tenere comizi ed esprere opinioni personali fuori delle loro chiese e soprattutto su tutti i mezzi di informazione disponibili.

 


Perché i preti non dovrebbero credere in dio? Dicono a tutti che bisogna crederci, e che questo è il primo e fondamentale passo per la salvezza eterna dell’anima, una volta morti. Dovrebbero essere i primi a seguire questo semplice consiglio, e anche ringraziati che ce ne rendono partecipi. Che poi è la solita Scommessa di Pascal: è così semplice credere e costa così poco, che proprio non ha senso non farlo. A sentire loro, ovviamente.

 

Allora perché non dovrebbero crederci? Ma per una serie di piccole osservazioni che molti avranno già fatto. La più banale: basta essere persone di sufficiente istruzione e media cultura per porsi prima o poi una serie di domande sulla vita, l’universo e tutto quanto. Domande che contrastano con tutte quelle cose con cui ci hanno riempito la testa fin da bambini. Tipo che l’unica vera religione è sempre e solo la propria, mentre le altre sono false religioni che inneggiano a divinità inventate, o al massimo sono spiacevoli devianze dalla nostra causate dalla malafede e l’arroganza di individui del passato. Ma quando eravamo piccoli non ci hanno detto che se fossimo nati, che so, in Pakistan, il dio adorato in Italia sarebbe stato dipinto come un falso dio, mentre quello vero era un altro che a noi invece dicono che non va bene? E che quindi sono tanti i posti nel mondo, tra cui il nostro paese, in cui c’è un lavaggio sistematico del cervello messo in atto quando i destinatari non sono ancora in grado di difendersi a causa della tenera età? Non è questa una forma di disonestà che sfrutta l’innocenza dei bambini e la facilità con cui sono portati a prendere per vero tutto quello che gli si racconta? Se non fosse che i genitori che si comportano così, salvo rari casi di gravi traumi cerebrali, hanno subìto lo stesso trattamento quando erano piccoli, sarei portato a dire che è il modo più orribile di tradire la fiducia innata dei propri figli. Tutti i bambini nascono atei. Solo che spesso hanno la sfortuna di dover dipendere per i primi anni della loro vita da parenti più preoccupati di loro ipotetica vita futura che della loro salute mentale in quella presente.

 

Insomma, i preti sono del mestiere, e sono tutte persone che hanno studiato. Si renderanno sicuramente conto di queste cose, e se non ci sono arrivati da soli sono certo che qualcuno dei loro colleghi gli avrà accennato che il dio che predicano altro non è che una illusione di massa imposta dalle generazioni passate alle generazioni presenti in una fase della loro vita in cui la loro mente è particolarmente indifesa, il tutto con il tacito assenso di perpetuare quest’opera di indottrinamento forzato alle generazioni future.

 

Quindi l’unico motivo per cui la stragrande maggioranza dei cattolici è cattolica è che è nata da genitori cattolici in un paese cattolico. All’occhio di chi è cresciuto nel cattolicesimo può apparire irrispettoso e poco dignitoso il cornuto guerriero vichingo intento a violentare giovani vergini britanniche per onorare il dio del tuono, quanto un aruspice etrusco preso a sgozzare un bue in olocausto per leggere il futuro dal suo fegato caldo. Anche loro però potrebbero provare disgusto dall’abitudine del dio cristiano di prendere posto in tanti pezzettini di pane per farsi quindi divorare dai suoi fedeli ad ogni cerimonia religiosa. E se ancora vogliamo credere che un dio per essere tale debba esistere, allora per correttezza dovremmo pensare che esistano anche quelli degli altri. Vogliamo credere che ci siano tanti dei che combattono tra di loro ad un risiko della religione per ottenere più fedeli nelle proprie schiere? Forse è più facile pensare che in realtà un dio basti e avanzi, e che magari per motivi suoi si è manifestato in tanti modi differenti, dai più pittoreschi a base di terremoti, fulmini, statue piangenti e cespugli ardenti, a quelli più delicati come sogni particolarmente toccanti, macchie di muffa sulle pareti di casa o bruciature del pane tostato.

