Incipit
Il grosso problema dell’umanità è la paura di cambiare opinioni. Lo dice anche il poeta: se è difficile cambiare partito ed è quasi impossibile cambiare squadra di calcio, figurarsi la religione, dal cui esito spesso dipende nientemeno che la lunga eternità del dopomorte. Anche quando ci si rende conto che la propria religione ha dei difetti congeniti gravi da cui ogni persona pensante non può che prendere le distanze, comunque ci si limita a lamentarsene sommariamente con gli amici all’osteria, giusto per mettere a posto la coscienza con una vaga presa di distanze, ma alla fine ci si consideri sempre tra gli adoratori di quel dio un po’ imbarazzante.
La mia obiezione però è semplice: non si può andare avanti così, e non basta un nuovo capo simpatico e alla buona per distrarci e far finta che tutto adesso va bene o ci andrà nel giro di poco tempo. Con queste vecchie religioni, niente cambia mai davvero, e anche se qualcosa cambia non lo fa mai con lo stesso ritmo con cui cambia il mondo. Si rimarrà sempre più indietro, e non c’è proprio niente di strano, quando chi decide le novità da adottare è un gruppo di ottuagenari amanti delle lingue morte e dei vestiti da donna. Per chi fa parte di questo tipo di religioni non è sufficiente prenderne le distanze: ci si è dentro fino al collo. Le curie d’Italia e del mondo sono piene di registri con sopra una serie di nomi e cognomi e di date di battesimo, e per gli anziani signori questo è sufficiente: sono nomi dei sessanta milioni di italiani e del miliardo di persone nel mondo per cui ogni giorno preti, vescovi, cardinali e papi si sentono autorizzati a dire ogni bene su ogni mezzo di comunicazione, per poi fare ogni male nella vita privata. Prima ci si dissocia e meglio è per tutti, e anche per loro, che non è mai troppo tardi per trovarsi un lavoro onesto.
Ho voluto scrivere questo manuale per indicare quella che secondo me è la strada più semplice per abbandonare in modo pacifico e indolore la religione ancora più in voga in Italia, ovvero quella cattolica, per passare a quella invece più moderna e in crescita di consensi. Ma come si passa da quella religione datata alla più sfavillante religione di tutti i tempi, il Pastafarianesimo? Può non essere facile cambiare un dio come quello cattolico, che basa la devozione dei suoi fedeli sul rispetto della gerarchia e su una serie di mortificazioni e privazioni in vita con la promessa di un futuro migliore, con un dio divertente e moderno come il Flying Spaghetti Monster, che non pretende nessuna forma di devozione, dà chiare indicazioni su come divertirsi fin da subito e promette un vulcano di birra fresca e spumeggiante a quelli che si saranno pure comportati un po’ meglio. Ahimè, ancora pochi sono i fortunati che nascono tra le amorevoli braccia di genitori pastafariani, e la maggior parte di noi si trova ancora a dover individuare la Sugosa Via da soli. Spero che questo mio manuale possa accelerare questo percorso con l’indicazione di un probabile cammino. In parte è stato anche il mio percorso e, incredibile a dirsi, passa nientemeno che dalla negazione della religione, il temuto ateismo.
Primo passo: il credente non praticante
Diciamocelo, al giorno d’oggi è difficile sentirsi cattolici integralisti. Anche se il papa attuale è tanto buono e simpatico e non ha le scarpe rosse come Judy Garland nel Mago di Oz. Di cattolici integralisti ce ne sono, certo, ma nessuno di loro ha vinto dei premi Nobel per la pace o in discipline scientifiche. Il Nobel per l’omofobia non c’è, fortunatamente. E difficile sentirsi cattolici integralisti perché la chiesa cattolica assomiglia ogni giorno di più ad un sistema di raccolta e distribuzione di potere e capitali, più che ad una pia associazione per il bene, la carità e la salvezza dell’anima. E quando invece di parlare di liste di preti pedofili consegnate alle autorità dello stato si parla di un altro discorso pieno di frasi fatte pronunciato ai propri fan da qualche parte nel mondo, o dell’ennesimo incontro con la celebrità baciapile del momento, l’impressione è quella di trovarsi dentro una colossale campagna di marketing, in cui tante cose vengono dette continuamente per evitare di dovere iniziare a farne altre più utili. Gesù, campione storico del cristianesimo da cui la religione stessa prende il nome, disapproverebbe gran parte dell’attuale sistema organizzativo del vaticano e delle varie assemblee dei vescovi. E’ chiaro ormai anche ai fedeli, che storcono un poco il naso al pensiero che il prete dell’oratorio a cui hanno appena affidato il proprio bambino possa essere un pedofilo noto e impunito, protetto silenziosamente dal vescovo di turno.
