Calcio e chiesa, divinità a confronto

Forse non ci si rende conto, ma in Italia non solo alla religione cattolica viene data un po’ troppa importanza. Accade lo stesso per il Calcio. E se con la prima l’italiano medio apprezza o tollera l’invasività nei media nazionali, per il secondo invece ne richiede costantemente quante più informazioni possibili. Se un alieno si mettesse in orbita geostazionaria sopra il Bel Paese munito di pesce babele per captare i segnali radio e televisivi pubblici italiani, si stupirebbe scoprendo questo: sulle 24 ore della giornata dei 5 giorni feriali, impiego del tempo nell'informazione pubblica italianacirca il 2% del tempo viene trascorso a parlare di Calcio e di religione cattolica. A cui però va aggiunto un 12% di tempo speso a parlare di cose che sono in qualche modo riconducibili al Calcio e alla religione cattolica, come le relazioni amorose dei più mondani esponenti del mondo del calcio, o le scelte di vestiario dei ministri del culto cattolico più à la page. A queste due voci va aggiunto ancora un 28% del tempo in cui vengono fatti parlare esponenti del mondo del Calcio e della religione cattolica di cose che non gli competono minimamente. E fin qui stiamo parlando solo dei giorni feriali. Ma se prendiamo la domenica, ovvero il giorno tradizionalmente dedicato al dio dei cristiani e al dio del pallone, la percentuale totale sale drammaticamente all’88%. Questo perché in questo giorno avvengono tipicamente due grossi eventi che monopolizzano l’attenzione dei media statali tra mattina e pomeriggio.

 

La mattina è la parte propria della chiesa cattolica. È previsto che il capo supremo del vaticano comunichi alla piazza e all’intero mondo cattolico alcune sue opinioni riguardo a qualcosa. Questo evento mediatico dura di per sé pochi minuti, ma per antica tradizione i servizi dell’informazione pubblica italiana gli dedicano grande spazio con molti eventi di contorno.

Papa lancia monitor Da principio viene trasmessa alla radio e alla televisione la celebrazione di un rito religioso completo, in genere dalla parrocchia di un fortunato parroco di provincia ma non troppo, che finisce così agli onori della diretta nazionale. Le prime file di banchi sono riservate ad eminenti autorità laiche locali che danno mostra di sé e delle loro famiglie, intenti nello sforzo di far sembrare che se sono lì non è per la diretta nazionale o per le imminenti elezioni, quanto per una antica tradizione di famiglia. Dopo la cerimonia, i media cambiano contesto, e danno la parola ad alti prelati del mondo cattolico che commentano fatti di attualità mantenendo un distacco e un punto di vista straordinariamente fuori dal mondo. Tali fatti vengono decisi tra quelli che non riguardano mai scandali vergognosi o assurdi anacronismi della chiesa cattolica. Alcuni giornalisti ossequiosi e baciapile accompagnano la personalità cattolica con garbate domande concordate. Quando alla fine arriva il momento dell’annuncio sommo pontefice, i riverenti giornalisti ascoltano in silenzio l’evento con l’ansia e la trepidazione degne di uno sbarco umano su Marte. Solo alla fine sono autorizzati a respirare e a commentare a bruciapelo il brillante monologo del santo incarnato. Questo evento si verifica con puntualità da anni, ma non manca mai di stupire giornalisti e folla. I commenti sono sempre entusiastici. Mentre la folla non può far altro che sbracciarsi e strepitare mostrando bandiere o cartelli rispettosi approvati dalle forze dell’ordine, i giornalisti si sperticano in esuberanti apprezzamenti, con lo scopo di delineare al meglio le virtù morali e spirituali dell’oratore. Può accadere insomma che questo possa essere elogiato ad esempio per un paio di calzature sobrie, ma mai che venga criticato per il contrario, perché in tal caso si cercherà di trovare altri pregi.

