Fin da bambino mi hanno abituato a dividere il mondo tra buoni e cattivi. Forse per via di una educazione cattolica secondo la quale il buon dio ci ha destinati fin dalla nascita a finire in paradiso (i buoni) o all’inferno (i cattivi), senza tante vie di mezzo o seconde possibilità. O forse perché ho guardato troppi film e cartoni animati in cui le sfumature di grigio sono cose sconosciute. Resta il fatto che i cattiivi sono sempre persone egoiste e meschine che mirano solo al proprio tornaconto o che, peggio ancora, traggono piacere dalla sofferenza altrui. Io queste cose non le faccio quindi sono per forza buono.
Poi cresco e mi accorgo che le cose sono più complicate: spesso i politici che più di tutti si fanno pubblico vanto di essere brave persone sono quelle che non si fanno problemi a rubare a mani basse o a proteggere delinquenti, siano questi mafiosi o ecclesiastici, e in genere si permettono questo diritto speciale proprio in virtù di quel simbolico certificato di moraltà superiore di cui amano parlare tanto. Nemmeno a dirlo, tutte e tre queste categorie hanno un rapporto privilegiato con il divino. Forse che basta considerarsi buoni per avere l’autorizzazione a compiere indisturbati le proprie nefandezze?
Alla base di tutto secondo me c’è un fatto semplice: ognuno ha i suoi criteri per considerarsi buono. Se chiediamo a qualsiasi europeo non rasato e non vestito di cuoio di dirci quale cattivo ha espresso la sua cattiveria su scala più vasta e completa, ci sono ottime possibilità che ci dica che è stato Baffetto. E qui sta il problema: per quel poco che so anche Baffetto si considerava una specie di messia della bontà. Solo che il suo concetto di bontà era finalizzato esclusivamente al benessere del popolo tedesco. E nemmeno a tutto: solo alla parte del popolo che rispondeva a criteri estetici decisi da lui e dai suoi amici.
Parlando di casi più attuali, sono convinto che quei poveri deficienti che hanno assaltato il Campidoglio americano l’abbiano fatto sospinti da un loro senso di bontà, perché per loro Trump è una gran brava persona, mentre Biden è un sordido satanista pedofilo. Dal loro punto di vista, il loro comportamento è un atto dovuto, e ammiro pure il loro coraggio e il modo con cui si sono messi in gioco in prima persona per portare avanti il loro concetto di bene.
Una delle cose che più infastidisce il buon cittadino europeo è il modo in cui si comportano i seguaci più fedeli dell’Islam. E’ evidente che per i primi non è piacevole avere a che fare con persone che esplodono in mezzo a grossi gruppi di persone simili a sè senza avere prima il loro consenso, o che ci passano sopra con un camion. Ma il problema è ancora lo stesso: tutti quelli coinvolti in queste situazioni si considerano brave persone, e quelli più infervorati di bontà sono quelli disposti a dare la vita nello sforzo di rendere il mondo migliore.
Stupisce anche che ci siano molte brave persone che votano proprio quei partiti che fino a pochi anni fa erano apertamente a favore dei più noti e imbarazzanti orrori del secolo scorso, e di cui sono a tutti gli effetti i rigurgiti moderni al netto di quelle pratiche espressamente vietate per legge. Sono tutte brave persone che vanno in chiesa e che pregano il loro dio di infinita misericordia perché renda il mondo un posto migliore, o perlomeno che lo mantenga così come è. E come deve fare? Eliminando tutti gli omosessuali, i comunisti, le ragazzine nordiche isteriche fissate con l’ecologia, le femministe, gli immigrati e tutti quei gruppi che cospirano per cambiare il nostro mondo con uno più brutto, in cui i nostri privilegi non sono più esclusivi, o che peggio ancora diventeranno i privilegi di altre persone.
Se abbandoniamo la politica, possiamo trovare esempi di brave persone con comportamenti incompatibili anche in altri posti, per esempio sulla strada. E’ nota a tutti la statistica che dice come una certa percentuale di automobilisti, poniamo l’80%, si considera un guidatore sopra la media, e solo perché la percentuale inversa (20%) non ha la patente. Come è possibile questo paradosso matematico? Solo perché non c’è un criterio fisso per capire chi è un bravo guidatore e chi non lo è.
Ad esempio:
- Se chiedessimo ad un consumatore di alcolici da bar quale sia il suo criterio per considerarsi un bravo guidatore, probabilmente dirà che è quello di essere sempre riuscito ad arrivare a casa vivo tutte le sere, pur considerando di avere tracce di sangue in circolo nel suo alcool.
- Se chiedessimo ad un ventenne vi decanterà la sua abilità di fare curve e sorpassi alla massima velocità come se stesse giocando a Mario Kart, o di essere sempre riuscito a schivare all’ultimo momento cani e passeggini durante i suoi tentativi di migliorare i tempi del suo miglior giro nei centri abitati.
- Se chiedessimo ad un anziano che va alle poste a prendere la pensione, sicuramente sottolineerà la sua grande prudenza, tale da portarlo ad impiegare addirittura più tempo nell’impresa di quello che impiegherebbe se si spostasse a piedi. Se poi è particolarmente acuto farà notare pure la sua attenzione nell’indossare il cappello segnalatore quando è al volante, o la sua grandissima abilità nello scovare parcheggi inesistenti di grande comodità e scarso intralcio (per lui, ovviamente).
