Gli dei, l’HACCP e la prevenzione dei rischi in generale

E’ una tradizione un po’ di tutte le religioni di successo di pensare in grande: grandi edifici di preghiera, grandi poteri attribuiti al loro dio, grandi miracoli, grandi esplosioni in luoghi affollati da un gran numero di persone, grandi ricompense o punizioni per chi si comporta bene o male. Sembra proprio che la discrezione non sia la chiave del successo per una religione.

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Le costose religioni degli dei onnipotenti

Questa mattina, mentre mi imbattevo sul giornale nel racconto delle ennesime avventure fuori porta dell’anziano intermediario divino di una religione concorrente, mi sono ritrovato a pensare ad uno strano paradosso religioso moderno: quello per cui più una religione si fa vanto dell’onnipotenza del proprio dio più, stranamente, la religione stessa ha bisogno di ingenti e costose strutture per sopravvivere. Questo per me è proprio stranissimo: se un dio è davvevo così potente, come può non essere in grado di comunicare direttamente con i suoi fedeli con parole semplici e soprattutto non equivocabili, attraverso un mezzo di informazione adeguato? Ed invece no: ci ritroviamo questa gran confusione di divini tirapiedi ad intasare ogni mezzo di comunicazione: giornali, radio, televisioni, Internet più tutti quelli che non hanno ancora inventato. E questi sono solo i mezzi invasivi involontari, ovvero quelli in cui chiunque, seguace o meno della tal religione, si ritrova a doversi sorbire le opinioni del prelato di turno. Se uno è un devoto seguace e frequenta anche i luoghi di culto si becca anche la dose extra, quella senza la quale va dritti all’inferno. Ma non sarebbe più semplice usare proprio l’evento del rito periodico per tutte le comunicazioni, e liberare tutti i mass-media da quel genere di informazione di scarsissimo interesse per chi crede in qualcos’altro o in niente del tutto?

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Alcune proposte per salvare un casinò fallimentare

In questi giorni ho sentito alla radio che il Casinò di Campione d’Italia sta fallendo, o magari ora che finisco l’articolo è pure già fallito. E’ una notizia controversa: da un lato sono triste che 600 persone in un comune di 2000 perdano il lavoro. Un po’ come se chiudessero di colpo tutti i ministeri di Roma. Però mi viene da dire che è pur sempre un casinò, quindi un’attività che lucra su una forma di stupidità umana, ovvero la ludopatia. Magari il casinò di Campione non fa danni come le innumerevoli macchinette mangiasoldi, sale bingo e sale scommesse che il nostro ministero dell’economia ha sparpagliato su tutto il territorio nazionale, lasciando che fossero poi i ministeri della salute e degli interni a gestirne le conseguenze. In uno stato che vuole vantarsi di essere moderno e sociale il gioco d’azzardo è per forza una cosa brutta ed illegale, e noi stiamo facendo finta che se viene gestita in un certo modo con delle ridicole restrizioni in realtà va tutto bene, e possiamo considerare di avere la coscienza pulita.

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Istruzioni d’uso dei social network per legionari imbecilli

La cosa particolare di questo periodo di transizione dell’esistenza umana è che capita ancora di incontrare fisicamente altre persone come si faceva una volta, e la cosa ci pone di fronte a problemi tutti particolari a cui non siamo più abituati. In questa epoca si parla sempre più di telelavoro, della necessità di avere una connessione ad Internet smodatamente veloce e di quanto sia importante che ci sia qualcuno che ci porta la spesa e tutto quello che ci serve direttamente in casa. Oltre a questo le dimensioni degli schermi dei nostri televisori stanno rasentando quelle della parete del nostro salotto e le proposte di intrattenimento che ci troviamo dentro sono talmente ampie ed interessanti che presto per stare al passo sarà necessario guardare più trasmissioni contemporaneamente, come previsto nel documentario futuristico Ritorno al futuro 2. Aggiungendoci però la complicazione di dover gestire nel frattempo le nostre identità sociali sul telefono. Con tutti questi costanti impegni domestici a cui siamo sottoposti risulta chiaro quanto diventi sempre più stravagante e vetusta la necessità di lavare il nostro corpo e di mettergli addosso degli abiti più puliti ma meno comodi per abbandonare casa ed incontrare altri esponenti della razza umana.

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I celebranti laici, questi sconosciuti

Una cosa strana ad essere iscritti all’UAAR, almeno per chi lo è da poco come me, è che si viene coinvolti in cose un po’ strane ed inaspettate. Voglio dire: ho quarant’anni, e ho vissuto molti più anni da cattolico che da ateo, agnostico o pastafariano. In tutti quegli anni da devoto al papa non ho mai ricevuto una mail dal vescovo o da chi per lui che mi invitasse a fare un corso per diventare prete o anche solo celebrante di matrimoni e funerali cattolici. Ecco quindi il motivo della mia sorpresa quando un bel giorno l’UAAR mi manda una email per propormi di frequentare un

Corso per celebranti laici!

E che cos’è, un celebrante laico? E’ un personaggio che organizza cerimonie laiche. Affascinato vedo di informarmi un po’ meglio cliccando per esempio qui, e mi rendo conto che si opera principalmente su tre tipi di eventi, tra il fausto e l’infausto:

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Sui sistemi elettivi migliori del nostro

Dai fatti accaduti negli ultimi mesi ho intuito che qualcosa nelle elezioni non ha funzionato nel migliore dei modi. Non che la volta precedente sia andata molto meglio, ma in quella circostanza perlomeno c’era la scusa di un sistema elettivo suino a cui dare la colpa. Questa volta aveva sempre un nome in latino maccheronico rispettoso e scelto con cura dalle più alte intelligenze politiche in campo: doveva per forza andare meglio. Ma se siamo qui a parlarne è perché inspiegabilmente qualcosa è comunque andato storto e purtroppo si stenta pure a trovare qualcuno a cui dare la colpa. Probabilmente ognuno di noi accusa tutti quegli tutti quegli italiani che hanno votato un altro partito e non quello che piace a noi, ma alla fine il problema è uno solo: la democrazia. Ci piace poterci vantare di vivere in uno stato democratico perché ci hanno insegnato che è la cosa giusta e che tutte le altre forme di governo sono intrinsecamente sbagliate, ma questi casi ci mostrano una drammatica verità: la democrazia a volte è inequivocabilmente stupida.

