Sbagliare, si sa, è umano, ma perseverare è divino! E così, per la seconda volta ci ritroviamo a fissare sullo schermo di uno strano televisore la trasmissione più interessante ed esclusiva del mondo: la visione in tempo reale delle prime immagini della nostra seconda creatura, nonché prima bambina! Certo, all’occhio del profano potrebbe apparire più come il trailer di Alien V, ma noi siamo contenti, ed il dottore dice che va tutto bene. Certo, lui è più attento alle misurazioni ed è meno emozionato nel sapere se sarà un principino o una fatina, ma alla fine ci chiede se lo vogliamo sapere, noi chiaramente sì, lui ce lo dice e sembra pure contento che siamo contenti. Visto poi che oltre ad essere una bimba è anche in perfetta salute, direi che ci va proprio benissimo.
Quello che ci va un po’ meno bene è che per avere un servizio fondamentale per una futura mamma come è la visita morfologica siamo dovuti ricorrere ad una clinica privata, come se fossimo una giovane coppia di viziosi che si divertono a pagare per avere un servizio che il ministero della salute passa a tutti gratuitamente. La cosa ha assunto pure un tono tragicomico quando abbiamo scoperto che le liste di attesa per le visite morfologiche presso gli enti pubblici sono così lunghe che andrebbero prenotate ancora prima di aver concepito la creatura. Se però si decide di ricorrere ad una clinica privata, allora di posto ce n’è in abbondanza, e possiamo addirittura scegliere il nome del medico. La mia amata decide per lo stesso medico della prima volta, quella gratuita, per una specie di paghi 1 / prendi 2.
Euforici per la trasmissione in tempo reale a cui abbiamo appena assistito, ci rechiamo a saldare il conto con l’austera segretaria della clinica. L’attesa si fa lunga, tra tutte le telefonate e visite improvvise di donne frettolose ed accaldate a cui la cara signora deve far fronte, e che ci passano bellamente davanti. Per passare il tempo in modo ameno inizio a tamburellare nervosamente sul bancone con il bancomat, sforzandomi di non osservare troppo le orripilanti opere d’arte moderna che troneggiano in giro per la stanza, il cui scopo sembra quello di voler mettere a disagio le persone o di indurre le gestanti ad un parto anticipato. Non appena tutti meno che noi sono stati esauditi ecco che torna ad essere in nostro turno, e la signora inizia a dedicarci la sua attenzio. Un po’ chiede ed un po’ scrive nel suo computer. Decide di uscirne con una frase interessante:
– Ma lei è assistita dalla dottoressa De Uteris?
Accidenti, sì! Penso io. E così risponde pure l’assistita. Quindi la segretaria si piega leggermente in avanti da dietro al bancone come a volerci confidare un segreto, e guardando la mia dolce metà le bisbiglia con fare complice:
– Senta, allora le posso fare 100 euro invece di 150, che ne dice?
Beh, grazie! Uno sconto non si rifiuta mai. Va a capire te per che motivo la nostra ginecologa dà diritto a sconti imprevisti in istituti che non sapevamo essere convenzionati. E soprattutto, senza chiederlo! Meglio che andare al cinema con la tessera dell’Ikea.
Definito il prezzo, le porgo il bancomat con cui stavo giocherellando da tempi immemori. Ma questo mio gesto, apparentemente banale, provoca un certo sgomento. La frase allarmata con cui reagisce la segretaria non aggiunge niente al contesto:
– Ah! Pagate col bancomat?
L’ha detto come se volessi pagare con delle perline o con dei buoni pasto. Già, paghiamo con il bancomat. Sarà che non credo di aver la faccia di un portavalori, o di uno che ama passare il tempo a ritirare pezzi di carta da un buco nel muro per poi essere rapinato, per perderli o per lavarli per sbaglio insieme alle mie mutande. A me i soldi arrivano direttamente in banca, belli che tassati. Non ho quindi molta simpatia per tutte quelle categorie sociali poco avvezze al pagamento delle tasse, e che invece hanno interesse a maneggiare questi pezzi di carta ad insaputa dello stato. Sto parlando di:
- mafiosi che devono riciclare denaro sporco frutto di attività criminose
- politici corrotti che devono farsi pagare per prestazioni illecite ad insaputa dei loro elettori
- preti che chiedono offerte ai loro fedeli quando già ricevono fiumi di soldi dallo stato senza il minimo giustificativo
- professionisti di ogni genere che storcono il naso di fronte alla richiesta di una fattura, facendo presente che così non verrà fatto lo sconto
Per religione amo definirmi comunque un pirata, e mi rendo conto che questo mio atteggiamento può danneggiare la categoria: è difficile chiedere un versamento tramite il POS al capitano della nave che si è appena abbordata. Ma tant’è: bisogna ammodernarsi, e per il bene di tutti occorre fare un piccolo sforzo, ed iniziare a pagare le tasse. Se poi si è mafiosi, politici o preti, allora forse è anche ora di trovarsi un lavoro onesto.