In principio è il dubbio: forse la macchina religiosa è un po’ tarlata: ci sono delle mele marce. Un po’ tante, si è perso il conto. Può andare bene quando ci si limita a leggerne sui giornali nella cronaca nazionale, meno quando è nella cronaca locale. Ma dà sempre fastidio quando queste mele marce vengono protette dall’alto, magari giustificate, spesso spostate in un altro cestone. E quindi si inizia a pensare che non è questione di quali mele sono marce, ma che forse c’è un modo migliore di passare le domeniche che non stare a sentire in noioso silenzio le prediche a dir poco anacronistiche di un prete senza il senso della realtà: non siamo più nel medioevo, e certi sistemi non funzionano più. E con un po’ di senso di colpa si inizia a trascorrere la domenica mattina in modi alternativi a quello di correre a pregare un po’ dio, trasgredendo ad un comandamento esplicito: forse non si sta facendo la scelta giusta, ma nemmeno quella sbagliata. Ci si ritrova tra le schiere biasimate di quelli che vanno a messa solo a natale e a pasqua, mal visti da quelli che invece ci vanno tutte le domeniche, e che si lamentano quando alla messa di natale arrivano al loro solito orario e trovano tutti i posti occupati. A questo punto è lecito ritenersi comunque credenti, ma non più praticanti. Il rapporto con dio è diventato più personale: se stessi, lui e niente complicate gerarchie di ecclesiastici arroganti a pretendere di fare da tramite. Ci si parla come prima, con dio? Probabilmente anche meglio. non ci sono più tutti quei fastidiosi disturbi dovuti alle interferenze di ripetitori un po’ vecchi.
Secondo passo: dio interventista o dio menefreghista?
La domanda che prima o poi arriva però è questa: In cosa credo? Chi è questo dio per cui occorre attenersi ad un certo comportamento morale per farlo contento? Evidentemente è un dio presenzialista, un dio che dopo la creazione ha deciso di mantenere un contatto costante con la sua creatura preferita, quella che con somma modestia si è definita a sua immagine e somiglianza. Questo dio richiede costanti attenzioni dai suoi adoratori nella forma di riti periodici presieduti da sacerdoti autorizzati. Oltre a questo chiede una cura attenta che pensieri, parole e azioni siano conformi ai suoi dettami. Se ci si comporta bene, una volta morti si riceve come premio di poter stare nella sua squisita presenza per l’eternità. Se invece non ci si è comportati bene o si ha avuto la sfortuna o la colpa di adorare il dio sbagliato, allora si finisce all’inferno, il posto peggiore di qualsiasi incubo, dove si espieranno le proprie colpe per sempre. Se ci si accorge per tempo di aver sbagliato basta pentirsi riferendo tutto ad un prete, e ci penserà lui a sistemare le cose con dio per il perdono e la scelta della punizione; in genere è sufficiente una salva di preghiere scelte tra i grandi classici, da ripetere a pappagallo nell’immediato futuro. Esempi di peccati perdonabili: il furto, la menzogna, l’omicidio, lo stupro, ogni violenza in generale. Esempi di peccati non perdonabili: la convivenza e il divorzio, dal momento che sono situazioni permanenti in cui il peccato è parte integrante. Per i conviventi ed i divorziati è probabile che ci sia un girone apposta all’inferno. Trattandosi di peccati contro la famiglia, la punizione sarà di star vicino al girone dei testimoni di Geova.
Questo dio che richiede costanti attenzioni non si limita a restituire le colpe ed i meriti dopo la propria morte. E’ un dio interventista, per cui basta pregare a sufficienza e con una certa onesta convinzione o lui o uno dei suoi santi e beati migliori, che egli potrebbe decidere di modificare la struttura fisica dello spazio/tempo compiendo un miracolo, ovvero un evento che in quanto tale non ha spiegazione scientifica. Questi miracoli sono in genere di carattere medico, e sono tutti quanti dimostrati da una commissione scientifica di preti. Sono quindi assolutamente inattaccabili da scienziati esterni non credenti. Tra questi miracoli si annoverano fatti straordinari, come la guarigione da malattie giudicate irreversibili o cose del genere. Difficilmente però accadono cose più particolari e appariscenti, come resuscitare una persona morta da una settimana, far ricrescere in una notte un arto amputato, trasformare una cisterna di birra Beck’s in Orval, ricostruire un ponte o paese distrutto per errore divino in un terremoto. Queste cose sono tutte giudicate come pagliacciate appariscenti dal modesto dio cattolico, e come tali ignorate. Si preferiscono episodi più sottili e contestabili, di quel tipo che i non credenti catalogano impietosamente sotto la voce autosuggestione.