 

Nel pomeriggio finalmente ha luogo la gran parte degli incontri sportivi del Calcio, e i giornalisti religiosi lasciano il campo a quelli sportivi. Alcuni di questi, figli della vecchia scuola, si prodigano sulle radio pubbliche a comunicare sensazioni visive a quegli sciagurati che ancora si ostinano a non volere la tv a pagamento. Per chi invece è abbonato invece c’è un esercito di giornalisti tv a commentare gli eventi che accadono sui diversi campi di gioco. La regola principale è una sola: urla quanto più forte possibile per il piacere delle orecchie dei telespettatori. Un giornalista sportivo contrariato per aver sbagliato lo stadioCosa incredibile, tali spettatori assistono loro stessi alle immagini commentate e quindi sarebbero in grado di commentarsele da soli. E se la presenza del commentatore può apparire come un piccolo mistero, la trama si infittisce ancora di più quando ci si accorge che se una volta, anni fa, il commentatore lavorava da solo, oramai questo è normalmente affiancato da altri due oscuri figuri. Uno di questi, detto opinionista, fa più o meno da spalla, con il compito di contraddire o di ripetere a pappagallo tutto quello che ha appena detto il commentatore principale. In genere viene selezionato tra gli allenatori falliti o gli ex calciatori più illetterati ancora in vita, e per loro già mettere insieme una frase di senso compiuto pure con parole usate dal collega è fonte di grande stress e fatica. Sono convinto che il vero scopo di tale individuo sia quello di far sentire più intelligenti per confronto tutti i telespettatori da casa. Il terzo personaggio è il misterioso inviato da bordo campo. È un giornalista che in attesa di diventare commentatore principale viene esiliato a tempo indeterminato all’ingrato compito di vedersi le partite, appunto da bordo campo. A differenza dell’opinionista che ha il dovere di intervenire sempre a sproposito, l’inviato da bordo campo in genere viene interpellato a chiamata. Ovvero, ogni tanto il commentatore si ricorda di avere questa possibilità e allora fa una domanda al disgraziato, da cui ci si aspetta una risposta pronta. Se possibile in suo tono deve essere quello di una persona che per sapere certe cose sta rischiando la vita in una guerra di trincea. In conclusione, l’inviato è quello che con sprezzo del pericolo recupera sul campo quel tipo di informazioni che il commentatore non può procurarsi di prima persona, ma che sono di vitale importanza per il pubblico da casa. Cose come le espressioni del volto dei due allenatori, gli scambi di facezie e di complimenti tra le panchine ed i giocatori in campo o quali giocatori si sono svestiti per fare il riscaldamento. Sta poi ai due commentatori trarre brillanti deduzioni in virtù dei dati raccolti.

 

Una delle cose che stupisce quando si ascoltano i commenti di una partita di Calcio sia alla radio che alla televisione è che la lingue usata non è italiano comune. Per certi versi può essere paragonato ad una specie di italiano tecnico, in cui c’è una sorta di piccola ricerca dell’aulico, come a voler fare bella figura. Stiamo parlando ovviamente del commentatore e dell’inviato; per l’opinionista vale la regola che la parole italiane intere non devono superare mai per numero la somma delle parole troncate a metà, di quelle dialettali e delle esclamazioni. Oltre alla ricerca dei due giornalisti di un linguaggio un po’ ricercato, viene d’obbligo un uso distorto sistematico di alcune parole. Tra queste il termine scarpini, che se nell’italiano comune potrebbe indicare le scarpe di un bambino di sei anni o quelle di una ballerina di danza classica, qui invece indica le comuni scarpe con i tacchetti dei calciatori. Che per quanto piccole che siano, voglio sperare che non scendano di molto sotto il numero 42. Vengono chiamati scarpini anche le scarpe di certi colossali giocatori nordici, le quali per dimensioni sarebbero più da considerare come valigie. Le calze, per contrapposizione, vengono chiamate calzettoni. Essendo che spesso arrivano appena sotto il ginocchio, possiamo prendere per buono questo termine. Oltre a queste ed altre sostituzioni di sostantivi, vige una regola aurea nelle telecronache di Calcio, quella per cui l’unico avverbio consentito è letteralmente. Ogni volta che uno dei cronisti sente il bisogno di usare un avverbio, tale avverbio deve essere sostituito con questo, dando luogo ad effetti di grande ilarità. L’avverbio quindi non mantiene più il significato originale di alla lettera, ovvero non metaforicamente, ma assume il ruolo di generico rafforzativo. Quelle che ne escono sono frasi divertentissime, roba da pisciarsi letteralmente addosso dal ridere, tipo:

