Sull’idea che un prete tocchi mio figlio

Nonostante tutto quello che si sente in giro, a quanto pare l’idea che un prete cattolico metta le mani sul proprio figlio minorenne riscontra ancora un discreto successo nei genitori italiani. Mi sto riferendo ovviamente all’antico rito religioso del pedobattesimo, a cui il nostro popolo è abituato ormai da un paio di millenni a questa parte, come a tutta una serie di cerimoniali della chiesa cattolica, al punto da considerarli cosa normale se non addirittura necessaria.  Flying Spaghetti Monster Icon by TestingPointDesign Nel mio caso però non ho avuto dubbi riguardo al pensiero se fosse giusto o meno far battezzare mio figlio. Considerando che io il battesimo l’ho subito quando ero lontano dalla possibilità di oppormi (da che mi dicono i presenti al rito ho addirittura dormito per tutta la cerimonia) e che l’ho dovuto annullare in seguito. Un po’ di tempo fa ho iniziato a parlare di cosa ha portato a decidere di sbattezzarmi, per poi parlare dell’inizio delle pratiche burocratiche. Quindi ho parlato dello stato temporaneo di attesa interreligiosa per poi finalmente potermi ritenere sbattezzato, quindi apostata e scomunicato con la ricezione della comunicazione di sbattezzo da parte della curia di Brescia.   Trattandosi di un figlio, per decidere se il pupo fosse o meno da battezzare si è trattato solamente di parlarne con la mia amata, madre del bambino, e ci siamo chiariti abbastanza bene. Alla fine se il battesimo ci sarà, sarà solo se lo vorrà il piccolo, e quando avrà l’età che lo stato giudica adatta per guidare un’automobile. Questa decisione condivisa è stata ben accettata da alcuni parenti e meno da altri, ma di questo punto parlerò più avanti.   Al momento il problema grosso della nostra associazione pastafariana è che non disponiamo di potenti strumenti di raccolta di dati statistici. E mi piacerebbe sapere quali sono le reali percentuali di genitori che iniziano a credere che far spruzzare dell’acqua da un prete sul proprio figlio neonato sia una cosa inutile se non addirittura dannosa e pericolosa (vedi cosa è successo allo stesso Dante Alighieri). Ma come sempre quando si parla di dati raccolti e pubblicati dalla chiesa cattolica c’è molta ambiguità e confusione. Suggerisco a questo punto due pagine di quei miscredenti dell’UAAR che commentano i numeri pubblicati come ufficiali dalla chiesa cattolica di battesimi, sbattezzi e decessi in Italia e nel mondo. Se dal titolo possono sembrare letture serie e noiose, in realtà finiscono spesso nell’esilarante: questa qui ed il suo aggiornamento di qualche anno dopo.   A quanto pare quindi l’unica autorità in grado di dare dati ufficiali sul numero di battesimi rilascia delle statistiche a dir poco fantasione e allegre, forse a causa della tradizione di eccedere col vin santo durante le varie cerimonie. Per basarmi su dati certi cercherò quindi di lavorare su dati di prima mano di cui sono assolutamente sicuro. Ho quindi raccolto i dati dai bambini nati negli ultimi nella nostra famiglia:


 

  • Numero di bambini nati: 4
  • Numero di bambini battezzati: 2
  • Numero di bambini non battezzati: 2

Qui di seguito il grafico a torta risultante:   Grafico dei bambini battezzati in provincia di Brescia    Mi assumo io stesso la responsabilità dei dati pubblicati e della correttezza delle statistiche derivate. In mancanza di dati ufficiali nazionali più attentibili, per me fanno quindi fede questi: il 50% dei bambini nati negli ultimi anni in provincia di Brescia non verrà pedobattezzato. Mancando altri dati certificati o perlomeno verosimili la statistica è da considerarsi buona per tutto il territorio nazionale.   Lasciamo ora queste complicate formule matematiche per passare all’opinione pubblica, anche queste raccolta da esperienza diretta.   Alcuni amici e parenti approvano l’idea di non battezzare il neonato. In particolare quelli che si professano atei, agnostici, pastafariani o perlomeno non cattolici, o quelli di cui ignoro il credo religioso, ma che pure a loro volta non hanno battezzato la prole.   Altri amici e parenti forse non approvano in pieno l’idea di non battezzare un neonato. Ma perlomeno la rispettano, esattamente come io rispetto quelli che insistono a far battezzare i propri figli. Credo che dietro al rispetto delle scelte dei neogenitori ci sia anche il pensiero di fondo che concetti come limbo, inferno, purgatorio e paradiso non siano più così temuti e considerati come un tempo, e che quindi una scelta come la nostra non vada a condannare un pargolo a situazioni dantesche come fiamme eterne o diavoli col forcone.

Limbo pirataBimbi in coda per entrare nel limbo dei giovani pirati

Ormai il limbo stesso non è più il luogo dell’eternità destinato ai bambini innocenti morti senza battesimo, quanto la giocosa e popolare competizione caraibica dell’asticella.

  La categoria più affascinante quando si parla di bambini non battezzati è ovviamente la peggiore, ovvero quella degli amici e dei parenti che sono seriamente preoccupati di questa scelta, che a loro dire è palesemente insana e viziosa. Alcuni portano considerazioni di circostanza, come il fatto che non battezzare un bambino lo porti ad essere escluso da una serie di attività sociali gioiose ed affascinanti. Altri invece hanno un atteggiamento ancora più drammatico a sottolineare la nostra pericolosa o capricciosa sconsideratezza, e pronunciano frasi come Te lo battezzo io di nascosto.   Ai primi, che portano avanti la questione con argomenti razionali, si ribatte ovviamente razionalmente, dicendo ad esempio che:

  1. qualcuno deve pur iniziare a smetterla con questo rito bizzarro e discutibile
  2. forse è vero che il bambino si perderà dei momenti sociali importanti, ma non ricordo di essermi mai divertito molto alle cerimonie come battesimi, cresime e comunioni. Da che mi ricordo gli unici a divertirsi veramente erano i parenti durante i pranzi che seguivano i vari sacramenti, in cui si coglieva la scusa e l’occasione per riempirsi lo stomaco al ristorante. E allo stesso modo se mai in alcuni brevi momenti della mia vita può essere piacevole stare a messa o al catechismo, non era certo per l’elevata ispirazione che traevo dalla fruizione del divino verbo cattolico, quanto perché per ingannare il tempo dei tre quarti d’ora settimanali più lunghi della mia infanzia, mi adoperavo come ogni bambino sano e normale di questo mondo in una serie di cose proibite e tendenzialmente sconsigliate, immorali o blasfeme, come:
    • bisbigliare a bassa voce, parlare, urlare o picchiarsi col vicino di banco
    • dare pizzicotti a quelli del banco davanti
    • contorcersi per evitare di ricevere pizzicotti da quelli del banco di dietro
    • fare la gara a chi ride per ultimo guardandosi negli occhi col vicino
    • fare barba, baffi, occhiali, sigarette e cicatrici a Gesù e a tutto il suo seguito di profeti ed apostoli nel libro delle preghiere. Magari aggiungendo alla scena anche alcuni gustosi fumetti e didascalie, per far esprimere ai protagonisti alcuni concetti inaspettati ma che ben si adattassero al contesto dell’immagine. L’interpretazione artistica più riuscita veniva spesso approvata dai compagni facendo girare il libro tra i vari banchi, fino a giungere alla catechista che ricompensava l’autore con una salva di vigorosi scapellotti
    • cercare di catturare mosche e affini
    • liberare silenziosamente delle scorregge clamorose e pestilenziali, cercando subito con tecniche raffinate di comunicazione facciale e corporale di far cadere la colpa sul più stupido o sul meno simpatico della classe
    • incidere nel banco con un coltellino o un altro mezzo di fortuna alcuni capolavori ermetici di letteratura destinati all’immortalità, come Piero scemo, Viva Inter o Paolo ama Francesca

In effetti, pensandoci bene è meglio non privare il pargolo di questi importanti momenti di crescita sociale. Ma ciò non significa che intendo battzzarlo. Dico solo che se le autorità cattoliche me lo permetteranno lo manderò a messa, a catechismo e all’ora di religione a scuola esattamente come gli altri bambini della sua età, ed esattamente come è successo a me alcuni decenni fa. Ma il vero motivo non è quello che voglio che si lanci in tutte le imprese sopra citate, quanto che ho dannatamente paura che se gli nego chiesa e catechismo, appena compie diciotto anni in un accesso di follia adolescenziale confonde l’effetto di una canna con una esperienza mistica e mi parte monaco o vescovo.   Come ultima obiezione a chi mi dice che un bambino senza battesimo sarà un paria sociale, dico che già adesso i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi anche in Italia, e non passerà molto tempo che accadrà lo stesso con i battesimi. Arriveremo ad un punto in cui battezzare un bambino in chiesa susciterà lo stesso stupore di chi al giorno d’oggi fa cose strane e malviste come pregare a tavola prima di mangiare o chiamare il prete per benedire l’automobile nuova. C’è chi fa ancora la prima cosa? Tra i miei conoscenti che io sappia no, nemmeno tra i supercredenti frequentanti. C’è chi fa la seconda? Certo che c’è. E i preti si prestano? Come no: basta pagarli e troveranno il tempo pure per benedire un cambio gomme.   A chi invece intende battezzare mio figlio di nascosto senza né l’approvazione né mia o della madre né del piccolo non si può ovviamente ribattere razionalmente. In questi casi a minaccia si risponde con minaccia. Trattandosi nel mio caso della zia devota è anche abbastanza semplice: basta dire che anche solo se prova a fare una cosa del genere al bambino, non lo vedrà più fino a che non compie diciotto anni. E se poi sarò stato un buon padre pastafariano mi aspetto che la volontà di mio figlio maggiorenne lo porti a proseguire nei miei propositi rancorosi nei confronti della zelante zia negandosi a suo piacere ancora per un po’ di anni. Della serie che mio figlio lo vedrai solo in foto.   Ma non sempre è così facile prevenire tutte queste perniciose e pie manifestazioni da parte di chi ci circonda. Viviamo ancora nostro malgrado in una società pesantemente cattolicizzata, e tutta una serie di cose che io reputo assurde e fuori dal tempo vengono date ancora per normali dalla maggior parte delle persone. Il pericolo è letteralmente dietro l’angolo, come testimonia quello che è successo pochi giorni fa. La mia amata stava passeggiando per le vie del paese con il nostro pargolo, facendo le classiche commissioni mattutine e godendosi una piacevole giornata di fine estate. Spunta da dietro l’angolo l’ennesimo volto noto del paese che vede la carrozzina e coglie l’occasione per fare due chiacchiere su quanto sia bello e sano il suo occupante, a chi assomigli e via dicendo. Assolutamente niente di male, se non fosse che la persona altri non è che un pericoloso esemplare di vecchia catechista bigotta, di quelle sempre sorridenti ed indaffarate che conoscono tutto e tutti, e che hanno quell’aria che meno male che ci sono loro che mandano avanti la casa del signore, sennò chissà cosa succederebbe. Dalle chiacchiere di rito un estraneo potrebbe scambiarla per una normalissima ed amorevole signora, forse solo un po’ più stucchevole della media nei commenti. Ma all’improvviso parte il gesto insano: di sua iniziativa la megera (sarei più portato ad usare un termine più scurrile, e se mi trattengo è nel rispetto del lettore, non certo della sciagurata) decide che il momento è propizio per benedire il neonato. La catechista alza la mano destra ed impone con il pollice sulla fronte di mio figlio un simbolo abituale nella sua religione, ovvero quello di un antico strumento di tortura e di morte in uso duemila anni fa nell’impero romano. Ovviamente senza chiedere niente a nessuno come fosse un atto dovuto, e quindi mantenendo lo stesso atteggiamento poco costruttivo che ha mia zia nel voler battezzare il piccolo di nascosto.   Vengono da sé un paio di domande:   Lo sa lei che questo bambino è figlio di due persone che anche se in un remoto passato hanno passato del tempo in oratorio essenzialmente per ragioni di età, al momento non frequentano né chiese né alcun luogo di aggregazione riconducibile all’autorità cattolica di cui lei si fa ministra del culto? Per abitudine sono portato a considerare gli ambienti dove bazzicano queste persone abbastanza efficaci nel far circolare ogni genere di notizie, in special modo quelle di poco conto o che riguardano la sfera privata di altre persone. Quindi, oltre a sapere benissimo che nessuno di noi due da tempo non frequenta più la sua parrocchia, è possibile che la donna abbia anche appreso del mio sbattezzo ancora prima di mia madre. Il gesto della pia donna forse potrebbe essere stato dettato dall’abitudine di una consumata catechista in buonafede con si attribuisce capacità divine o taumaturgiche. Ma se avesse saputo del mio sbattezzo, il gesto potrebbe essere tranquillamente un disperato tentativo di un pia donna di salvare l’anima di un piccolo angelo dalla terribile condanna ad una qualche dannazione eterna per colpa di alcune sciagurate scelte di coppia. Entrambe le possibilità mi spaventano, ma d’altra parte siamo qui perché queste cose non accadano più.