Per farla breve, se si crede ancora nel dio che interviene dietro preghiere, allora c’è ancora un po’ di strada da fare per cambiare religione. Ma forse è solo questione di tempo: se dio è grande, superiore ed infinito, avrà ben altro a cui pensare che star lì a controllare che quando fate la pipì non ci mettiate troppo tempo ad asciugarvi il pistolino, o a favorire alcuni devoti rispetto a altri in base al numero di preghiere pronunciate a raffica. Se ancora avete dei dubbi e credete che l’enorme dio cattolico ami essere pregato e riverito, e soprattutto che si diverta poi a manifestare il suo potere in favore di chi lo venera e lo teme, potete accelerare i vostri processi mentali con degli esperimenti sull’efficacia delle preghiere.
Se siete studenti, potete fare questo: in vista di un compito in classe, dividete la vostra classe in due gruppi. Un gruppo passerà i pomeriggi precedenti il compito a studiare, mentre l’altro gruppo li passerà in chiesa a pregare affinché dio interceda per fare andare bene il compito, facendo arrivare le risposte alle domande in testa da sole o facendo sì che venga chiesta l’unica cosa che si sa. Quindi presentatevi tutti al compito e attendetene i risultati. Il coefficiente di efficacia della preghiera a dio sarà ottenuto sommando i voti di chi ha pregato e dividendo il risultato per la somma dei voti di chi invece ha studiato.
Più il coefficiente è alto e più il ministero dell’istruzione dovrebbe farsi delle domande. Nel caso venga prossimo allo zero, allora forse dio quel giorno era impegnato a punire qualcuno che ci ha messo troppo ad asciugarsi il pistolino dopo aver fatto la pipì.
Se invece è un po’ che non andate a scuola e i vostri figli si rifiutano di partecipare ad un esperimento così intelligente, allora si può provare a cambiare contesto. Per esempio, la prossima volta che siete malati, invece che rivolgervi al vostro medico andate in chiesa a pregare di guarire. Magari informatevi di quanto avreste speso in medicine, e fate lo stesso investimento in ceri con sopra stampata la faccia della madonna o di un qualsiasi papa simpatico del secolo passato. Se il vostro problema di salute ha un santo dedicato (Santa Lucia per i problemi di vista, San Lorenzo per le scottature da barbecue, San Callisto per i calli, San Gottardo per la gotta, San Sone per la calvizie, San Dokan per le escoriazioni da grosso felino, San Candido per le malattie veneree, San Bernardo per le irritazioni vaginali …), rivolgetevi a questo per massimizzare l’efficacia della guarigione. Certamente al termine dell’esperimento sarete in grado di valutare voi stessi il risultato, per capire quanto sia efficace la preghiera mirata alla cura delle malattie. Per uno studio statistico più attendibile è preferibile coinvolgere quante più persone possibile, sia nel gruppo dei preganti che dei pregati: amici, parenti, la parrocchia o la diocesi intera. Se ad esempio metà dei cattolici affetti da mal di schiena della provincia di Brescia smettesse di curarsi dal medico ma cercasse una cura esclusivamente attraverso le preghiere personali e di amici e parenti, alla fine dell’anno potremmo fare un confronto paragonando i risultati con quelli che sono ricorsi al medico. Con i grandi numeri non si sbaglia, e un risultato positivo dei guariti per preghiere porterebbe ad un risparmio notevolissimo nella sanità pubblica, che è notoriamente molto più costosa degli interventi divini a pagamento anticipato di preghiere e ceri sintetici.