 

  • L’arbitro è letteralmente impazzito (partita sospesa in attesa dello psichiatra?)
  • Un dribbling letteralmente ubriacante (preparate il resuscitamorti!)
  • Il terzino gli sta letteralmente incollato addosso (sporcaccione!)
  • Il portiere per parare questo tiro è letteralmente salito in cielo (Ironman?)
  • Per la gioia del gol, lo stadio è letteralmente esploso (30.000 morti. Unico sopravvissuto alla catastrofe: un giornalista sportivo con scarsa padronanza dell’italiano)

 

E questo è, alla fine, lo spettacolo offerto dai media nazionali e privati nella domenica pomeriggio italiana a base di Calcio. In base a quanto detto, sembra quasi che l’assistere ai più formali rituali cattolici nella mattina sia un modo per ingraziarsi la divinità ultraterrena, di modo che la stessa possa poi favorire la propria squadra del cuore nel pomeriggio. Tra questi due periodi avviene la metamorfosi dell’italiano medio, che da tranquillo e devoto frequentatore di banchi di chiesa e consumatore di particole benedette diventa un isterico contestatore da divano di decisioni arbitrali e tracannatore di forti dosi di alcolici a bassa gradazione. Tempio divino del secondo evento diventa il salotto di casa, in cui l’oggetto della venerazione non è più la sede dei lari degli antenati, ma un più moderno televisore ultrapiatto a megadefinizione, da cui è possibile osservare contemporaneamente i diversi luoghi di culto in cui avvengono gli incontri, mentre i giornalisti/sacerdoti fanno da tramite tra i praticanti ed il divino interpretando al meglio il veloce svolgersi degli eventi.

 

bar sport BenniI tifosi più devoti possono anche spostare la celebrazione in un luogo di culto intermedio, in genere chiamato Bar Sport. In tal modo viene liberato il salotto ad altri membri della famiglia non adepti al Calcio, spesso di genere femminile, e pure spesso infastiditi dalle crisi mistiche dei primi durante tali celebrazioni. Nel Bar Sport c’è tutto l’occorrente per onorare al meglio la divinità del Calcio: grandi teleschermi o proiettori disseminati in ogni stanza, più quantità di alcol e cibi fritti sostanzialmente illimitate servite da personale qualificato ed accondiscendente. Qui si assiste a circa due ore di celebrazione ininterrotta in cui i devoti presenti invocano le proprie divinità dentro e fuori del campo perché facciano del loro meglio per vincere la partita. Il sistema per appellarsi è quello di urlare quanto più forte possibile le proprie invocazioni, non necessariamente sensate o originali. Per esempio, urlare Gol! dopo un gol può apparire come inutilmente ridondante, e allo stesso modo negare l’evidenza clamorosa di un rigore regalato alla propria squadra è un atto che normalmente distruggerebbe quel poco di dignità di cui il fedele tifoso ancora gode, ma che in questo contesto è considerato la assoluta normalità, se non addirittura cosa necessaria a stimolare accesi e stimolanti dibattiti tra sordi durante e dopo l’evento.

