Che cosa incredibile, vero? Ogni tanto inventiamo un nuovo mezzo di comunicazione che promette un grande miglioramento sociale. Di solito va tutto bene, a volte è una cosa inutile che viene dimenicata in fretta e altre volte ancora va che produrre una nuova generazione di idioti peggiore di quella prima. Certo, considerando tutti i mezzi di comunicazione inventati succede raramente: per esempio il cinema e la radio hanno avuto un certo successo e un effetto positivo sull’umanità che si è mantenuto nel tempo. L’invenzione della carta stampata è stata una delle cose più interessanti mai fatte per la diffusione della cultura nell’umanità, pure se Gutemberg ironicamente ha iniziato a stamparci la Bibbia, e pure se più tardi a sua insaputa qualcunone approfittato per scriverci il Mein Kampf o Tre metri sopra il cielo. Volevo però arrivare ai casi di mezzi di comunicazione decisamente drammatici.
Partiamo da una considerazione: ci sono alcuni sistemi di comunicazione che coinvolgono la vista e altri no. Quelli che pretendono di essere guardati esigono la nostra attenzione diretta, nel senso che se non li si guarda non funzionano, e per farli funzionare bisogna dedicare il nostro tempo principalmente a loro. Non posso ad esempio leggere il giornale mentre preparo una parmigiana di melanzane o scrivo un articolo in Internet. Al limite posso farlo mentre mangio la zuppa o mi faccio la barba, perché sono cose più semplici e posso farle senza dedicarci troppi pensieri. Con un leggio o una certa manualità potrei addirittura fare le tre cose insieme senza grossi rischi di tagli sulla lingua o ustioni in faccia. Se a cena si tiene la radio accesa farà un po’ da sottofondo senza disturbare il dialogo in famiglia, e al limite coinvolgerà maggiormente solo quando annuncerà qualcosa più interessante del titolo di una canzone. Se invece ad essere accesa è la televisione, anche la più inutile delle trasmissioni finirà per catturare inesorabilmente l’attenzione di tutti, pure se stessero trasmettendo una replica di un vecchio campionato di brisola e pure se fosse una cena tra premi Nobel.
I mezzi di comunicazione che non coinvolgono la vista sono più versatili, perché possono starsene in sottofondo e permetterci di fare altro nella vita: cucinare, guidare, leggere, amarsi. La televisione pretende la nostra primaria attenzione, la radio no. La radio ci lascia liberi di fare quello che vogliamo e spesso ci aiuta a farlo meglio. Leggere un libro è spesso un’esperienza immersiva e appagante, ma farlo mentre si guida è una cosa da incoscienti. Guidare mentre si ascolta un audiolibro è un’esperienza affascinante e rilassante, che a mio parere aiuta anche a guidare in modo più sereno e rilassato, con beneficio di tutti.
Anche il telefono usa solo il senso dell’udito, solo che si parla da tutti e due i lati. Anche qui si può telefonare mentre si fanno tantissime cose. Magari eviterei di farlo mentre si amoreggia con un’altra persona, perché sarebbe un po’ una scortesia per tutti. Quando un bel po’ di tempo fa un genio ha inventato il videotelefono cercando poi di passare il messaggio che vedersi oltre che sentirsi sarebbe stato molto meglio, mia zia nella sua semplicità ha più o meno commentato:
Perché mai dovrei vestirmi e pettinarmi o anche solo smettere di fare qualcosa di privato ogni volta che devo telefonare a qualcuno?
Se poi la videotelefonata non la si fa ma la si riceve è peggio ancora, perché si viene colti alla sprovvista. Vuol dire che nemmeno quando si è in casa da soli si ha il diritto di girare in pigiama, perché in ogni momento si può ricevere una videotelefonata da una persona che siamo abituati ad incontrare in giacca e cravatta. Un bel po’ di anni dopo i tempi erano maturi per trovare un ruolo decoroso anche alla videochiamata: più o meno quello di permettere ai nonni di vedere i nipotini in tempi di quarantena.