Può essere però che non abbiate bisogno di questi esperimenti. Forse perché già da bambini vi hanno passato per buoni alcuni argomenti scientifici come il metodo sperimentale, il Big Bang o l’evoluzione delle specie, e l’idea di discendere dalla scimmie non vi sembra poi tanto strana o aberrante. Allora è probabile che per voi già da tempo il ruolo di dio nell’universo si è parecchio ridimensionato: non più il dio impiccione, permaloso ed importuno, ma qualcosa come un divino architetto che ci ha messo una minuscola frazione di secondo a definire delle leggi della fisica ben funzionanti, per poi dare origine con un enorme botto alla vita, l’universo e tutto quanto, e quindi ritirarsi ad un ruolo compiaciuto di osservatore passivo. Il dio passivo o menefreghista non compie miracoli e non è un guardone. Si limita a fare una verifica alla fine della vita di ognuno, per vedere se ci si è comportati per bene o no, in linea con le sue idee iniziali. In quella che era la mia visione, questo dio marginale non stava nemmeno ad andare troppo sul sottile su tutte quelle questioni esclusive delle singole religioni, tipo il pesce del venerdì, la convivenza, l’aborto, ma si limitava a suggerire di seguire il proprio buon senso, che più o meno equivale a dire che se non fai del male a niente e nessuno, allora si può fare. L’esistenza di questo dio serve solo a rispondere al problema principale, quello che non ci siamo creati da soli, e quindi qualcosa di più grande deve esserci per forza.
Terzo passo: credo che dio esista, non credo che dio esista, credo che dio non esista
Quando dio è diventato una piccola risposta al grande problema di chi ha creato le leggi della fisica e ha fatto partire il grande flipper dell’universo, la mente si fa confusa. La risposta banale che ci viene deriva da decenni di educazione alla religione: il nostro cervello è troppo piccolo per capire tutto, e dobbiamo accontentarci di credere, per fede. Guai agli arroganti che vogliono sfidare dio cogliendo i frutti della conoscenza, Adamo ed Eva insegnano questo all’inizio della bibbia, Tommaso conferma tutto alla fine del vangelo. Col cavolo, questa è negazione dell’approccio scientifico sperimentale, e per me è regressione mentale. Non mi piace quando mi si tratta come un bambino curioso ed impiccione, e mi viene da pensare che mi si nasconda qualcosa. Piuttosto divento agnostico, ovvero liquido il grande problema della presenza o meno del grande essere creatore con un gigantesco chissenefrega.
Dio poi è misteriosamente territoriale. Come il fatto di nascere a Brescia aumenta leggermente le possibilità di tifare per il Brescia, così il nascere in Italia fa aumentare a dismisura quelle di diventare cattolici. Ma sono tutti cretini gli altri, a non capire che il dio giusto è quello di chi nasce in Italia, e che la squadra per cui vale veramente la pena fare il tifo è il Brescia Calcio? Vorrei chiederlo ad un bergamasco. E ad un pakistano. Chiunque che non sia irrimediabilmente plagiato deve rendersi conto che non c’è un dio giusto ed una serie di falsi dei, ma al massimo ci sono diverse manifestazioni dello stesso dio. E a questo punto non vedo perché si debba correre dietro alle piccole differenze tra un culto e l’altro. Si segue il massimo comun divisore a tutte le religioni normali: comportarsi bene e non suonare il campanello la domenica mattina presto. Gli agnostici fanno così.
Quarto passo (facoltativo): grazie a dio sono ateo
Per quanto tempo si rimane agnostici? Non si sa. Non è facile dismettere gli abiti dell’agnosticismo: sono molto comodi perché hanno queste tasche enormi in cui ci sta di tutto. Ma non sono gli abiti più eleganti, come tutti gli abiti con tasche enormi. Essere agnostici da un lato ci fa sentire protetti rispetto ad improbabili collere divine ed eterne dannazioni, ma da un altro ci pone nel mezzo di due opposti schieramenti, nel brutto ruolo degli indecisi, quelli che non stanno né da una parte né da un’altra. Quelli che tanto hanno schifato il Sommo Poeta da piazzarli sullo zerbino della casa dei disperati ma orgogliosi peccatori infernali. Insomma, nella vita occorre decidersi. Magari ci vuole tempo ma alla fine, anche se sembra complicato, rinunciare al piccolo dio menefreghista non è una scelta poi così difficile. Tanto è un dio che non fa più niente: non si arrabbia con nessuno, non dà peso al fatto di essere adorato o meno, e non manda più nessun erede a farsi maltrattare dall’umanità. forse è anche morto, se mai un dio può morire. Probabilmente non è mai vissuto. Di dubbi scientifici e fatti inspiegabili che hanno sempre fatto gridare al miracolo nel passato ormai non ce ne sono più, e quindi lo spazio riservato al legittimo pensiero che esista un dio creatore è sempre più stretto. Detto così suona anche peggio, perché qualunque cosa sia questo dio, altro non è che il dio dell’ignoranza residua dell’umanità. Rinunciarci non deve essere poi così difficile, e lo sarà sempre meno. Addio, dio dei buchi della scienza, non ci mancherai. Benvenuta conoscenza. Benvenuto umanesimo.