 

I motivi per cui nel Bar Sport sia necessario urlare più forte possibile sono tanti. Lo scopo principale è quello di sovrastare le invocazioni dei presenti che sono devoti alle divinità rivali in campo. Un secondo aspetto è quello di cercare di superare la voce del sacerdote/giornalista che sbraita a più non posso anche per il più marginale degli episodi sul campo come se questo fosse determinante per il risultato. Da questi due motivi, delle persone normali giungerebbero presto ad un accordo molto semplice: abbassare o anche togliere del tutto il volume al televisore, e accordarsi per parlare sommessamente e solo quando è strettamente necessario, esattamente come già accade normalmente durante le celebrazioni mattutine.

 

Ma in realtà ci sono altri motivi. Il primo, ovvio, e che il bar è frequentato anche dagli accaniti giocatori di briscola, per cui si sa che urlare e bestemmiare a gran voce fa parte del gioco. L’altro motivo è più sottile: urlare più forte possibile può essere un retaggio antico dettato dalla volontà di raggiungere con la voce i giocatori in campo. E’ strano dirlo, perché in genere le partite si svolgono anche a centinaia di chilometri di distanza, ma ricordiamo che in tempi remoti, prima dell’invenzione della TV a pagamento, c’era l’usanza ormai deprecabile e pericolosa di recarsi ad assistere alla celebrazione direttamente allo Stadio, ovvero il luogo in cui si svolge nella realtà la partita di calcio, e dove le folle dei tifosi accorrevano in massa per urlare a più non posso la propria fede per una squadra o per l’altra. Al giorno d’oggi non ha più senso andare allo stadio, per vari motivi. tipica scena da Stadio di invernoPer esempio l’assenza della moviola, che costringe gli spettatori ad una attenzione costante abbastanza frustrante e a scarso ed approssimativo materiale di dibattito in caso di diverbio. Poi il dover volgere da soli lo sguardo a destra e a sinistra alla ricerca del pallone può essere faticoso, non disponendo di un registra professionista con decine di diverse inquadrature a decidere per noi le inquadrature migliori. Per non parlare poi dell’inclemenza del tempo, caldo d’estate, freddo d’inverno, pioggia nelle mezze stagioni: Andare allo Stadio è un affronto alla propria salute, e si rischia solamemente di far collezione di malanni stagionali. Come se tutto questo non bastasse, bisogna parlare anche dei recenti sistemi di prevenzione e sicurezza negli stadi, che hanno risolto la piaga della violenza scoraggiando definitivamente il tifoso normale ad andarci, lasciando così piede libero ai delinquenti. Questi vi si recano costantemente eludendo sistematicamente le misure di sicurezza, introducendo nel luogo dell’evento armi bianche, da fuoco ed esplosivi. Lo scopo di tali bande non è infatti quello di assistere alla partita, quanto di usare i loro armamenti sui delinquenti delle bande rivali in visita, ma anche con tifosi della stessa squadra con cui non ci si sente in totale sintonia. A cercare di impedire tutto ciò un esercito di membri delle forze dell’ordine di pessimo umore e pagati con soldi pubblici. Infine, l’ultimo gruppo di partecipanti all’evento è ovviamente quello dei giornalisti/sacerdoti: protetti da bunker di vetro infrangibile, commentano gli eventi sportivi sul campo e di guerriglia sugli spalti per il piacere del pubblico al sicuro a casa e nei bar.

 

Questa è la descrizione del tipico pomeriggio domenicale italiano. Breve nella sua durata di circa un paio d’ore, ma intenso al punto che i media nazionali si sentono in dovere di parlarne ancora per giorniitaliano, birra e partita, mostrando un costante deterioramento della qualità dei servizi. Dalla telecronaca in tempo reale, che richiede una certa capacità di parola e di osservazione, si passa al commenti di fine partita e alle interviste dagli spogliatoi. E’ il momento in cui si ascoltano le acute considerazioni dei giocatori che si sono distinti nel bene o nel male. Le domande sono sempre eccezionali e di grande profondità:

  • Come ci si sente ad aver perso il derby per 4 a 0?
  • Sei felice di aver segnato questo gol importante? A chi vuoi dedicarlo?
  • Cosa intendevi con quel gesto del braccio rivolto all’allenatore dopo la tua sostituzione?
  • Ora che la tua stagione è finita per colpa di un calcio volante sul menisco da parte dell’avversario e che sei stato espulso per turpiloquio nei confronti dell’arbitro, cosa ti senti di dire a freddo al tuo avversario? Te la senti di perdonarlo pubblicamente?