  1. Lo sa la donna che non c’è al mondo solo la sua religione? Ha mai pensato che la gente del suo paese non si divide solemente tra cattolici praticanti, cattolici non praticanti ed immigrati di colore da guardare un po’ male perché portano i figli alla moschea il venerdì invece che in chiesa la domenica? DiavolaccioNe avrebbe forse a male lei se per esempio io mi dessi al satanismo, e decidessi di omaggiare la sua progenie irrorando i suoi nipotini ed i suoi animali domestici con del sangue di caprone? Sicuramente lo farei in buona fede, mica certo per cattiveria. E allora anche lei dovrebbe astenersi dall’imporre la sua religione a chicchessia, e soprattutto a chi non è in grado di difendersi come un bambino di pochi mesi. E che se fa questo è solamente perché i numeri stanno dalla sua parte, e tuttora è altamente probabile che ogni bambino che passa dalle sue grinfie finisca nel giro di pochi anni, suo malgrado, per essere battezzato, comunicato e cresimato, e che troverà la forza di ribellarsi solo col matrimonio. Provi a benedire me la prossima volta se ha il coraggio, e vediamo come va a finire.

Forse non dovrei arrabbiarmi tanto. Ovvero: se non credo nel dio cattolico, non credo nemmeno in tutto ciò che ne deriva, e quindi chissenefrega della catechista bigotta. Ma non è solo questo. Se per esempio io sono stato battezzato, non basta la raccomandata dello sbattezzo a cancellare un fatto accaduto nel passato, quello per cui un po’ di anni fa un prete mi ha fatto un segno della croce sulla fronte secondo un rito di una religione che non riconosco. Un documento si può annullare, ma il passato non si può cancellare. Nella mia grande ignoranza riguardo alla cultura dell’estremo oriente l’unica cosa che so è che è molto più antica e per molti aspetti anche molto più saggia, rispettosa ed equilibrata della nostra. E alcuni di quei popoli considerano la fronte come luogo del terzo occhio, quello che non funziona con le cose terrene ma che serve a cogliere il divino o il trascendentale. Terzo occhio Il fatto che io non creda minimamente in queste cose non significa che io debba trascurarle a priori, dato che la mia opinione a riguardo è dettata non dalla conoscenza ma dall’ignoranza. L’unica cosa che so per certo è che un rito come quello in uso nella chiesa cattolica di tracciare una crocetta proprio dove secondo le filosofie orientali si trova il terzo occhio sembra più che altro un rozzo tentativo di atrofizzare una abilità non approvata. Come a bloccare qualsiasi capacità di riconoscere da sé il trascendentale se non dietro la guida forzata di preti ed intercessori vari. Di questo me ne parlava giusto pochi mesi fa una persona conosciuta ad una festa vegana nel mio paese, quando ancora il piccolo era nella pancia della mamma. Allora mi ha fatto piacere sapere qualcosa in più sulle possibili potenzialità di una persona vergine da battesimo. Ora invece dopo quello che è successo mi fa solo arrabbiare di più.   Vorrà dire che a tempo debito farà seguito un battesimo purificatore pastafariano per immersione in birra ceca. Ho letto da qualche parte che funziona molto bene.

Pesce Pirata Magnetico gratis!

Oggi, complice il magico momento che solo un sabato mattina particolarmente ispirato da Sua Sugosità sa dare, ho realizzato il mio primo attacco d’arte pastafariano. Si tratta dell’oggetto esclusivo e piratesco di squisita fattura noto come Pesce Pirata Magnetico. La realizzazione è semplicissima ed impiega solamente dalle tre alle cinque settimane.

 

E se poi vi dicessi che la realizzazione è ad un costo fortemente vicino allo zero? Impossibile? Eh no! Ecco la prova:

 

Pesce Pirata Magnetico

 

Qui da più lontano, per apprezzare una visione di insieme:


 

Pesce Pirata Magnetico da lontano

 

Fare il Pesce Pirata Magnetico è talmente facile che non sto nemmeno a fare la lista degli ingredienti. Facciamo direttamente le fasi.

 

  1. Procurarsi l’etichetta magnetica
  2. Incollarci sopra il Pesce Pirata Adattato
  3. Ritagliare il Pesce Pirata Adattato
  4. Attaccarlo al forno, al frigorifero o al robot domestico per gustarne l’effetto
  5. Staccarlo da dove lo avete attaccato per rifinirlo meglio
  6. Riattaccarlo dove era stato attaccato prima per gustarne meglio ancora l’effetto

1. Procurarsi l’etichetta magnetica

Per procurarsi l’etichette calamitata senza spendere niente occorre andare qui

http://flostream-server.com/tripadvisor/Mag_IT.php

quindi aspettare dalle tre alle cinque settimane che magnetica vena consegnata a casa. Funziona, ho provato. Vi arriverà una cosa fatta circa così:

 

 

Purtroppo non ho la foro dell’originale, perché la realizzazione del mio Pesce Pirata Magnetico ne ha causato la distruzione, ma non è molto significativa.

 

2. Incollarci sopra il Pesce Pirata Adattato

Potete usare il mio Pesce Pirata Adattato, sapientemente adattato alle bisogna:

 

Pesce Pirata da ritagliare

 

È ottimizzato per stare sull’etichetta di Tripadvisor che vi è arrivata per posta, quindi potete stamparlo liberamente su un foglio A4.

 

Dopo averlo stampato, dovete incollarlo sull’etichetta di Tripadvisor, stando ben attenti a stare nei bordi. Io ho usato della colla vinilica, per stare in tema con l’attacco d’arte.

 

3. Ritagliare il Pesce Pirata Adattato

A questo punto potete ritagliare il pesce pirata con il vostro coltello da saccheggio, stando ben attenti a stare nei bordi.

 

 

L’emozione di disporre una ad una delle varie ossa della Sacra Reliquia sarà sicuramente forte, ma dovete cercare di non tradirvi dalla foga per evitare tagli blasfemi al pesce stesso o gloriose amputazioni ai vostri arti.

 

4. Attaccarlo al forno, al frigorifero o al robot domestico per gustarne l’effetto

Una volta finita la meticolosa parte del ritagliamento, potete finalmente decorare un vostro oggetto metallico con la Sacra Lisca del Pesce Pirata Magnetico. Io, essendo il mio frigorifero ricoperto di legno, mi sono visto costretto ad attaccarlo al forno. Ma la scelta è in ogni caso azzeccata, perché da dove è adesso la Santa Reliquia benedirà ogni pietanza si trovi a passare dal forno prima che dalla bocca dei miei commensali.

 

5. Staccarlo da dove lo avete attaccato per rifinirlo meglio

Ebbene sì: come avrete sicuramente notato dalla fotografia, il mio attacco d’arte è ancora in divenire. Il foglio di carta incollato sopra copre a malapena le sottostanti scritte giocose di Tripadvisor. Credo sia il primo caso di documentazione di un procedimento ad opera non conclusa.

 

Per rifinire l’opera, credo che la cosa migliore sia di pitturarlo con una vernicetta bianca, dopo aver rimosso lo strato di carta incollaticcio. I pirati più arditi sapranno cosa fare senza che glielo dica io. Per gli altri è meglio che chiedano al negoziante di fiducia, dopo averlo minacciato a dovere con le più classiche imprecazioni da filibusta.

 

6. Riattaccarlo dove era stato attaccato prima per gustarne meglio ancora l’effetto

A questo punto la bellezza del Pesce Pirata Magnetico sarà totale, e farà l’invidia di tutti i vostri pirateschi ospiti.

 

RAmen dal sempre vostro Devoto Alberto

 

Alla planaria ricresce la testa e la memoria: una nuova spaghettosa evidenza

Dalla Tufts University arriva una nuova prova del tocco sugoso del Flying Spaghetti Monster. Dopo attenti studi condotti da eminenti ricercatori sulle planarie, celebri vermi platelminti lunghi qualche centimetro amanti degli stagni, emerge che non solo sono in grado di rigenerare la loro testa a seguito di una accidentale decapitazione, ma addirittura di recuperare tutta l’istruzione e la conoscenza pregressa.

 

spaghettosa planaria

 

Come si è capito questo: è subito spiegato: le planarie odiano la luce e gli spazi aperti, preferendo gli ambienti bui. Ma i nostri scienziati hanno istruito un po’ di planarie a andare contro il loro istinto, nutrendole in posti luminosi. Quindi, dopo che questi simpatici vermi hanno imparato a cercare la luce ogni volta che avevano fame, gli ancora più simpatici scienziati della Tufts li hanno decapitati tutti.

 


 

planaria decapitata

 

Ma non sono morti, perché le planarie fanno parte di quegli animali fortunati a cui la testa ricresce, e così è stato anche questa volta. La cosa affascinante però è che non solo la testa è ricresciuta, ma insieme alla testa nuova di zecca le planarie si sono ritrovate il bagaglio culturale conquistato con la testa precedente. Si è infatti visto come queste planarie hanno ripreso a dirigersi nelle zone luminose molto più velocemente di altre planarie non educate.

 

Bello, vero? Tutto ciò diventa meno sorprendente però agli occhi di ogni buon pirata pastafariano, che avrà sicuramente ravvisato la lampante somiglianza della planaria con una Appendice Spaghettosa, in particolare con una delle due munite di occhi. Di conseguenza viene da sé che la planaria è assimilabile ad un Sacro Spaghetto, e che quindi anche in condizioni di decapitazione non lo si può considerare come un semplice verme acefalo, ma piuttosto come una piccola parte di una Potente e Sugosa Entità. Non c’è da sorprendersi quindi che la loro testa venga rigenerata sia fisicamente che culturalmente con la stessa semplicità con cui mi viene riempito un bicchiere di birra vuoto nella mia locanda preferita.

 

Non viene spiegato che tipo di cibo sia stato proposto a questo gruppo di planarie per convincerle ad andare contro natura e superare il loro timore per la luce, ma non mi sorprenderebbe scoprire che si tratti di qualcosa di sugoso, come una amatriciana, del pesto o una carbonara. Resta in ogni caso sicuro come questa sia una ulteriore, ennesima prova dell’esistenza del Signore degli Spaghetti, il divino Flying Spaghetti Monster.

 

Hasta la pasta!

Considerazioni sul posto dell’autobus riservato a donne incinte, anziani ed invalidi

Ogni volta che prendo l’autobus, rimango affascinato dalle targhette come questa:

 

posto sull'autobus riservato ai disabili

 

La loro presenza mi scatena sempre grandi riflessioni filosofiche e sociali. Nella loro estrema semplicità, il loro significato non potrebbe essere più chiaro:

 

Questo posto è riservato alle persone che hanno difficoltà a stare in piedi in un autobus in movimento

Quindi se dovessi trovare libero questo posto potrei anche forse sedermi, ma nel momento in cui dovesse salire una persona con ridotta capacità motoria, sarei tenuto ad alzarmi subito e cedere il posto. Non fosse anche per motivi egoistici: nel traffico metropolitano il moto dell’autobus tra curve e frenate ha molto in comune con le più moderne attrazioni di un parco di divertimenti: se dovessi costringere un vecchio pirata con una gamba sola ed un uncino al posto della mano a stare in piedi accanto a me, facilmente perderei l’uso di un occhio alla prima curva un po’ stretta. E questo ancora non mi darebbe diritto al posto riservato.

