L’arrivo dell’autunno, con il suo alternarsi di spaghettosi raggi solari e di piogge amide, mi fa correre il pensiero ai trascorsi ultimi giorni d’estate, ed in particolare alla domenica di settembre che ogni anno conferma il forte gemellaggio tra i pastafariani gussaghesi e la Onlus di Karibu Afrika. L’occasione di tale ricorrenza è sempre una nota fiera di paese. Di quelle fiere importanti che richiamano gente del settore un po’ da tutte le parti, e che procurano agli abitanti del paese un tacito orgoglio. Insieme al fastidio di una gran confusione di traffico di macchine e gente per tutte le strade, per una fiera di cui a loro del paese non gliene può fregare di meno.
Detto questo, può sembrare strano che nel corso di tutti questi anni nessuno tra pastafariani e volontari di Karibu accorsi sia mai entrato una volta in questa fiera. E questo non tanto per l’argomento venatorio proposto, non proprio apprezzatissimo né da noi pacifici pirati pastafariani né tantomeno dai volontari di Karibu, le cui ricorrenti visite al continente africano non sono certo per collaudare delle modernissime armi addosso agli animali della savana. Il motivo è anche semplice: la propizia occasione di incontro è quella per la gestione dei vari parcheggi della fiera. Quindi non tanto visitare la fiera per comprare un gilet milletasche mimetico o una trombetta che fa il verso dell’anatra, quanto aiutare gruppi di maschietti con una strampalata passione fallica per i fucili a posteggiare i loro mezzi nei nostri parcheggi, dietro l’ovvia richiesta di una quanto più generosa offerta.
Il parcheggio dell’amicizia karibupastafariana. Sulla sinistra mezzo pirata parcheggiatore, sullo sfondo un vulcano di birra (inattivo da sempre: è di birra riserva)
Per antica tradizione la fiera viene svolta di domenica. Questo per conciliarsi meglio con gli umori mattutini di Sua Divina Sugosità: sovente di sabato dopo le serate alcoliche della sera precedente il Signore della Pasta tende a dimenticarsi di benedire le feste pastafariane con un clima propizio. Lavorando noi di domenica, abbiamo la garanzia di una giornata scaldata fin dalle prime ore del mattino da un sole vigoroso, ma pure accarezzati dalla piacevole aria generata dal movimento amorevole delle Sue Spaghettose Appendici. A conseguenza di ciò, la FIA si è accorta di questa sistematica domenica settembrina particolarmente calda e propizia, e ha deciso di organizzare il gran premio di Monza in perfetta concomitanza con la nostra fiera.
Quelle però che i signori a Monza non possono assolutamente avere sono le vampate alcoliche della vicina distilleria, in piena produzione di una delle più celebri grappe bianche italiane. Anche qui, per Suo Mirabile Disegno, la fiera viene a coincidere con la vendemmia anticipata delle uve per il Franciacorta, che porta enormi quantità di ottimi raspi a regalare la loro ultima anima alcolica nei pressi del nostro parcheggio, deliziando parcheggiatori e parcheggianti con un vento inebriante nel corso di tutta la giornata.
Il parcheggiamento prosegue impavido per tutta la giornata. Una pausa viene fatta all’ora di pranzo, quando i pastafariani e i volontari di Karibu Afrika si incontrano per celebrare il Rito della Pasta presso una casa amica. Qui vengono servite dalle pulzelle del luogo ingenti quantità di vettovaglie ad alto contenuto di carboidrati, accompagnate da una adeguata dose di bevande alcoliche. Volontari e pirati danno dimostrazione di grande apprezzamento anche senza parlare.
Tornati quindi al proprio posto, si riprende ad accompagnare gli amici cacciatori nelle loro elaborate manovre di parcheggio, con la complicazione dell’ebbrezza di entrambi. I più arriveranno solo più tardi, dopo aver compiuto la rituale pennichella sul divano col televisore sul Gran Premio di Monza.
Due parcheggiatori a riposo, orgogliosi di aver fatto sistemato in un posto privilegiato una Vespa pastafariana
Dopo anni ad aiutare tali personaggi a parcheggiare il loro veicolo, si possono iniziare ad azzardare dati statistici estemporanei. Il più evidente è quello che differenzia il cacciatore con moglie, di cattivo umore e quindi pronto alla contestazione dell’offerta, rispetto alla generosità del gruppo ridanciano e goliardico di amici cacciatori, che all’atto della questua fanno a gara ad estrarre dal portafoglio quante più monete possibile da porgere alle nostre pulzelle addette alla cassa, in una gara di generosità che non può fare che bene ai nostri fratelli keniani.