Come se non fosse già di suo abbastanza umiliante e sconfortante questo periodo di imbarazzo politico, ecco che di continuo giungono indesiderate le parole delle forze di occupazione dello stato vaticano. In virtù di princìpi a me sconosciuti questi anziani signori si sentono in diritto di dire la loro e soprattutto che quello che dicono venga diffuso e poi preso in considerazione. E qui sta la cosa più strana: non dicono niente di particolarmente illuminante o sensazionale. Voglio dire: sono sempre e solo discorsi vaghi, scontati e pieni di parole ed espressioni collaudatissime come

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Lo strano principio del doppio miracolo

C’è quella cosa che mi ha incuriosito da sempre della religione cattolica: per diventare santi occorrono due miracoli riconosciuti. Non è chiaro di preciso cosa sia un miracolo, ma da che ho capito è un momento in cui la continuità spaziotemporale dell’universo si deforma abbnadonando le leggi della fisica a cui è normalmente soggetto, per seguirne altre su richiesta del devoto fedele, per intercessione del santo, su intervento del potente dio cattolico. Per esempio: se siamo abituati che le pietre non si muovono da sole, ma arriva uno che le sposta pregando, questo è un miracolo, perché per il tempo del volo sulla pietra non ha agito la forza di gravità. Se ad una martire crescono improvvisamente i capelli per nascondere le nudità agli occhi dei torturatori pagani, allora in questo caso parliamo di materia che si genera dal nulla, ed è la massa totale dell’universo a cambiare in modo imprevisto.

Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, grazie Wiki

Quando poi sentiamo di un condottiero che sconfigge un drago, allora qui non è ben chiaro, ma possiamo pensare che sia un miracolo che un dinosauro sia sopravvissuto fino al moderno Olocene, per poi essere estinto dal solito idiota mosso da buona fede. Per di più una specie di tirannosauro alato, una autentica rarirà sfuggita a tutti i paleontologi, evidentemente troppo presi dalla loro ricerca accademica per riflettere sugli interessanti spunti offerti della religione.

Ultimamente di miracoli così pittoreschi non se ne sente più parlare, e questo purtroppo getta un po’ di ombra del dubbio anche su quelli del passato. I miracoli del giorno d’oggi sono molto più noiosi, e riguardano immancabilmente la salute dei fedeli, sempre più chiusi sul proprio tornaconto personale rispetto agli eroici màrtiri del passato. Non c’è più quel pizzico di incoscienza dei tempi d’oro del cristianesimo. D’altra parte non c’è nemmeno la sfacciataggine di chiedere un miracolo per fini più estrosi, tipo sposare George Clooney, far comparire un vulcano che erutta birra nel proprio cortile o traversare lo stretto di Messina in volo sbattendo le braccia come ali. Sempre e solo di salute si parla, e anche qui mai niente di eclatante, tipo la ricrescita di una testa o di un braccio amputati. Purtroppo è la guarigione da malattie a farla da padrone.

Ormai la formula è abbastanza standardizzata:

  • un devoto cristiano con problemi di salute suoi o di suoi familiari prega perché un santo intervenga in suo aiuto
  • il santo chiede a dio di modificare temporaneamente le leggi della fisica contestualizzate al malato
  • dio acconsente ed interviene
  • il cristiano riceve il miracolo, quindi ringrazia il santo e comunica l’episodio alla commissione vaticana
  • il Vaticano verifica il miracolo. Se tale è stato, conta i precedenti miracoli attribuiti a tale personaggio. Se è il primo allora l’intercessore diventa beato, se è il secondo diventa santo.

Purtroppo il cristiano ha la tendenza a non comunicare i casi in cui il santo di turno non ha ascoltato le sue preghiere, forse per non essere giudicato come uno che non prega come si deve. Di conseguenza non possiamo trarre delle statistiche sull’efficacia di intervento dei santi.

Qualcuno poi potrebbe obiettare che una commissione vaticana non sia l’organo più attendibile per verificare l’attendibilità di un miracolo, visto che si tratta di persone sul loro libro paga. E’ come se chiedessi ai dirigenti della Juventus di prendere una decisione su un rigore per la loro squadra. In teoria della commissione fanno parte esponenti qualificati del mondo della scienza, ma è pur sempre una commissione scelta dal Vaticano, e non ci vedo nessun appartente al CICAP, tanto per fare il nome di una associazione nota per essere restia a riconoscere un evento sovrannaturale.

Altra considerazione: dal secondo miracolo in poi le cose non cambiano: non ci sono supersanti o santi di 10° livello, tipo nelle arti marziali e nei cartoni giapponesi. Almeno qui tra i viventi. Magari in paradiso è diverso, e la Vergine di Guadalupe è in aperta, amichevole competizione con padre Pio, ma non possiamo sapere.

Sia chiaro: va bene pregare il santo, ma ricordiamoci che non è lui a fare il miracolo: solo a dio è dato il potere di deformare le leggi della fisica, essendo lui che le ha definite e messe in opera. Il santo o aspirante tale può solo avanzare una richiesta in modo più o meno convincente.