 


 

il Vecchio Pew

Quella che mi sorprende ogni volta è l’idea di rispetto sociale che ci arriva da questo cartello. Ovvero: se un posto è riservato ai meno abili, significa che su tutti gli altri vige la regola assoluta del primo che Long John Silverarriva. Quindi se un giorno il vecchio Pew, non vedente, sale sull’autobus, ma trova il posto riservato ai disabili già occupato da Long John Silver, mancante di una gamba, tutte le altre persone sedute possono anche strafregarsene del fatto che il vecchio Pew è cieco, e che quindi potrebbe aver bisogno di stare seduto più di loro. Perché il loro posto non reca nessuna targhetta, e quindi non è riservato a nessuno. E lo stesso discorso se salgono altri tipi di persone, come una donna incinta o con un bimbo in braccio, il nostro anziano presidente della repubblica con sua moglie, o anche il non più giovane capo di una chiesa alternativa alla nostra residente dalle parti di Roma. Ho sentito tralaltro che proprio quest’ultimo prende l’autobus più spesso di qualsiasi suo predecessore. Nel senso che l’ha preso una volta. E anche in quel caso non era riservato un posto, ma tutto l’autobus. Sicuramente un buon esempio, visto che gli occupanti erano tutti molto anziani.

 

Mi viene da pensare che se l’intenzione di chi ha creato questa targhetta sia di riservare un posto sull’autobus ai bisognosi, l’effetto collaterale è quello di riservare tutti gli altri posti alla maleducazione e alla comune cafoneria da autobus. Forse questo cartellino è una derivazione dei famigerati parcheggi riservati che compaiono uin po’ ovunque nelle nostre città. In quel caso c’è un senso: il parcheggio riservato è più largo perché chi lo usa deve avere maggiore spazio per scendere e salire dalla macchina, ed è più vicino perché chi lo usa in genere fa fatica a macinare chilometri. Non lo si può mai occupare se disabili non lo si è, perché se poi arriva il disabile non sempre siamo in vista della nostra vettura per spostarla rapidamente.

 

Gli esempi migliori però li diamo quando siamo sicuri che non prenderemo nessuna multa, per esempio nei parcheggi privati come quello dell’Ikea. Qui non ci sono in gioco disabilità, ma grossi pacchi da caricare in macchina. Quindi i posti vicino all’ingresso sono liberi e senza linee, ed un cartello spiega come questo spazio serva solo a caricare gli acquisti ingombranti, e che quindi ci si può sostare al massimo 15 minuti.

bendiera SveziaIl ragionamento svedese è semplice: tutti, nel rispetto della collettività, parcheggiano nei posti normali un po’ più lontano, e solo quando escono lasciano moglie/concubina/amante/pulzella/cane/pappagallo a guardia dei pacchi mentre si recupera la macchina. Quindi la si sposta nei posti riservati al carico della merce, si riempie rapidamente la macchina senza rischiare di dare sportellate alle automobili vicine. Quindi si ripone il carrello e si va a casa a montare il salmone affumicato e gli altri pezzi di mobilio. Questo in Svezia.

 

bandiera ItaliaIn Italia noi siamo più furbi: passiamo vicino al parcheggio dei 15 minuti. Se è pieno, imprechiamo e gesticoliamo contro l’inciviltà dei proprietari delle auto presenti, che non essendo a loro volta presenti insieme ai loro veicoli ci fa pensare che non stiano facendo il carico degli prodotti, come indicato dal ben visibile cartello. Facciamo anche qualche garbata congettura sulle grosse cilindrate dei loro veicoli perché maggiori di quella del nostro, e che se hanno parcheggiato lì è perché useranno il loro grosso veicolo anche per andare al gabinetto, e che questa pratica avrà fatto lievitare le dimensioni delle loro natiche al punto da rendere il veicolo indispensabile anche per il minimo spostamento. Terminata l’invettiva ci sentiamo migliori di questi incivili, e andiamo a cercare il parcheggio più vicino con la coscienza a posto. Se invece troviamo un posto libero tra quelli dei 15 minuti, ci parcheggiamo subito, perché tanto sarebbe arrivato subito dopo di noi uno degli incivili di cui sopra, e quindi piuttosto che lasciarlo a loro lo prendiamo noi, perché a noi servirà davvero all’uscita e se non facciamo così poi lo troviamo occupato, e che anche gli altri imparino a fare un po’ di strada, poffarbacco.

 

Allo stesso modo in cui ci lamentiamo dei parcheggi Ikea pieni, ci indignamo quando sentiamo dei numerosi e mirabili esempi di civiltà forniti dai nostri illuminati rappresentanti politici, su tutti quello del Gran Maestro Antonio Piazza. Forse si capisce perché in Italia ci sia bisogno di un cartellino per riservare un posto in autobus a chi ne ha più bisogno.

 

In un paese civile credo che esattamente come non occorre una guardia armata per invogliare i cittadini a non usare i parcheggi in modo improprio, così allo stesso modo ogni posto dell’autobus deve essere naturalmente riservato a disabili, donne incinte o con bambini molto piccoli, anziani, pirati con gambe di legno o ciechi o anche a persone molto stanche. Se dovesse salire sull’autobus un keniano che ha appena vinto la maratona di Brescia e sta facendo i quarantadue chilometri del ritorno in autobus, non vedo perché negargli il posto a sedere, nonostante sia un filo più atletico di me. Perché una persona civile si alza sempre per fare posto a chi ne ha più bisogno, anche senza che ci sia la targhettina vicina che la costringe a comportarsi così. E se da noi ci si aspetta questo comportamento solo in presenza del cartellino, forse non siamo quella società nobile e civile che ci vantiamo di essere, ma solamente un paese di ciechi egoisti. E questo tipo di disabilità sicuramente non ci dà diritto a sederci in nessun posto riservato.

La “Pasta Nucleare”, nuova evidenza di Sua Spaghettosità all’interno delle stelle di neutroni

Da space.com arriva l’ennesima prova dell’esistenza del Flying Spaghetti Monster. Come se ce ne fosse bisogno, dirà ormai la gran parte di noi fedeli pastafariani, abituati a vedere conferme della Sua Esistenza in ogni entità naturale, dalle più grandi alle più piccole. E forse perché dopo il bosone di Higgs ancora qualcuno ha dubitato di Sua Altissima Sugosità, ecco una nuova apparizione per chi non è del tutto convinto, o per chi ancora sta aspettando da qualche migliaia di anni la vaga manifestazione di altre divinità minori latitanti. Si parla di “Pasta Nucleare“, ovvero la materia presente nel nucleo delle stelle di neutroni.

 

pasta nucleare nelle stelle di neutroni

 La pasta nucleare ci una stella a neutroni, con un eloquente ingrandimento

Gli astronomi, da atei consumati come ci hanno capire che sono, si ostinano a girare intorno alla questione, usando però termini clamorosamente inneggianti al Divin Sugo come “strati di lasagne” o “spirali a fusillo“. La spiegazione sarebbe clamorosamente più semplice ammettendo l’origine divina e firmata delle stelle a neutroni.

 


Inoltre questo spiega anche con estrema semplicità la causa che tiene così vicini gli atomi di tali stelle, quando normalmente svolazzano ad enormi distanze gli uni dagli altri: la maglia glutinica! Di seguito un’immagine elaborata in computergrafica del glutine, in cui si mostra come interagiscono le glutenine, o parte spaghettosa, con la gliadine, o parte del sugo al ragù, per formare il glutine con la presenza di acqua. A seguito ovviamente di vigorosa azione di impastatura.

 

maglia glutinica

La maglia glutinica, semplice come una carbonara

 

Considerando queste molteplici e disparate evidenze, si fa largo sempre di più tra gli scienziati seri la teoria che la maglia glutinica non sia solo una evidente manifestazione del Flying Spaghetti Monster, ma che possa essere anche la forza che secondo le teorie quantistiche moderne unifica in un unico concetto le quattro forze che governano l’universo: la forza gravitazionale, la forza elettromagnetica e le forze nucleari debole e forte. Per dimostrare questa Sacra Teoria che oltre alle quattro forze unirebbe Fede e Scienza, invito tutti gli esponenti del mondo fisico accademico a lavorare con più serietà sotto l’effetto di massicce quantità di alcool, quale prova di fede per Sua Spaghettosità.

Hasta la Pasta.

Il Flying Spaghetti Monster non fa le pentole e nemmeno i coperchi

Commedia in due atti

con venditore di pentole AMC alla regia e nel ruolo di attore protagonista

FSM in pentola

Poco tempo fa io e la mia amata abbiamo avuto l’onore ed il privilegio di essere invitati ad un evento sensazionale: una presentazione di pentole AMC presso una coppia di amici.

L’invito è arrivato dal mio amico con una telefonata diverse settimane prima, per di più con un velo di mistero. Roba tipo:

“Alberto, vi invitiamo ad una serata a casa nostra per una cosa che riguarda molto la tua scuola, non ti vogliamo dire niente di più, ma siamo sicuri che ti interesserà molto.”

L’alone di mistero già rendeva affascinante l’evento. Ho pensato fosse una nuova versione domestica di una cena con delitto, ma dopo alcune vaghe e circospette affermazioni del nostro amico abbiamo intuito che doveva trattarsi di una presentazione di un qualche prodotto della cui validità il nostro ospite era fermamente convinto. Al punto di credere di farci un grosso favore invitandoci a casa sua, e che i miei tre anni di scuola alberghiera mi sarebbero stati ancora più utili per confermare quanto a lui era già stato spiegato. Questo genere di inviti in genere mi fa un po’ innervosire, ma la mia amata mi ha detto di non preoccuparmi, che in ogni caso sarebbe stata una bella serata con amici e che ci saremmo sicuramente divertiti. Con l’unico accordo reciproco tra me e lei di “non comprare niente!”.


Abbiamo quindi confermato la nostra presenza, ansiosi di assistere a questo evento esclusivo.

La sera prevista ci presentiamo, già nutriti, a casa dei nostri ospiti. L’atmosfera è elettrizzante: il tavolo della cucina è stato spostato da un lato della stanza, ed è ricoperto con una elegante tovaglia di velluto blu. Sopra di questa una serie di tovaglioli dello stesso colore nascondono oggetti misteriosi e affascinanti, e subito il mio pensiero corre a dei prototipi miniaturizzati della prossima Ferrari di Formula 1. Accanto alla tavola c’è un cavalletto, e ai bordi della stanza, a semicerchio, le sedie su cui a breve prenderemo posto. Su due di queste già c’è una coppia di amici in comune, che salutiamo cordialmente. In piedi a dominare tutta la scena ci sono i due giovani conduttori della serata, riconoscibili dai completi studiatamente casual ma non troppo: camicia neutra, giacca ma non cravatta, jeans ma non rovinati, scarpe a punta. Il tutto per dirci: “siamo gente per bene, e gente come voi, cari amici presenti, e non volgari venditori che vi hanno attirato con l’inganno e con l’ignara complicità dei vostri amici in una trappola per farvi il lavaggio del cervello e convincervi a comprare oggetti di cui non avete bisogno ad un prezzo assolutamente fuori mercato. No: noi siamo sono come voi”.

I due venditori si presentano. Prima quello che chiameremo Giorgio, poi l’altro che chiameremo Piero. Giorgio parlerà molto nel corso della serata, mentre l’ultima parola che dirà Piero sarà proprio il suo nome durante la presentazione. Salvo brevi interruzioni, la sua funzione sarà quella di puntellare il frigorifero per evitare che in caso di rottura di un piedino possa rovinare sugli ospiti.

Giorgio parte subito a farci capire quanto lui sia effettivamente come noi: infatti la presentazione inizia con una inattesa digressione: l’azienda di cui si vanta di fare parte, la AMC, va a gonfie vele, perché i suoi clienti sono felici, i prodotti validi ed i venditori hanno un successo altissimo ogni volta che mettono il naso fuori della porta. A dimostrazione di questo Giorgio ci mostra alcuni grafici ed un paio di vedute aeree di una fabbrica in Germania che ci rassicura che qualsiasi cosa stia per essere pubblicizzata non è prodotta in Cina, autentico spauracchio industriale temuto da tutte le persone per bene. Ed infine l’annuncio: la AMC cerca personale in zona: per far fronte alla grande mole di lavoro decine di persone devono essere rapidamente assunte. Sì, abbiamo sentito bene: anche noi, o qualcuno che conosciamo, può rapidamente entrare in questa grande famiglia, e garantirsi un futuro con un lavoro costruito portando la felicità alla gente, come Giorgio e Piero stanno facendo adesso con noi. Insomma, ancora non so bene dove andranno a parare, ma le premesse sono assolutamente delle migliori.