Di fronte a queste domande, anche il più abbruttito dei calciatori ha un moto di orgoglio, e tenta l’impervia strada dell’italiano aulico, anche se parlato secondo le regole sintattiche e l’accento del paese d’origine. Il buonismo la fa da padrone: non esiste offesa che non possa essere sanata durante un’intervista, anche se fino a pochi minuti prima ci si era minacciati di morte a gesti e parole per un nonnulla. Queste commoventi interviste sono significative non tanto per i contenuti, quanto per monitorare il degrado nell’uso della lingua nazionale da parte dei giocatori italiani rispetto a colleghi stranieri, che magari giocano nel nostro campionato da pochi anni, ma già sanno distinguere un condizionale da un congiuntivo.

 

Dopo le interviste arrivano alcune trasmissioni necessarie a creare un primo sottofondo di conoscenza per i telespettatori: risultati, classifica, gol, fatti salienti, quote di vincita per gli scommettitori e prossimo turno. Di ogni partita viene fatto un riassunto di pochi minuti da parte del giornalista che l’ha seguita dallo stadio accompagnato da filmati, con le uniche accortezze di omettere volutamente tutti i torti subiti dalla squadretta a favore dello squadrone di alta classifica, e di citare nomi e cognomi dei montatori del filmato come se fossero candidati a David di Donatello. Alcuni dicono che questo filmato potrebbe essere più che sufficiente, ma invece non è che l’aperitivo a tutto il carrozzone di trasmissioni più ruspanti imperniate esclusivamente sull’analisi delle malefatte di arbitri e guardalinee. Qui le decisioni che questi hanno preso durante la partita vengono esaminate una per una attraverso l’analisi alla moviola, per vedere quanti errori hanno fatto e di che entità, e alla fine deliberare il grado di colpevolezza. A condurre gli esami, una mandria di raffinati giornalisti lampadati accompagnati da ospiti fissi e occasionali, tutti uniti da un vivace gusto per la polemica sterile. Per far capire subito il livello di obiettività dei presenti, questi vengono schierati in base alla squadra per cui simpatizzano o che detestano, e quindi invitati ad urlare agli altri le proprie opinioni. Dopo queste trasmissioni, il telespettatore in genere ha già abbastanza informazioni per inalberare delle gustose discussioni il giorno dopo al lavoro o al bar. Ma non è ancora sufficiente. Per una cultura completa occorre guardare anche le trasmissioni del giorno dopo, dove persone ancora più incompetenti discutono delle discussioni avvenute nelle trasmissioni del giorno prima, forti dell’assenza di contraddittorio col passato. Il tutto ha fine solo quando si pensa che sia il caso di dedicarsi agli eventi successivi.

 

Forse che il rapporto tra il tempo in cui si può assistere ad una partita in diretta e quello in cui si può solo ascoltare esperti che ne parlano è troppo piccolo, allora per la gioia di tutti i tifosi si è deciso di arricchire la settimana dell’informazione sparpagliando più possibile gli eventi calcistici. E’ nato così il posticipo, l’anticipo, l’anticipo del posticipo e il posticipo dell’anticipo. I posticipi e gli anticipi, quando più di uno, sono stati distribuiti su più orari non sovrapposti, lasciando anche il tempo al telespettatore di liberare la vescica o di recuperare nuovi liquidi da ingerire dal frigorifero o al bancone del bar. Poi intere categorie di partite sono state spostate sul sabato, per permettere al buon tifoso di raddoppiare il numero delle celebrazioni, assistendo di sabato alla partita della squadra locale e di domenica a quella della squadra nazionale.