Una apparizione da tostapane del Flying Spaghetti Monster (a destra) e una di Gesù, il dio dei cristiani (a sinistra)

 

Io sono nato in Italia, il più classico dei contesti cattolici, per giunta onorato di essere l’unico stato confinante con la capitale religiosa del cattolicesimo: un privilegio ineguagliato. Ho frequentato ore su ore di religione e catechismo, più gli scout, pure cattolici, per una decina di anni. Sarei potuto diventare presidente del consiglio, ma invece sono arrivato un po’ alla volta a capire che le cose non dovevano andare così. Ho quindi intrapreso la normale trafila di abbandono totale di questa fede:

  1. critica alle gerarchie
  2. non frequentazione
  3. agnosticismo
  4. ateismo
  5. apostasia
  6. Pastafarianesimo

Per correttezza, devo dire che a parte le prime due fasi, i tempi della altre non sono così netti nel tempo, ma rimangono un po’ accavallati. Non è rilevante. Dicevo, ho ricevuto una forte educazione cattolica, ma nessuno strumento specifico per farla a pezzi. Ma ci sono arrivato lo stesso. Come me, ognuno per conto suo, la stragrande maggioranza dei miei amici. Tranne uno, molto devoto e a cui vogliamo molto bene, che anche se non glielo abbiamo mai chiesto prega costantemente per la salvezza delle nostre anime. Tutti i miei amici, lui compreso, abbiamo sostanzialmente ricevuto la stessa educazione scolastica, sociale e religiosa. Se penso ai preti, non vedo come delle persone che ancora più di noi hanno ricevuto una istruzione classica e specifica non possano aver messo in dubbio tutto il baraccone della loro fede.

 

Ma qui mi viene un dubbio: che istruzione specifica ricevono le gerarchie della chiesa? Hanno ricevuto un’istruzione appena sufficiente a dettare il dogma alle placide schiere dei loro fedeli creduloni, o invece si è andati più sul critico e profondo? Perché se così è, non posso accettare che una persona che ha affrontato la teologia in modo razionale possa credere nella pura ed esclusiva esistenza del proprio dio a scapito degli altri pari livello, o negare il funzionamento per pura eredità culturale della religione. E non mi vengano a dire che in fondo in fondo si crede negli insegnamenti del nuovo testamento, perché è ormai dimostrato da infinite circostanze che l’essere umano ha un senso etico innato che gli permette da solo di distinguere cosa è giusto o sbagliato, e che la religione non solo non lo migliora, ma anzi lo annebbia con sciocchezze senza senso che lo hanno portato a compiere in buona fede i più grandi orrori della storia dell’umanità.

 

Quindi o i preti sono solo dei poveri ignoranti a cui è stato fatto un ulteriore lavaggio del cervello da adulti dopo quello dell’infanzia, e si limitano a ripetere ad ogni messa lezioni su lezioni di vuote chiacchiere sospese tra una morale spiccia e la filosofia, oppure c’è sotto qualcos’altro, che io chiamo malafede. Magari da giovani si inizia a frequentare il seminario anche con un certo entusiasmo. Dopo qualche studio più approfondito ci si accorge che quel dio specifico in cui si credeva con tanto ingenuo ardore negli anni della spensierata fanciullezza si sgretola progressivamente, lasciando qualcosa come un forse-dio in coesistenza con tutti gli altri forse-dei che l’umanità ha creato nel corso della sua esistenza. La pigrizia tipicamente umana però mette l’uomo-prete di fronte ad un bivio: rinunciare a tutto e rifarsi da capo una vita da laico e miscredente, o chiudere un occhio sui propri princìpi morali e tenersi il lavoro sicuro nella chiesa, con tanto di agevolazioni fiscali, privilegi, protezione dalla legge e tutto il resto? Credo che pochi cambino strada seguendo la propria onestà morale. E’ molto più facile far finta di niente ed andare avanti: si è in buona compagnia, non sarà difficile.