L’età dell’innocenza

220px-TheAgeOfInnocenceEssere padri è un po’ questo: rivivere le tappe della propria vita nella crescita dei propri figli, in un viaggio affascinante e meraviglioso attraverso le loro scoperte ed esperienze. Magari cercando di evitare che i propri figli debbano incorrere negli stessi errori, o peggio che si trovino a dover subire passivamente le stesse tare che ci sono stare iniettate nella testa, e di cui ancora sopportiamo le conseguenze.

Ed infatti eccomi qua, padre amorevole dal cuore pastafariano e dal fegato ateo, intento a compilare il modulo per la preiscrizione del nostro bambino alla scuola dell’infanzia. Quella che una volta era chiamata scuola materna, e prima ancora nell’era giurassica, quando l’abbiamo fatta noi, asilo. Solo che asilo fa brutto, con quel suono un po’ da parcheggio ed un po’ da rifugiati, mentre scuola ha tutto un sapore di apprendimento, perché quando si hanno quattro anni giocare va bene, ma meglio se lo si fa in modo intelligente e stimolante.

Ma a quanto pare non è solo giocare in modo intelligente e stimolante. Perché dal modulo salta fuori che già devo decidere se sia il caso o meno che il mio bambino a tre anni partecipi alle lezioni di educazione cattolica, o in alternativa destinarlo ad altre non ben identificate attività o portarmelo a casa. Già, in un asilo statale. Già, a tre anni. Che ancora non gli insegnano nemmeno l’italiano e la matematica, forse perché è troppo piccolo e a tre anni magari è più il caso di farlo divertire ancora un po’, povero cucciolo. Ma questo non vuol dire che debbano avere la decenza e la cortesia di risparmiargli le sue prime ore di indottrinamento forzato al credo del dio più alla moda in Italia da quell’anno infausto che è stato il 313.

Devo dire che questa conversazione l’ho già tenuta in una birreria un paio alcune ore fa, solo con toni molto meno pacati; le mie invocazioni all’altissimo hanno fatto girare un po’ di teste dai tavoli vicini, non fosse altro per il suo accostamento, tipico bresciano, ad un noto animale della fattoria. Qui cercherò di essere più formale.

Non voglio soffermarmi sulle questioni economiche, ovvero sulla pratica vergognosa di insegnanti assunti dalla curia ma pagati con i soldi di tutti, per insegnare delle cose fuori del controllo di uno stato che ha l’arroganza di definirsi laico. Quello che mi spaventa è che hanno abbassato il tiro: una volta si iniziava a sei anni a bombardarci la testa con le avventure di Gesù e la sua allegra compagnia di soli uomini. Ora, forse che i bambini sono più svegli dei loro padri, si è deciso di iniziare molto prima. Immagino che ormai a sei anni questi scolaretti siano già degli contestatori in grado di mettere in crisi un insegnante di religione che vuol parlarti di un dio con dei superpoteri degni di un eroe Marvel. Se si inizia tre anni prima, magari c’è ancora speranza che gli si possa far prendere per buona e assodata la storia del dio buono che compie miracoli a furor di popolo e che per motivi misteriosi finisce a giustificare le peggiori porcherie della storia dell’umanità, operate in suo nome. Di questo passo andrà a finire che ci chiederanno se vogliamo avvalerci del diritto di usufruire delle letture di passi scelti del vangelo direttamente sulle pance delle mamme in dolce attesa.

Chiaramente ho deciso di non avvalermi di questo importante diritto. Lo avevo già deciso da tempo, dopo lunghe riflessioni. Da un lato ho pensato che se sono quello che sono lo devo all’ostinata propaganda cattolica che siamo costretti a subire in questo stato falsamente laico, che mi ha spinto alla nausea e al rigetto. Ma d’altro lato ho pensato alla fatica che ho fatto per pulirmi il cervello da tutte queste sciocchezze del dio zombie buono che vuole salvare un’umanità bovina ed impotente. Sono certo che se terremo sgombra la mente dei nostri bambini più tempo possibile, poi avranno maturato da sé gli strumenti per respingere una storiella tanto presuntuosa quanto sciocca ed irrilevante.

Certo, la mia sembra già una forzatura da ateo che vuole togliere ad un bambino innocente la possibilità di aprire la sua mente alla conoscenza di una religione. In uno stato normale sarebbe vero. Ma non siamo in uno stato normale. E l’ora di lezione che non voglio che mio figlio segua non è l’ora di religioni, con un insegnante qualificato che espone in modo imparziale i vantaggi e gli svantaggi che si possono trovare ad aderire ad ogni religione del mondo, e soprattutto a restare atei. Purtroppo quest’ora di lezione è dedicata interamente all’indottrinamento cattolico. Non ti apre la mente alle più interessanti possibilità del momento, quali il veganesimo, il satanismo o il pastafarianesimo, ma ti chiude la testa e ti spara ad alta velocità sul primo tratto del binario del cattolicesimo, da cui scenderai comunque troppo tardi, se avrai mai questa fortuna. Non è una possibilità, ma una condanna. Quindi no.

E non sto privando mio figlio proprio di niente. Magari suona strana la parola ateo associata ad un bimbo di due anni e mezzo, ma è quello che è, da quando è nato. E dovremo tutti abituarci all’idea che tutti i bambini nascono atei, sia in Italia, che in India o a Gerusalemme, e che si ritrovano ad essere qualcos’altro è solo perché vengono costretti per via ereditaria quando sono troppo piccoli per opporsi. Io non farò così. Se un dio esiste, lo sfido a manifestarsi di persona per convincere mio figlio ad adorarlo. Ma da solo, senza nessuno squallido intermediario. Può portare tutti i cespugli ardenti che vuole, se lo ritene utile alla sua causa.

Comunque, questa è la foto di mio figlio, poco più di un anno fa:

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Quindi è evidente che le sue scelte le abbia già fatte, senza che nessuno, dio o umano che sia, gli abbia dovuto dire niente.