Il parco macchine pure è abbastanza particolare. Dai cacciatori ci si aspettano mezzi rustici e provati dagli aspri sentieri di montagna. Ma per quello che si vede, anche loro non sono immuni al fascino salottiero del SUV, che infestano abbondantemente il nostro parcheggio come qualsiasi altro parcheggio di supermercato. Cambiano solo le modalità: al supermercato o la bionda guidatrice cerca parcheggio fino a riuscire a trovarne due o tre liberi vicini, parcheggiandoci di traverso, oppure, più previdente, si porta il marito, lasciandolo con l’aria condizionata e il motore acceso sotto allo scivolo dei disabili. Qui invece sono i mariti a guidare le loro potenti autovetture dai finestrini anneriti, ed il nostro compito è quello di impedire loro di correggere la geometria delle altre vetture con i loro paraurti antibufalo.
Non riesco a capire quale sia l’utilità di un’automobile grossa come un pulmino della SIA in un sentiero di montagna. Mi verrebbe da chiederlo a qualcuno di loro, ma non vorrei mai urtare la sensibilità di un uomo abituato ad usare un fucile, facendogli una domanda che potrebbe giudicare come indiscreta.
Due dei nostri più valenti pirati del parcheggio, fieri di aver ricevuto una generosa offerta dal guidatore del SUV grigio sulla destra
Al parcheggio però non girano tutti con dei monolocali su ruote. Molta gente ha automobili normali, di quelle che si vedono normalmente sulle normali strade italiane. Da queste automobili scendono insospettabili gruppi di giovani, anche con morosa al seguito o addirittura padri di famiglia con mogli e passeggini pieni di adorabili bambini, felici come una pasqua perché già il loro pensiero va all’imminente palloncino del cartone animato di turno. tutti questi campioni di normalità non hanno l’aria di cacciatori, ma non si può mai sapere che segreti nasconda una persona.
I veri cacciatori si muovono in branchi, come se andare alla loro fiera non è altro che il preambolo di una serie di fortunate battute di caccia grossa. Quelli che non hanno il SUV sono i più seri, perché li vedi scendere in quattro o cinque da delle Panda 4×4 verde palude, appena impacciati dagli ingombranti girovita coltivati negli anni. La prova costume è d’obbligo, forse per distinguersi dai profani che frequentano la fiera solo per rimpiazzare il criceto preso l’anno prima. La stagione 2012/2013 predilige capi dai toni kaki o verde militare, meglio se maculati. Su tutti spiccano i pantaloni con le tascone sulle cosce, il gilet e il bettettino. Quest’ultimo particolarmente importante: anche se contrariamente ai primi due non è fornito di tasche, la sua presenza impedisce il riverbero del sole sulla calvizie a cui pennuti e selvaggina si sono da tempo abituati a prestare molta attenzione.
Quello che mi stupisce sempre è come questo popolo dei boschi, temperato da anni di dure escursioni appesantite da armi, munizioni e prede mastodontiche, quando si ritrova alla fiera debba chiedere ogni volta se non c’è un posto più vicino di quello distante almeno trenta metri dall’uscita del parcheggio. E che poi debba sempre seguire l’interrogatorio su quale sia delle due la strada più breve per entrare alla fiera. Tipo che una dista centoventi metri e l’altra centoquaranta, e per di più con una lieve salita. Dopo aver dubitato più volte delle risposte divertite del parcheggiatore, finalmente si decide a prendere una delle due strade. Covando però ancora il germe del dubbio: mai fidarsi di uno senza cartucciera a tracolla: potrebbe essere una spia di Licia Colò, o addirittura un verde!
Intorno alle sei di sera i veri cacciatori se ne sono andati da un pezzo. Rimane il popolo dei curiosiche vogliono entrare gratis, o magari di quelli che vogliono prendersi un qualche animale da compagnia, destinandolo ad un futuro più monotono e adiposo rispetto ai loro fratelli comprati la mattina. Quando ormai passano cinque minuti tra una macchina e l’altra anche noi decidiamo di levare le tende. Con quel po’ di tristezza che rimane al pensiero che questo spazio comunale è già da tempo stato venduto al solito edile di turno, che non vede l’ora che siano pronte le carte per poterci costruire l’ennesimo abuso edilizio legalizzato. Ogni volta che ce ne andiamo pensiamo che potrebbe essere l’ultima volta che possiamo aiutare i nostri amici dell’Africa con questa bella giornata di festa.
Hasta la pasta dal devoto Alberto.