Finalmente si entra nel vivo. Giorgio gira il foglio e si scopre il motivo per cui questo sabato sera non sono in un’osteria a bere birra: sto partecipando ad una presentazione di pentole. Ma di pentole di grande qualità: sono fatte in Germania, ma le vendono in tutto il mondo. Una serie di pallini distribuiti in un planisfero non vuole ricordarci la presenza di mine antiuomo nel mondo, ma l’efficiente capillarità di questa florida società. Grafici gagliardi delle pentole in sezione mostrano una serie di frecce colorate che vanno nelle direzioni migliori, formando alcuni voluttuosi yin e yang rossi e blu della termodinamica. Uno alla volta i tovaglioli di velluto vengo alzati per mostrare quelle che a prima vista appaiono come normali pentole o coperchi, ma di cui Giorgio rapidamente spiega le eccezionali caratteristiche, uniche al mondo. Di ogni componente o accessorio vengono decantate le doti stupefacenti, accompagnate dal nome roboante che ufficio marketing della AMC ha scelto per racchiudere nel modo migliore l’alta tecnologia di questi prodigi della tecnica. Cose come i manici studiati per non ustionarti, o il fondo incredibilmente tecnologico, o il coperchio con il termometro sopra, o il cronometro sonoro che ti chiama quando la pasta è cotta. Oggetti che sono talmente evoluti da parlarsi tra loro: il termometro parla col fondo, e confrontano le temperature. Poi le comunicano al cronometro, a cui è stato impostato dal cuoco umano il tipo di pietanza. Il cronometro quindi decide se mettersi a suonare o no, per richiamare l’attenzione del cuoco sul procedere delle sue cotture. Un po’ come il pentolame e umanizzato che ho visto in almeno tre film della Walt Disney.

torta magica della bella addormentata

Ma chi mai comprerebbe un oggetto solo perché un astuto presentatore ce ne ha decantato le lodi? Nessuno. Ed infatti Giorgio ci anticipa che a breve gli uomini delle tre coppie invitate (uno sono io) verranno chiamati a cucinare. La frase di Giorgio è ammiccante, e ovviamente procura tra le coppie presenti l’ilarità attesa. Si parte infatti dal presupposto assodato che qualsiasi uomo in cucina ha la stessa grazia e disinvoltura di un rinoceronte in una merceria, e che se questi trogloditi riescono a produrre qualcosa di commestibile con un sapore anche lontanamente decoroso, significa che queste pentole sono davvero miracolose.

E’ difficile però dimostrarsi dei giovani Gualtiero Marchesi, quando come compito mi viene chiesto solamente di prendere un petto di pollo da un piatto e di appoggiarlo sul fondo di una pentola. Ma nonostante l’imbarazzo di sentirmi osservato e giudicato credo di eseguire il compito senza troppi problemi. Giorgio mi ringrazia e mi chiede di riaccomodarmi.

Il nostro amico dell’altra coppia ha un compito simile: deve spostare delle verdure già pulite e tagliate da un contenitore ad una seconda pentola. Lui non è preparato come me, ma con l’aiuto di Giorgio riesce lo stesso nell’impresa senza far cadere a terra alcun ortaggio. A Giorgio il compito più difficile: con teatralità taglia una pera in due metà, e ne mette una in pentola con le verdure. Ci viene detto che scopriremo più avanti il significato di questo gesto arcano. A me che ho letto almeno quarantadue volte Le avventure di Tom Sawyer, il pensiero vola al sistema per togliersi le verruche dalle mani tagliando a metà un fagiolo e nascondendone una delle due parti.

Si prospetta anche un riso alle verdure. Giorgio si ostina a chiamarlo risotto, forse perché suona meglio, ma a casa mia se voglio un risotto come prima cosa devo fare tostare il riso, e ogni altra cosa la chiamo riso bollito o come mi pare, ma non risotto.

Non voglio interrompere Giorgio con questi inutili dettagli di teoria della cucina italiana perché è lanciatissimo, e già ci anticipa che nel giro di pochissimi minuti potremo gustare il suo ottimo non-risotto. Ma roba tipo sei minuti, e non i classici quindici – venti minuti di attesa che, Giorgio lo sa bene, nella frenesia della vita moderna tendono ad essere troppi. Perché il nostro tempo è prezioso. Ma comunque abbiamo diritto a mangiare sano!

La salute è importante per Giorgio, e ce lo fa notare continuamente mentre il suo non-risotto cuoce: vuole essere sicuro che lo sia anche per noi. A scanso di equivoci ci chiederà anche di stimare quanto vale per noi la salute in una scala da uno a dieci. La domanda è difficile, di quelle che fa molto pensare, ma alla fine tutti concordano per il dieci. Ogni coppia scrive il numero dieci nell’apposito quadratino di un fogliettino colorato che ci è stato dato. Questi dati serviranno probabilmente per una statistica presso gli uffici tedeschi della AMC, dove un’equipe di brillanti analisti li elaborerà e ne trarrà importanti conclusioni, che verranno esposte al consiglio dei soci per decidere le politiche future della multinazionale.

Perché Giorgio insiste tanto sulla salute, e non, che ne so, sul colore delle pentole? Ma perché le pentole che ci sta mostrando sono senza ombra di dubbio le migliori in assoluto in questo campo. Infatti cuociono tutto quello che vogliamo senza usare grassi: né olio né burro. Caspita. Sono pentole studiate per far girare l’aria all’interno in un modo così mirabolante e a temperature così attentamente controllate che non si brucia mai niente: tutto cuoce benissimo senza i temuti grassi aggiunti, e dato che non si usano liquidi conduttori viene da sé che tutte le proprietà nutrizionali ed organolettiche degli alimenti rimangono all’interno. Magari non proprio tutte, come continua ad insistere Giorgio, visto gran parte delle vitamine di cui parla tanto al minimo accenno di calore se ne vanno senza troppi complimenti. Ma perlomeno i sali minerali sì: quelli saranno ancora lì, e non saranno finiti nell’acqua di cottura e che poi alla meglio va nel vaso dei gerani, o alla peggio nel buco del lavandino.

Fosse solo quello della perdita di sali e liquidi il problema! No: in realtà Giorgio, con fare cospiratorio, ci dice una cosa che purtroppo già sapevo: l’antiaderente è cancerogeno! Cioè, non proprio l’antiaderente, ma la colla che usano le grandi multinazionali del padellame per fissare il teflon alle padelle. Adesso infatti che si inizia a sapere in giro, tutti i produttori stanno cercando di svuotare i loro malvagi magazzini di morte rifilando pentole antiaderenti con infinite promozioni, sapendo che quanto prima la gente sarà costretta a passare alla ceramica. Ma, c’è un ma! Giorgio ci anticipa l’orrenda verità: le pentole in ceramica sono anche peggio, perché anche lì viene usata la stessa colla che c’è nelle antiaderenti. Accidenti, che brutta prospettiva. Se non approfitto subito di quello che Giorgio sta per propormi, morirò in ospedale di una morte orribile, come padron ‘Ntoni dei Malavoglia.

Aci Trezza

Vogliamo fare la prova? Presto fatto: Giorgio chiede un padellino antiaderente pulito e ci fa bollire un po’ d’acqua. Quindi con un gesto elegante versa in contenuto in un bicchiere. L’acqua è decisamente torbida: molti piccoli corpi biancastri sono in sospensione nel bicchiere. LA conclusione di Giorgio è tranciante: è l’antiaderente che è andato nell’acqua! E’ come bere un bicchiere di piombo sciolto nel mercurio, e noi cuciniamo con queste antiaderenti tutti i giorni! Io ho contestato la cosa, facendo notare che l’acqua che bolle cambia la sua capacità di trattenere i sali disciolti, e possibilmente quello che si vedeva non era teflon e colla in sospensione, ma piuttosto qualche cosa già presente nell’acqua ricca di calcare che esce dai nostri rubinetti. Giorgio non ha perso la calma di fronte alla mia sciocca contestazione, e si è diretto a grandi passi verso di me porgendomi il bicchiere e pronunciando parole hanno atterrito la platea: “E allora, la berresti?” Diciamo che ero più preoccupato di dover bere dell’acqua bollente, che non dei misteriosi corpi in sospensione. Questo perché, teflon o no, non passa giorno che io non assuma dei cibi che sono passati da una padella antiaderente, per non parlare di tè e tisane varie. Non credo che un bicchiere avrebbe fatto la differenza. Ma Giorgio mi impedisce di morire lì sul colpo ritirando all’ultimo momento la mano che mi porge il bicchiere, e spiegandomi con parole sue che il mio sarebbe stato un sacrificio inutile. Oltre che probabilmente la perdita di un possibile cliente. La sua spiegazione è però abbastanza minimale, per non dire ridotta ad una sola parola: “fìdati”. Già, molto professionale: dopo tre anni di scuola alberghiera in cui si alternano professionisti della ristorazione e dell’alimentazione ad insegnarmi cosa è giusto e cosa è sbagliato in cucina, è chiaro che io debba fidarmi di un ragazzo con le scarpe a punta che in una serata mi racconta una bella storia sulle pentole che vuole vendermi, e che zittisce le mie obiezioni con un “fidati”. Va bene, Giorgio, mi fido.

Oltre al risotto Giorgio fa partire la cottura delle verdure. Qui decide anche di fare una prova comparativa, e per far questo si abbassa a compiere un gesto che chiaramente lo ripugna profondamente: ricorre ad un pentolino della nostra padrona di casa per far bollire delle carote.

Mentre le cotture marciano, Giorgio inizia a spiegarci che non è solo questione di nutrimenti. Cosa viene dopo la salute, quando si parla di cucina? Ovviamente il sapore! E la conseguenza di una sana cottura che trattiene nell’alimento i migliori nutrimenti è un alimento più buono: il sapore non se ne andato nell’acqua dei gerani insieme ai suoi sali, e noi avremo modo tra poco di verificare personalmente come questo sia vero. Ci viene chiesto quindi di segnare quanto vale per noi il sapore quando si parla di mangiare, sempre con la stessa scala che va da uno a dieci. Qui non volevamo apparire dei viziosi, dando al sapore lo stesso punteggio che abbiamo dato alla salute. Cerchiamo quindi di dare un buon punteggio, credo otto, giusto per non complicare troppo la vita allo staff di scienziati tedeschi che valuteranno le nostre scelte.

Ma se fosse finita qui, sarebbe ancora semplice. Eh no! Cosa viene dopo la salute e il piacere di una buona pietanza? Ovviamente il risparmio! Soprattutto di questi tempi. E cosa diciamo se scopriamo che l’intelligenza sopraffina di queste pentole ci permette di risparmiare il gas, dato che lavorano sempre a coperchio chiuso e ottimizzando la distribuzione del calore? Diciamo che magari non diamo dieci come alla salute. Facciamo otto, come al gusto. Ecco fatto: un otto, a pari merito.

Tra una pentola e l’altra Giorgio trova il tempo di stupirci con una serie di prodotti corollari. Come la macchina del sottovuoto, per esempio.

pistola sottovuoto

Qui Giorgio ancora una volta dà sfoggio del suo fine umorismo, proponendoci di indovinare cosa possa essere quella specie di pistolone di plastica che ha appena estratto da sotto uno dei suoi tovaglioli blu. Giorgio lo propone spiritosamente come un aspiratore da tavole che trasforma le briciole raccolte in gustose polpette. La battuta divertente aiuta a rompere il ghiaccio, e quindi i nostri  tentativi, sebbene infruttuosi, sono tutti abbastanza spiritosi. Per conto mio mi trattengo dal dire che mi sembra un intrusore anale per esuberanti presentatori di pentole.

Dopo il sottovuoto, che ci permette di risparmiare un po’ di soldi semplicemente impacchettando per bene tutto quello che non mangiamo e mettiamo il frigo, arriva il turno di una specie di piastra termica elettrica. La sua estrema funzionalità sfiora il grottesco, quando Giorgio inizia a cuocere le cose mettendo la piastra sopra la pentola al posto del coperchio, e il coperchio capovolto sotto la pentola, come supporto. La tesi di Giorgio è di mostrarci come anche il forno diventi inutile e dispendioso, quando si dispone di queste tecnologie. E consuma pochissimo! Tralascio i dettagli scolastici di termodinamica, per cui per quanto possa essere efficiente, è comunque un generatore elettrico di calore, e se pretende di essere così veloce a cuocere, significa che forse non è il caso di accenderlo quando sto facendo andare anche la lavastoviglie. Trovo però il tempo di obiettare che mi sembra strano che io possa fare proprio tutto quello che facevo in forno con quella bizzarra e pericolante struttura futurista. Ma Giorgio è pronto a farmi capire quanto mi stia sbagliando, pronunciando ancora una volta la parola “fìdati”.

Non ci sono più domande, meno male, perché puntuale come solo una sveglia da coperchio sa essere, il risotto è pronto: il simpatico suono del cicalino montato sul coperchio ci fa venire già l’acquolina in bocca.