Un caso recente è quello che sentivo alla radio su papa Paolo VI, roba di questi giorni. Era già beato per un miracolo operato durante una gravidanza difficile. Un’altra donna con lo stesso problema è stata consigliata da un’amica esperta di pregare il beato, ed il miracolo non si è fatto attendere, quindi presto anche papa Montini entrerà nel gotha dei santi cattolici. Mi piace pensare che Dio veda più volentieri volti nuovi a fare la coda delle intercessioni fuori dal suo ufficio, quindi credo sia più efficace pregare un santo specifico che non andare sul santo generico da battaglia come San Gennaro o San Pio. Saranno anche i migliori nella questua al miracolo divino, ma se fossi Dio sarei anche stufo di vedermeli davanti tutti i giorni, ed inizierei a trovare scuse per non farmi trovare, tipo il classico “Dio non c’è”.

Tornando al doppio miracolo uterino di papa Montini, la cosa da notare è come molto spesso ci sia una certa specializzazione medica dei santi, esattamente come avviene per i dottori. Per citare un caso dal passato c’è San Biagio, da secoli particolarmente efficace nel risolvere ogni tipo di problema alla trachea. Potrebbe essere una buona idea che i cattolici smettano addidittura di ricorrere alle cure terrene e si affidino direttamente alla provata efficacia dei loro santi, così da liberare gli ospedali a noi miscredenti, che siamo invece costretti a rimettere le nostre speranze nella provata fallacia di medici orgogliosi e sempre più spesso, ahimé, non credenti.

Fatto il punto su come funzionano i miracoli al giorno d’oggi, nasce la mia considerazione: se viene pregata una persona meno canonica per intercedere in un miracolo, va bene lo stesso? O è necessario che sia già un personaggio in odore di santità? Perché questo è quello che verrebbe da pensare a rigor di buon senso, ma a quanto pare non è così. Come già detto, per la santità basta:

  1. essere morti
  2. avere avuto un ruolo attivo e riconosciuto in due miracoli certificati

E io vorrei provare questo: cosa succede se ci mettiamo a pregare per l’intercessione di esseri umani un po’ lontani dai canoni della religione cattolica?

Personaggi tipo:

  • Giorgio Gaber
  • Freddie Mercury
  • Ernesto Che Guevara, per i tumori ai polmoni da fumo di sigaro
  • Margherita Hack
  • Diego Armando Maradona (non subito, chiaramente: l’ho messo perché per me qualcuno lo sta già pregando)
  • Douglas Adams
  • Walt Disney, protettore dei bambini abbandonati davanti alla televisione dai genitori
  • David Bowie, come patrono degli astronauti
  • Jurij Gagarin, come patrono dei cosmonauti
  • Gianni Rodari
  • Bettino Craxi, per i problemi di diabete cancrenoso
  • Janis Joplin
  • Charles Darwin
  • Jane Austen
  • Nikola Tesla
  • Alan Turing
  • Giuseppe Garibaldi
  • Harry Houdini
  • Arthur Guinness
  • Audrey Hepburn
  • Albert Hofmann, protettore durante i viaggi della mente
  • Fabrizio De André
  • Hugh Hefner, per i problemi di natura sessuale
  • Calamity Jane
  • Alfred Hitchcock
  • Frank Zappa
  • Gino Bartali
  • Carrie Fisher
  • Alessandro Volta
  • Edgar Allan Poe, per ogni tipo di fobia

Eccetera. E’ un elenco giusto un po’ così, fatto in fretta e senza pretese ma tutto di persone che sarei felice di pregare per le mie piccole e grandi intercessioni personali. che può essere rivisto e corretto in ogni momento. Comunque, possiamo provare a pregare questi per una volta, e vedere cosa succede? Che magari ce li fanno beati e poi santi, e poi ci dedicano anche una bella chiesa da qualche parte?

Ma come mai la chiesa è così piena di preti pedofili?

Ci sono tante domande, risposte ed interpretazioni sulla questione della pedofilia nella chiesa cattolica. Libri interi, film vincitori di Oscar e tutto il resto. Mai nessuno però, che io sappia, si è occupato di risalire al motivo originario sul perché la chiesta sia un covo brulicante di pedofili. Così ho deciso di occuparmene io, ovviamente senza alcuna qualifica se non quella aver visto il flim Spotlight, aver letto il libro Lussuria di Fittipaldi oltre che una serie di gustosi articoli in Internet sullo stesso argomento, e soprattutto di avere dei meravigliosi, fortissimi pregiudizi contro la chiesa cattolica ed in generale su tutte le grandi religioni monoteiste moderne, al punto di considerarle come i peggiori cancri dell’umanità.

Andiamo con ordine. Nel film Spotlight, che si occupa della sola diocesi di Boston, si parlava di un 6% di pedofili sul totale del clero, che si traduce banalmente in una settantina di pedofili accertati. Solo a Boston e dintorni. Nel libro Lussuria invece si parla se non sbaglio di un 2%, ma su scala mondiale, quindi circa 400.000 molestatori e stupratori di bambini. Percentuale inferiore, ma numero totale con quattro zeri in più. Che sia il 2% o il 6% è comunque un numerone, e non credo che sia in media con la popolazione maschile mondiale dei pedofili. Sono certo che i ranghi della chiesa cattolica attirano gli orchi.

Nel film Spotlight un ex prete pentito (scusate la parentesi, ma l’aggettivo pentito accanto alla parola prete prende un gusto tutto suo) dice che metà dei preti fa sesso, contravvenendo al voto di castità. Non è importante: sono fatti loro. Anzi: sono pure felice per loro: come dice il Flying Spaghetti Monster, fare sesso è divertente, e se non voleva che lo si facesse non lo avrebbe reso così piacevole. Lo stesso ex prete però dice che il voto di castita provoca frustrazione, a questo punto nell’altra metà dei preti, e quindi perversione. E qui non sono d’accordo, perché di uomini che non possono fare sesso ce ne sono un bel po’ al mondo e non è che siano tutti adescatori di bambini. Se fai una roba del genere, vuol dire proprio che ti piace, non che è un ripiego da qualcos’altro di più convenzionale.