E’ solo questione di tempo: qualcuno ci mette pochi giorni, altri degli anni, altri ancora diverse reincarnazioni, ma prima o poi ci si rende conto che nessun essere superiore dedica la sua infinita esistenza con passatempi idioti come osservare i suoi inferiori per vedere cosa combinano. Se un essere è davvero superiore come vuol farci credere, dovrebbe guardare in alto, non in basso, altrimenti è solo un grande onanista, e dovrebbe autopunirsi con la morte in base alle sue stesse leggi. A noi umani piace guardare chi sta peggio, ma perché siamo insicuri ed un po’ deficienti. Guardiamo i reality show perché sono pieni di persone ancora più deficienti di noi che si comportano in modo ridicolo o umiliante, e questo ci fa sentire intelligenti ed importanti. Magari ci fa anche venir voglia di iscriversi all’edizione successiva. Forse ci sentiamo un po’ dio per la nostra possibilità di votare per buttare fuori l’uno o l’altro dei concorrenti, sebbene questo potete è condiviso con milioni di idioti teledipendenti nostri pari. Ma è un po’ presuntuoso pensare che sia dio ad essere fatto a nostra immagine e somiglianza, costruito su quelle che secondo me sono delle gravi tare che ci portiamo dentro per via di un’evoluzione un po’ troppo veloce. Non c’è questo dio, non può esserci. Questa è solo la materializzazione di un brutto essere umano spaziale onnipotente generata dalle nostre menti difettose di ottusi scimmioni da salotto.
Se però siamo arrivati al punto da ritenerci atei, allora il più è fatto. Consiglierei nel caso anche una bella raccomandata alla propria curia, a suggellare il nostro importante traguardo ufficiale di liberazione dalla religione cattolica. Ce lo meritiamo, dà senso di orgoglio ed euforia e da ultimo ci ricorda che indietro non si torna. E poi, fatto inatteso, fa sentire leggeri, nonostante la leggenda dica che su di noi sia appena ripiombato nientemeno del peccato originale.
Quindi prima o poi ci si rende conto che, come dice ancora il poeta, siamo soli. E non significa che siamo liberi da ogni moralità, ma che forse è ora di farci seriamente i conti: chi siamo, cosa vogliamo essere per gli altri, quale è il nostro ruolo nel mondo finché saremo ancora vivi. Perché non c’è nessun dio a mettere a posto le cose che sfasciamo, e nessun dio da ringraziare o da maledire quando ci rendiamo protagonisti di grandi imprese o solenni bestialità. Siamo solo noi ad essere artefici del nostro destino. Anzi, non c’è nemmeno il destino, ma solo noi, le nostre azioni ed un intero universo soggetto alle leggi naturali.
Un po’ quindi non ci si stupisce se quelle brutte bestie degli atei, mostri senza coscienza e senza inibizioni morali a frenare i loro istinti, misteriosamente si comportano meglio dei religiosi timorati di dio. Già. Strano vero? Perché per fare un esempio di attualità, gli autori della strage di Parigi una volta tornati in strada non hanno inneggiato ai principi etici dell’ateismo come vuol farci credere il buon papa cattolico, ma al fatto che il loro dio fosse grande. Già: molte persone sono pronte ad ucciderne altre per motivi religiosi, ma nessun ateo ha mai fatto lo stesso, e mai lo farà. Forse il motivo è che non ci sono entità ultraterrene, materne e protettive a cui confessarsi per mettere a posto la coscienza e a cui affidare le sorti di questo mondo incompleto e temporaneo, in vista del un grande disegno divino. Questo mondo è tutto quello che abbiamo, e il tempo che abbiamo a disposizione va dal momento in cui nasciamo a quello in cui moriamo. E’ poco, ed è inutile sprecarlo a parlare con qualcosa che non esiste se non nella nostra testa. E’ anche molto peggio se roviniamo la vita a noi e agli altri sull’altare della nostra monumentale stupidità. Non è facile capire tutto questo perché vuol dire liberarsi degli anni di condizionamento mentale che abbiamo subito fin da quando eravamo dei bambini, ma se avete fatto le cose per bene alla fine ce la si fa. Anzi, una volta abituati a vivere senza dio è difficile tornare indietro. E’ un po’ come rientrare nella pancia della propria mamma dopo che si è passato un po’ di tempo fuori. Probabilmente all’inizio il mondo apparirà un po’ spaventoso, dopo il trauma del parto e questa inondazione di colori accecanti, suoni assordanti e di parenti impiccioni. Ma quando poi si inizia a guardarsi in giro, a camminare e a percorrere distanze sempre maggiori anche grazie alla patente di guida, l’idea di ritornare in quello spazio così stretto non ci affascina più tanto come all’inizio. Se non in parte ed occasionalmente, ma solo per quelli di noi che non ne sono dotati. Non siamo poi così soli: non c’è nessuno sopra di noi a guardarci benevolmente e a prendersi i meriti del nostro impegno, non c’è nessun cattivone puzzolente sotto a cui dare tutte le colpe della nostra incapacità.