Finalmente entra in campo la professionalità di Piero, che abbandona temporaneamente la sua posizione strategica a ridosso del frigorifero per distribuire con prontezza ed abilità i piatti porzionati da Giorgio. Il parere all’assaggio è unanime: questo risotto è decisamente ottimo! Le verdure sono saporite e croccanti, ed il riso è cotto alla perfezione. E tutto in soli sei minuti, senza l’aggiunta di grassi! La giuria approva a pieni voti.

Al riso segue il petto di pollo cucinato senza grassi e aromi, per mostrare quale possa essere il vero sapore di un pollo se trattato nel modo ideale. Piatto non senza insidie il pollo, facilmente reso stopposo da una cottura eccessiva. Ma niente paura, perché la cottura intelligente non sbaglia: il suo sapore è gradevole, e le carni morbide.

Segue quindi il piatto di verdure miste. Queste offrono spunti diversi. Abbiamo diversi ortaggi, che nonostante abbiano tempi di cottura diversi, escono tutti perfetti dalla pentola. Veramente interessante. Si apprezza in particolare il paragone con le carote che Giorgio ha bollito nel pentolino col metodo classico. Mentre le carote fatte con le pentole AMC risultano saporite e croccanti, quelle bollite sono assolutamente molli, brutte a vedersi ed insapori. Complice probabilmente il fatto che sono state bollite tre volte più del necessario, magari. Io mi astengo dal mangiare carote bollite o comunque cucinate: sono infatti della vecchia scuola dei conigli e le carote le amo crude e croccanti, dal sapore ricco e con tutte le loro vitamine al posto giusto.

 

carota

 

Noi forse ci stavamo dimenticando della pera, ma non Giorgio. Con sagace maestria estrae la mezza pera dimenticata dalla pentola, ma non per farcela assaggiare, ma per ricongiungerla alla sua dolce metà cruda. E sorprendentemente, le due metà combaciano perfettamente. Ergo: la pera cotta non ha perso niente, si è cotta senza disperdere liquidi e nutrienti. Sorprendente: è la dimostrazione che finalmente potremo comprare una pera e cuocerla e sapere che ce la mangeremo tutta, senza lasciare niente di ciò che abbiamo comprato a quel puzzone del bidone dell’umido o ai gerani. Non che mi aspettassi che una pera cotta in una pentola col coperchio chiuso si disidratasse come in un forno, ma credo che questa dimostrazione fosse da estendere a un po’ tutti gli ortaggi cotti. E magari non alle pere, che la gente normale in genere mangia crude anche più delle carote.

Dopo una cena così sana, gustosa e straordinaria, Giorgio intende cavalcare il nostro entusiasmo aiutandoci a tirare le somme. Ancora ci chiede di ribadire il valore che diamo alla salute, al gusto ed al risparmio. Per l’ennesima volta il pubblico recita la sua filastrocca, asserendo che sono tutti e tre molto importanti. Mentre interpreto la mia non difficile parte nella recita, il pensiero va subito a cercare di immaginare se qualcuno si sia mai sbagliato, dicendo che della salute non gliene può fregare di meno, perché lui mangia solo pizze surgelate, e quando esce va solo da McDonald’s. E magari anche che le sue verdure cotte gli facevano schifo, perché quelle del McVerdur Menu sono molto più gustose e saporite. Chissà come reagirebbe Giorgio ad un individuo del genere. Probabilmente ricorrerebbe a qualche procedura non standard per le emergenze, chissà.

Non capisco come mai Giorgio non tira fuori l’argomento spinoso, ovvero il costo di tali meraviglie. Anzi, si prodiga a parlare di regali e possibilità che ci vengono offerte se noi decidessimo di offrirgli la possibilità di tenere una serata analoga casa nostra. E qui veramente ci ingolosisce, perché come prima cosa fa scegliere alla padrona di casa un prezioso oggetto tra un piccolo assortimento. Roba di classe, come un set di coltelli, un thermos di acciaio, una minicentrifuga manuale per fare la maionese e chissà cos’altro, o anche dei portaspezie (senza spezie). Poi ci dice che ovviamente lo stesso accadrà a noi se volessimo a nostra volta mettere a disposizione casa nostra per invitare tre o quattro coppie di amici per una nuova presentazione. E, sorpresa delle sorprese, se una di noi tre coppie presenti dovesse davvero fare questo, automaticamente la coppia che ci ha ospitato la prima volta riceverà un ulteriore regalo di quelli mostrati! Subito Giorgio chiede quindi alla padrona di casa quale secondo oggetto gradirebbe ricevere, per questa eventualità. Mentre la nostra ospite sceglie il suo eventuale regalo di cui Giorgio prende nota, io ripenso alla golosissima offerta: basta rinunciare a tre ore della propria vita e alla credibilità che godo presso tre coppie dei miei amici, ed in cambio riceverò uno, ma forse anche due oggetti esclusivi di cui ho avvertito subito il bisogno non appena li ho visti, per valore stimato al fornitore che così a occhio va dai cinque ai dieci euro. Ma scopriamo che non è tutto: se di coppie ne vengono quattro e non solo tre, avremo in regalo una vacanza “fuori di testa”, dice Giorgio: a scelta nell’ampio catalogo che ci viene fatto passare rapidamente di mano in mano da Piero, il presentatore muto. Potremo scegliere di andare in un residence tendenzialmente in Italia per una settimana! Proprio la vacanza dei miei sogni, vero. Devo solo riconsiderare per un attimo la mia idea di vacanza dei sogni, ma va benissimo lo stesso. Giorgio è anche onesto: ci fa sapere subito che le spese delle donne delle pulizie nel residence non sono comprese, e che alla fine del soggiorno da sogno, sia questo nella Valle dei Templi come ai piedi delle Dolomiti, ci verrà chiesto un piccolo contributo di qualche decina di euro per questo servizio.

Giorgio ci tiene a spiegarci il perché di tutti questi regali. Semplice: perché la AMC è una azienda che va bene. Ma anche onesta e amica dei suoi numerosi e affezionati clienti. E quindi preferisce distribuire una buona parte dei suoi utili tra le persone che gli accordano la fiducia. E quale modo migliore che non regalare un po’ di utili regali e vacanze in posti esclusivi?

Giorgio non parla di prezzi e di costi, ma di risparmi. E di grossi risparmi. Perché le sue pentole aiutano a risparmiare. Cosa che a noi interessa, perché sul fogliettino che Giorgio ci ha dato abbiamo messo otto come voto al risparmio. E Giorgio ci chiede di compilare un’altra parte di questo fogliettino. C’è un elenco di quattro voci, ben quattro, che ogni coppia deve compilare personalmente, anche se seguiti da Giorgio. Perché è importante che noi manifestiamo la nostra opinione esprimendo le nostre idee sul risparmio domestico, e il fogliettino per la raccolta dati è fatto proprio per questo. Ma Giorgio ci tiene che la nostra opinione sia quella corretta, e ci indica quindi con precisione quale deve essere il valore giusto che noi decidiamo di mettere in ogni casella.

 

 – Primo punto: il gas usato: ne va molto di meno. E via qualche euro. Giorgio è generoso e modesto: arrotonda sempre per difetto, ed il qualche euro al giorno diventa magicamente un euro al giorno, se non ricordo male. Fanno 30 euro al mese. Non poco. 30 euro di differenza tra la gestione sprecona di una pentola tradizionale e quella ottimizzata di una pentola AMC.

Il conto però è un po’ discutibile, visto che sovrastima leggermente il consumo di metano in cucina rispetto ad altre voci, come il riscaldamento della casa o dell’acqua per lavarsi. Basti pensare alla differenze delle bollette del metano tra estate ed inverno per capire un attimo se consuma di più una caldaia o un fornello. Al momento lasciamo correre, visto che Giorgio sta già affrontando di petto il punto due, ma poi mi prendo la mia bella bolletta del gas di aprile e faccio due conti. Il riscaldamento era già spento e ci semplifica i calcoli. Il totale in consumi di metano è di 16,52 euro. Mezzo euro al giorno, e non uno, e stiamo parlando solo di consumi, e non della differenza tra usare una pentola ed un’altra. Comprensivo inoltre dell’acqua calda usata per le docce più o meno frequenti di due persone. Forse Giorgio fa una stima per famiglie numerose munite di forno a gas, con numerosi biberon da sterilizzare, conserve di frutta e verdure fatte in casa, bollitura di vestiti ad uso di sterilizzazione e chissà cos’altro. Mi riservo di chiederglielo, la prossima volta che lo vedo, visto che per risparmiare trenta euro con le sue pentole, dovrei arrivare a spenderne almeno trenta con le mie. Per intanto, considero questa piccola differenza di stime come almeno venticinque euro al mese che NON risparmiamo.

 – Secondo punto: le pere non si disidratano e non perdono sali minerali e vitamine, quindi sono più nutrienti, quindi ne mangiamo di meno. E non solo le pere, chiaramente: tutto quello che cuciniamo. Stima di Giorgio: il 20% della nostra spesa mediamente subisce disidratazione. Quando andrò la prossima volta da salumiere, potrò ordinare una salamina il 20% più piccola, senza temere di morire di fame.

Qui non solo io, ma un po’ tutti facciamo timidamente notare più volte che molti cibi non sono necessariamente soggetti ad una cottura in pentola che ne faccia perdere il peso. E la loro lista è lunga, non credo che basterebbe un frigorifero.

Stiamo parlando di:

   – insalata

   – salame e affettati in generale

   – pasta (che al contrario il peso lo acquisisce)

   – polenta (stesso della pasta)

   – liquidi in generale quali birra, vino, acqua, latte, rum, succhi di frutta, gazzosa, grappa, grog, caffè, te, tisane, infusi eccetera

   – formaggio, sia grattugiato che da pasto, quando non impiegato in cottura

   – farine varie, che non potrebbero perdere mai l’acqua che non hanno

   – pane

   – cibi confezionati pronti all’uso come patatine, chips al formaggio, pop corn, piadine, bruschette, arachidi tostate, pistacchi, grissini, sfogliatine, merendine, eccetera

   – mais da pop corn

   – salse, marmellate, conserve e creme varie, dolci e salate, come la celebre crema di nocciole, la maionese, la salsa tartara, rosa, verde, cocktail, al rafano eccetera

   – croccantini del gatto, perché anche il gatto fa parte degli abitanti della casa, e anche per lui sosteniamo delle spese alimentari

   – cibo del cane, per chi ha il cane e non gli dà solo gli avanzi

   – mangime per criceti, pappagalli, pesciolini rossi e di altri colori, conigli ed altri degni esponenti del mondo animale

   – tartara

   – il pesce marinato, o più in generale tutte le preparazioni di pesce che non implichino la cottura

   – biscotti e prodotti confezionati per la prima colazione

   – tutta la frutta con l’esclusione delle mele cotogne, ovvero l’unico frutto che mi sembra ricordare che di regola vada fatto al forno, quindi grande perdita di peso

   – carote, che io mi ostino a mangiare crude, quindi né stracotte né vaporizzate, e gran parte degli ortaggi che possono fare a meno di passare da una padella per essere commestibili, come i pomodori, il sedano, alcuni tipi di cipolla, i ravanelli, i peperoni, l’aglio quando viene grattugiato sulle bruschette e non messo nel soffritto, e altre verdure che non ricordo

   – verdure precotte e inscatolate, come i fagioli o i piselli

   – mais precotto ed inscatolato ed i suoi simili

   – tonno, sgombri, alici ed in generale ogni forma di pesce o di frutto di mare in scatola

   – uova

   – caramelle e gomme americane

   – cioccolatini e prodotti vari confezionati a base di cacao

   – gelati e ghiaccioli

   – torte confezionate

   – spezie e gli aromi, ovviamente se usati a fine cottura o a crudo

   – olio usato a crudo, che quindi non rimane in padella

Oltre a ciò dovremmo considerare il fatto che già da tempo esiste la cottura al vapore, e da tempi più recenti anche quella al microonde. Quindi ci sono molti altri alimenti qui non inclusi, come carne, pesce, verdure, patate e prodotti dell’orto in generale, che possono essere cotti senza perdita di peso anche senza le pentole AMC.