 

La settimana però sarebbe lunga senza i gustosi intermezzi delle coppe, ovvero dei tornei nazionali di poco conto e internazionali di grande conto. I primi sono eventi trascurabili creati per far giocare le numerose riserve delle squadre più forti, frustrate perché non giocano mai, contro i titolari delle squadre più scarse, frustrati perché non vincono mai. Le coppe internazionali invece sono seguitissime al punto che è giudicata buona cosa anche assistere a partite di squadre sconosciute solo per il fatto, adue di copped esempio, che la partita è di coppa dei campioni. L’importanza della coppa internazionale giustifica anche questo, ovvero guardare una partita in cui non c’è nessun coinvolgimento emotivo. Come se il fedele di una religione decidesse nel tempo libero di intrufolarsi nel tempio di qualcun altro per partecipare ad un culto. Così, giusto per passare il tempo, o magari per studiare meglio gli avversari.

 

Le coppe si giocano nei giorni in mezzo alla settimana. Così, se tra partite normali, anticipi e posticipi riusciamo a coprire la domenica e i due giorni intorno, grazie alle coppe possiamo arrivare alla quasi totale copertura del palinsesto dell’informazione. Insomma, un buon tifoso è in grado di passare le sue serate ininterrottamente di fronte alla televisione nutrendosi di puro Calcio, minimizzando il rischio di imbattersi in una serata senza trasmissioni sul pallone. Costringendolo magari (non sia mai!) a guardare una noiosa trasmissione culturale o, peggio ancora, a spegnere il televisore/totem ed uscire di casa con gli amici rimasti. La specie del homo tifosus ha tutta l’aria quindi di essere ben protetta nel suo habitat e di non non correre il rischio di estinzione a breve termine. Sempre che i suoi appartenenti trovino ancora il tempo di compiacere sessualmente le proprie partner, che di fronte all’eccessiva devozione dei loro compagni nei confronti del Dio Calcio si rischia che mostrino segni di acuta insofferenza, ed inizino a rivolgersi ad altri uomini meno devoti per la soddisfazione dei propri bisogni.

 

Ma come appare il panorama dell’informazione nazionale a chi, per suoi strani motivi, non dovesse riconoscersi in nessuna fede calcistica, o semplicemente non dovesse nutrire il minimo interesse nel Calcio? Probabilmente ci sarà anche abituato. Ma è presto detto: neanche a dirlo è il mio caso. Ed il mio primo pensiero è proprio il primo che faccio ogni mattina, ascoltando il giornale radio:

perché deve essere così importante che mi venga detto ad ogni radiogiornale l’orario delle prossime partite, insieme alle probabili formazioni, alle aspettative di allenatori, presidenti e giocatori, ai pronostici fiduciosi di tifosi presi a caso dalla strada con tanto di risultato e probabili marcatori, o ai motivi di salute, disciplinari o fiscali che impediranno ad alcuni campioni di parteciparvi?

Segue il secondo pensiero del giorno:

Perché nei giorni a seguire dovrò sentire le interpretazioni della partita giocata fatte dalle stesse persone dei giorni prima, basate però questa volta su fatti oggettivi, sui motivi lampanti che ha portato a tale risultato, e di come magari l’allenatore avrebbe potuto impedire una sconfitta se solo non fosse stato così ottuso, ma avesse ascoltato le considerazioni fatte in seguito dai giornalisti commentatori?

Quindi una ovvia considerazione:

Perché tutta questa mole di informazione pubblica di settore non viene presa e confinata in appositi spazi ben delimitati (Radio Calcio 1, 2 e 3 e Tele Calcio 1, 2 e 3, ad esempio) lasciando liberi i sensi dei non interessati?

Questo perché inizio seriamente a pensare che se esiste un piano per forzarci a credere che sia normale riempirsi la testa di quante più informazioni di calcio possibile, tale piano potrebbe essere orchestrato dalle stesse persone che vogliono farci credere che sia una cosa buona e giusta andare a messa tutte le domeniche per sentire le stesse letture vecchie di duemila anni, condite dalle stesse prediche ancora più vecchie.