Quinto passo, finale: la Sugosa Via del Flying Spaghetti Monster
E’ facile pensare che un cattolico deluso per arrivare all’ateismo debba passare almeno un poco dall’agnosticismo. E’ però più complicato capire da dove si debba passare per arrivare al Pastafarianesimo: si cambia dio al volo, senza ateismo di mezzo, o si lascia un periodo di pausa di riflessione senza dio, come si fa in genere quando si decide di cambiare un partner poco soddisfacente?
Io stesso non mi ricordo bene, ma se non sbaglio come prima cosa ho deciso di trovare un dio alternativo, più comodo e meno impegnativo di quello dell’infanzia. E dopo qualche mese di ricerca sommaria mi è stata suggerita Sua Spaghettosità, ed ovviamente è stato carboidrato a prima vista. Solo successivamente ho capito che non era poi così importante credere alla lettera alla sua esistenza, ed allora continuando strenuamente a ritenermi un devoto pirata Pastafariano, ho iniziato anche a professare l’ateismo come libero pensiero. Il Pastafarianesimo per me è stato quindi una nave pirata che mi ha fatto veleggiare nel sugoso mare della religione, fino alle sponde del continente della liberazione dalla stessa. Il viaggio è stato talmente avventuroso ed affascinante che ho deciso di non abbandonare il pregevole vascello, che come nient’altro mi dà i migliori strumenti per affrontare i pericoli che mi si presentano davanti.
Non so quanta gente arrivi al Pastafarianesimo passando dall’ateismo radicale, e quanta invece ci giunga più placidamente dall’agnosticismo disilluso. E’ certo però che i vantaggi della meta sono davanti agli occhi di tutti. Come termine di paragone, da una parte c’è il cattolicesimo: una religione molto costosa con il suo enorme parco di immobili da mantenere e le onerose gerarchie da foraggiare e a cui confessare i propri peccati. All’altro estremo c’è l’ateismo, in cui ognuno fa capo a sé, senza papa o profeta alcuno. Il Pastafarianesimo è una via di mezzo, anche se ad essere corretti, non sta proprio a metà. E’ un po’ più vicina all’ateismo, tipo che se l’ateismo fosse il pianeta Terra e il cattolicesimo fosse la Luna, il Pastafarianesimo si troverebbe a circa un metro sul livello del mar dei Caraibi. Questo perché è una religione a basso costo, composta da una comunità brillante di pirati volenterosi ed amichevoli, la cui unica forma di gerarchia è rappresentata da un profeta per niente invasivo. Gli atei possono aver ragione a credere che hanno tutto quello che gli serve per capire cosa è giusto o sbagliato per vivere felici, ma vuoi mettere una comunità coerente, attiva e motivata in cui riconoscersi come fratelli e sorelle, in cui si è autorizzati ed invitati a dire la propria opinione per concorrere a definire una religione ogni giorno migliore, e che ci può aiutare quando si è in confusione o quando si cerca un fratello con cui bere una birra e condividere due idee sulle grandi questioni del mondo? Quando poi dico che è una religione a basso costo, intendo che lo è in ogni senso: da un lato si risparmia tempo prezioso, perché non siamo precettati ad assistere a nessun rito a cadenza periodica o a praticare incomprensibili sacramenti, e da un altro si risparmiano anche un sacco di soldi: non avendo beni terreni e personale vestito con costosi abiti di seta e broccato da mantenere, non ci sono nemmeno gli altissimi costi a cui ci ha abituato la chiesa cattolica. Gli unici costi sono quelli dei canoni di affitto dei server su cui girano i siti Internet, o al massimo le spese di vestiario pirata e di cancelleria dei pirati più solerti, impegnati in attività di propaganda religiosa sul territorio. Tutte queste spese sono fino ad oggi state sostenute senza troppe storie dagli interessati, fieri di appartenere ad una delle poche religioni autosostenute e low-cost del mondo. E anche volendo saremmo comunque molto lontani dai miliardi di euro che costa ogni anno la chiesa cattolica a tutti i cittadini italiani, a prescindere se credano o meno in quel particolare dio.