I primi videofonini sono stati un fallimento, ma prima di loro le videoradio, altrimenti note come televisori, sono state un successone senza paragoni. Forse proprio in virtù del fatto che davanti al televisore i vestiti sono diventati ben presto un optional. Nel giro di poco tempo sono passati dallo stato di mobilio costoso ma comunque elegante ed integrato nel salotto buono ad autentico totem centrale della stanza, pacchiano e arrogante oggetto di costante adorazione e contesa tra i vari membri della famiglia. Ormai tutto il mobilio della stanza più bella della casa si è orientato per dedicarsi al meglio ai suoi insegnamenti, con divani e poltrone girati come i banchi di una chiesa verso l’altare. In molte case altri televisori sono seguiti al primo per coprire le aree della casa non presidiate e permettere una fruizione ancora più intensa, o per evitare faide familiari di dominio del telecomando. Resta il fatto che da questo punto di vista Internet non è mai arrivato a questo: se ancora vogliamo identificare la navigazione con l’uso di un computer, nessuno avrà mai messo un computer permanentemente in mezzo ad una stanza di rappresenzanza a dominare la scena come si fa con lo schermo ultrapiatto del nostro televisore più bello.
L’esaltazione dell’oggetto televisore non ha pari: anche ora che Internet prende sempre più piede, i televisori si difendono meravigliosamente con dimensioni sempre più smodate, incuranti spesso della grandezza della parete o della stanza in cui dovranno stare.
Tutte queste chiacchiere però mi servivano per arrivare ad un punto preciso. Il consumatore stereotipico della televisione già di suo è un personaggio molle e fantozziano, che passa il tempo principalmente a:
- entusiasmarsi con le partite di calcio più attese
- agitarsi per i dibattiti politici più caotici
- indignarsi di fronte agli scoop più scandalosi
- appassionarsi alle serie TV più in voga
- eccitarsi per i reality show più pruriginosi
Nel corso degli anni, mentre la qualità degli schermi dei televisori aumentava esageratamente, la qualità della televisione crollava inesorabilmente. I gol di Roberto Baggio al mondiale del 1994 li abbiamo visti con una qualità di immagine tremendamente inferiore a quella del peggior telefono oggi in commercio. Vederli adesso su un normale computer fanno sembrare ad alta risoluzione le opere degli impressionisti francesi dell’ottocento. Ora ci servono un numero minimo di pixel che nel tempo segue un aumento esponenziale, ma quasi esclusivamente per guardare dei poveri mitomani che si mettono in imbarazzo nella speranza di elemosinare un po’ di misera notorietà. Magari ci sono ancora delle persone che usano il televisore per guardare un documentario di David Attemborough, ma mi verrebbe da mettere anche loro nel gruppo di tutte quelle povere specie animali in via di estinzione.
Poi arriva Internet, o meglio i social network. Come sono riusciti a fare peggio di questa roba qui sopra? Probabilmente perché hanno preso questo homo sentiens da divano e l’hanno fatto evolvere, o meglio devolvere, nell’agitato e arrogante protagonista dei social network, come se anni di passività televisiva hanno atrofizzato il pensiero critico ma anche portato ad un bisogno di protagonismo incontrollato. Forse se Internet fosse arrivato prima della televisione non sarebbe successo, la televisione sarebbe stata ignorata in quanto noiosa e passiva e avremmo avuto una coscienza di rete più elevata. Resta il fatto che il nostro Fantozzi moderno non è più un fruitore passivo: da decenni di televisione ha imparato a fidarsi ciecamente di tutti quello che gli passa davanti agli occhi senza contestarne l’autorevolezza, ma ora finalmente può dire la sua. Anzi: può urlarla proprio. In alcune zone del pianeta più arretrate ci sono già squadre di ex-Fantozzi televisivi che girano armati.