- Se chiedessimo ad un guidatore di una grossa berlina tedesca o di un SUV del tipo costoso, facilmente farà notare sprezzante la sua capacità di muoversi piegando al suo volere le regole del codice della strada, facendo ampio uso di luci e suoni, invadendo corsie, marciapiedi e ogni forma di spazio altrui in virtù di un diritto di umana superiorità che si è attribuito da solo.
Queste sono le categorie più facili e comuni, giusto per mostrare come ognuno di questi stereotipi umani ha i suoi motivi di considerare se stesso come un buon guidatore sopra la media e gli altri come degli intralci alla circolazione a cui andrebbe tolta la patente a vita. Un criterio banale per capire chi è veramente un bravo guidatore e chi non lo è sarebbe di contare le infrazioni al codice stradale ordinate per gravità, ma so già che per molti dei tizi elencati qui sopra la multa è più oggetto di vanto tra simili che non una punizione.
Se poi dalle strade ci spostiamo sui marciapiedi e ai loro occupanti, ci sono due categorie molto distinte:
- quelli che considerano tutti i marciapiedi come il personale cagatoio dei propri cani
- quelli che pretendono di poter camminare serenamente senza dover controllare ad ogni passo dove si appoggia il piede o dove si passa con le ruote del passeggino o della sedia a rotelle
A questa osservazione sicuramente i primi rivendicano il loro diritto a preferire che la cacca del loro cane se ne stia sul marciapiede e non nella tasca del loro cappotto. Magari sono pure un po’ scocciati che i loro amati cuccioli pelosi siano ghettizzati nelle aree più brutte dei parchi pubblici, quando tutta la parte più grande, bella e ricca del parco è destinata a quelli umani. Anche qui ognuno vede la vita secondo diverse prospettive di bontà, e immancabilmente mette se stesso e i suoi simili dal lato che considera giusto.
Dove voglio arrivare con questo elenco di modi in cui ci si può considerare delle brave persone? Da nessuna parte, perché non ci sono semplici o grandi soluzioni. Forse possiamo constatare che siamo comunque in troppi a cercare di coesistere su un solo pianeta. Il nostro patrimonio genetico è stato collaudato per milioni di anni a funzionare bene e in modo semplice in una piccola tribù con poche regole base: quando vediamo troppi sconosciuti intorno a noi tendiamo ad andare un po’ in confusione e a reagire male. Dobbiamo integrare con tante regole scritte, le leggi, e altre solo orali, che potremmo chiamare inidcazioni di buon comportamento, che servono a definire quelle cose che anche se non sono illegali, se le fai le altre persone come minimo ti guardano storto, e pensano già di mettersi d’accordo perché questa indicazione di comportamento appena violata venga messa per iscritto.
Molte brave persone hanno pure una religione ad integrare le altre regole. Detto così suona come un insieme di regole facoltative utili solo a fare sentire ogni fedele ancora più buono di quello che già non è, in un rapporto personale ed esclusivo col suo dio. Salta fuori invece che i peggiori attriti tra persone e popoli sono causati da questo zelo religioso: le istruzioni che più di tutte mirano a farci sentire bravi e buoni sono le peggiori agli occhi di quelli che si sentono bravi e buoni per ingraziarsi un dio diverso.
Come concludere tutto questo sproloquio sui modi in cui miliardi di brave persone fanno ogni sforzo per rovinare la vita agli altri? Forse potremmo iniziare a pensare che non siamo tutti uguali, meno male, e che ugnuno ha il diritto di essere diverso oltre che il dovere di rispetttare la diversità altrui. Quando un politico, un esponente religioso o chiunque parli davanti ad un microfono apre la bocca per sottolineare sistematicamente i diritti nostri o i doveri degli altri e mai i doveri nostri e i diritti degli altri, allora gli andrebbe tolto l’audio, oppure andrebbero aggiunte le risate finte di sottofondo. E’ facile fare il simpatico, piacere alle persone e guadagnare consensi quando ci si comporta così, ma finché non riusciamo ad andare su Marte, su un altro pianeta o per i più fortunati in paradiso, di pianeta ne abbiamo uno solo e dobbiamo viverci serenamente tutti quanti. Se la propria serenità dipende strettamente dal’infelicità altrui, allora c’è un problema di fondo da risolvere.
A ben vedere poi l’unica cosa che merita incondizionato rispetto è proprio la Terra, che purtroppo è la prima a fare le spese della nostra stupidità. Se vogliamo scegliere un dovere collettivo da rispettare tutti incondizionatamennte, dovrebbe essere quello di piantarla lì con il nostro diritto di inquinare e generare più anidride carbonica di quella che riusciamo a smaltire. Altrimenti va a finire che tutto si risolverà nella prima straordinaria autoestinzione di massa del pianeta. Nel giro di una qualche era geologica tutto sarà perfettamente risolto, di noi rimarrà a far tanto qualche fossile o reperto imbarazzante, a monito per qualunque essere vivente più intelligente che avrà modo di venire dopo di noi.