 

Questo perché il Calcio va onorato e abbracciato in toto: non è ammessa una conoscenza parziale o lacunosa. Per arrivare a questo risultato, occorre rinunciare ad ogni altra forma di istruzione, cultura o passatempi alternativi. la roseaOltre ad usare il televisore/totem di casa come fonte primaria di informazione, ogni giorno va studiato uno di quei giornali che, incredibile a dirsi, da decenni riescono a scrivere pagine su pagine parlando solo che di Calcio, e questo anche d’estate quando per un paio di mesi non c’è nessuna partita. Le rinunce sono tante, ma si può arrivare al punto di poter sostenere conversazioni di Calcio con gli amici tifosi di squadre avversarie di lunghezza sostanzialmente infinita. Perché caratteristica fondamentale del Calcio è la soggettività più spudorata di fronte all’oggettività dei fatti: per lo stesso motivo per cui un ateo e un credente difficilmente potranno convincere l’altro delle proprie ragioni al punto da fare abbandonare o abbracciare all’altro la religione, così anche due tifosi di opposte fazioni adeguatamente preparati potrebbero litigare all’infinito senza arrivare a conciliarsi sul fatto che un gol fosse regolare o no, o convincere l’altro della convenienza a passare alla propria squadra.

 

Un’altra cosa che sorprende noi estranei a questo mondo è quando ci si possa perdere in fatti con poco valore oggettivo in sé, tipo

la squadra numero uno ha battuto la squadra numero due per alcuni gol rispetto a meno gol, e ora si aspetta l’esito del confronto tra la squadra numero tre e la squadra numero quattro per conoscere la nuova classifica”

quando questi fatti ne venga in tasca ben poco. Ovvero, al tifoso della squadra numero uno non viene riconosciuto nessun credito per la vittoria, che non verrà quindi esborsato dal tifoso della squadra numero due. A meno che questi non siano scommettitori, ed in tal caso bisognerebbe ricordare loro che anche se un giorno gli è andata bene, le scommesse sono una grande fonte di guadagno per organizzazioni come lo stato e la malavita, e che quindi giocare la schedina a lungo andare non è altro che un’autoimposizione di una tassa sulla propria stupidità. Da ciò, ne risulta che l’unico vantaggio che deriva dal tifare per la squadra numero uno potrebbe essere quello di poter sfottere i tifosi della squadra numero due per la vittoria non tanto loro, ma perlomeno della loro squadra. Il costo di questo è si verrà ovviamente sfottuti in caso di sconfitta. Se poi consideriamo che una sola squadra vince ogni competizione, ne segue che pochi sono i tifosi che festeggiano veramente, e molti sono quelli infelici che sperano in un futuro migliore, o che si gloriano di vittorie avvenute in un remoto passato, o peggio ancora che da vent’anni sperano invano che il presidente della loro società si decida a venderla per tornare ad occuparsi delle sue tavolette da cesso.

 