Pensare ad un uomo che approfitta in questo modo di un bambino o di una bambina mi fa venire il voltastomaco, e se penso che ai miei figli dovesse accadere una cosa del genere, mi ritrovo a pensarmi capace di atti tanto violenti da lasciarmi stupito: sarà anche un malato ma il pedofilo, prete o laico che sia, sa benissimo che sta facendo del male e che sta rovinando la vita di un innocente e dell’adulto che diventerà, se ce la farà a diventarlo. Quindi per me si tratta di sadici consapevoli di avere un problema ma che comunque preferiscono fare quello che vogliono, e nel caso dei preti sapendo perfettamente di avere le spalle coperte dai superiori. E qui per me sta il primo problema: ai pedofili laici non va così bene. Anzi: va molto peggio. Credo che nella stragrande maggioranza dei casi debbano limitarsi a consumare pedopornografia online, rischiando comunque molto di più di qualsiasi prete pedofilo praticante. Il pedofilo laico si ritrova a vivere la sua malattia da solo, deve costruirsi da sé la sua rete di contatti, e non è certo detto che sia un mago dell’informatica tale da riuscire a coprire le sue tracce: i casi di cronaca nazionale degli ultimi anni insegnano. Sicuramente se c’è consumo di pedopornografia c’è anche offerta, quindi da qualche parte ci sono anche dei mostri laici che alimentano questo mercato dell’orrore. E qui, per non andare su incubi peggiori, mi limito a pensare al classico pedofilo che porta un cagnolino al parco giochi con l’intento di adescare il figlio di un genitore distratto da un qualche social network e di caricarlo sul suo furgone. Riflessione banale: se vuoi evitare i pedofili, è comunque molto meno pericoloso un parco giochi di un oratorio. Comunque: un pedofilo al parco con il cagnolino rischia il linciaccio prima della prigione, e so per certo che la categoria dei pedofili non gode del favore degli altri carcerati, soprattutto di quelli che non vedono i loro bambini se non una volta ogni tanto in una sala comune e per pochi minuti. Che io sappia, mai un prete pedofilo è stato linciato dai suoi parrocchiani, né tantomeno è finito in carcere. Già questo mi pare un ottimo motivo per un pedofilo di farsi prete: l’immunità di categoria per uno dei reati più odiati dall’opinione pubblica, e col bonus di non doversi procacciare i bambini al parco o su pericolosi siti Internet: saranno i bambini a cercare il suo affetto, direttamente in parrocchia. Praticamente il paradiso in terra! Intendo ovviamente per il pedofilo, non per i suoi piccoli fedeli.

Da questo punto di vista lo sbocco professionale naturale del pedofilo è il sacerdozio. Ma per me c’è dell’altro. Sempre in Spotlight, la giornalista Sacha Pfeiffer scopriva l’indirizzo di un vecchio prete pedofilo. Ovviamente va a suonare il campanello e gli apre lui stesso. Candidamente l’anziano parroco risponde senza nascondersi alle domande e ammette tutte le sue colpe, almeno finché non arriva la sorella che lo tira dentro bruscamente e sbatte la porta in faccia alla giornalista. Perché tanta onestà, da parte del prete pedofilo? Lo dice lui stesso: lui non ha mai violentato nessuno, ma solo molestato, e questo nonostante di violenze da giovane ne abbia subite un bel po’. Dal suo punto di vista è comunque a credito, quindi una brava persona. Dio sarà felice di lui, e i bambini che lui ha traumatizzato non hanno niente da rimproverargli, anzi dovrebbero essergli grati di non essere stati pure sodomizzati. Siccome non è la prima volta che sento storie del genere, ovvero che bambini violentati crescendo si trasformino poi in preti violentatori (o molestatori, per carità!), mi viene da pensare che siamo di fronte ad una bella catena di Sant’Antonio della violenza subita che diventa violenza restituita. Un po’ come il nonnismo delle caserme di una volta, solo con la protezione e la benedizione dall’alto. Quindi può essere che ci sia il pedofilo che decide di farsi seminarista per avere a portata di mano tutto quello di cui ha bisogno senza rischio alcuno, ma così come il ragazzino che ci entra per autentica vocazione divina, ma che finisce per imbattersi nelle voglie del suo superiore.

Ecco qui: tutte le volte che ho letto, visto o sentito parlare di bambini molestati o violentati da preti pedofili, non c’è mai stato un caso che poi sia diventato adulto senza portare con sé un groviglio di traumi indissolubili. Credo anzi che essere violentati in un’occasione da un pedofilo qualunque renda tutto estremamente più semplice, perché rimarrebbe nell’episodio isolato, quindi più facile da dimenticare. Nel caso di una violenza parrocchiale, come può essere anche il caso di una violenza domestica, tutto si complica. Perché non c’è l’adescamento da parco giochi, ma la fiducia nell’adulto di riferimento, sia questo il proprio parente o il prete. Quindi è una persona nota, rispettata e di cui si fida. Ci si rende conto sempre troppo tardi che non è il buon pastore evangelico ma il lupo cattivo, e ci si ritrova a dover frequentare il nostro aguzzino sempre e comunque, nella quotidianità, condividendone l’orribile segreto, come fosse una colpa sua prima che del suo carnefice. Dopo le violenze si ha paura a riferire a chiunque, ci si vergogna e si tiene tutto dentro di sé, e questo non aiuta certo a vivere un’infanzia serena. Più facilmente porta a tossicodipendenze, alcolismo e suicidio. Non è difficile crederlo, e comunque non sto inventando: ci sono numerosi casi documentati nel libro di Fittipaldi. C’è anche un’altra cosa: il prete, da predatore che è, va ovviamente a scegliere il bambino più debole, per il carattere del piccolo o anche per la sua situazione familiare. Dico: non è il pedofilo al parco, che prende il primo che gli passa a tiro di cane: qui abbiamo un’intera parrocchia a disposizione e tutto il tempo che serve: voglio vedere se non c’è un bambino bisognoso di affetto, magari con una famiglia disagiata o in difficoltà economiche che vede la predilizione del curato per il loro bambino come una benedizione dal cielo. Voglio vedere se quel bambino, già insicuro di suo, troverà mai il coraggio per dire a sua madre cosa gli fa in canonica quel prete tanto buono e generoso.