Il bello del bancomat è proprio che è uno strumento scomodo per le persone brutte. E se si è persone belle è meglio usarlo il più possibile, come fanno nei paesi più civilizzati e meno mafiosi/corrotti/religiosi/evasori del nostro. In questo modo si complica un po’ la vita alle categorie di persone che sono costrette a usare i contanti per scelta professionale. I cento euro che lo studio medico vorrebbe ricevere dalle mie tasche sarebbero scomparsi dalla contabilità dello studio, per finire in un posto lontano dagli sguardi del ministero delle finanze. Giudicando la quantità di persone in sala di attesa, sembra che di soldi ne girano un bel po’, a botte di centinaia di euro, quindi non penso che il nostro dottore si limiti a comprarsi le sigarette o a fare la spesa per ripulire il suo denaro. Deve forse usarne una parte per comprarsi una ventiquattr’ore e metterci delle ulteriori banconote, da consegnare ad un suo amico politico di Comunione e Liberazione? O deve comprarci una terza casa ai Caraibi, per parcheggiarci la sua costosa e esigente moglie? Non posso saperlo. Sicuramente non manderà la sua zelante segretaria a depositarli in banca sul suo conto o su quello dello studio.
Torniamo alla cariatide del nostro studio medico. Appreso che intendo pagare col bancomat, il generoso sconto che avevamo concordato è tacitamente sfumato. Come se lei sa che io so, e che sono un cretino perché mi faccio del male da solo a vantaggio di quell’esoso mostro mangiasoldi che è la comunità italiana, e che quindi non mi merito nessuna spiegazione. In una normale conversazione sarebbe stato carino rendermi partecipe dei motivi per cui non mi è stato negato uno sconto promesso senza limitazioni sul tipo di pagamento. Trattandosi invece di una proposta di truffa mal recepito, si è preferito far finta di non aver mai pronunciato la frase infelice.
Finalmente arriva una ricevuta, e da sotto il bancone compare il POS, nemmeno troppo impolverato. Mi viene in mente una scena simile del film Qualunquemente di Antonio Albanese, ambientata però questa volta nella ricca e onesta provincia di Brescia. Salta fuori che un piccolo sconto c’è stato: non paghiamo più la tariffa piena di 150 euro, ma 140. Forse ha applicato lo sconto simpatia, o forse ha tacitamente comprato il nostro silenzio sull’imbarazzante situazione. Silenzio che io ho deciso di rispettare, non parlandone a nessuno. Mi sono limitato a scriverne in questo articolo.
Il POS fa un po’ le bizze. Forse è un po’ che non viene usato, o forse saranno le continue telefonate a far cadere la linea. Finisce che ci mette un po’ a portare a buon fine la transazione. Non perdo la calma, anche se so che in tasca non ho che pochi spiccioli, non sufficienti a pagare la prestazione ricevuta nemmeno se mi venisse riproposta con lo speciale sconto evasore. Nell’attesa, l’anziana segretaria fa una domanda interessante:
– Ma avete un fondo sanitario aziendale?
Già, abbiamo un fondo sanitario aziendale. Questo un po’ ci fa apparire più normali. Non siamo né degli stupidi né dei paladini del rigore morale. Siamo solo una coppia che sa usare i propri strumenti, e che sa che non ha senso ricorrere ad uno sconto illegale quando può pagare molto di meno ed onestamente. La signora non si è dimostrata una osservatrice particolarmente attenta pochi minuti fa, quando mi ha proposto uno sconto dopo che le ho agitato sotto il naso il bancomat per 20 minuti prima di chiedere di usarlo. Spero si sia fatta un appunto a riguardo. Può farsene un altro adesso: chiedere sempre agli sconosciuti se dispongono di un fondo sanitario prima di proporgli una truffa.
Bene, alla fine sembra che il bancomat dello studio si sia ricordato come si fa, e decide di compiere il suo dovere fino alla fine. La nostra fattura è la 1111, datata 11 maggio 2015. Lo studio è aperto da lunedì a venerdì, dalle 15 alle 19. Questo se qualcuno vuol calcolare il numero medio di fatture all’ora, considerando che nello studio lavorano dieci dottori.
Ce ne andiamo comunque felici per la bella notizia della bimba in arrivo, e ci dimentichiamo in fretta di questa parentesi di Italia. Decidiamo di aspettare qualche minuto e di tenere la gioia solo per noi, prima di iniziare a chiamare parenti e amici. E poi si inizierà a pensare al nome.
Ci vediamo a settembre, Jolanda. E’ un mondo di merda, siamo sicuri che ti piacerà.