Il Pastafarianesimo è stata pure la prima religione ad introdurre il periodo di prova, proponendo ai fedeli provenienti da altre religioni un mese di tempo per testare la religione più sugosa di tutte, con la clausola del soddisfatti o rimborsati. Essendo poi che il Flying Spaghetti Monster non è sicuramente un dio permaloso, nulla vieta di adorarlo in contemporanea ad altre divinità preesistenti. O a giorni alterni, tipo pastafariani il venerdì sera, quando si va all’osteria con gli amici, e di nuovo cristiani la domenica mattina, a messa. Queste formule di convivenza religiosa sono un sistema straordinario per giudicarne la validità e la piacevolezza dei rituali.
E da ultimo, un concetto fondamentale, nella sua banalità estrema: il Pastafarianesimo non fa terrorismo, esattamente come non lo fa l’ateismo. E intendiamo che non fa né terrorismo psicologico né terrorismo reale. Il primo è quello dell’inferno e del paradiso, secondo cui se si seguono senza contestare certe regole di cui alcune ovvie e altre assurde, quando si muore si finisce in un posto piacevolissimo; in caso contrario si va a finire in un posto molto inospitale, probabilmente circondato anche da gente simpatica con cui condividere la malasorte, ma serviti da un personale scorbutico e dalle pessime maniere. Il terrorismo reale invece è quello che autorizza certi personaggi molto devoti ma dalla filosofia spiccia ad usare armi nei modi più disparati per convincere gli altri della bontà della propria fede, con il fine ultimo di guadagnare un loro personale premio futuro. Questo secondo tipo di terrorismo è figlio del primo, dato che da quello trae le alte aspettative nel futuro dopomorte degli attori protagonisti. Ma è anche il più fastidioso, perché finché alcuni si rovinano la vita seguendo un dio insensato, a noi Pastafariani un po’ dispiace, ma sono pur sempre fatti loro, e noi rispettiamo le scelte di tutti. Quando però la loro ostinazione va a danno di altri, allora non va più bene. E un’altra cosa che non va bene è che si neghi la relazione tra le due cose. Fa comodo avere qualche miliardo di fedeli premurosi e attenti a seguire le regole senza discutere per paura di finire all’inferno. Scoccia un po’ quando alcuni di questi particolarmente zelanti fanno delle stragi più o meno clamorose in nome del dio pregato da tutti. Il Pastafarianesimo non fa niente del genere, ma non lo fa davvero. Non fa leva su premi futuri per forzare degli atteggiamenti poco sensati nel presente, siano essi una violenza solo contro se stessi o anche contro altri. E oltre al terrorismo, il Pastafarianesimo non fa nemmeno del qualunquismo religioso, prendendo le distanze dai citati terroristi e addossandone le colpe agli atei. Grazie, molto corretto: l’ha fatto il buon papa cristiano in nome di un misterioso accordo di mutua protezione tra le grandi religioni, come a dire che non è importante a quale religione si crede, l’importante è continuare a farlo senza farsi troppe domande. Questi terroristi sono fedeli islamici, come sono cristiani i loro degni compari che negli Stati Uniti massacrano i chirurghi delle cliniche abortiste; sono tutte persone cresciute in due delle tre più grosse religioni monoteiste, e sono pronte ad uccidere in nome del loro dio di amore e tolleranza. Se ci mettiamo anche i pacifici ebrei ed i loro atteggiamenti illuminati nei confronti dei palestinesi, allora il quadretto è completo.
Forse è ora di finirla.
Forse è ora di seguire la Via del Flying Spaghetti Monster, che non è tracciata col sangue di nessuno, ma solo col sugo di pomodoro.