Così a occhio, se guardiamo la lista di alimenti qui sopra, c’è qualcosa di più del 20% della spesa. Banalmente mi sembra di capire che gran parte degli alimenti che compriamo non passa necessariamente in una padella a rilasciare acqua e nutrimenti. Ma questo Giorgio lo sa, ed infatti insiste col dire che il 20% è proprio la quota che va a tener conto di questi alimenti che non perdono peso. E gli altri alimenti che perdono peso, allora, quanto ne perdono? Non riesco più a capire bene: sono il 100% degli alimenti che perdono il 20% del peso, o il 20% degli alimenti che perdono il 100% del peso? Non è chiaro, ma ancora una volta Giorgio ci aiuta, draconiano: è il 20%. “Fidatevi”. Grazie Giorgio.

Quanto viene stimato al mese questo risparmio fiducioso? mi sembra di ricordare un po’ meno di un centinaio di euro, più o meno. Non male.

 – Terzo punto: non si usa più il burro e l’olio in cottura. Calcolo presto fatto. Via qualche euro anche lì, ovvero la spesa mensile in grassi da cottura. Se poi siamo anche tra quelli attenti alla salute che preferiscono i grassi insaturi e salutari dell’olio a quelli saturi e colesterolici del burro, ci rendiamo conto come il risparmio è ancora più elevato, dato che un litro di olio extravergine di oliva costa molto di più di un panetto da un chilo di burro.

 – Quarto punto: non mi ricordo bene, ma potrebbe essere il fatto che non compreremo più una pentola in vita nostra. Anche questo è un risparmio. Non so se l’ho già detto, ma le pentole che Giorgio ci ha mostrato sono garantite 30 anni!

I quattro numeri vengono sommati, e otteniamo il risparmio mensile. Magari la memoria mi ha ingannato sui parziali, ma il totale me lo ricordo bene: 115 euro, come il numero da chiamare in caso di cotture eccessive. Ed è sorprendente come cambiare l’efficienza del pentolame in cucina possa farci risparmiare ogni mese queste cifre.

C’è da dire che i 115 euro sono comprensivi delle leggere sovrastime dei punti uno e due, vero. Ma i nostri amici padroni di casa, già fortunati acquirenti, ci dicono che attendono con ansia la prossima bolletta, come prova lampante dei conti fatti da Giorgio. Per conto mio non mi ricordo di aver mai atteso con ansia una bolletta, ma dato che non è la mia, chiedo di essere gentilmente tenuto informato.

Giorgio ad un certo punto ci aiuta a capire meglio le sue intenzioni quando asserisce di aver bisogno di dimostrare alla sua azienda di aver tenuto una serata con i presenti. Per fare questo, deve farci compilare un modulo con i nostri dati anagrafici, uno per coppia. La compilazione di questo modulo inspiegabilmente deve avvenire presso la casa di ognuno di noi. Ma come? Non può farlo qui? Siamo tutti presenti e pronti, e lui si ritroverebbe la sua provvigione a serata, risparmiandosi anche di dover andare tre volte in giro per la provincia nei giorni a seguire. Quanto stima Giorgio da uno a dieci il risparmio di carburante? E il valore del suo tempo libero la domenica? E il nostro tempo libero, visto che l’intrusione domestica a brevissimo preavviso di un semisconosciuto non compare nell’elenco delle cento cose più piacevoli da fare nel proprio tempo libero? Insospettito chiedo a Giorgio se per caso lui non prenda provvigioni sul venduto, e se questo inatteso secondo incontro non centri proprio con un tentativo di vendita mirato alla coppia. No, non è così. Lui viene pagato solo per le serate di presentazione, e non su quante pentole vende. Fìdati.

Una volta appurato questo, parte la grande gara allo scantonamento. Le altre due coppie cercano di svignarsela verso la domenica sera, ma Giorgio non si fa spaventare, e dimostra grande disponibilità nei suoi orari. Noi di conseguenza tastiamo il terreno per vedere quanto Giorgio sia mattiniero. Ma qui ci frega alla grande, e siamo i primi a cadere nella sua trappola: appuntamento fissato a casa nostra per le nove e mezza di mattina. Gioisco mostrando i denti: la nostra prevista gita domenicale è parzialmente rovinata. Giorgio segna sul suo taccuino, e poi torna quindi rapidamente ad occuparsi delle due coppie di fuggiaschi. il terreno di battaglia sembra spaziare anche sul lunedì, ma la nostra coppia di amici ha sfruttato il tempo di distrazione di Giorgio intento a scrivere nel taccuino per concordare tra loro una astuta manovra a sorpresa, ovvero di fissare l’appuntamento ad appena mezz’ora dall’orario dell’altra coppia. Tempo in teoria più che sufficiente a Giorgio per firmare il foglio di presenza, unico scopo del secondo incontro. Giorgio tentenna un attimo, e questo temporeggiamento sembra far capire che serva più di mezz’ora per scrivere due dati anagrafici sopra un foglio di presenza. C’è forse dell’altro che non ci hai detto, Giorgio? Ma alla fine si salva in calcio d’angolo, dicendo che anche se le due case sono nello stesso comune, lui preferisce non prendere appuntamenti troppo vicini, perché sarebbe poco professionale. L’ultima cosa che vuole è fare troppa fretta mettendo a disagio le persone che incontra, il tutto solo per un suo semplice tornaconto di comodità personale. Per la nostra coppia di amici è la resa: evidentemente ponevano tutte le sue speranze nell’arma dell’incontro ravvicinato, e senza questa possibilità devono cedere all’ostinazione del vincitore, Giorgio, a cui rilasciano per terzi indirizzo e numero di telefono.

L’aspettativa per la giornata a venire è abbastanza bassa, come se tutte e tre le coppie presenti avessero subodorato qualcosa di strano e poco lineare nella necessità di questo secondo incontro. Ma Giorgio crea subito aspettativa parlando di un progetto ambizioso: “tenete con voi il fogliettino che vi ho lasciato, perché AMC potrebbe realizzare il sogno della vostra vita!” Eh, sì, usa proprio queste parole, il sogno della nostra vita. Che AMC sembra seriamente intenzionata a soddisfare. Un po’ penso ancora alle vacanze in residence dell’inizio, ma non può essere: Giorgio ha parlato proprio del sogno di una vita, e un settimana in un residence pulizie non comprese io la chiamo più una piacevole vacanza di relax. Chissà cosa salterà fuori da questa cosa. Nel mio caso so già quale è il mio sogno: avere una nave pirata con base a Montisola, per veleggiare e compiere imprese piratesche nel lago d’Iseo, da Lovere a Clusane. Spero vivamente che la AMC voglia aiutarmi a realizzarlo.

Nave pirata del lago di Garda

L’unica  nave pirata presente al momento nei laghi bresciani, al momento alla fonda presso Castelnuovo del Garda

Seguono saluti, strette di mano e forzati arrivederci. Poi appena fuori dell’uscio di casa si improvvisa una brevissima riunione estemporanea non supervisionata da Giorgio e Piero tra le tre coppie invitate: siamo tutti contenti della cena buona e salutare, ma siamo tutti un po’ perplessi riguardo a queste cifre misteriose, a dire la verità. E facciamo delle prove di OK il prezzo è giusto per cercare di indovinare il costo di quanto visto.

La mattina dopo Giorgio irrompe in casa nostra, con l’aria di uno che non potrebbe essere più a suo agio ad autoinvitarsi a casa di sconosciuti la domenica mattina. Ho conosciuto dei testimoni di Geova più educati e rispettosi. Piero non c’è, ma la sua assenza non sembra condizionare troppo l’incontro.

Giorgio inizia rifiutando cordialmente un caffè, nonostante io abbia sottolineato che per farlo avrei usato una caffettiera non antiaderente. Mentre ci accomodiamo ci scappano due chiacchiere amene sul suo leggero ritardo, dovuto all’ennesima gara di ciclisti intenti a paralizzare il traffico domenicale della gente per bene e di Giorgio. Esaurito il rito dei convenevoli necessario a far finta che la sua sia una visita di cortesia, ritorniamo rapidi a dove eravamo rimasti la sera prima, giusto per essere sicuro che la notte non ci abbia fatto dimenticare quanto dichiarato nell’incontro precedente. Giorgio ci chiede di ripetere le nostre dichiarazioni su quanto per noi sia importante mangiare sano, gustoso e di risparmiare mentre lo facciamo. Ancora una volta. Inizio ad essere un po’ irritato: accade spesso dopo che mi viene posta la stessa domanda in un breve intervallo usando un tono da teletubbies. Giorgio facilmente non è pratico a leggere le espressioni facciali, e prosegue imperterrito a farci recitare i suoi ragionamenti guidati.

Il ripasso viene per nostra fortuna esaurito abbastanza in fretta, così come la compilazione del foglio di visita: teoricamente lo scopo della sua visita è terminato. Ma dalla grossa cartelletta che Giorgio maneggia si capisce che siamo solo all’inizio perché, chi l’avrebbe mai detto, Giorgio non fa solo le presentazioni, ma è autorizzato dalla sua azienda anche a proporci l’acquisto dei suoi pregiatissimi prodotti!

Ma niente di quello che fa Giorgio è prevedibile. Magari ho pensato che potesse tirar fuori un bel listino patinato dalla sua borsa di Mary Poppins per sventolarcelo minacciosamente sotto il naso, ma non avrei potuto sbagliarmi di più. Ed infatti avviene proprio il contrario: è Giorgio a chiedere a noi quale pensiamo che sia il valore (o il prezzo? c’è una bella differenza tra le due cose) dei suoi prodotti. Come riferimento per la nostra stima c’è un classico dépliant con foto di gruppo dei meravigliosi oggetti in classica formazione a ventaglio. Gli oggetti di corollario come le macchine del sottovuoto, il pentolame speciale, le piastre elettriche o i cronometri fischianti contornano la squadra principale, a lasciare una cerca ambiguità su cosa sia incluso o meno in ogni offerta, e quindi in quella che dobbiamo fare noi al volo. Non è molto facile fare una stima, visto che si parla di una massa di oggetti non indifferente: tra pentole, coperchi, supercoperchi, sottovuoti ad altre cose che poco ricordo. Ma forse non siamo così gonzi, visto che una ricerca in Internet siamo riusciti a farla tra un incontro e l’altro. Anche se sembra a prima vista che Internet tuteli i prezzi AMC con il segreto di stato, basta sviscerare qualche blog non ufficiale o qualche asta online per avere una idea indicativa. Se quindi era previsto un momento in cui dovevamo spaventarci di fronte a queste cifre, questo è accaduto in assenza di Giorgio, nella calma notturna tra i due incontri. E qui non vorrei dire scemate, ma così a occhio, facendo una stima proprio un tanto al chilo, mi sento di dire che riferito all’oggetto pentola più coperchio si parla di circa circa un buon cinquecento o seicento euro. Stima fatta molto ma molto alla buona, e mai sull’oggetto singolo. Se si compra AMC, si compra in massa.

Giorgio insiste: vuol sapere la nostra idea del costo/valore di questo ben di dei. La mia amata rompe per prima l’impasse, e spara sui tre o quattromila euro il pacchettone. Io sto basso, perché va bene tutto, ma, che diamine, sono solo pentole. E anche un po’ per tirare su un prezzo che ancora non è dato sapere. Dico un duemila o un po’ di più. Giorgio ovviamente ci guarda come se già sapeva che sia io che lei avremmo risposto così.

Finalmente arriva qualcosa che possiamo chiamare prezzo, anche se annegato in un mare di salsa a base di rate non ben definite per tempo, tassi e durata. Non che Giorgio non ci abbia fatto vedere tali valori, ma il problema è che fin dall’inizio della serata precedente, tutto ciò che Giorgio mostra e dimostra tende ad essere abbastanza fugace, e così come nelle nostre mani e ai nostri occhi si materializzano velocemente volantini, grafici, numeri e dimostrazioni, così scompaiono senza lasciare traccia, se non un’idea confusa e vaga nella nostra memoria. Per me che sono abituato ad uscire dalle fiere e dai concessionari di automobili con carriolate di volantini che poi in genere uso per accendere il fuoco, questo modo volatile di fornire informazioni mi risulta abbastanza faticoso, anche se è in linea con quell’idea di grande segretezza che aleggia intorno all’AMC. Se avessi saputo che era così, credo che mi sarei munito di matita e blocco degli appunti, o dei più moderni occhiali da guardone.