Ecco, la pedofilia applicata alla parrocchia genererà solo bambini terribilmente traumatizzati, che facilmente non avranno né un buon rapporto con il proprio corpo né una gran fiducia in se stessi o nelle istituzioni. Se però spostiamo la pedofilia in un seminario, ci sarà più una relazione di pedofilia tipo maestro – studente che non predatore e preda. Il chierichetto abusato dal prete non fa carriera diventando prete a sua volta: rimarrà un adulto disperato nella vergogna e nel suo senso di impotenza. Ma il seminario serve a diventare preti, e di sicuro c’è la coscienza che subendo le violenze in silenzio e con rassegnazione, prima o poi arriverà il proprio turno. Un adulto che ha avuto la fortuna di vivere la propria sessualità in modo naturale troverà queste violenze tanto disgustose da lasciarlo senza parole. Ma se uno le ha vissute sulla sua pelle fin da ragazzo per mano dei suoi stessi insegnanti di scuola e di vita, con ogni probabilità gli sembreranno una cosa quasi normale, seppur non certo piacevole. E sicuramente a corredo della violenza in sé ci si ritrova pure tutti i disgustosi motivi che vogliono giustificare l’abominevole atto sessuale, così che quando arriverà il proprio turno non ci sarà bisogno di inventare niente di nuovo. Insomma: non certo uno dei sistemi di formazione educativa pubblicamente più moderni e apprezzati, ma che sicuramente è stato molto efficace nel tempo a generare sempre nuove generazioni di violentatori di bambini, abbastanza gagliardi e sicuri di sé da potere esercitare la propria particolare sessualità con un certo piacevole trasporto e senza fastidiosi sensi di colpa.

Natale e antiche superstizioni

Che bello il Natale, la famiglia, i regali e tutto il resto. Come si fa a non amare queste cose? Se una persona odiasse il Natale, sempre che possa esistere un essere così meschino, credo che dovrebbe essere osservato dai servizi sociali, o dalla polizia di Babbo Natale.

A me il Natale piace perché non ci fornisce scuse: a Natale ci si incontra con tutta la famiglia. Che poi per chi di famiglia ne ha messa su una propria come me stesso, significa che bisogna incontrare le altre due: prima quella della mia amata, alla vigilia, e poi la mia, al pranzo seguente. Fortuna vuole che le due rispettive tradizioni familiari non pretendessero già di loro lo stesso momento familiare, altrimenti tutto sarebbe stato leggermente meno meraviglioso di come è.

Quest’anno poi ho avuto un’opportunità meravigliosa, perché i corrieri espressi di Babbo Natale non sarebbero riusciti a consegnarmi in tempo il regalo che volevo fare a mio cognato. Così mi sono dovuto trasformare nell’elfo di me stesso, trascorrendo alcune ore della vigilia nell’officina di mio padre per costruire da me il regalo scelto. E qui sta un po’ della magia del Natale: dovete sapere che quando si accende la ciabatta che dà energia alla lampada e ad alcuni strumenti del banco di lavoro, in automatico si accende anche la radio, e che la radio è sintonizzata su Radio 1, e che la vigilia era domenica, che sempre da antica tradizione è integralmente dedicata dallo stato italiano alla religione cattolica. Insomma, è andata a finire che mentre azionavo con pazienza ed attenzione il trapano a colonna, mi sono sentito uno spaccato di tradizione e di pii pensieri cristiani sul moderno senso del natale, più una messa con canti e lodi ed infine i commenti a caldo a cura  dello stesso giornalista ossequioso che aveva condotto il primo dibattito. Ho partecipato a questo inaspettato ora et labora a modo tutto mio, con le mie personali invocazioni a questo dio di amore e di pace. Un po’ speravo che la magia del Natale potesse aprire, anche solo che per pochi secondi, una faglia nella maglia spaziale dell’universo, e che le parole che giungevano dal mio cuore potessero arrivare all’orecchio di questo sacerdote, o magari al suo microfono, per deliziare tutto il suo devoto pubblico presente e l’intera platea radiofonica. Pazienza, si vede che se anche il loro dio è davvero onnipotente, certo non sa cogliere l’occasione per un po’ di inaspettato umorismo. A scanso di equivoci, non erano parole in linea con la fede cristiana, ma bestemmie, seppure tutte in rima con i testi originali. A mio parere il fatto oggettivo che non si è aperta una voragine sotto i miei piedi per sprofondarrmi all’infermo va preso come prova della non-esistenza di dio.

Ma perché tutto questo rancore contro la chiesa? Dico solo il motivo più recente. Giusto un paio di giorni prima un’amica mi passava questa notizia in pieno stile natalizio: il 20 dicembre è morto il cardinale Law, e il Vaticano si accingeva a seppellirlo con tutti i dovuti onori nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. Tiene la cerimonia il cardinale Angelo Sodano, benedice la salma nientemeno che il pezzo più grosso di tutti tra i vivi: papa Francesco I. Se non vi sembra che ci sia niente di strano, allora dovete proprio guardare la cosa sotto un altro punto di vista, quello secondo cui un uomo che ha trascorso la vita a proteggere sistematicamente una settantina di preti intenti a predare i bambini da una diocesi ad un’altra forse non meritava tanti onori da morto. Ma tant’è: strano che su Radio 1 non abbiano accennato a questa storia, e sì che ci hanno fatto pure un film che ha vinto l’Oscar.