Tanto vale quindi abiurare pubblicamente il calcio. Se la vostra apostasia verrà riconosciuta ufficialmente da amici e colleghi, è possibile che verrà anche rispettata. Anche se verrete giudicati come dei deboli, degli ignavi o dei perdenti senza midollo spinale che rifuggono vigliaccamente cose da veri uomini come parlare delle gesta compiute da altri. Ma magicamente recupererete quel po’ di ore giornaliere ed un intero fine settimana da dedicare a voi stessi e alla vostra famiglia con attività come il giardinaggio, la lettura, la cucina, la produzione domestica di bevande alcoliche, la soddisfazione del proprio o della propria partner, la conseguente cura della prole, il turismo, la scrittura di articoli in un blog pastafariano, o addirittura lo sport. Tornando agli amici, facilmente dovrete cambiarli e trovare un nuovo locale in cui uscire, ma vi sorprenderete di quanta gente c’è a cui del Calcio proprio non gliene può fregare di meno, e con cui si può ritrovarsi in un pub senza maxischermi a chiacchierare di una miriade di argomenti possibili tra i più disparati ed interessanti. Giusto per citarne alcuni, si può parlare di sport minori, cinema, musica, politica, cucina, birre che si sta bevendo in quel momento, birre che si era bevuto la volta prima, birre preferite, birre che non ci sono più in quel locale, locali in cui si possono trovare le birre che non ci sono più in quel locale, locali in cui è meglio non andare a bere una birra se ci si vuole un po’ di bene, locali in cui non si è mai andati ma di cui si è sentito parlare bene, birrifici, visite a birrifici da organizzare, visite a birrifici organizzate in passato, vacanze, lavoro, hobby, serate, concerti, raduni, amici comuni assenti, cameriere del locale in cui si sta bevendo una birra, cameriere degli altri locali, classifica delle cameriere in base al locale, classifica dei locali in base alle cameriere, libri, fumetti, religione, filmati divertenti visti su Internet che a raccontarli non rendono bene ma per cui vale la pena provarci lo stesso, lamentele sul fatto che il Wifi del locale non vada e che quindi non si possa vedere dei filmati divertenti su Internet usando uno smartphone con uno schermo forse anche un po’ piccolo, considerazioni riguardo all’acquisto di un nuovo smartphone più performante, etica, epica, senso della vita, dell’universo e di tutto quanto, pirati famosi, scienza e cultura generale, donne, uomini, donne a cui piacciono gli uomini, donne a cui piacciono le donne, luoghi comuni su uomini e donne, considerazioni misogine sulle donne, considerazioni omofobiche sugli omosessuali, rettifiche sulle considerazioni misogine sulle donne e omofobiche sugli omosessuali, posizione della chiesa cattolica riguardo agli omosessuali, posizione della chiesa cattolica riguardo ai preti pedofili, posizione dei cattolici riguardo alla posizione della chiesa cattolica riguardo ai preti pedofili, considerazioni su come cambierebbe l’opinione di un cattolico riguardo alla posizione della chiesa cattolica riguardo ai preti pedofili se il prete pedofilo di turno avesse sodomizzato il suo di bambino e non quello di qualcun’altro, considerazioni su quante volte si è fatta questa discussione e su quanto ci si diverta a farla ogni volta di più, valutazioni se sia il caso o meno di pagare il conto e di rientrare nei ranghi delle proprie famiglie. L’elenco potrebbe proseguire ancora per molto, ma questi sono gli argomenti a titolo di esempio che vengono toccati più o meno approfonditamente in una normale serata al pub, o almeno in quelle mie con i miei amici.

 

La conclusione è comunque una sola e lampante: sembra incredibile, ma una volta rinunciato al calcio, si crea un enorme spazio temporale di gran lunga maggiore a quello conseguente all’abiura dalla fede cattolica. E che tale spazio può essere riempito in tantissimi modi, oltre a fornire un terreno sociale in cui si può discutere veramente di tutto. E forse col tempo, dopo che avremo abolito il concordato con la chiesa cattolica rendendo il cattolicesimo una religione senza privilegi, arriveremo anche modo di confinare il Calcio in dimensioni più adeguate. Tipo quelle di un qualsiasi altro sport. Un giorno in futuro si potrà tenere accesa la radio nazionale di domenica dalla mattina alla sera, e gli unici riferimenti al Calcio e alla chiesa cattolica saranno i due minuti dedicati ad elencare i risultati delle partite ed una notizia curiosa in coda al giornale radio, in cui si dà spazio all’appello curioso di una coppia di fidanzati cattolici alla ricerca di un prete ancora in vita per celebrare il loro matrimonio, purché tale matrimonio non debba celebrarsi in un carcere a causa di precedenti reati di pedofilia del sacerdote.

 

San Diego