Mi sembra di ricordare che la rata proposta da Giorgio fosse qualcosa come 80 euro al mese, su tre o quattro anni. O forse c’erano diverse soluzioni, più o meno ardite, in base alle esigenze di ogni coppia. Lo so che c’è una bella differenza tra 80 euro al mese spalmati su tre o su quattro anni, ma mi sorprende già di essermi ricordato tutte queste cose. E la differenza non è poi così significativa, visto che stiamo parlando di una cifra completamente assurda contrapposta a una stratosferica. Di tutte le brevi permanenze alla vista delle informazioni fornite da Giorgio, quella delle rate ha fatto il record assoluto. Lesto come un consumato venditore, Giorgio ha ripreso subito il controllo del discorso tornando al suo cavallo di battaglia, ovvero che basta usare queste pentole per risparmiare 115 euro. Ancora. Basta prendere per buona questa affermazione, che già sappiamo che qualsiasi rata inferiore a 115 euro al mese ci procura un risparmio immediato, sia essa anche una rateizzazione di 110 euro per trent’anni! Questo per convincere gli irriducibili come me che pensano che il giorno in cui dovrò fare un mutuo pluriennale per comprarmi un set di pentole significa che sono proprio messo male.

Inoltre quando Giorgio ci ha elencato i vari oggetti inclusi nella sua di offerta, non è stato facile capire cosa fosse effettivamente incluso, cosa fosse un regalo eccezionale, cosa veniva messo dentro con un ridicolo contributo e cosa invece godeva di offerte straordinarie di durata brevissima. Devo dire che se l’intenzione di Giorgio era quella di far sentire i suoi ospiti dei perfetti idioti a disagio nella loro stessa cucina, ci è riuscito veramente bene. Col senno di poi credo che avrei preferito, per citare il Manzoni nel primo capitolo di Promessi Sposi, di accarezzargli le spalle per insegnargli la modestia, o come direbbe una qualsiasi altra persona meno letterata, di indicargli la direzione della porta con vigorosi calci nelle terga. Ma sicuramente anche se non ci sono state né carezze né calci, non mi ha certo ben disposto ad alcun acquisto.

Ma abbiamo già fatto notare come Giorgio fosse impermeabile a qualsiasi espressione facciale avversa. Dicendogli che non intendevamo fare un mutuo per delle pentole ammettevamo implicitamente di essere degli idioti, perché solo dei subnormali masochisti non approfitterebbero della fortuna che ci veniva offerta. Ma lui mostra la pazienza tipica degli educatori di animali, e prova ad ingolosirci con nuove opportunità eccezionali. Tra queste sono sicuro che c’era l’aggiunta di un pentolone dal fondo ovale, prezzo di listino 800 euro (con o senza coperchio pensante?), che a noi sarebbe stato regalato. Ma questo è niente rispetto all’opportunità che ci offre in seguito: se rottamiamo tre padelle antiaderenti lui ci fa uno sconto su tutto del 30%! Questa è grossa, e trattandosi di un risparmio e non di una spesa Giorgio è veloce a scriverlo bello in grande, davanti a noi. Siccome credo di ricordare una cifra intorno ai 1200 euro, deduco che il prezzo totale sia di 4000 euro.

Nemmeno questa offerta è sufficiente a smuovere me e la mia signora dalla nostra ostinata stupidità. Questo imbarazza un po’ il povero Giorgio, che si trova costretto a ripetere e a farci ripetere prima la filastrocca della triade “salute, gusto e risparmio”, e poi quella dei 115 euro. Compare una nuova frase ambigua: “se ve le regalassi, le usereste?” Beh, sì, che scoperta. E via di nuovo a farci capire che tutte queste cose ad un prezzo così di favore lo si può considerare di fatto un regalo.

Inizio ad essere stufo di Giorgio nella mia cucina, e Vorrei che se ne andasse. Credo che ormai le sue padelle non le prenderei nemmeno se me le facesse pagare dieci euro. Quindi alla sua ennesima pretesa che noi dovessimo accettare la sua generosa offerta, esco con un classico: “ci dobbiamo pensare”. Mi sembra una affermazione verosimile detta da una persona che la sera prima non sapeva nemmeno il motivo di un invito a casa di un amico, e che in meno di dodici ore gli viene chiesto di stipulare un mutuo per comprare degli oggetti di cui non aveva avvertito il bisogno. Cosa ribatte Giorgio? Che non è possibile pensarci, perché, incredibile ma vero, l’offerta della rottamazione, che mi lasciava in tasca un migliaio di euro in più, non sarà più disponibile. E’ una offerta in cinque esemplari, generosamente donata dalla AMC, ma due di queste possibilità sono già andate, e Giorgio dubita seriamente che ci siano ancora l’indomani. Quindi Giorgio, fammi capire: se dovessi chiamarti tra tre giorni per dirti che ho deciso di comprare le tue pentole, facilmente dovrai dirmi sconsolato che devo pagarti per intero i 4000 euro? Già, è così. I 4000 euro li valgono tutti, per carità! Ma l’occasione è unica e irripetibile.

E’ incredibile: faccio notare a Giorgio come lui abbia dichiarato chiaramente più volte che si sarebbe introdotto in casa nostra solo per farci compilare il suo fogliettino della presenza, ed è qui e chiedermi dei soldi, possibilmente con una decisione istantanea, su due piedi. Proprio lui, che ancora una volta ci ripete di non prendere provvigioni sul venduto. Ci dice che se ha fatto questo era solo perché abbiamo la fortuna sfacciata di poter approfittare delle già dette offerte, e non per altro. Che fortunati. Normalmente se ne sarebbe andato lasciandoci l’incombenza di cercare bramosi il numero verde della AMC sull’elenco delle pagine gialle.

Tornano a fare la loro comparsa viaggi ed altre opportunità del genere, ma francamente non mi ricordo più nemmeno se era un modo di Giorgio per ricordarmi cosa accadeva se avessi voluto invitare quattro coppie di amici a casa mia, o se c’era anche un qualche viaggio compreso nel regalo. Forse era una manovra disperata di Giorgio, che inizia a capire che il suo ruolino di presentatore di pentole verrà rovinato dalla nostra ottusa ostinazione di non comprare niente. Per invogliarlo a prendere prima possibile la direzione della porta sfoderiamo un coro dei più classici “ti faremo sapere”. E finalmente Giorgio è di nuovo nel posto giusto, ovvero fuori di casa nostra.

Conclusioni, più di una:

  1. Meglio un morto in casa che un venditore alla porta.
  2.  Se volete invitare qualcuno a lasciare rapidamente casa vostra, agitare nervosamente un oggetto contundente di uso quotidiano, sia esso un matterello, uno sparachiodi o un martello da dio vichingo.
  3. Non fidatevi di una persona che trae guadagno dalla fiducia stessa, soprattutto quando come unica argomentazione ha la parola “fìdati”
  4. Non fidatevi degli inviti a sorpresa dei vostri amici. O, come direbbe Piero Pelù: “Non voglio più amici, voglio solo nemici“.
  5. Se avete un dubbio su un acquisto, pensate sempre a cosa farebbe Tex Willer in questi casi. O, meglio ancora, Henry Morgan, Edward Teach o qualsiasi buon pirata che si rispetti.

 

 

Ode alla polizia locale, al loro lavoro e un’idea per aiutarli

Certi eventi vengono un po’ presi come una fatalità. Anche se per essere una fatalità, dovrebbe essere legata puramente al fato. Invece è come una fatalità, ma che è come una conseguenza di un gesto che viene deliberatamente compiuto, consci delle conseguenze a cui può portare.

 

Nel mio caso specifico sto parlando delle multe. Ogni volta che domenica c’è il sole, e decido di fare con la mia amata una piacevole gita fuori porta, già so che pende sulla mia automobile l’alea di una sanzione, la spada di Damocle del codice stradale.

 

Nel mio caso ancora più specifico la gita consisteva di una amena visita al paese di Carignano, per la fiera Degustibus, con l’obiettivo di goderci una bella giornata di sole, di lambrusco e di affettati emiliani in un luogo ameno circondato da piante, fiori e gente felice.

 

Ma purtroppo come si sa, dietro motivi bucolici sorge spesso la folle incoscienza dell’automobilista. E così, impaziente di raggiungere il parco di Villa Malenchini, ho lanciato il mio veicolo a folle velocità, toccando punte di 64 chilometri orari!

 

E a questo punto, all’incirca a metà strada passavamo dal non più così ameno paese di Canneto sull’Oglio, dove due solerti tutrici dell’ordine mi sono venute incontro, per correggere con un’ammenda la mia tenuta di guida scriteriata.

 

Non ho saputo subito della presenza delle due tutrici dell’ordine, ma solamente quando mi è arrivata a casa la temuta lettera color verdino muffa di gorgonzola. Qui ho scoperto che le due persone non hanno potuto fermarmi perché

 

“ … La violazione è avvenuta nella strada (…) che risulta inserita nell’elenco di quelle per le quali non è possibile il fermo del veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati, di cui al decreto del Prefetto di Mantova n. 2006/14787/Area III del 10/08/2006 …”

 

Sfortuna vuole quindi che la mia strada sia proprio tra quelle del decreto del prefetto, e che quindi le due persone si sono viste costrette a non mettere a repentaglio la loro vita cercando di fermare la mia folle corsa. D’altra parte, ci vuole un bel coraggio a fermare un bolide lanciato alla velocità folle di 64 chilometri orari, senza pensare alle reazioni impreviste che potrebbero scaturire da un simile pazzo al volante!

 

Basti considerare che l’uomo più veloce del mondo, correndo i 100 metri in circa 10 secondi, raggiunge a malapena  i 36 chilometri orari. Ciò ne consegue che nessun uomo può scampare alla furia omicida di un’automobile spinta a questi limiti.

 

Ecco la prova dell’increscioso episodio, gentilmente fornita dietro richiesta dalle ancora sconvolte vigilesse di Canneto sull’Oglio.

 

 Canneto sull’Oglio, centro storico e automobilista folle (Polizia di Canneto sull’Oglio, maggio 2013)

 

Da grande fan di Ritorno al futuro, mi stupisco dell’assenza di fiamme sull’asfalto, che ritengo siano una presenza obbligata per velocità prossime alle 88 miglia all’ora. Ma in compenso il mio veicolo nella foto appare chiaramente più largo del normale, segno di una velocità prossima a quella della luce e conseguente deformazione del tessuto spazio tempo.

 



 

Ad aggravare il misfatto, l’evidenza di una strada stretta e tortuosa. Quello che si vede poi è chiaramente il centro storico di Canneto sull’Oglio, di prossimo inserimento tra i patrimoni dell’umanità da salvaguardare per l’Unesco. Sulla sinistra, di colore rosso, l’antico palazzo comunale quattrocentesco, ora adibito a biblioteca e frequentato da famiglie con figli piccoli. Più a destra, dove sorge l’edificio bianco, la piazza del mercato, con numerosissime persone accorse dai paesi limitrofi per procurarsi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locali. Sullo sfondo, a destra della statale, la scuola materna. La statale della morte taglia in due questi luoghi piacevoli con uno spietato colpo di falce.

 

Durante il mio folle attraversamento del paese, non ricordo di aver visto alcun vigile a bordo della strada, intento a fare il suo dovere civico nei confronti di noi criminali della strada. Strano, perché credo sia buona prassi che un operatore sia sempre presente. Evidentemente si sono allontanati di qualche centinaia di metri, per evitare di essere risucchiati nel vortice spazio-tempo generato dai veicoli in transito a velocità sub-luce.

 

Devo però ammettere che purtroppo non è la prima volta che senza rendermene conto spingo la mia vettura oltre certe soglie di follia futurista. Ma la mia vera preoccupazione è che in questa società malata, questo grave problema non affligga solo me perché, incredibile a dirsi, nonostante quanto detto ricordo benissimo di essere stato sorpassato da un gran numero di altri automobilisti, evidentemente ancora  più pazzi e scriteriati di me. I solerti vigili urbani di Canneto sull’Oglio avranno i loro bei grattacapi a correre dietro a tali questioni quando, vogliamo ricordarlo, il loro primo e unico desiderio è quello di salvaguardare la vita e la salute dei loro concittadini, e con grandissimo dispiacere si ritrovano invece ogni volta ammettere questo problema sociale che li costringe a dover inviare multe su multe ad un numero sempre troppo grande di spericolati trasgressori, nella vana speranza che un giorno questo non succeda più.