Ma l’Italia è un po’ questa, quella per cui i cattivi sono quelli che non credono in dio, e i buoni quelli che vanno a messa. Le azioni non contano poi così tanto, se vengono annegate in un mare di preghiere.

Finisco il mio lavoro artigianale, metto via tutto e spengo un po’ a malincuore la radio che mi ha tenuto tanta compagnia. Annoto mentalmente il fatto che la messa che ho sentito era sostanzialmente identica a tutte le altre a cui ho partecipato secoli fa. Un po’ mi rincuora sapere che in tutti questi anni questo papa rivoluzionario dalle scarpe marroni non abbia fatto niente per rinnovare un rito che mi sapeva di vecchio già quando avevo sei anni. Ma vedo che ai cattolici piace, forse è meglio tenerlo così.

La sera si va alla cena della vigilia. Tutto bene: qui non parlo mai di religione. O meglio: non parlo mai di religione con persone che hanno dichiarato di voler battezzare i miei figli di nascosto. In questa famiglia è normale che i bambini non vengano battezzati, perché c’è quella convinzione che spruzzare di acqua un bambino inconsapevole non serva a renderlo un adulto migliore o più fortunato, ma che assomigli più ad uno spettacolino di un vecchio sciamano sioux per deliziare e confondere la sua tribù. O di un druido celtico, o uno stregone boscimano, o vai a capire chi: in tema di riti e superstizioni c’è solo l’imbarazzo della scelta; quello che cambia tutto è il numero di persone che ci vanno dietro.

I miei problemi arrivano solo col pranzo di Natale, ovvero quello dei parenti miei. Qui pure si mangia benissimo, e pure ci si fanno un sacco di risate a parlare di questo e di quello. Dal mio punto di vista la differenza è che devo guardarmi dalle buone persone di cui sopra, quelle che sentono la missione della salvezza delle anime dei miei figli dalla mia miscredente malvagità. A condire questo concetto universale, paragonabile allo spirito che ha mosso i crociati in terra santa, c’è il fatto che i miei cugini di figli ancora non ne hanno, e che quindi l’intera popolazione dei nipotini è mia discendente e di conseguenza destinata alle pene eterne dell’inferno se nessuno osa opporsi alla mia cieca follia.

Se alla vigilia di nipotini ce ne sono sei, e quindi fanno gruppo a sé con al massimo un adulto o due che li sorveglia distrattamente chiacchierando con un bicchiere di vino in mano, al pranzo successivo ognuno dei miei bambini gode di ogni attenzione. Dal canto mio devo sorvegliare che nessuno degli adulti mossi da spirito santo improvvisi un rito di salvezza delle loro anime contro la mia volontà. Non è che tutti i presenti girino con delle fiale di acqua santa in tasca, ma un paio di persone hanno dichiarato anni fa le loro intenzioni, quindi non mi sento un paranoico se ci presto un po’ di attenzione almeno a loro due.

Che io sappia non è successo niente. Di sicuro non c’è stata l’ennesima, logorante discussione tra fede e ragione, e quando siamo risaliti in macchina ho buttato lì alla mia signora il pensiero che è stato un buon pranzo, divertente e piacevole. Per lei lo stesso, ma a quanto pare l’attacco c’è stato, solo che non ha colpito né me né i bimbi. E’ stata la mia amata ad essere stata avvicinata, in un dispetato tentativo di illuminarne la ragione. Perché evidentemente agli occhi delle mie pie zie, è evidente che la madre dei miei figli deve essere stata plagiata da me, e che una decisione tanto infausta non può essere il frutto di una decisione comune a due persone adulte e razionali, ma più la forzatura di un empio che piega la volontà della persona buona ma debole. La mia amata prova a spiegare con cortesia che nessuno di noi due ha voluto il battesimo, perché se da un lato io sono orgogliosamente ateo, lei non è certo una focorarina: al più potremmo definirla una ex cattolica non frequentante e soprattutto noncurante. In una parola direi agnostica. Che senso ha battezzare un bambino in queste condizioni? Ed ecco la risposta di chi in vita sua ha mangiato solo pane e catechismo: la salvezza dell’anima, Gesù, l’amore di dio e tutto il resto. Scusate se non riporto le parole esatte, ma già le ho sentite di seconda mano, ed anche in quel momento mi erano sembrate talmente inutili che le ho dimenticate all’istante catalogandole come vaniloqui da catechismo elementare. Non so se ridere o se piangere: se queste sono le argomentazioni per riaverci indietro, mi sembra di essere un guerrigliero addestrato per anni a combattere che si trova a fronteggiare un bambino armato di spazzolino da denti. Come faccio ad argomentare con una persona che mi parla di inferno e paradiso, anima e di peccato originale?

Ho detto un bel po’ di parole fa che i cattivi siamo noi che non crediamo in dio, mentre i buoni sono loro che pregano tanto, e che sicuramente pregano anche per la nostra salvezza e, chissà, per un ritorno nel gregge di pecore del Signore. Onestamente non mi sento così cattivo. Forse un po’ arrabbiato sì, ma cattivo no. Per esempio: io non giudico i miei figli degni dell’inferno solo perché in un remoto passato due ipotetici miei antenati hanno mangiato il frutto della conoscenza. Per le mie buone zie ed il loro dio d’amore invece sì: nelle condizioni attuali è giusto che mio figlio di quattro anni e sua sorella di due vadano all’inferno. Questo è il senso di giustizia che passa il loro dio, ed in cui esse credono. E lo chiamano un dio d’amore, pure.

Quello che trovo sconvolgente è queste persone hanno la presunzione di definirsi razionali ed equilibrate. Condannano con fermezza l’oroscopo, sbeffeggiano le credenze delle altre religioni come se fossero niente più che ridicole superstizioni, ma quando poi si tratta di dare un’occhiata alla religione della loro vita, quella che loro malgrado hanno infilato nella loro testa quanto ancora erano troppo piccole per distinguere la verità da una storiella per bambini, allora tutto diventa serio e obiettivo. Se Allah apparisse volando in piazza alla Mecca di fronte a milioni di musulmani sarebbe una chiara dimostrazione dei livelli di isteria collettiva a cui può arrivare l’islam. Per i cristiani basta citare un paio di miracoli di Lourdes approvati da una squadra di medici del Vaticano e abbiamo dimostrato quale è l’unico vero dio, o perlomeno quello più forte.

Quello poi che mi piacerebbe e che penso dovrebbe accadere in un mondo migliore, è che se una persona volesse convincermi della bontà della sua religione non lo facesse dietro le minacce della dannazione eterna della mia anima o due quella dei miei figli tra le fiamme dell’inferno, quanto su un piano più moderno. Qualcosa per esempio sul messaggio della loro religione e su come potrei essere più felice se ne facessi parte. Non è un gran che, lo so, visto che il senso principale del cattolicesimo è che se accetti la tua vita miserevole senza farti troppe domande, sarai infinitamente felice da morto. Questo messaggio non ha una gran presa su chi di domande se ne sta facendo da un bel po’ di tempo, e hai voglia di pregare o portare esempi di fede: queste pecorelle scappate non torneranno più all’ovile del buon pastore. E a dirla tutta, trovano il paragone con un gregge di pecore un po’ infelice, ma a suo modo calzante per definire chi ne fa ancora parte.

Resta poi da chiarire come mai questo papa tanto buono e simpatico a tutti decida di benedire il cadavere di un dimostrato protettore di orchi. Forse è che la chiesa può ancora permettersi il lusso di fregarsene dell’opinione pubblica. Tanto siamo tutti intenti a compiacerci di quanto è bello il Natale, anche se non troviamo mai parcheggio perché ci sono tutti quelli che vengono a messa solo quel giorno. Certo è che se non andiamo a leggere notizie in posti in cui non dovremmo, a leggere libri non consigliati dal nostro parroco o a vedere film non approvati dal vescovo, neanche sapremmo chi è questo arcivescovo di Boston, e perché molti e l’hanno con lui e non lo vorrebbero seppellito in una basilica di Roma, la stessa in cui si è stato pensionato dalla chiesa dopo le forzate dimissioni. Ma ragionandoci credo che il messaggio di questo gesto sia per tutta le gerarchie cattoliche nel mondo: andate avanti così, coprite ed insabbiate, e non vi faremo mai mancare il nostro appoggio. Fa un po’ paranoia detta così, ma non vorrei fermarmi su quella frase. Spotlight parlava di un 6% di preti pedofili sul totale, mentre il libro Lussuria di Fittipaldi si fermava, se non ricordo male, al 2%. Fanno comunque centinaia di migliaia di molestatori e stupratori di bambini nel mondo che godono di ogni protezione da parte del clero e dell’opinione pubblica, grazie al loro abito di buoni pastori di anime. Quanti ne ha presi questo papa, dopo i suoi infuocati proclami a base di tolleranza zero contro la pedofilia clericale? Credo uno, forse due, ma avendo un dubbio ho deciso di arrotondare per eccesso. E sì che i nomi ce li hanno tutti, anche se spesso, proprio per come è stato costruito il loro sistema, questi nomi ce li hanno solo loro.

E poi siamo noi quelli cattivi, perché non vogliamo affidare i nostri figli a queste persone.

I mancini spiegati a quegli altri

Si parla spesso di quanto siano discriminate certe categorie più alla moda, su tutte quella degli omosessuali. Questo solo perché c’è un’intera classe politica che li ha presi di mira, con la benedizione di tutti i più imponenti apparati religiosi del mondo. Ecco, a mio avviso questa è discriminazione da parte di questa categoria così discriminata, gli omosessuali, ai danni di altre categorie meno discriminate, e quindi più trascurate.

La discriminazione è strana, perché non è sempre frutto di una cattiveria esplicita, come accade per esempio col razzismo. Credo che il più delle volte nasca solo dall’ignoranza: chi non è discriminato non si rende conto che c’è qualcuno diverso da lui che non gode dei suoi privilegi. Certo, se poi questa persona è un politico che imposta tutta la sua campagna sul mantenimento dei privilegi della classe dominante a svantaggio della minoranza discriminata, allora no: quella è una persona cattiva. Come effetto secondario procura una certa visibilità alla categoria sociale che lui ha scelto di discriminare.

Pure io, senza rendermene conto, ho sempre discriminato alcune categorie sociali. Per esempio non ho mai fatto niente nella mia vita per aiutare i daltonici a vivere meglio. Quando ho scelto i colori per il mio sito Internet, non mi sono certo preoccupato che questi fossero graditi ai daltonici: li ho scelti semplicemente così perché il giallo e il marrone sono colori talmente brutti che nessuno li aveva ancora presi in questa accoppiata. Poi, ma solo per caso, credo che siano colori con cui i daltonici non hanno alcun problema, ma non voglio prendermi meriti che non ho. Giusto per informazione, pare che i daltonici siano il 10% dei maschi, quindi il 5% della popolazione mondiale. Significa che probabilmente a vostra insaputa tra i vostri 5000 amici su Facebook ci siano circa 250 daltonici.

Cosa straordinaria, anche gli omosessuali si dice siano il 10% della popolazione mondiale. Significa che se mai cento uomini leggeranno mai queste parole, è probabile che uno di questi sia un omosessuale daltonico, e che quindi si starà riconoscendo pienamente nelle mie parole.