 

Dopo molto tempo a riflettere sulla questione, penso di aver trovato la soluzione al problema. Che forse è più semplice di quello che si è mai pensato. Per sgravare la salute fisica e mentale di questi poveri tutori dell’ordine, costretti a sostare sul ciglio della strada a rischio della vita nella vana speranza di non dover dare più multe per eccesso di velocità, credo che la soluzione sia una sola: la liberalizzazione totale degli autovelox. Ovvero che come è accaduto con i parcheggi con l’introduzione dell’apprezzatissima figura dell’ausiliario del traffico, addetto a multare per divieto di sosta gli indisciplinati parcheggiatori, così sono convinto che rendere libero il mercato delle multe per eccesso di velocità aiuterebbe grandemente la popolazione italiana. Qualunque persona, sia esso un annoiato pensionato amante del rischio, come un pirata disoccupato o semplicemente un cittadino rispettoso delle leggi e del codice della strada, potrà installare un rilevatore di velocità su qualsiasi strada italiana ritenga necessario, e quindi portare avanti questo apprezzato sistema di correzione alla disciplina stradale. Come premio dovuto per l’investimento nei costosi macchinari come nel tempo impiegato generosamente, va riconosciuto al volenteroso lavoratore l’intero frutto delle sanzioni.

 

una bozza veloce del simpatico cartello che useremo noi di hastalapasta.org 

 

Con questo sistema, grazie profondo senso civico dei cittadini italiani, si arriverebbe rapidamente ad un fiorire rigoglioso di simpatici autovelox un po’ su tutte le strade italiane più malamente frequentate da automobilastri. E sono sicuro della disponibilità di molti bravi cittadini rispettosi delle regole del codice stradale, che saranno più che contenti di aiutare la cittadinanza tutta a correggere i loro concittadini che invece sono meno consci su quale debba essere il comportamento in una strada pubblica. Io stesso credo che dedicherò alcune domeniche estive sulla Provinciale Cellatica – Brescia. Sono sicuro che con un briciolo di organizzazione, un paio di amache, una cassa di birra e con la giusta compagnia, possiamo trasformare il nostro dovere civico in un piacevole pomeriggio di bisboccia tra amici. E dal momento che indosseremo sicuramente il tradizionale abito piratesco, la contestazione della sanzione da parte dell’indisciplinato guidatore si trasformerà in una buona occasione per un po’ di proselitismo pastafariano.

 

Sicuro dell’apprezzamento per una idea così semplice ma insieme così brillante, a breve verrà lanciata la raccolta firme per il referendum.

Considerazioni su stato e chiesa di un umile pirata

Come tutti ben sanno, la filibusta è stata la prima forma recente di democrazia della storia moderna, oltre che l’unica democrazia mai esistita fondata sull’acqua. Ed il dettaglio dell’acqua non è da trascurare, in quanto la esenta dal limite fisico e politico dei confini territoriali, che è dimostrato come alla lunga provochino effetti collaterali indesiderati come il patriottismo, la demagogia, i pellegrinaggi e le crociate religiose.

 

Se poi consideriamo che presso gli antichi greci vinceva le elezioni la coalizione che riusciva a buttare più pezzi di vaso in un buco, favorendo inevitabilmente i produttori di vasellame di cattiva qualità e gli scaricatori di porto, si può dire che il popolo dei pirati sia la prima vera democrazia mai esistita per il genere umano. E’ noto anche come l’attuale sistema di voto per alzata di mano derivi proprio dall’antico uso di votazione delle assemblee piratesche. Deriva dal fatto che ogni pirata è risaputo essere provvisto sempre di almeno una mano, un occhio ed una gamba, ma che tra i tre quello più facile da alzare sia in ogni caso il primo, soprattutto per chi di gamba ne ha una sola.

 

    

Una confusionaria conta dei voti presso una polis greca e, a lato, una democratica votazione su come condire la pasta in un moderno veliero pirata

 

Perché dico tutto questo? Perché ci sono dei momenti in cui alcuni poteri temporali e spirituali danno segnali equivoci, e quindi anche se sono un semplice membro di una associazione religiosa, volevo fare alcune considerazioni del momento. 

 


Tutto la confusione inizia quando il capo spirituale di una religione non pastafariana ma soprattutto assolutamente non democratica si dimette. Questo è perlomeno strano, visto che ad eleggerlo è stato nientemeno che il loro dio in persona, anche se per mano dei suoi rappresentanti terreni. E quando un dio sbaglia, poi sono sempre problemi. E poi c’è anche quella cosa che quel tipo di incarico, forse proprio considerando che gli dei non sbagliano mai, è uno dei pochi a vita, nonostante sia un ruolo decisamente di potere, e come tale andrebbe normalmente limitato con regole di nomine a tempo e di non rieleggibilità. Insomma, la manifestazione di un dio in terra si è stufata di essere tale, ma nel giro di poco lo stesso dio ha provveduto a trovare un sostituto più volenteroso e motivato, anche se non molto più giovane. E questa elezione è avvenuta sempre per mano dello stesso organo elettivo che aveva eletto quello prima, non si sa se sbagliando o meno.

 

Tutto il clamore di queste dimissioni ed elezioni ha distratto un popolo intero, quello italiano, che per ragioni geografiche e religiose è molto vicino alle questioni di cui ho appena parlato. E’ successo che per l’ennesima volta l’attuale anziano capo dello stato ha chiesto gentilmente che venisse messa a posto una legge elettorale giudicata inefficiente e suina dal suo stesso creatore, e che in più di un’occasione aveva già dato prova di grande pericolosità (la legge, non il creatore), andando a generare alcuni dei governi più comicamente drammatici della storia del paese. Nonostante questo, gli illuminati membri delle numerose camere parlamentari italiane non riescono incredibilmente a trovare un accordo sull’unica cosa per cui vanno d’accordo, ovvero cambiare questa legge che non piace a nessuno.

 

Un’immagine della recente corsa alle elezioni italiane

 

E alla fine comanda ancora lei, la legge, perché si arriva alle nuove elezioni, e per l’ennesima volta va messa in pratica. E questa volta la legge si supera davvero, perché in virtù proprio delle numerose camere parlamentari di cui unico al mondo gode lo stato italiano, la legge riesce a creare maggioranze diverse in ogni camera, gettando nello sconforto la gran parte degli italiani elettori, la minima parte degli italiani eletti che è in grado di rendersi conto della gravità della situazione, ma soprattutto lui, il capo dello stato. Ironia della sorte: tale onesto individuo è l’unico delle centinaia di politici coinvolti che voleva andarsene fuori dalle scatole quanto prima, e che probabilmente aveva avuto pure l’ardire di sperare che gli ultimi due mesi del suo mandato sarebbero stati relativamente tranquilli, soprattutto nel rispetto della sua veneranda età di ottantasette anni.

 

Ma così non è. Passano i giorni, ma gli eletti non riescono a mettersi d’accordo sul modo migliore per fare il bene del paese, e questo giorno dopo giorno, per un paio di mesi. Niente male davvero. E si arriva inesorabilmente al punto in cui l’unica persona che non voleva essere eletta, dimostrando per questo di essere anche l’unica persona sana di mente in tutto il sistema, viene drammaticamente rieletta, prima volta nella storia d’Italia ed ovviamente con una delle percentuali più alte della sua storia, e con grande reciproco compiacimento degli illuminati elettori. Inutile dire il rancore del neo rieletto, che magari da ottantasettenne avrebbe anche sperato di trascorrere gli ultimi anni della sua vita in attività meno stressanti che non a correre dietro a centinaia di strapagati deficienti.

 

L’opinione di google riguardo alla politica italiana. Da notare bene le posizioni 6 e 8 della lista

 

Il giorno dopo dell’elezione è buona prassi che l’eletto capo dello stato pronunci alcune parole di sentiti ringraziamenti verso coloro che gli hanno accordato sette anni di fiducia. Credo però che per la prima volta nella storia di qualsiasi democrazia galattica accade che una persona eletta insulti pesantemente coloro che gli hanno accordato tanta fiducia. Con la sua solita garbata ed elegante eloquenza, la sua malgrado prima carica dello stato inanella una interminabile serie di forbite maledizioni a quel branco di deficienti. I quali di tutta risposta, a confermare il loro limpido grado di intrinseca idiozia, invece di abbassare umilmente il capo in segno di profonda vergogna altro non riescono a fare che applaudire colui che con vellutate parole di fiele non fa che sminuirne ogni loro attitudine professionale e morale di fronte al mondo intero. Ennesimo primato: per la prima volta in ottantasette anni di vita politica, il nostro capo dello stato, ormai con la voce rotta non dalla commozione ma dalla rabbia, ha interrotto il suo discorso per chiedere che si smettesse di applaudire, perché oltre che irritante, l’applauso faceva chiaramente fraintendere completamente il senso del suo discorso. Ottima presa di posizione, a cui ha fatto seguito uno scrosciante applauso.

 

Ora, dalla radio da cui sentivo il discorso, per quanto stereo, era difficile capire da che parte dell’assemblea giungessero gli applausi. Potrebbe essere che solo un gruppo dei deficienti che abbiamo eletto per l’ennesima volta stesse applaudendo, mentre altri davvero avessero chinato il capo in segno di umile pentimento per una vita di scelleratezze coronate dagli scandalosi atti recenti. Mi è più facile però pensare che in realtà fosse una gara a chi applaudisse più forte. Perché lungi dall’abbandonare i loro comportamenti nefasti, i nostri eletti in realtà hanno sicuramente pensato che sommergendo l’avversario politico con gli applausi più rumorosi, si volesse far pensare che il discorso del capo dello stato non fosse indirizzato a loro che lo sottolineavano battendo fragorosamente le mani, ma a quegli altri, che purtroppo il caso vuole che essendo anch’essi dotati di arti superiori, applaudissero con la stessa ottusa veemenza.

 

L’ennesima dimostrazione di grande stile che abbiamo ricevuto dai nostri eletti. L’ennesima dimostrazione di stile che stiamo dando di noi italiani al mondo intero. Si dice che noi pirati abbiamo scarso senso morale, ma di fronte a tutto ciò, dobbiamo prendere il tricorno tra le mani e chinare umilmente il capo, ed ammettere che siamo solamente dei poveri dilettanti.

 

Gita parrocchiale al lago Magadi

La Chiesa Pastafariana, Diocesi di Nairobi, e’ orgogliosa d’invitarvi alla prima gita parrocchiale del 2013….destinazione Lago Magadi! Il flying matatu monster raccogliera’ i fedeli sabato 13 aprile (Italian time, no African time) presso il Nakumatt Junction di Nairobi. Per farsi riconoscere i partecipanti dovranno essere vestiti da pirati oppure indossare uno scolapasta in testa! Il rientro e’ previsto per domenica 14 aprile nel pomeriggio.

Astenersi perditempo!

Il flying matatu monster a Magadi durante un ritiro spirituale

 

Informazioni su Magadi: Il Lago Magadi è un lago alcalino, il lago piu’ a sud della Rift Valley. Posizionato all’interno della Masai Land ha una superficie di 104 km². Si trova in una delle zone più calde e aride del Kenya (le temperature raggiungono i 40-45 gradi) ed è circondato da colline vulcaniche che riversano grandi quantità di carbonato di sodio nelle sue acque. La mancanza di emissari e l’evaporazione dell’acqua fanno aumentare la concentrazione di sali a tal punto che la sua superficie è completamente ricoperta da uno strato di soda cristallizata. I fenicotteri rosa sono una delle poche specie animali in grado di vivere nel lago; dove si nutrono di alghe. Sulle sponde del lago Magadi sorge l’azienda Magadi Soda, che estrae bicarbonato di sodio principalmente per l’esportazione. A Magadi sono state girate alcune scene del film di Fernando Meirelles dal titolo The Constant Gardener, basato sul un libro di John le Carré. Per maggiori info vedi : http://bianconerokenya.wordpress.com/2012/04/27/somewhere-in-kenya-magadi/.

 Alloggio: campo tendato presso il villaggio di Oloika a sud del lago Magadi a pochi Km dal confine con la Tanzania. Chiunque voglia venire deve portarsi la tenda! Il campo tendato sara’ presente in occasione della Maratona di Shompole (Maratona di Sean Paul per i rastafariani) del 14 aprile ed il costo per il posizionamento della tenda e’ di 1800 Ksh a persona.

Attivita’: safari nella natura sconfinata di Magadi e visita delle sue bellezze; barbecue serale inaffiato da birra fresca; possibile partecipazione alla Maratona di Sean Paul  nella categoria 10, 21 o 42 Km (http://www.shompolemarathon.com/) che si terra’ il 14 aprile mattina (partenza 6.10 a.m.); cazzeggio e relax.

Costi: ci si dividera’ i costi della benzina! E’un weekend low cost!

Per partecipare: il matatu pirata della chiesa pastafariana di Nairobi ha a disposizione 7 posti. Prenotatevi!!!

Contatti: Capitan Luca +2540727240667.