Le donne sono la popolazione discriminata più grande: il 50%, pensa un po’. Vengono discriminate in mille modi diversi, espliciti, subdoli o canonizzati dalla religione. Su tutte ce ne è una che mi fa pensare particolarmente: più o meno una volta al mese ogni donna fertile deve ricorrere ad un bene di lusso chiamato assorbente. Perché per molti stati, tra cui quello italiano, non sporcarsi i vestiti di sangue è un lusso, e quindi va tassato di conseguenza.

Non ho scritto questo per uno spontaneo spirito di solidarietà verso le prime minoranze discriminate che mi sono venute in mente, ma perché anch’io lo sono, sebbene non daltonico, non donna e probabilmente nemmeno omossessuale. Io appartengo al popolo discriminato dei mancini.

Due parole per i destrimani: noi mancini siamo quella parte di popolazione che preferisce usare l’altra mano per fare molte cose che per voi è talmente scontato usare la destra che sicuramente non ci pensate nemmeno. La sinistra, o mancina, è quella mano che voi usate solo di supplemento all’altra per fare quelle cose che di mani ne servono due, tipo tagliare una bistecca, portare un pacco ingombrante o applaudire. In genere per inquadrare un mancino si pensa alla scrittura, ma ci sono tante altre cose, tipo usare una forchetta per mangiare degli spaghetti, o portare alla bocca una birra. Un destrimane subito penserà:

“che problema c’è? Questi oggetti nun funzionamo con la sinistra?”

Purtroppo no: c’è sempre qualcosa che non va. Il boccale di birra per esempio: tutte le volte che c’è un manico, il boccale è asimmetrico:

Certo, ci sono le litre tedesche che hanno la scritta opposta al manico, e che scontentano tutti. Ma negli altri casi, quando è un mancino a bere la marca della birra sta dalla parte sbagliata. Se voglio ricordarmi quello che sto bevendo devo girare il boccale, o bere a testa in giù.

La penna e la forchetta sono simmetriche, in genere. Mica sempre. Il problema però è che devono interagire in condizione di forte asimmetria: la penna impugnata dal mancino non viene trascinata gentilmente sul foglio, ma viene spinta verso di esso, a meno di torsioni assurde del polso. Se è una stilografica si rischia l’allagamento ad ogni parola. La forchetta impugnata con la sinistra tende ad andare addosso alla forchetta del destrimane alla nostra sinistra, che ci guarderà come dei petetici reietti ad ogni gomitata.

E così via: ogni volta che un oggetto non è perfettamente simmetrico o non opera in condizione di simmetria, significa che l’hanno studiato per i destrimani, alla faccia del 10% degli altri.

C’è un oggetto che è la personificazione di tutta la malvagità della discriminante classe dominante dei destrimani: le forbici. Le forbici hanno sempre la lama superiore a destra, quindi significa che se la impugno con la sinistra non vedo quello che sto tagliando. Non pago di questa malvagità, un bel giorno un ingegnere ha pensato bene di inventare le forbici sagomate, quelle per cui il buco grosso del pollice prevede un angolo di ingresso preciso, tipo che se sei mancino o ti trapianti il pollice al posto del mignolo, o ti rassegni ad usare la mano diritta.Alla fine cosa succede? Che noi mancini ci rassegnamo ad imparare ad usare anche l’altra mano e l’altro piede un po’ per tutto:

  • nutrirci
  • ritagliare
  • schiacciare bottoni su diaboliche impugnature ergonomiche
  • premere acceleratori
  • girare manopole del gas di moticiclette
  • suonare campanelli di biciclette, a meno di non voler sollevare tutta la mano dal manubrio per tirare la levetta
  • muovere e cliccare mouse
  • allacciarci bottoni
  • aprire scatolame di latta
  • suonare il piffero. Già: l’ultimo buco, quello per il mignolino, è spostato da un lato, per aiutare un po’ i destri

eccetera, più a fare male altre cose che proprio non si può usare la destra, come scrivere.

In un mondo ostile si affinano le capacità. Se ad un destro dovessero amputare la sua mano prediletta, probabilmente morirebbe di fame e di stenti nel giro di poco. Noi mancini ce la caviamo decentemente con tutte e due le mani a fare tutto. Ma non perché siamo dei geni, ma solo perché viviamo in un mondo costruito al contrario, e ci siamo adattati nostro malgrado.

A volte però girano un po’ le scatole, soprattutto se si ha appena finito di ritagliare un centinaio di cartoncini natalizi per dei regali di natale. Perché va bene tutto, ma ad ogni cartoncino si tratta di dover scegliere ogni volta tra ritagliare male e far fatica per un uso improprio delle forbici. Quindi cosa si fa? Si va su Amazon, dove c’è questo capolavoro della discriminazione destrimane:

cioè: vendono un paio di forbici per mancini, ma che comunque esiste nella versione per destri. Solo che quella per descrimani costa 5,53 euro, mentre quella per mancini costa 7,88 . Ho fatto i calcoli: è 42,5% in più. Che poi dico: se anche facevano a meno di farla, la versione per destri, sono certo che i destrimani bisognosi di ritagliare potevano accontentarsi senza troppi problemi delle migliaia di altri modelli di forbici presenti fatti apposta per loro. Invece no: devono avere anche le mie forbici per mancini, ma in versione destra e ad un prezzo di molto inferiore.

Ecco, tutto qui: non ho altro da aggiungere. Anzi no, un’ultima cosa: sul sito di Mondo Mancino c’è un elenco di personaggi mancini famosi. Roba grossa, tipo Leonardo da Vinci o Einstein, più tutti i musicisti e gli sportivi più meravigliosamente sublimi della storia. Purtroppo i destrimani non sono così organizzati e non hanno ancora registrato il dominio mondodestro.com . Il giorno che lo faranno potranno compilare una lista anche loro e metterci nomi del calibro di Adolf Hitler, Torquemada, Federico Moccia, Carlo Giovanardi e Pol Pot. Alla faccia della mano del diavolo.